Jenny delle spelonche 3: Ute Lemper.

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Brecht e Weill sono forse i massimi cantori novecenteschi della donna, anzi della femmina fedifraga per natura prima ancora che per interesse, doppiogiochista e assolutamente priva di scrupoli. Una visione, diciamo un poco misogina, che ha l’incontestabile merito di non essere temperata (che poi vuol dire svilita) da alcuna pietosa attenuante, slancio passionale o almeno ormonale. Tra le massime interpreti di questa figura gelida quanto ironica si colloca Ute Lemper, l’ultima delle dive tedesche che, in equilibrio tra canto e recitazione, hanno saputo rendere la sensuale spietatezza del personaggio. Certe sue epigone, che spesso e volentieri si producono anche sulle scene liriche, evocano scenari cimiteriali e sono, comunque, ben lontane da qualunque suggestione anche solo blandamente erotica.

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