Trionfo scaligero della Giovanna d’Arco, una produzione ben organizzata e ben cantata in rapporto al livello attuale degli spettacoli scaligeri, meno rispetto alla grande tradizione esecutiva verdiana passata e, soprattutto, per nulla nuova o memorabile su quello visivo.
Verdi tutto, anche quello più a corto di idee o di inventiva melodica, non manca ma di forza teatrale, una peculiare capacità di far presa sul pubblico: storpiato, fatto a pezzi, massacrato in qualunque angolo del mondo, un’opera di Verdi si regge da sola in forza della propria stringatezza, del ritmo, della velocità dell’azione.
La combinazione di trovate registiche dejà vùe e ben consolidate, a cominciare dall’idea che l’opera sia il sogno di una protagonista (idea fritta e strafritta anche sulle tavole del Piermarini e cito solo la Turandot per quei giornalisti, che hanno urlato al miracolo della novità), l’assenza di provocazione gratuita o speciali repellenze della parte visual unite ad un direttore pragmatico, che prima di tutto vuole far funzionare la serata, senza tante fisime e velleità, nonché una protagonista che, anche se non corrisponde certo alle descrizioni della formidabile Frezzolini, possiede grandi possibilità vocali, in primo luogo una notevole sonorità, hanno comprensibilmente incontrato un pubblico, che, da anni in Verdi, vede oscenità e soprattutto sente signore, che modestamente soffiano, oppure timbri similferraglia, che offendono i timpani.
Questo il mix che, senza rivoluzionare la storia o segnare una tappa fondamentale delle esecuzioni verdiane, ha dato vita ad uno spettacolo di successo. Grande successo, convinto e liberatorio, cui anche noi ci siamo uniti, bisognosi di assistere ad una serata, che nel complesso marciasse sino alla fine, astenendo il pubblico da soverchi lamenti, velleitari voli pindarici dal tragico epilogo, agonie sceniche ed inquinamenti visivi o prese in giro come la dilettantesca ed indecente Traviata, che ha preceduto questa Giovanna d’Arco ad inizio stagione 2013.
Il mix funziona e ciò basta e avanza di questi tempi, con buona pace delle enormità a cui alcuni si sono abbandonati prima durante e dopo la recita sui giornali piuttosto che in qualche altra sede, funziona grazie a Verdi ed alla formula teatrale, nonostante il libretto messo all’indice ed alla musica quaratottesca che si cerca ora di spacciarci per qualcosa di superiore a ciò che forse davvero è (perché si deve giustificare, in realtà, una scelta non molto adeguata alla serata di Sant’Ambrogio, di solito appannaggio dei grandi capolavori e non delle opere minori o sfortunate come questa).
All’epoca di Verdi il successo di Giovanna d’Arco lo garantì la Frezzolini, racconta Monaldi, tanto che, poi, l’opera ripresa da altri soprani anche famosi, come la Patti o la Stolz, non ebbe fortuna e fu riposta là dove stanno le ciambelle senza buco.
L’altra sera lo ha arantito GiovAnna Netrebko, più in forma e preparata rispetto al debutto salisburghese ed al disco, cui il metter benzina, ossia voce vera al suo canto è bastato per furoreggiare a Milano. Ed è un fatto comprensibile, ripeto, che dopo i poveri cinguettii di Diana, i soffi della Agresta, il canto plebeo della Monastyrka, il grigio nitrire di Sondra, le catastrofi di Dyka e Urmana, se arriva una voce con del vero suono, della punta, della facilità a riempire la sala e stare su coro e orchestra, questa porti a casa il trionfo. Comprensibile e giusto, perché l’opera è anche voce….quella cosa che, ormai per sentirla, dobbiamo sporgerci dalle balconate e porgere l’orecchio. Anna N. è sembrata finalmente meno superstar, meno glamour, meno diva patinata, insomma meno costruzione artificiale di star system, ma più cantante, anche nelle forme fisiche e nello stare in scena, finalmente presente, infiammata con la spada in mano, sopratutto più preparata, e per questo convincente. Finalmente Anna Netrebko ha regalato anche piani e smorzature, gli acuti degni del suo nome e della sua natura di soprano lirico da belcanto, fiorettature non fenomenali, ma di qualità adeguata, i gravi solitamente impastati ora più sonori e meno ingolfati, complice la scrittura stessa della parte. Alcuni l’hanno trovata sgangherata, altri priva di fraseggio verdiano. Personalmente, risentita la sua prova, mi pare piuttosto che la Netrebko talora non riesca a gestire il fiato in modo ottimale, come abbiamo udito chiaramente nella scena davanti alla chiesa del III atto, dove mancavano oltre al focus della voce l’intonazione esatta ed un vero legato. Forse è questo il punto nodale del canto della diva che poco convince perchè Verdi negli andanti richiede il dominio assoluto del suono: è la gestione del fiato che consente di reggere le frasi ampie e di restituirle con eleganza e dinamica. Nei momenti più lirici o aerei certi suoi passaggi sono sembrati poco rifiniti o musicalmente imperfetti, ma mai sgangherati. La sua prova, però, ha impressionato per la tonicità vocale mostrata da una cantante di così lungo corso, ormai impegnata fuori dal suo repertorio di elezione, perché anche lo slancio e il ”fuoco” con cui ha voluto cantare la sua generosa e battagliera Giovanna sono figlie del cantare al limite massimo della sua voce e delle sue forze. La Netrebko catatonica della Bolena o impacciata ed insipida dei Puritani, (ruoli assai più scoperti di Giovanna e che offrono insormontabili pietre di paragone) si è destata a Milano in forza di una natura generosa ed ancora fresca, anche se talvolta poco quadrata nella sua linea musicale o priva di un vero accento, ossia in quegli aspetti che un tempo i maestri di spartito i cosiddetti preparatori e ripassatori ed i direttori d’orchestra sapevano mettere in ordine durante le prove, ma non perché abbia cantato senza convinzione. Finalmente.
Chailly ha fatto quadrare i conti del suo cast, ma latitando in fatto di varietà di accenti e di nerbo negli accompagnamenti, ripiegando troppo spesso su un generico rumore quarantottesco, che, alla lunga ha reso questa Giovanna d’Arco molto monotona e ancor più priva di inventiva di quanto realmente non sia. Gli accompagnamenti ai cantabili in particolari sono parsi privi di ispirazione e respiro verdiano, meccanici o fiacchi, l’affresco storico sullo sfondo della vicenda dei protagonisti per nulla “dipinto” con l’orchestra nel susseguirsi dei climi, la battaglia, l’uscita dalla chiesa etc.. privi di quel tono solenne ed epicheggiante che dell’epoca e di Verdi sono sigla indiscussa. Portare a casa i cantanti tecnicamente o vocalmente limitati o tollerati perché sostituti dell’ultima ora era qualità e pregio di moltissimi direttori un tempo, una perizia che consisteva anche in una migliore resa della scena della piazza di Reims, con i giusti colori epici, o la presentazione di Giovanna, tratteggiata in due accordi per dare la tinta del luogo e dell’animo della protagonista. Questo alla prima non c’era, sacrificato a limiti dei cantanti ma anche per limite del direttore, se determinato da poche prove poco conta. Doveroso, invece, il constatarlo ed offrire a chi ci legge quei paragoni che sostengono il giudizio meno lusinghiero del Corriere della Grisi, una volta superato l’effetto di uno spettacolo efficace, ma non eccezionale o cantato ai livelli di un tempo.
Quanto agli altri, Meli in una parte assolutamente centrale e pensata per Antonio Poggi, geloso principe consorte della Frezzolini è parso in difficoltà a legare ella sortita sopratutto, perché se è vero che il ruolo di Carlo lo esime dal cantare nella zona alta della voce (Meli non sa da che parte si effettui il passaggio di registro superiore, lo sapesse sarebbe il numero uno in Favorita, Lucia e forse Puritani) dall’altra richiede un’ampiezza ed una grande cavata al centro che non è quella del tenore lirico leggero quale Francesco Meli è. E che canti Gabriele Adorno o Riccardo è la prova che oggi non si sanno attribuire le parte ai cantanti, che di loro, poi, non sanno cantare salvo sperperando la dote naturale. Detto ciò, ha firmato il momento musicalmente più convincete della serata, “Vieni al tempio”, una citazione esemplare dal Carlo del commendatore di Busseto.
Il baritono non si recensisce perché chi fa una sostituzione all’ultimo momento non può essere giudicato. O meglio lo sarebbe solo nell’ipotesi, qui non verificatasi, di un miracolo exploit.
I peana dedicati al coro ed all’orchestra con tanto di pagellini sui giornali. Ci limitiamo ad osservare che la Giovanna d’Arco non è certo Boris o, per restare al primo Verdi, Nabucco od Ernani, che mettono alla frusta pregi e difetti della compagine corale. Qui poi la monotonia della bacchetta non aiutava certo e trovare qualità e varietà di accento e colori per le masse corali.
Da ultimo l’allestimento. Persino le centrali dell’entusiasmo non hanno potuto non registrare un dissidio fra registi ( che sono apparsi al proscenio con un tiaso di collaboratori più copioso delle Valchirie) e Chailly. L’idea del sogno era vecchia e lo abbiamo già detto, ma prima ancora era inadeguata, perché la dimensione dell’onirico, dell’ossessione, delle malattia mentale sono così squisitamente novecentesche che confliggono apertamente con la poetica del grandioso, del solenne, del romantico –insomma- cui Giovanna, per motivi “anagrafici” appartiene. Questo non è passatismo, ma doveroso tentativo di collocare nelle giuste coordinate un titolo, che appartiene indiscutibilmente ad una certa epoca. Questi signori e quelli che gridano alla novità davanti alle loro facilonerie dovrebbero chiarire a sé stessi che le categorie del ‘900 non sono affatto universali ed oggettive, ma valide ed applicabili alle produzioni di quel periodo. E’ onestà verso l’autore. Per una volta, dunque, forse possiamo dire che la regia deve i suoi applausi anche all’accortezza ed al buon senso del direttore oltre che alla cantante protagonista che ha retto e trascinato la serata ( e sopportato gli orrendi costumi ). Potrebbe essere un nuovo e positivo corso dell’opera lirica.
51 pensieri su “Fratello streaming: Giov-ANNA d’Arco alla Scala fa il miracolo.”
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Non essendo in teatro, quel che ho visto/sentito era filtrato dalla tv per cui forse non sempre attendibile (un buon posizionamento dei microfoni e inquadrature studiate distorcono smorzando eventuali difetti), ma devo dire che il mio forte scetticismo della vigilia si è stemperato. In generale lo spettacolo mi ha dato un certo sollievo rispetto a quanto ormai abituati a vedere. Personalmente ho trovato l’orchestra a tratti un po’ fracassona e bandistica, una Netrebko grintosa e meglio impostata rispetto alla orribile Donna Anna di qualche anno fa, continuano però a non convincermi certe emissioni ingolfate e nasali (ma forse è una sua caratteristica incorreggibile) e soprattutto gli acuti che in realtà sono strilli. D’accordo con voi su Meli, che a mio parere avrebbe la possibilità di fare meglio, è giovane, ci dovrebbe essere il tempo per correggersi in modo efficace. Giusto il non-giudizio del povero baritono, però per essere un “giovane” la voce mi suona già vecchia e decisamente poco incisiva. Quanto alla regia, non griderei certo al miracolo, ma con i tempi che corrono posso farmi bastare il fatto che non disturbi e che abbia ridotto il pacchiano al minimo, l’idea di far ruotare tutto intorno alle nevrosi di Giovanna e al rapporto malato padre-figlia non è male, benché visioni e allucinazioni non siano una novità; no, invece, alle proiezioni trite e ritrite con le quali si vuole risolvere la mancanza di idee per una scenografia efficace.
Concordo in pieno. Signora ha dimenticato di recensire il basso o e una scelta?
Carmencita, pur con molti limiti, non direi che nel dongiovanni la netrebko fosse orribile!
Basso è una parola un po grossa
In effetti :-). Premesso che la mia non è una recensione, bensì una semplice opinione, confesso che del basso nemmeno mi sono resa conto… E confermo i miei bruttissimi ricordi della Netrebko 2011 (sarà anche che non fu la sola ad essere deludente, visto che ci fu chi persino stonava, ma quella è acqua passata … )
Ad essere precisi nel titolo si specifica streaming …avrei preferito attendere il teatro ma tanto è. …è la legge della notizia. Sono davvero curiosa di sentire dal vivo perché è lì la realtà.
Secondo me invece un pessimo spettacolo . Messa in scena vergognosa , direzione fiacca e incolore , baritono insentibile , Meli soliti enormi problemi che non sto certo qui ad elencare e Netrebko da apprezzare solo per la proiezione sonora. Per il resto mi è sembrata la solita minestra.
insomma donna Giulia Grisi è diventata tenera e buona?
La regia è sembrata orribile. i cantanti più che censurabili. La direzione tratti pesante.
Noto però con piacere che anche per Donna Giulia Grisi è l’anno della misericordia ! Dio ve ne renda merito!Alleluja !
per domenico donzelli la misericordia non si spreca per persone lautamente pagate. A partire da chi impostura quale edgardo e che tanto furore le ha destato . A leggere bene la recensione dice che la signora netrebko abbia galleggiato. Mi pare che fra battere il record dei 200 stile libero e galleggiare ne passi e non poco
Articolo puntuale ed equilibrato, come purtroppo non è dato leggere sulla carta stampata.
E’ chiaro che in zona Giglio Magico e Oca Giuliva questo sito continuerà ad essere considerato nido di gufi e rosiconi.
eh no cara Gentucca, non accetto di essere definita misericordiosa, perchè non lo sono stata. non ho scambiato la netrebko per la tebaldi o la caballe, ma non era possibile non riconoscerle quello che ha fatto e di essersi sforzata assai. se mancassimo di riconoscere quello che gli artisti fanno dopo tante critiche toglieremmo loro lo stimolo a fare o anche solo a prendere in considerazione le critiche affinche facciano meglio. ti stupirà ma anche noi cerchiamo serate ben riuscite e belle prestazioni..
Nobili sensi è vero….
nel complesso concordo con donna Giulia…. ma sta storia del Giovine baritono è davvero strana…. Cecconi ha 44 anni e un repertorio fatto di nabucco, rigoletto, ballo in maschera (!)… divertente pensare che in Italia oramai si sia dei giovani cantanti a 44 anni e vecchi dopo i 50….
poi si diviene sempre verdi e sempre chiamati all’età di Nucci. Giusto?
E’ un paese per vecchi… 😀
Fa piacere che la Grisi abbia dato atto dell’impegno della Netrebko,e la riuscita della recita sia per la maggior parte merito suo,riguardo alla regia,uno dei registi ha insultato pesantemente pdirettore,forse gli applausi gli hanno dato alla testa,siccome l’insulto,grazie ai microfoni aperti, e,diventato pubblico,deve dare spiegazioni,in caso contrario,un calcio nel sedere se vuole entrare nel teatro
Conoscevo la Giovanna d’Arco nella esecuzione del teatro Comunale di Bologna, cui assistetti dal vivo molti anni fa , mi pare (ma posso sbagliare) nel 1990, diretta proprio da Chailly. Allora trovai in Chailly un bel temperamento teatrale, bella capacità di “agitare” l’orchestra, sensibilità precisa nell’alternare l’elegia quasi donizettiana con le accensioni tipicamente verdiane ; senza contare che la Susan Dunn di allora era interprete forse più fantasiosa della Netrebko, per non dire di La Scola che ( in quella occasione)confrontato a Meli vincerebbe a mani basse; il baritono era Bruson, e tanto basta. La Giovanna della Scala, vista in televisione, è stata nel complesso piuttosto noiosa. Bene, con tutti i suoi limiti , la Netrebko; fioco e fuori parte Meli, che sta sperperando le sue doti e le sue possibilità in ruoli che dovrebbe evitare; inadeguato, pur con tutte le scusanti di dovere, il baritono, incapace di colorire un poco una parte impervia ma stimolante. In tutti poco o nessun accento verdiano e poca capacità di fraseggio, indispensabile per dar vita a un’opera come questa. Timida e cautelosa l’orchestra, con una direzione che sembrava poco convinta e poco curata : e dire che a Bologna Chailly era apparso attento a tutte le sfumature che si potevano trarre dalla scrittura verdiana. Infelice la regia, con Meli trasformato in una ragazza Goldfinger, Giovanna imballata in camicioni ridicoli, e una impostazione generale che denuncia ancora come i registi d’ opera approfittino di ogni occasione per sfogare le lor frustrazioni socio-psico-sessuali .
buon giorno,a proposito di registi socio psico sessuali,voglio raccontare la regia di un Rigoletto cantato con Bruson a Berna,il primo atto con comparse anziane con il seno di fuori,5giovani ragazze nude completamente,e per ultimo 3 giovani travestiti che dileggiano Monterone e alla fine rimangono nudi con bene esposti i gioielli di famiglia.
Mi cospargo il capo di cenere e d’ora in poi vi darò sempre ragione . E ‘ l’anno della misericordia .
Quest’anno a teatro non c’ero e ho ascoltato l’opera in televisione.
Chailly non mi è parso così noioso, forse perché molti di noi hanno fatto l’orecchio sulla Giovannna di Levine di molti anni fa.
A mio parere, il Maestro ha calato l’opera in una sonorità da melodramma donizettiano con qualche turgore verdiano e ha sempre rispettanto le voci.
In altre parole è disceso dal belcanto e non è risalito dal Verdi maturo o peggio dal verismo. Per questo la direzione mi è parsa equilibrata con diverse finezze e
la sinfonia mi è parsa paradigmatica per stile, intensità e fraseggio orchestrale.
Questo però ascoltando l’audio televisivo, sia pure di buona qualità, in teatro la percezione è naturalmente diversa.
La protagonista, per me, ha gridato tutta la parte e anche le smorzature non erano così dolci come avrebbero dovuto essere. Qua e là ha pasticciato nei passi d’agilità ma, rispetto a quanto siamo abituati, quest’anno il 7 dicembre è andato di lusso anche per merito della signora Netrebko.
Io, pur da cinico insensibile qual sono, devo rendere merito alla Netrebko di aver cantato un po’ meglio rispetto al suo livello abituale e di avermi fatto conoscere la versione ritmica in uzbeko di quest’ opera, finora a me ignota 😀
Oltre alla versione ritmica in uzbeko, l’intonazione?? ? A sentire la diretta radiofonica non era quel che definirei perfetta ?
Grazie caro. Pensavo di essere stato l’ unico a notarlo e mi erano venuti dei dubbi in merito!
sempre frizzante e spiritoso il caro Mozy !
Chiedo venia: ho letto questo post su internet, qualcuno sa che cosa sia avvenuto ? :
Scala, scontro dietro le quinte tra Chailly e i registi
Rachele Nenzi Mer, 09/12/2015 – 13:40
Prima alla Scala… con insulto. Che tra il direttore d’orchestra Riccardo Chailly e i registi della “Giovanna d’Arco” non corresse buon sangue era chiaro dalla conferenza stampa in cui il maestro non cita nemmeno il duo franco-belga. Ma ora spunta un fuorionda – trasmesso da Radio Tre durante la diretta streaming dal backstage – che conferma le voci. Calato il sipario si sente la voce di Moshe Leiser che dice “Congratulations, Maestro”. E poi: “Asshole, stronzo”
Visto che il microfono era aperto,quindi l’insulto e pubblico deve dare spiegazioni,a meno che era ubriaco
Ho sentito anch’io da quelli di radio 3 che stavano volando parole grosse ma non si capiva da chi e tra chi. Poi tutto calato sotto silenzio… E ovviamente dai giornali nemmeno un sussurro…
Non posso che congratularmi con il regista per la sua notevole raffinatezza. Monsignor Della Casa approverebbe! Se è vero che – come si legge – è belga, allora pare proprio voglia dare ragione a Baudelaire quando parlava di “stupide Belgique” ed affermava “La Belgique est le bâton merdeux de l’Europe”…. quanto a raffinatezza ci siamo vicini…. Se si vogliono sentire tanto aurate parole ecco un link
http://www.repubblica.it/spettacoli/teatro-danza/2015/12/09/news/retropalco-129070341/
Sono chiaramente udibili i termini “asshole” e “st…zo di m…a”. Appare evidente che il regista si riferisce ad una parte del corpo umano che a molti registi è tanto tanto cara (absit iniuria verbis) come si può vedere da come molti la fanno esibire in scena, quando non la esibiscono essi stessi.
pare infatti che un regista francesce – così mi raccontarono ed io relata refero senza voler certificare l’autenticità dell’aneddoto – anni fa terminò un suo spettacolo presentandosi a proscenio, mostrando le terga al pubblico ed infilandosi un dito in………… !!!
Questo per ora alla Scala non si è ancora visto, ma, propriziante A.P., magari arriverà!
In ogni caso chi vuole vedere un po’ di horribilia registica potrà cercare su internet il trailer del Ratto dal serraglio di Mozart messo in [o]scena dal “buon” Bieito alla Komische Oper di Berlino. Non svelo cosa vi si potrà vedere. Non voglio togliere la sorpresa. Avverto solo di non farlo vedere ai minorenni.
Dagospia indica la causa dello scontro nel fatto che Chailly abbia fatto eliminare alcune controscene in cui i diavoli rossi, celebrando il loro trionfo, si abbandonavano a simulare atti sessuali sodomitici. Se fosse così, complimenti sinceri al maestro, accompagnati da un avvertimento: stia attento, perché ormai il teatro lirico è feudo dei gay: Sodoma e camorra.
ecco il link
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/quando-all-opera-volano-stracci-liti-invidie-dispetti-114704.htm
articolo esauriente sul contrasto , mi sembra. Mi sa che in quel blog ci sia qualcuno di attento al mondo della lirica, difficile trovare resoconto così completo.
Mozy, per favore voglio ubriacarmi: mi fai bere la versione Uzbeca?
Ho un brutto difetto: sono legato al pentagramma, per ora
ogni altra versione, non mi ridesta alcun interesse, ne emozione. Sono certo che è una brutta malattia, ma non trovo ne medici, ne medicine che la guariscano. OOPS
Marco Daverio, su facebook scrive:
Giovanna D’Arco nella regia dell’opera che ha appena inaugurato la nuova stagione lirica del Teatro alla Scala viene trasformata in una malata di mente che sente delle voci in preda ad un delirio psicotico causato da un padre ossessivo che le impedisce di vivere una sessualità adeguata. Tutta l’opera si svolge nella sua camera da letto dove appaiono e scompaiono i personaggi della storia che sono quindi delle visioni frutto di una mente contorta. Da santa a ossessa. Che ne pensate ? Davvero la religione come diceva Freud è una nevrosi e le esperienze mistiche sono solo deliri psicotici ? La castità è un disturbo della sfera sessuale piuttosto che una libera rinuncia per un ideale superiore ? Le persone che hanno creduto nella santità di Giovanna, erano tutti imbecilli i? E la Chiesa che ha esaminato il caso sprovveduta o opportunista ? Il re che l’ha messa a capo di un esercito un inetto ? E I francesi che la venerano sono dei bifolchi ? Mah… a me tornano in mente le parole di Paolo VI : la rottura tra Vangelo e cultura è il dramma della nostra epoca. Un pontefice lungimirante.
Rispondo si a tutte le domande. Tuttavia la regia di questa Giovanna D’Arco rimane a mio parere comunque molto stupida e di gusto perfido.
Personalmente rispondo “no” a tutte le domande. E a Gianmario oso consigliare un ripassino di storia su qualche buon manuale, ricordando che perfino G. B. Shaw amò e capiì Giovanna e la sua vicenda.
Basta leggere la storia,e anche la sua riabilitazione,senza scomodare film drammi e romanzi,e saggi su di lei,e senza di lei la Francia non sarebbe quella attuale,e non dimentichiamo,che è una delle patrone di Francia,e molto venerata in Francia
A te invece non consiglio un ripasso ( non ho idea se tu ne abbia bisogno o meno ), osservo invece che avere opinioni differenti non comporta necessariamente ignorare quello che disse “perfino” Shaw ( non era del resto il suo ramo…)
Ti chiedo scusa se ti sei sentito offeso: non era mia intenzione. Ho citato Shaw perché nella lunghissima prefazione a Santa Giovanna (quasi un saggio storico, ben documentato ) analizza tutta la vicenda, mettendo in luce torti e ragioni dei protagonisti. uiN AMICHEVOLE SALUTO.
Mercé diletti amici, dopo questa recensione nessuno più vi accuserà di essere i buatori per antonomasia della Scala .
Intendo intendo…
Francamente quello che dice la gente importa poco a me come ai miei colleghi, forse perché non scriviamo per essere nel.gruppo, adeguati, idolatrati o graditi o sgraditi. Scriviamo per quello che abbiamo da dire e sulla.base di ciò che conosciamo. Se poi la maggioranza va per stare in un branco dove si coltivano i disvalori xhe oggi la maggioranza abbraccia, in particolare l essere adeguati ad un modo di pensare che ha causato la fine dell opera oppure essere graditi nei camerini di sedicenti artisti che più che cantare fanno carriera o essere accreditati dai teatri per andare a teatro ad ufo, francamente non ci interessa. Vorremmo che l opera sopravvivesse anche se è ormai ridotta al lumicino, divorata dagli interessi e dagli idioti che la gestiscono, compresi quelli di cui sopra.
Il regista? Gente che insulta Chailly si meriterebbe di passare un quarto d’ ora con Toscanini 😀
Hahaha… Sì, Mozart!
Poi.. Anch’io sento il soprano stonare.
Concordo al 100%. Magari Toscanini in un momento in cui era particolarmente su di giri…
“formidabile Frezzolini”….scusami giulia, ma dove l’hai sentita questa formidabile soprano morta nel 1884 ?…………………..
prima di tutta donna Giulia è del 1811 e quindi l’ha sentita per bene, secondo l’ Erminietta prese il posto della Giulia a cantare agli Italiani Semiramide etc e cantò anche un paio di sciacquature di piatti (giudizio di donna Gilia) come Rigoletto e Lucia. E poi basta saper leggere gli spartiti di Verdi (Lombardi in primis) e di Mercadante (orazi e Curiazi) per rendersi conto della perfezione tecnica e del controllo del mezzo della frezzolini. E poi per chi non sappia leggere la musica bastano le parole del Monaldi. (credo pag 283 se non sono rincretinito, sai sono del 1791 io)
La storia è quella cosa che si fa solo sui viventi perche li si vede da vivi e non su ciò che è trascorso…evviva l’ignoranza !
ignorante…mah…per me questo non e’ ignoranza, e’ oggettività. secondo questo ragionamento anche Josè Cura sarebbe stato un grandissimo tenore viste le recensioni del post Otello con Abbado…inutile consigliarvi di staccare un po’ la spina da queste credenze ed accettare il fatto che il passato non può tornare ma soprattutto un certo passato non può essere giudicato in mancanza di prove certe se non nell’interpretare quanto riportavano le cronache dell’epoca fatte da persone che sono appunto persone ed hanno opinioni che possono essere interpretate e soggettive.
ma qui non è questione di passato. e’ questione di presente, ossia di come si fa questo mestiere del teatro….perche vediamo e sentiamo cose che non si possono nemmeno definire dilettantesche, ma illegittime e pergiunta mal realizzate tecnicamente. smettiamola con questa storia del passato, per favore. la questione che ogni forma di critica, anche nell’arte, sia considerata passatismo è storia vecchia, che ha anche una nutrita letteratura a riguardo…sono gli slogan presenti di un gioco delle parti nato altrove, fuor dell’opera. il punto sta ormai nel mestiere….sparito, perduto, di tutti quanti. Quell’idea registica della giovanna, tanto per esemplificare, che a nessuno è parsa nuova, aveva un grande limite al là di quello della legittimità o meno di cui si può discutere: era mal realizzata. Era inadeguata ad un grande teatro. Era roba da teatrino, al di là del porno e mica porno o della nevrosi di lei…l’immagine che abbiamo vista era roba da teatro di secondo piano…e possiamo iniziare l’analisi a partire dai costumi per finire con le scenografie….passando poi al konzept…
E vale per tutto il resto…..ti invito a sentire come Bartoletti la diresse a Parma, con un’orchestra che non è la Scala. Fai la prova che ho fatto io domenica…perche prima di scrivere occorre anche riflettere e dare un nome alle cose. cosa non funzionava per me di Chailly? cosa mancava? senti Bartoletti e capisci….quella direzione non è stata mica 10000 anni fa.
possiamo parlare della velocità di decadimento che aumenta in modo esponenziale in questo vortice che sta risucchiando tutta la lirica….l’accellerazione impressa al fenomeno è impressionante….il passato che getta ombra su questo presente non è mica così lontano….non è l’archeologia dei cilindri ma un paio di decenni fa. vediamo di andare oltre le frasi fatte….
a presto
L’esito di questa Giovanna d’Arco è stato di gran lunga migliore dell’andazzo degli ultimi anni e sul fronte musicale c’erano cose passabili. Da qui al miracolo però ce ne passa, come si è fatto ben notare qui. Concordo con donna Giulia: Chailly poco fantasioso, Netrebko la migliore in campo nonostante i problemi noti (qui però tenuti più a bada del solito) perché almeno è una voce, e pure bella. Meli mi è insopportabile con quel suo modo di cantare pieno di belle intenzioni, ma sempre spinto, fibroso e corto tipico di chi vuole fare il vocione senza averlo per limiti tecnici e naturali. Baritono incommentabile.
Regia meno peggio di quanto mi sarei aspettato e meglio di tante altre “cose” più orrende che si vedono in giro. Poco fantasiosa, vista e rivista, ma personalmente sul fronte regia sono rassegnato: non riesco a non giudicare se non col criterio del “meno peggio”.
L’opera è davvero bruttina nonostante si sia tentato, spesso ridicolmente, di esaltarla in tutte le maniere trovandone i pregi più disparati. Non qui ovviamente, ma il buon senso e l’onestà son di pochi. C’era molto altro tra cui scegliere, ma Verdi, si sa, gode sempre di un trattamento speciale.
L’articolo di Dagospia che è stato citato è indecente e mi auguro che almeno su questo luogo nobile non mi tocchi leggere commenti del livello dei social a proposito di presunte lobby, Apocalissi et similia.
PS: Grande Gianmario!
Quoto e sottoscrivo ogni parola di Ninia. Orecchie giovani, gusto antico; bravo!
Ho assistito alla recita di ieri sera, tra l’altro per nulla esaurita anche nei posti low cost, di buon successo finale ma fiacca durante l’esecuzione come esito.
Chailly mi è parso come via streaming, sempre efficace, a tratti lento, forse troppo in certi andanti e non molto inciso come accenti, mentre i cantanti ne avrebbero avuto bisogno.
Spettacolo senza infamia e senza lode, meglio che in diretta tv, senza primi piani e dettagli che hanno peggiorato e non migliorato la resa. di fronte a certe porcherie dell’era lissner era accettabilissimo.
La prova migliore è stata di F. Meli, l’unico del cast il cui canto ha una quadratura musicale vera, accenti pertinenti. fa fatica per le ragioni già descritte, più tonico nell’entrata. la parte resta troppo bassa per lui e mentre è piacevolissimo quanto canta i lati lirici del personaggio ( il duetto resta la sua parte migliore), spinte molto nei recitativi o nelle frasi centrali dove il re è in pubblico. lì manca di vera ampiezza e cavata.
Alvarez è stato insignificante. Grigia l’esecuzione della prima aria, il canto che non procede, la voce chiusa e senza punta, inadeguata a verdi. Buono l’andante della seconda, per poi soccombere nel fuoco verdiano della cabaletta. nemmeno al duetto finale con giovanna ha tirato fuori qualcosa che non fosse monotono o incisivo. Per fare il baritono nobile alla Bruson gli manca suono, ampiezza e accento…tutto.
Anna Giovanna non è stata quella della prima. Affaticata visibilmente sin dalla cavatina, ha pagato dappertutto il canto verdiano troppo pesante per lei. Quando le serviva ha dato volume, ma il canto mi è parso abborracciato, le salite agli acuti faticose, con la voce che prima andava indietro poi era spinta. Si è rifugiata nelle note flautate ma soprattutto credo che il dare corpo al centro, un centro che suona più basso di posizione del dovuto, la affatichi tanto. Da li derivano, oltre agli acuti che si sfilacciano, i problemi più generali di fiato e quindi la quadratura musicale. In “Oh Fatidica foresta ” e nella scena della chiesa le frasi iniziavano ma non si capiva bene dove andavano a finire, una generale incertezza nel procedere con legato, frasi che procedevano a scatti, suonini, cali di intonazioni…insomma, una cantante che, non salda tecnicamente, paga nel corso delle recite perdendo in qualità di canto. Diciamo che della parte ha cantato come si deve un 20% più o meno.
MI pare che le Aide o le Norme siano deliri di managment e di cantante incosciente…
Giá Elsa, che debutterà a Dresda, è troppo per una cantante con tali lacune tecniche. Oltre al fatto che il suo tedesco è gravemente difettoso, come notato da molti critici quin in Germania a proposito del suo disco dei Quattro Ultimi Lieder straussiani. Personalmente posso dire che il suo accento tedesco somiglia in maniera irresistibilmente comica a quello dei turchi immigrati da poco.