Carta bianca ai lettori: Aurelio al Met.

MetRecentemente sono andato negli Stati Uniti per un breve viaggio la cui prima tappa è stata Meriden, Connecticut. Non vi scriverei neanche di questo, non fosse per il fatto che con un po’ di emozione ho scoperto lì per caso un piccolo parco intitolato a Rosa Ponselle – che in effetti nacque a Meriden nel 1897!
Dopo aver passato un paio di giorni a Meriden mi sono trasferito nella vicina New York: vi racconto le mie impressioni sulla prima recita di “Ratto dal Serraglio” diretta da James Levine e su una recita di Boheme con Maria Agresta.

ENTFUHRUNG AUS DEM SERAIL: Ho assistito alla recita del 22 aprile, una delle ultime direzioni al MET del maestro James Levine. Come prima cosa voglio ricordare le lunghe ovazioni che hanno accolto il maestro ad ogni sua apparizione, testimonianza di un rispetto e di un affetto altissimo da parte del pubblico newyorchese. Levine ha diretto molto bene l’opera, forse in alcuni momenti con tempi troppo veloci. In tre o quattro occasioni ha usato delle dinamiche orchestrali che mi hanno dato la sensazione, una meraviglia, di stare ascoltando un certo passaggio in una maniera del tutto nuova (e io ho ascoltato molte edizioni del Ratto), soprattutto nel grande quartetto del ritrovo delle due coppie. Poche parole sulla regia: un Medio Oriente da bomboniera, il pascià vestito di arancione che trasmetteva autorità pari a zero, i giannizzeri vestiti di azzurro e verde ridicoli, Konstanze in abito nero, Belmonte vestito da galantuomo ottocentesco, sfondo di tela blu con tre finti alberi nel giardino. In sintesi: inguardabile (si può anche arrivare ad invocare una regia di quelle allucinanti, in certi casi :) ).
Konstanze era Albina Shagimuratova, la migliore del cast, alla sua prima esibizione in questo ruolo. Ha cantato molto bene la prima aria. Ma la voce non è tanto grande quanto sarebbe giusto e gli estremi acuti risultano un poco acidi. Meno bene la seconda aria (Traurigkeit), eseguita con tempi troppo veloci per lasciare emergere la bellezza della melodia. Tutto bene invece alla terza aria, la sempre bella “Martern aller Arten” – se si tralasciano le difficilissime note basse: ha eseguito benissimo tutte le scale e anche i trilli. Un successo convinto per lei, anche perché Albina spiccava nei duetti e nel quartetto su tutti gli altri.
Belmonte era Paul Appleby, un tenore autoctono, di Houston. Deve essere stato molto agitato, perché la voce piccola sembrava sempre sul punto di rompersi. E quindi il personaggio di Belmonte è risultato molto annacquato e inefficace e grigio. Male anche le colorature in “Ich baue ganze”, che hanno privato anche questa aria di mordente. Pedrillo era Brenton Ryan, ha fatto il suo onesto lavoro ma non mi sento di dare un giudizio positivo. Blonde era Kathleen Kim che ha interpretato con fin troppo zelo e petulanza il suo ruolo di soubrette: ma anche qui la voce era filiforme, non mi è piaciuta. Per non parlare di Osmin che in una occasione almeno è andato totalmente fuori tempo e la cui voce non ha spessore da basso vero (deve essere bello sentire un bravo basso cantare questa parte, chissà…). In generale una recita in cui tre quarti del cast sono mediamente insufficienti, ma che apprezzando quello che di buono c’era da ascoltare è passata in modo positivo…

BOHEME: Ho assistito alla recite del 25 aprile. Anche per questa Boheme potrebbe valere una sintesi simile a quella del Ratto dal serraglio (ci sono soprani passabili ma i tenori languono moltissimo!).
Regia era una famosa e molto vecchia e molto efficace e molto bella di Zeffirelli, che ho potuto osservare molto bene perché all’ultimo minuto sono riuscito ad acquistare a pochi soldi dei posti in piedi in platea. La direzione era di Dan Ettinger, tutto molto corretto a piacevole. Mi è piaciuta molto.
Maria Agresta nel ruolo di Mimì: mi sembra abbia la voce corretta per questo personaggio, non ha avuto problemi in tutta la gamma delle note, anche se a voler essere proprio severi bisogna dire che si percepisce qualche problema in certi acuti: eviterei di metterla sul piano tecnico, non ne ho le competenze, però immagino potrebbe essere un caso di cantante che canta in forza di natura e non di corretta impostazione della voce (mi direte voi…). Ha interpretato bene Mimì, ed è stata applaudita più del resto del cast. Il resto del cast anche qui ha un po’ deluso. Bryan Hymel ha cantato Rodolfo senza commettere errori, però senza dare spessore al personaggio a causa di una voce che anche se esegue con correttezza le note non ha colori nè espansione in teatro. Alessio Arduini era Schaunard, Roberto Tagliavini Colline, Levante Molnar Marcello – per completare il cast di una recita che, con la sola rilevanza di Maria Agresta sugli altri, è passata via liscia ma senza i guizzi ottimi del ratto. Unico piccolo rammarico è stato quello di non aver potuto assistere anche a New York alla recita della Elektra regia Chereau che avevo visto prima ad Aix e poi a Milano e che era un ottimo spettacolo (ma per fortuna a NY non c’è solo il Met :) ).

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Un pensiero su “Carta bianca ai lettori: Aurelio al Met.

  1. Grazie per le recensione Aurelio :)

    Trovo sorprendente il giudizio positivo sulla Shagimuratova che fu una pessima Lucia in Scala. Purtroppo la benemerita Opera Rara farà fare a lei Semiramide integrale questa estate… spero in una defezione! Una vergogna che non abbiano chiamato la Pratt… Poi dopo 20 anni ancora la Barcellona ormai sfasciata e D’Arcangelo anche lui dopo quasi vent’anni.
    Che tu sappia c’è amplificazione al Met?

    Interessante il giudizio sulla voce a teatro di Hymel, ragazzone pieno di buone intenzioni e che vorrebbe farsi un nome come esecutore di opera francese, Grand-Opéra e persino titoli verdiani e pucciniani. Conferma i sospetti che ho avuto ascoltandolo nelle registrazioni: la tecnica non è così solida e la voce non è supportata da cospicua dote di natura. Meglio lui di altri comunque.

    La Agresta mi pare mediocre, tutt’al più relativamente corretta nei ruoli prettamente lirici; l’idea che dovrò leggere per i prossimi anni elogi sperticati per ogni sua comparsa nei più disparati titoli del repertorio mi annoia già di per se stessa.

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