La Semiramide di Joan Sutherland è un must del soprano australiano, per la ricchezza del virtuosismo che a un livello pressoché ineguagliato, nella storia delle registrazioni discografiche, evoca la grandezza delle regine babilonesi successive alla signora Rossini. Grisi, Patti e Melba in primis. L’opera è da cinquantatré anni assente dal soi disant massimo teatro italiano, che malgrado strombazzati proclami e rutilanti interviste, rilasciate da direttori di recente coinvolti in meste cronache degne degli annali di Casa Verdi, ancora attende una riproposta del titolo. Auguriamoci che il 2016 porti in dono, in primo luogo ai programmatori e rieducatori nostrani, la rassegnazione, se non il coraggio di scelte che, partendo da serene riflessioni, segnino davvero una discontinuità rispetto al cinereo presente.