A pochi giorni dalla presentazione della nuova stagione scaligera, è stata disvelata la prossima stagione della Filarmonica: e se la prima era deludente, la seconda è imbarazzante. L’orchestra – composta dai membri della compagine scaligera – fondata da Abbado nell’82 e che ha visto, negli anni migliori, avvicendarsi sul podio Bernstein, Sinopoli, Giulini, Muti, negli ultimi tempi annaspa in una programmazione – per titoli e interpreti – indegna delle originarie ambizioni di orchestra sinfonica. Con la prossima stagione si toccherà, probabilmente, il fondo, dando sempre più la sensazione che la scommessa fatta da Abbado più di 30 anni fa, quella di dare a Milano una compagine capace di confrontarsi con le più blasonate realtà europee, sia miseramente fallita e divenuta – nei fatti – una banale appendice della stagione lirica, nell’utilizzo di direttori già in sede nei giorni del concerto per qualche titolo operistico e nel collazionare il programma attingendo dalle pagine più popolari e abusate della letteratura sinfonica. Ormai, infatti, il repertorio offerto si è ridotto ad una manciata di lavori che si replicano anno dopo anno, stagione dopo stagione, mese dopo mese in un’assurda ciclicità neppure giustificata da interpreti straordinari. Ancora, infatti, si ascolterà tra il 2016 e il 2017, la Prima di Mahler e la Settima di Bruckner (appuntamenti annuali ormai), Dvorak con la Sinfonia “Dal nuovo mondo”, Beethoven con la Quinta e l’Imperatore, i soliti Poemi Sinfonici di Strauss, Quadri da un’esposizione e la Sinfonia Fantastica… Inutile fare il bilancio di quello che manca perché sarebbe infinito. La sensazione è quella di rinuncia a gestire una qualsiasi politica culturale, ad imprimere un qualsiasi indirizzo o significato ad una stagione fatta solo per soddisfare il palato grosso e la pancia di turisti, avventori occasionali o neofiti con la solita illusione che per avvicinare nuovo pubblico sia necessario abbassarsi al livello della volgarità dei tempi correnti e non – come sarebbe logico e giusto – cercare di elevare gusti ed interessi: è il fallimento di ogni capacità anche manageriale – di cui tanto oggi ci si riempie la bocca – perché testimonia solo l’incapacità di veicolare interesse. Esattamente come la stagione lirica. Il risultato – quello sì dovrà essere oggetto di bilancio severo – del calo vertiginoso degli abbonamenti e il ricorso sempre più spudorato alle svendite last minute.
In ascolto la Sinfonia “Die Harmonie der Welt” di Paul Hindemith nell’interpretazione di Mravinskij…non preoccupatevi: non la sentiremo mai a Milano.