Fratello streaming. Lucia di Lammermoor a Torino: Avanti , marsch!!

Lucia-di-Lammermoor_-©Suzanne-Schwiertz-1Inizierò, questa volta, dalle dichiarazioni di intenti dei protagonisti, in particolare da quella sintetica e pragmatica del maestro Noseda che, more solto, ha parlato in modo adeguato e perfettamente condivisibile della sua concezione di Lucia di Lammermoor. Ha parlato di un’opera di atmosfere, molto avanti rispetto all’epoca in cui fu scritta e per certi versi anche anticipatrice di Verdi, dove occorre mettere “meno belcanto e più parola scenica” di quanto normalmente si faccia: insomma, il maestro ha rivendicato il ruolo primario dell’espressione romantica. Non si può non condividere Noseda ( posto che con il termine “belcanto” siamo abituati intendere il canto dall’emissione omogenea in ogni registro, la voce sempre libera e duttile, manovrabile per finalità espressive, presupposto quindi alla  “parola scenica” verdiana di cui parla Noseda …). Con poche parole il maestro ha tratteggiato, di fatto, una Lucia alla Scotto-Bergonzi pertinentissima, tanto per inquadrare una coppia di riferimento indiscussa ed indiscutibile sotto il profilo del fraseggio. Detto ciò, passo all’analisi di ciò che il maestro ha poi concretamente realizzato.

Abbiamo ascoltato una direzione dai tempi molto veloci, dagli accenti marcati e, spesso, anche eccessivamente caricati, priva di quell’atmosfera romantica, a tratti notturna, che caratterizza l’opera. Passi la prima scena di Normanno e, quindi, quella di Enrico, passi per la cavatina di Lucia, a tempo spedito, ma poi al duetto d’amore la frase musicale non aveva più respiro, né afflato amoroso: abbiamo sentiamo Edgardo dire bene il recitativo ed attaccare “Sulla tomba”, ma subito tutto è degenerato in un affannoso incalzare i cantanti, che ha travolto lui, il soprano, quindi, alla scena successiva, pure Enrico e vai così fino alla fine della serata. Al secondo atto ormai tutti gridavano a pieni polmoni, per farsi sentire e come conseguenza della mancanza di respiro ( e prese di fiato!) imposte dall’orchestra. Da opera romantica Lucia di Lammermoor si è trasformata in una sarabanda dagli accenti marziali, un’imperiosa marcia spedita dove ogni scena è stata segnata dall’urgenza di far presto e soprattutto, di eseguire tutto in apnea. A Noseda, allora, vorremmo chiedere come pensa che i solisti possano fraseggiare, avere accenti ora dolci, ora accorati, ora languidi, emettere suoni facili che non degenerino nel forte tout court, quando non nell’abbaiare, se non c’è tempo di prender fiato e soprattutto di dar forma ad un fraseggio vero, dinamico ed espressivo. E come pensa che possiamo sentirci avvolti da un’atmosfera romantica, talora anche commovente, o forse se questo sia il suo modo di far del “dramma” se a dominare sono il bim bum bam, il chiasso, i rumori da segheria che venivano dalla buca. Le marce o comunque le esecuzioni meccaniche, dove la musica non ha respiro alcuno, ma solo un ritmo incessante, sono tali proprio perché non consentono di tratteggiare alcuno stato emotivo , di qualunque genere, e ben si adattano alle parate militari, che sono altro dal canto lirico. Serate come quella dell’altra sera sono francamente intollerabili per chi ascolta, perchè generano fastidio e irritazione in chi ascolta bene conoscendo l’opera. Tralascio poi la questione del recuperare un grande solista di glasha per poi approntare un’esecuzione tagliata come da routine anni ’50, priva del ripristino delle tonalità originarie che Donizetti volle per la Tacchinardi, per giunta disponendo di un soprano cui converrebbero molto, e ripropinarci la più antistorica e brutta cadenza della pazzia che mai sia stata scritta nel corso dei quasi due secoli passati, quella di Paoloantonio per Toti dal Monte, che è un vero fossile della tradizione più deteriore. La grande delusione che abbiamo ricevuto dal maestro si collega alle precedenti delle sue ultime prove nell’opera italiana, di cui abbiamo anche già detto:  dall’Aida scaligera in poi ogni opera è stata  risolte ricorrendo in varia misura a questa modalità “militare” di dirigere che a questo punto ha il sapore della superficialità o del poco interesse del maestro per certi titoli.

E’ chiaro che siffatta direzione ha inficiato il canto. I protagonisti li abbiamo recensiti più volte in altre occasioni e di loro diciamo che hanno reagito variamente, secondo le proprie capacità tecniche, alle maglie strettissime del ritmo imposto dal maestro. I due protagonisti, i più attrezzati del cast per resistere a queste dure condizioni di canto e maggiormente dotati di “numeri” per fare bene, hanno scontato l’orchestra più dei due bassi, i cui difetti sono preclari in qualunque condizione cantino. In particolare vorrei citare Piero Pretti, che mi è parso molto tonico ed in forma, in grado di farci sentire belle cose, che ha più volte provato a fare, a dire, ma poi ha dovuto tirare i remi in barca col fraseggio e cercare di non soccombere all’orchestra. Anche la Pratt non ha certo potuto implementare molto il lato espressivo della sua Lucia e tradizionalmente gli incontri con i cosiddetti “grandi direttori” a questo dovrebbero servire, tra l’altro tirando “da sotto” tanti suoni, soprattutto al primo atto, mentre la gestione della pazzia è arrivata facile, come al solito,  acme della sua serata atletica, in compagnia del bravissimo Sasha.

Insomma, in piena sintonia col nostro tempo, anche i direttori d’orchestra vivono di annunci, di discorsi corretti e condivisibili, mentre il loro fare reale và poi da un’altra parte, mentre noi ormai cominciamo a provare un forte fastidio verso queste direzioni d’orchestra segnate da una sorta di parossismo in fatto di decibels, velocità, secchezze etc etc che rendono le opere ed i compositori irriconoscibili, soffocano il canto ed i cantanti e, soprattutto, contribuendo a distruggere quel poco di buono che ancora sale  sui palcoscenici.
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36 pensieri su “Fratello streaming. Lucia di Lammermoor a Torino: Avanti , marsch!!

  1. Non l’ho ascoltata tutta ma, francamente, sono rimasto deluso dalla Pratt, forse perche’ mi aspettavo tantissimo da lei. Pretti mi e’ parso quantomeno dignitoso, Viviani ha rischiato di strangolarsi al termine dell’aria e della cabaletta e Vinogradov non mi sembra che abbia avuto grosse difficolta’ ad aggiudicarsi la palma del peggiore: ovazionato, tra l’altro con tempistica inopportuna, al racconto dell’omicidio e anche all’uscita finale: boh. Cio’ detto aspetto Domenica dal vivo per sentire, per vedere non lo so perche’ forse chiudero’ gli occhi. E poi martedi’ il secondo cast e magari con Raimondo andremo meglio.

    • Condivido che Vinogradov facesse paura e l’occasione mi è parsa inquietante. Viviani continuano cantare come abbiamo gia scritto in passato anche in questo ruolo e forse Noseda avrebbe dovuto moderare un po certe sue…finezze…Attendiamo le tue impressioni dal vivo

      • Eccole. Visivamente, lo spettacolo e’ piuttosto brutto: non e’ che manchino le idee interessanti: lo scontro fra Lucia e il fratello e il matrimonio, i festeggiamenti interrotti da Raimondo, nella trasposizione temporale che caratterizza l’ambientazione sono interessanti e credibili e puo’ starci anche il fantasma che segue gran parte della vicenda ma quello che rovina tutto e’ la torre sbilenca, se e’ un simbolo della decadenza perche’ non resta un simbolo e basta ? Invece vi si svolge parte della vicenda: la prima parte del duetto dei 2 innamorati si svolge con Edgardo dentro e Lucia fuori e cosi’ via per molti altri episodi. Raccontare tutto sarebbe un po lungo e, d’altro canto, molto e’ gia’ stato detto nella diretta radiofonica: qualche flash: non c’e’ alcuna fonte perche’ il fantasma si lava le mani in un secchio d’acqua, pare che Edgarda abbia accoppato un paio di inseguitori perche’ , dopo il racconto degli scagnozzi di Enrico, vengono portati via due cadaveri, il fantasma, come dicevo, gira un po dappertutto, anche su e giu’ per la torre, Raimondo porta il vestito da sposa che Lucia indossa ma, e qui un’incongruenza, se Lucia alla cerimonia e’ vestita da sposa, perche’ Edgardo s’incavola di brutto solo quando vede la firma sul contratto ? Ma se quando arriva la vede vestita da sposa, cosa pensava che facesse: un servizio fotografico ? Lucia si scaraventa giu’ dal 2^ piano della torre ma ovviamente non e’ la Pratt e’ una controfigura. All’ultima scena, i becchini che scavano gia’ la fossa, poi dopo l’aria arriva la bara sulla quale si accoltellera’ Edgardo. Dimenticavo: durante la siida a duello tra i 2 nemici Lucia e il marito salgono i piani della torre, lui le strappa e il velo e lo butta giu’. Insomma, non e’ uno spettacolo scandaloso ma semplicemente, logisticamente brutto, ma ormai sono abituato: “Turco in Italia”, non parliamo dei Puritani e del Faust ma quest’anno Tosca era invece dignitoso e accettabile.
        In genere, non mi sono sembrati esageratamente stringati i tempi di Noseda, forse nel coro che comunica la prossima morte di Lucia e in qualche finale di scena, ma il problema erano le eccessive sonorita’, sia del coro che dell’orchestra, quasi clangori bandistici, per dirla con la mia vicina di posto, “oggi orchestra inascoltabile” forse e’ esagerato ma sta di fatto che ne ha fatto le spese soprattutto la protagonista.
        Cantanti: abbastanza bene Daniela Valdenassi, accettabili i 2 tenori comprimari: Csalin e Marsigli.
        Vinogradov: la voce e’ ampia e sonora, ha guadagnato nuovamente l’ovazione all’aria e all’uscita finale,, non stenta certo a farsi sentire, questo cantante ha pero’ fondamentalmente’ un problema: non canta, emette una serie di suoni poderosi ma scomposti, un’emissione volgare che, ovviamente, non consente di evitare la monotonia e la pesantezza eppure tanto basta per portare al tripudio del pubblico.
        Viviani sarebbe piu’ vicino al concetto di canto se sapesse evitare certe pesantezze di emissione ma e’ poi molto limitato in alto: gia’ in difficolta’ sulla puntatura di “si’ perfido”, se la cava meglio alla chiusura dell’aria ma non della cabaletta, dove e’ nuovamente in apnea.
        Pretti: e’ abbastanza sonoro, sicuro, mai volgare e sbracato ma, nondimeno, l’emissione e’ comunque piuttosto grezza, altra cosa e’ la rotondita’ e la morbidezza del suono che sole potrebbero consentire il canto sfumato che richiederebbe soprattutto l’ultimo quadro e, particolarmente, la preghiera finale.
        Ed ora la Pratt: sfondiamo una porta aperta se diciamo che e’ di gran lunga la piu’ ferrata tecnicamente ed ha ricevuto, come alla prima, ovazioni alle sue scene e all’uscita finale, in gran parte meritate, pero’: posso dire che, udendola per la prima volta dal vivo, non e’ stata indimenticabile ? Di non eccezionale volume, penalizzata dalle sonorita’ orchestrali, quando si udiva liberamente e non cantava sul forte l’emissione era dolce e morbida, davvero molto gradevole e ragguardevole, pero’ a voce piena qualche cosa non quadrava, il suono perdeva un po di quella dolcezza e rotondita’, le agilita’ non perfette e i sovracuti, profusi a piene mani , non sempre riuscitissimi, qualche traccia di vibrato gia’ percepibile all’inizio alla parola “ascolta”. Insomma, sembrava come un po frenata, ma potrebbe essere solo una mia impressione, o forse mi aspettavo io troppo.
        E’ comunque scenicamente una Lucia anche battagliera, quasi malmenata dal fratello al termine dello scontro, all’inizio del quale, pero’, la fanciulla rovescia una poltrona.
        Insoliti e desolanti vuoti in sala. in tarda mattinata ancora 404 posti disponibili. Per la prima erano circa 150, per la seconda, che schierava ancora il 1^ cast, erano quasi 300 e per quella di sabato sera, 2^ cast, circa 400. L’unica recita che va verso il sold out e’ quella di Domenica prossima, con 34 posti disponibili, quasi nessuno in platea: e’ anch’essa una pomeridiana e la differenza immagino che possa essere attribuibile all’effetto-Damrau, coniugato al fatto che e’ l’unica recita in cui figura.

      • In effetti, dev’essere molto strano sentire l’opera alla radio, e immaginarsi la Lucia di Lammermoor, e dopo vederla in teatro, dove con la Lucia di Donizetti e Cammarano non ha, visivamente, proprio nulla in comune. Purtroppo io avevo visto foto e recensioni sia della prima rappresentazione di Zurigo, sia di quella recente di Barcellona, e mi è mancata la sorpresa. Mi chiedo cosa avrei pensato (e/o capito) arrivando lì lieta ed innocente, vedendo il fantasma entrare in scena col secchio… solo per dirne una. Quanto al fracasso dell’orchestra, si può solo stendere un velo pietoso.

  2. Direi che, dopo essere andato ieri (ohimè) a sentire (ahi alcuni dolorini alle orecchie!) e vedere (ahi che pazzeschi doloroni al fegato, allo stomaco, alla bile, ed all’intestino!!!) non posso che dirmi d’accordo con la Grisi.
    Ho sentito altre volte Noseda dirigere decisamente meglio che in questa Lucia. Mancava il clima romantico dell’opera. Talvolta gli accompagnamenti erano giusti, poi si metteva la quinta e si andava avanti a gran velocità, o l’orchestra passava a forti o fortissimi eccessivi.
    Per di più purtroppo l’opera non era integrale, né eseguita come scritto da Donizetti: è possibile, almeno una volta, che si riesca a sentire una Lucia eseguita come è scritta, che è tanto più bella che on le aggiunte, le semplificazioni o, al contrario, le superfetazioni dei divi di turno o gli accomodanti o le pessime scoria della peggiore “tradizione”? La cabaletta di Enrico “La pietade in suo favore” era eseguita senza ripresa. Forse anche la cabaletta del basso “Al ben de’ tuoi”, ma, per come “cantava” il basso se si fosse tagliata tutta la scienza sarebbe solo stato meglio. Mi pare manchino due brevi frasi poco prima della ripresa di “verranno a te sull’aure”.
    Poi c’è la cosa che mi fa sempre incazzare, ma veramente incazzare, quando sento Lucia (salvi casi rarissimi, tipo incisioni di Tucker e Bergonzi e forse – ma non mi ricordo e dovrei andare a risentirmelo tanto essendo trascorso da quando l’avevo udito – Domingo) cioè il fatto che nel finale secondo Edgardo invece di cantare quello che deve cantare, cioè “Ah di Dio la mano irata vi disperda” con una splendida modulazione, si limita ad urlare a mo’ di cappone sgozzato “Aaaaahhhhhhhh vi dispeeeerdaaa” di solito con modi che farebbero rabbrividire compare Turiddu, senza che si possa capire chi debba disperdere chi….
    Nella scienza della torre il duetto fra Enrico ed Edgardo è privato della ripresa, il che mi pare una castroneria, dato che il pezzo è bello e che se si esegue (come è giusto) la scena della torre, tanto vale eseguire tutto.
    Scena della pazzia non eseguita come è scritta, ma con la solita vecchia banale cadenza di cui abbiamo tutti pieni i cosidetti quando è tanto più bello il finale scritto da Donizetti con il coro in pianissimo, per poi lasciare il soprano sfogarsi nella cabaletta.
    Tagliato il recitativo dopo la pazzia, ma qui siamo nella norma.
    Tenore e soprattutto soprano bene, confermo quanto scrive la Grisi. Peccato per la Pratt costretta a cantare “Spargi d’amaro pianto” in un posto indescrivibile ed in posizioni raggomitolate.
    Baritono e basso molto meno bene, anzi dei due meglio il baritono, certo il meno peggio che qualche momentino decente lo ha avuto. Il basso era pessimo. In scena nel primo atto c’era un bel pastore tedesco; forse avrebbe cantato meglio la paste del pastore Bidebant…. Ciononostante il basso, forse solo perché aveva voce, pur non sapendo usarla, veniva applaudito alla grande, persino più del baritono (che – lo ripeto – dei due era il meno peggio). E chi buava o fischiava rischiava di finire zittito dai plauditores!!!
    Non mi è parso malaccio il tenore che faceva lo sposino.
    Melodiosa ed intonata la voce del cane da pastore tedesco che ad un certo punto si è brevemente udita.
    Ma la cosa peggiore di tutte in assoluto è stata la orrenda, immonda, schifosissima, escrementizia, vomitevole, ributtante, disgustosa, ripugnante, nauseante, nauseabonda, orribile, raccapricciante, sgradevolissima, stomachevole, messa in scena firmata dal c.d. genio della regia Damiano Michieletto, cioè una fetenzia che il Teatro Regio ha pensato bene di importare dall’Opera di Zurigo (dove si saranno fatti pagare in franchi svizzeri) come se in Italia non si potesse trovare qualcosa di meglio.
    Qualche anno fa taluno si immaginò che il sig. Michieletto era un genio della regia, altro che lo Strehler, il Visconti o il De Lullo! Altro che Zeffirelli, Ronconi, De Bosio, Fassini o Puggelli… tutta robaccia vecchia e stantia di fronte alle trovate di costui che riciclava in salsa italica i più logori e marcescenti scarti e rimasugli del teatro di regia tedesco, in primis i cappottoni neri di pelle buoni per tutti gli usi.
    A mio – e non solo mio, pensandola come me un amico medico esperto nel ramo – un bel t.s.o. per chi ha esaltato il Michieletto ci starebbe proprio bene…. magari in uno di quegli…”stabilimenti ospedalieri per la cura delle più gravi forme di patologie del sistema nervoso” che il Michieletto usa per ambientarvi opere che dovrebbero avere tutt’altra ambientazione.
    Bene, anzi male. Il Michieletto è coadiuvato dai suoi soliti sodali (qualcuno direbbe tirapiedi) per scene e costumi, oltre che da vari aiuti (così il tutto costa di più!). Forse essi non conoscono – poverini! – il disposto dell’art. 416 c.p., perché, se no, cercherebbero di essere in meno di tre….
    La scienza è fissa per tutta l’opera ed il tutto è noioso, noioso, noioso e noioso, ridicolo, ridicolo, ridicolo e ridicolo.
    Torre sbilenca di vetri rotti da un lato che non si capisce cosa voglia significare, nonostante le alate parole del regista. Entrate del coro e dei personaggi sbagliate, Tipo il coro che, in cappotti neri di pelle, entra nella torre durane l’aria di Edgardo (che dovrebbe cantarla da solo) per poi iniziare “O meschina o fato orrendo”, che sarebbe bene iniziasse entrando in scena.
    Duetto fra Lucia ed il fratello su due poltrone vicine ai tavolini su cui solerti camerieri stanno già preparando il rinfresco per il fidanzamento. Nel pubblico molti speravano ci venisse offerto dello spumante, almeno così ci tiravano su il morale….
    Coro che se ne sta dentro la torre a cantare “D’immenso giubilo” costretto a fare movimenti da idioti, beoti, bevuti, che si dimenano.
    Raimondo, che dovrebbe essere un pastore protestante (Scott è chiaro) appare vestito da prete, per poi diventare vescovo per il contratto nuziale, e poi ritornare semplice prete. Veramente una carriera veloce!
    Il brando impugnato da Edgardo è un pezzo di tubo o almeno così mi pareva, certo non una spada. Nel finale secondo, lo stesso viene malmenato dagli invitati, alla faccia di tutto lo stile aulico dell’opera, e seguendo, invece, le più trite convenzioni del teatro di regia, per cui ci deve essere violenza, anche dove non serve.
    Le luci erano di un sapore dilettantesco: ogni tanto un neon dentro la torre (a casaccio), luci rosse sul coro dopo il delitto (che genialata!!!!!!)
    In parole povere, una vera schifezza, a cui non posso che dedicare una canzone dell’indimenticabile Virgilio Savona del Quartetto Cetra:
    https://www.youtube.com/watch?v=1RTJv8sZQ6A
    I commenti degli spettatori (almeno di quelli seduti vicino a me) sulla messa in scena erano più o meno di questo genere: “Uno schifo”, “Veramente brutto”, “Una vera cagata”, “Mai visto nulla di simile”, “Non è possibile fare cose [alternativa = schifezze] simili”, “Se fanno cose così non vengo più al Regio”, “Ed hanno anche aumentato i biglietti per pagare queste schifezze; si vergognino!”.
    Quando poi Lucia si è buttata giù dalla torre molti, se non tutti, hanno fatto il commento che non era mica Tosca, salvo poi invitare il regista a buttarsi giù o ad impiccarsi alla torre di vetro.
    Incidentalmente: la torre era tutta storta e si vedevano piani praticabili storti, in forte pendenza e scivolosi, che portavano a balconate con protezioni apparentemente insufficienti a garantire la sicurezza dei lavoratori del coro che ci devono entrare, soprattutto nei piani più alti e più in pendenza. Sui pavimenti ci sono pavimenti di gomma antiscivolo? Il coro ha scarpe antiscivolo? Quali sicurezze ci sono per evitare le cadute?
    Nessuno ha provveduto a fare una segnalazione al giudice del lavoro o allo SPRESAL? Secondo me un’ispezione potrebbe portare a risultati significativi….
    Ah. se per caso quaclhe addetto degli uffici a ciò proposti dovesse leggere queste righe, sa benissimo che tutto ciò deve essere considerato una segnalazione. Io dal mio posto di spettatore non posso sapere se l’orrido arredo scenico possa realmente costituire un elemento di pericolo per la sicurezza dei lavoratori del coro, anche se io non ci andrei dentro, ma chi lo dovesse ipsezionare, sì.
    Dato che anche la Carmen prevista per giugno viene da Zurigo tremo al pensiero di cosa ci si possa attendere.
    Ma perchè tutto da Zurigo (provincia svizzera, zona buona per banche e cioccolato)?
    Cos’è? L’effetto Pereira?

    • No, è l’effetto Fournier che faceva parte della patinata equipe di Lissner. Diciamo che Torino ha un futuro da sottoScala con registi scelti a catalogo delle celebrità più costose, come lui stesso ha dichiarato alla radio circa il nuovo corso torinese. Di canto non parla perché non sa. Diciamo che si occuperà di alta moda…registica

        • Pare anche a me, stando a quanto si vede sul sito del teatro. Il Flauto è quello visto 2 anni fa, rassicurantissimo, con tanto di drago, sacerdoti, animali etc. etc. etc. Non mi fido della Fura dels Baus ingaggiata per La Bohème. A mio parere c’è molto da temere dalla Dante per il Macbeth, tenendo conto cosa ha combinato con Carmen; ma in Macbeth temo ci sia da temere anche dal punto di vista vocale, perchè Jenis come protagonista non me lo vedo proprio, tenendo conto della debole interpretazione fornita in Gugliemo Tell. Se ci ricordiamo che in anni passati i Macbeth di Torino erano stati prima Bruson poi Nucci e che assieme a Bruson cantava Macduff un certo Carlo Bergonzi, per tacer della Sass come Lady…. facciamo il paragone con il presente e vediamo se dobbiamo gioire o meno.

          • Pero’, Pagliacci da solo e’ un po una novita’: siamo al risparmio, direi.

          • No,al furto…dei ns soldi perché solo pagliacci è poco per una serata no?

          • Non posso che essere d’accordo con Donna Giulia Grisi. Il presentare Pagliacci senza altra opera in abbinamento è cosa estremamente discutibile (uso un eufemismo), dato che tale opera, per la sua durata, da sola non fa serata. Perchè non abbinarla a cavalleria, di cui il Regio, peraltro, possiede una messa in scena abbastanza recente? GIà in questa stagione c’è stata la presentazione dei Carmina Burana (circa 1 ora di spettacolo) da soli, a prezzo pieno, come se si trattasse di Parsifal, Don Carlos o Semiramide.
            Tale comportamento è ancora di più da stigmatizzare adesso che – basta vedere i nuovi progammi – il Regio ha aumentato i prezzi. Sarà per pagare le idee del nuovo direttore artistico e gli allestimenti che sogna, o solo per pagargli lo stipendio?
            Peraltro se qualcuno si prendesse la briga di controllare, vedrebbe che in anni passati, rispettosi delle tasche del pubblico pagante, si riteneva che neppure Elektra o Salome, atti unici, bastassero a giustificare il prezzo pieno del biglietto e si abbinava loro un altro spettacolo, di opera o di balletto. L’archivio storico sul sito del Teatro alla Scala lo documenta. E Salomé è opera più lunga di Pagliacci, benchè sia un atto unico e l’altra in 2 (brevi) atti.

      • Ironicamente: E poi accusano me di essere severa, intollerante e incontentabile. Ciò detto, condivido ogni parola… tranne che il pubblico della domenica pomeriggio era molto più tollerante (o rassegnato) di quello qui descritto, e non ho sentito nessuno lamentarsi dello schifo, il che ha accresciuto il mio sconforto.

    • Vabbe’, ma c’e’ uno spostamento temporale, quindi e’ ovvio che non ci possano essere spade e d’altro canto anche Enrico, alla frase “de’ miei la spada vindice” punta contro Edgardo una pistola. L’elemento veramente critico, secondo me, e’ la torre, antiestetica e non funzionale e non ci deve sostare e cantare solo il coro, ma anche Edgardo e Lucia e ci passa spesso anche il fantasma. Per quante riserve io possa avere su questo spettacolo, penso che ancora peggiore sia stato quest’anno, il Barbiere di Livermore a Roma e la Carmen che ha inaugurato Napoli, non mi ricordo di chi e non me lo voglio ricordare. Aida e Tosca al Regio sono stati secondo me dignitosi, discutibili magari ma dignitosi, Cenerentola …. mah, c’era un’idea ma non so fino a che punto possa aver funzionato. Alla robaccia vecchia e stantia che tanto anch’io rimpiango un posto in prima fila lo darei a Ponnelle.

  3. Ah, per di più lo spettacolo era presentato come
    Allestimento Opernhaus Zürich
    Novità per l’Italia
    come se fosse chissà quale prelibatezza!
    L’unica cosa a cui potrebbe servire è in farmacia, al posto dell’olio di ricino. Effetto assicurato.

  4. Ho ascoltato l’opera alla radio e poi vista a teatro domenica, testimone di un successo caloroso, particolarmente per la Pratt, Pretti e per il basso Vinogradov, applauditissimo. Costui in effetti dispone di una voce molto bella, ampia, sontuosa. Riuscisse a essere più vario e sfumato diventerebbe un cantante notevolissimo: come l’abbiamo sentito risulta piuttosto ruvido, monocorde. Rimane il fatto che dal vivo voci importanti come la sua fanno facilmente breccia, spesso a prescindere. Confesso di averlo applaudito anch’io: nessuno è perfetto. Pretti mi era piaciuto di più alla radio. La voce è piccola ( favorita dunque dalla ripresa radiofonica ) ma piuttosto ben impostata. Molto applaudito nell’aria finale ( cantata bene ) ha meritato, ad onta di qualche piccola incertezza di emissione (come nell’attacco della successiva cabaletta). La Pratt è stata brava ma devo dire che, contrariamente a molti che leggo qui, non riesco a stravedere per lei. Perdoniamole i due sovracuti sparati ( nemmeno troppo bene ) nel finale del duetto con Edgardo: sono piaciuti pochissimo ( anche altrove gli acuti non sono sempre stati impeccabili ). Più in generale mi sembra che non disponga di una grande personalità interpretativa. A volte ho l’impressione che non sia musicalissima: e qui starebbe al direttore guidarla al meglio. Ripeto: è un ottima cantante ma – solitamente non amo indulgere a rimembranze e paragoni ma stavolta li faccio – chi ha in mente la rivelazione che è stata in Lucia la Gruberova di Firenze 1983 penso intenda bene cosa si provi di fronte alla vera eccezionalità. Per quanto riguarda Michieletto direi che la sua regia era così smorta e prevedibile che nemmeno ha disturbato il pubblico più di tanto: pubblico ormai avvezzo a pagare il dovuto balzello al registaccio di turno. E’ vero che questa Lucia fu la prima prova registica di Michieletto nei riguardi di opere serie ma è davvero sembrata un monumento alla mediocrità. Quando poi nel programma di sala dichiara che la morte è per Lucia la via di fuga dalla gabbia in cui il fratello l’ha reclusa rivela di non avere idea del significato delle “scene di pazzia” nell’opera romantica italiana. La fuga avviene nel canto, non tuffandosi platealmente dal terzo piano…

      • Dopo “Linda” a Roma, a Luglio Semiramide a Firenze e poi Rosmonda a Bergamo (in forma di concerto, mi pare) e poi il debutto al MET ma la Regina della Notte non credo che lo ripetera’ spesso perche’ ieri, a mia specifica domanda, mi ha detto che non e’ un ruolo che le interessi molto.

    • Ecco, fanno breccia a prescindere ma quanto bisogna prescindere ? Poco fa, a titolo di ripasso, mi riascoltavo la 4^ Lucia in disco in pochi giorni e trovo che Flagello, che non era un modello di stile, in confronto a Vinogradov farebbe un figurone. Pero’ Vinogradov piace e lo ritroveremo, perche’ e’ gia’ scritturato per Colline a Ottobre: la mia vicina di posto, che non e’ rimasta granche’ contenta della Pratt, ha elogiato Vinogradov dopo l’aria, affermando che una voce cosi’ non l’aveva mai sentita, laddove poco prima le avevo espresso il mio parere sulla volgarita’ della sua emissione. secondo me non e’ solo un po ruvido, non sa proprio cosa sia il canto; mi dispiace ma mi viene in mente cio’ che si diceva, non so se a torto o a ragione, dell’aranciata FANTA che “non e’ buona ma e’ tanta”. La curiosita’ e’ per il 2^ cast ma me la togliero’ domani pomeriggio, e credo che Palazzi e Del Savio possano far meglio, chissa’ la Mosuc e chissa’ Berrugi, che sara’ il primo Rodolfo a Ottobre.

        • Qualche notizia dalla 27^ fila (Domenica era dalla 4^). Risentendo, ascriverei a merito di Noseda la scena della torre e il racconto di Raimondo, deludente il sestetto Nessuno dei solisti si segnalava per particolare sonorita’ ma rilevo che Casalin si udiva a stento e la prima scena, purtroppo e’ passata quasi senza Normanno. Meglio Marsigli, forse favorito dal volume orchestrale nella sua breve parte.
          Mi aspettavo un migliore Raimondo e cosi’ e’ stato, tanto che, in alcuni momenti, potrei pesino parlare di buon canto. e non a caso il racconto di Raimondo e’ stato il momento che piu’ mi e’ piaciuto; allora, intendiamoci bene: sul palco non c’era Ramey, anche perche’ sul pianeta Terra direi che non c’e’ al momeno nessun Ramey o meglio c’e’ ma e’ in pensione e se x caso non lo fosse dovrebbe esserlo gia’ da molti anni;cionondimeno, ferma restando la sonorita’ decisamente piu’ limitata rispetto al primo Raimondo, e’ un interprete che si puo’ ascoltare.
          Sarei tentato di affermare che Del Savio si e’ lasciato preferire a Viviani e forse non sbagliere, posto che al momento di cantare forte in regione alta forza, sbraca e si allontana dal concetto di suono per avvicinarsi a quello di urlo: limiti evidenti fin da subito anche su note non proibitive come “esser potrebbe Edgardo” e palesi nell’aria, nella cabaletta ed anche in seguito; rispetto a Viviani non si strangola ma bercia. Posti questi limiti risulta accettabile e financo abbastanza buono in altri momenti, esempio “un folle t’accese ……. “.
          Berrugi non e’ anch’egli particolarmente sonoro e talvolta soccombe all’orchestra (scena della torre), ha emissione secondo me piu’ rotonda di Pretti ma anch’egli non particolrmente rifinito tecnicamente, un po deludente, direi, nella scena finale. Una qualche perplessita’ su come viene preparata la parte:
          1) “imperversate o fulmini diventa qualcosa che non ho ben capito tipo “tramontate o fulmini”
          2) “giurai strapparti il core” diventa “giurai spezzarti il core”
          3) nell’aria “io della morte” viene eseguito una sola volta
          La Mosuc: dire che non ha i numeri, diciamo cosi’, della Pratt e’ come dire che l’acqua e’ bagnata; e’, secondo me, una voce lirica, di natura di per se non sgradevole ma, vorrei dire, impari a Lucia: tutta la prima aria e’ giocata sulla difensiva, badando a non farsi del male e a non farne al pubblico, ma la perplessita’ e’ su una continua alternanza nell’emissione dato che in certi momenti e’ udibile e subito dopo no ma non nel rispetto dei piani, pianissimi o forti ma invece come se andasse ad intermittenza cosi’ da inficiare la linea di canto che se costantemente mantenuta potrebbe garantire una certa gradevolezza all’ascolto; ecco allora che la vera delusione arriva al “verranno a te sull’aure” ed anche al “soffriva nel pianto”, la’ dove la cantante, per natura della voce, avrebbe potuto giocarsi le sue carte, salvo poi arrabattarsi nei passi di agilita’ nei quali mostra evidenti limiti: Detto questo, la “pazzia”, a parte uno slittamento d’intonazione su “discesa”, stava venendo fuori abbastanza bene tant’e’ vero che a un certo ho pensato “be’, se la sta cavando abbastanza bene” sennonche’ altri vistosi sbandamenti sul tema che riprende le note di “verranno a te sull’aure”, l’omissione di alcune note verso la chiusura e quella finale tirata via completamente sulla difensiva, cioe’ non come la Pratt: penso che ci siamo capiti.

  5. Confermo, avendo assistito alla recita di domenica, che la platea presentava desolati vuoti (se non è di repertorio la Lucia….). Che Noseda avesse preso la via del “galop” si era capito già da un po’ di tempo (esempio calzante il Guglielmo Tell in italiano che partiva alle 19…quindi tagliato).
    Questa corsa nella Lucia sortiva effetti strani: in molti momenti, realizzati in maniera più bandistica, mi sembrava di ascoltare Offenbach (autore che amo moltissimo ma…), altre volte Rossini….e quando c’era un po’ più di pathos, via con Verdi, ma quello maturo! (Oh qual funesto, avvenimento).
    L’opera fila via veloce, ma molti momenti perdono il loro carattere: il concertato del II atto perde la grandiosa drammaticità ma diventa sbrigativo, conciso. La pazzia è il momento meno affetto da tale
    corsa, ma al finale di Edgardo ritorniamo alle solite. Non si espandono i grandi momenti lirici, come il Verranno a te sull’aure (che dal vivo commuove sempre) o il coro nella scena finale di
    Edgardo. Sono molti i direttori che “corrono”, ma non tutti lo fanno alla stessa maniera: alcuni alternano alle corse dei momenti, lirici, trasparenti, leggeri. Qui poi era una questione di stile: lo “stile” della Lucia è quello che abbiamo sentito? Per me no. Quello che non mi è chiaro poi è come sia possibile oggi fare una Lucia così tagliata e tradizionalista (sarà per permettere alla Diva che arriverà in tutta fretta di non dover fare troppe prove? Son curioso di sentire cosa diranno i critici parigini dello spettacolo): ma possibile che non esistano direttori che hanno letto “Divas and Scholars” di Gosset, a cui la Lucia “sta a cuore” e che vogliono dirigerla come i vari Bonynge, Campanella, ecc. e non per dimostrare una loro tesi? Tenuto conto che non credo ci siano molte persone disposte a credere alla tesi presentata in questa serie di recite.

    Lo spettacolo è stato perfettamente descritto da chi mi ha preceduto. Aggiungo solo che il gettarsi di Lucia dalla torre al termine della pazzia ricordava sia una Tosca sia una Sonnambula perché l’acrobata calma e tranquilla rispetto alla Pratt che ha concluso – giustamente – la sua prestazione quasi provata – era ispiratissima, guardava davanti camminando sulla passerella fintantoché camminava nel vuoto e cadeva giù come un filo a piombo!
    Mi ha stupito Pretti, rispetto alla Lucia della Scala mi ha fatto un’impressione migliore, anche scenicamente era credibile. Forse gli manca solo un po’ di squillo in più.
    Sulla Pratt mi sembra evidente che nessuna cantante oggi in attività possa vantare una tale voce e tecnica. Che poi ci siano alcuni aspetti su cui si può anche discutere, è vero, ma chi mai potrebbe oggi cantare re, mib, mi e fa sovracuti a piena voce come ha fatto lei? Rispetto alla Lucia della Scala l’ho trovata più rifinita, certo con qualche scarto verso gli acuti preso di forza (cosa che un po’ ha sempre fatto, anche in Aureliano si notava, ma come non avrebbe potuto con tali tempi qui) con una dinamica molto accentuata (segno della cantante di vaglia da un punto di vista tecnico, cosa a cui qualcuno come me non è nemmeno più abituato nel panorama odierno…chi fa più una variazione dinamica così come se la può permettere la Pratt?), quasi manierista. Le uniche vere osservazioni possono essere un medium un po’ leggero e con qualche accenno di vibrato, e il fatto che se al centro e in alto – soprattutto in alto – ha voce bella, squillante ed omogenea – quando scende la voce tende ad essere un po’ meno a fuoco, ma ascoltarla è sempre come assistere ad una lezione/dimostrazione di canto. Peccato che non si sia ancora dedicata molto al repertorio francese di coloratura o al Mozart più virtuosistico. Magari lo farà in futuro.

    • Jessica Pratt dovrebbe cantare SOLO ED ESCLUSIVAMENTE le opere serie del Mozart italiano, Costanza, regina della Notte, le opere di Rossini scritte per la Manfredini o la Correa, che erano soprani assoluti, la Semiramide con tutti i raggiusti verso l’alto che sono in circolazione e vennero praticati dal 1824 (ossia all’indomani della prima), Crispino e la comare, Figlia del reggimento e le parti d’agilità del grand-opera (Margherita, Isabella, Eudossia) e l’opera comique tipo Lakè, Mignon, Perle du Brasil. Dimenticavo Norina e in concerto Arie di Mozart e la Zerbinetta (van bene tutte le versioni). Mi risulta che asini, somari, cioccolatai, incompetenti che fanno i direttori artistici le offrano Bolena e Norma. Titoli che Miss Pratt può ascoltare comodamente seduta in salotto cantati da altre colleghe. E se le colleghe per Norma, Bolena e magari Foscari non ci sono i sopracitati asini , somari, cioccolatai ed aggiungo peracottari consultino la garzantina per scoprire l’esistenza dei titoli che ho citato prima, io che di mestiere, come noto faccio ben altro!

  6. In questo spettacolo desolante a udirsi i due protagonisti sono riusciti a uscirne abbastanza bene. Il tenore è stato dignitoso, la Pratt invece è stata vocalmente brillante e ha fatto sfoggio delle sue belle qualità e di una DIZIONE ECCELLENTE, pregio assai raro e per me di inestimabile valore. L’interpretazione purtroppo è stata funestata dalla direzione pessima che, a quanto pare, prevedeva di realizzare la più rapida Lucia della storia.

    Per il resto mi unisco al coro di coloro che vorrebbero sentire la Pratt in Meyerbeer (DINORAH ad esempio!), Mozart, Rossini, certo belcanto meno drammatico, certo barocco, repertorio francese (ma non solo) leggero di coloratura. Ma si allestiscono sempre le stesse cose oppure chiamano ciofeche o cantanti bollite dagli esiti imbarazzanti al suo posto (la Ciofi Dinorah per restare in tema).

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