le filles de Cadix di Leo Delibes sono state per decenni un must dei programmi da concerti dei soprani d’agilità, desiderose di sfoggiare accento piccante e ammiccante come la pagina espressione dell’immagine che alla fine del secolo XIX si aveva nel modo (Francia in specie) della Spagna. Poi il brano cadde in disuso, salvo qualche sporadica esecuzione della giovane Sutherland (quando si rifaceva al dichiarato modello della Galli Circi, interprete memorabile del grazioso brano). Grazioso brano, poi, ritornato in auge dalla metà degli anni ’90 nei concerti anche ad opera di cantanti che del soprano d’agilità nulla hanno. Spesso questo folklore spagnolo da salotto ha anche attirato cantanti spagnole come la de los Angeles o prima ancora Conchita Supervia che nominalmente era un mezzo soprano. D’agilità e dal colore marcatamente chiaro, per giunta affetta da un evidente vibrato e con una certa tendenza, soprattutto nei brani popolari o popolareggianti (vedi canciones di de Falla) ad indulgere a suoni di petto. Ma era la Supervia ovvero una delle più raffinate ed eleganti cantanti da concerto che sapeva perfettamente centrare lo spirito del brano e renderne con semplici sfumature il senso. Basta sentire in primo luogo nella esecuzione della Supervia in tonalità di fa diesis la dizione ben chiara, come sfuma, ricama con una tenuta di fiato eccezionale sulla parola castagnette e come i passi vocalizzati, che formano una specie di ritornello, siano eseguiti con misurata libertà di tempo, che insieme al costante mutamento di intensità rende l’idea della seduzione delle brave ragazze di Cadice e quando ricorre alle note di petto le medesime sono misurate diciamo da salotto nello stile del brano. Quando registrò Carmen la stessa Supervia ricorse a suoni poitrinè ben più marcati, ma qui il brano impone all’interprete attenta una scelta anche vocale. Anche Conchita Supervia qui si comporta da cantante attrice
Quando la paginetta approda nella mani della Bartoli, tecnicamente di gran lunga inferiore alla Supervia a cominciare dalla voce falsamente oscurata (brano eseguito in mi min) e dalla conseguente dizione confusa la pagina che deve ammiccare ed insinuare diventa subito leziosa nell’esecuzione e quel che di elegante salotto, che si finge popolareggiante come esprimeva la Supervia grazie ad una dinamica continuamente e misuratamente varia qui può essere ora volgare ora inutilmente lezioso come certi piani al limite dell’udibile, suoni mal messi e mal fermi nei passi vocalizzati dove il dare espressione popolare e folklorista induce la cantante a suoni assai prossimi al miagolio. Ovvio che poi la Bartoli non dimentichi di essere baroccara ed emette trilli o acciaccature che ben poco hanno di queste figure ornamentali per indulgere al gargarismo. Ma la Bartoli per la suprema gioia dei suoi ammiratori è un faro ed un esempio (di malcanto e di interpretazione triviale e forviante) cui molte imposture, ben disposte alla facile pagliacciata, si ispirano. Una per tutte ve la dobbiamo offrire anche se non è ancora carnevale
2 pensieri su “Interpretazioni comparate: Le Filles de Cadix. Supervia versus Bartoli”
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Beh ma questa è proprio una Carnevalata di quelle rallegrano la giornata 😀
Dopo l’originale, ammiccante sottile spontanea, abbiamo la brutta copia, donna simpaticissima e geniale a suo modo per carità, ma basta la prima nota tutta spoggiata e velata, nonché il solito campionario di effetti ridicoli e dinamiche che dal vivo sono pure inudibili a squalificare l’operazione.
Di contro, la Petibon, altra vocina minuscola e squittente (ma almeno non ingolata) grazie al supporto video ci regala un vero e proprio cabaret, una baracconata talmente trash e kitsch nata dalla fusione del fior fiore operistico degli ultimi anni (la Ceciliona, la Dessay ultima maniera, la Kermes, etc.) da strappare grasse risate. Peccato che rientriamo appunto nel cabaret e non nel settore canto lirico 😉
Per la Petibon, evidentemente il carnevale, dura tutto l’anno, quindi nulla da obiettare, ognuno fa della sua vita ciò che gli pare.
Una piccola osservazione, va fatta però sulla Bartoli, cui il kilometrico palcoscenico del teatro Olimpico di vicenza, offriva spazio alle sue (presunte) esibizioni barocche.
Certamente il secolo dei lumi aveva molti lati oscuri, ma che gli spettatori di allora godessero di simili musicanti, stento a crederlo.
La Cecily, la ascoltai alla Piccola Scala e gia’ allora mi sembrava enorme,poi alla Scala, e poco mancò che mi dotassi di apparecchi per captare i suoi sospiri.
Eh sì, perchè i suoi suoni davano proprio l’aspetto del sospiro.
Il tutto mi bastò, finchè alla TV non comparve una pubblicità, scoraggiante quella di una nota catena di supermercati…e quì mi taccio!