Inaugurazione a Torino: un’Aida da obliare

20151011_163357Quello dell’Aida, che ha inaugurato la stagione taurinese il 14 ottobre u.s. e che la Rai ha trasmesso il sabato successivo, per il semplice motivo che “ubi major minor cessat” ossia se c’è uno spettacolo scaligero quello ha la precedenza assoluta, non è stata una bella Aida, anzi scadente sotto il profilo del canto, non esaltante sotto quello della direzione migliore per quanto concerne la qualità del suono dell’orchestra. Per altro abbiamo recesito recenti infelici produzioni di quello che viene definito il primo Verdi, ma anche con riferimento al cd. “tardo Verdi” le perplessità e le nefandezze sono molte come questa Aida e la pubblicazione di quella allestita in forma di concerto l’anno passato a Santa Cecilia confermano inesorate.
Seguendo con ordine i numeri della partitura verdiana:
Preludio: bel suono e grande precisione dell’orchestra, tempi veloci e sostenuti e nessun senso dell’evocazione; in generale questa produzione di Aida manca del senso dell’evocazione di quel falso esotismo che di Aida è una delle componenti essenziali.
Celeste Aida un solo commento all’assenza di legato, suoni stonati e mal messi in tutta la gamma della voce da parte di Marco Berti “SIAMO SU SCHERZI A PARTE?”
Terzetto Aida Amneris Radames. Pessimi i due innamorati anche perché la scrittura di Radames qui, come altrove è nella zona di passaggio ben poco propizia al dilettante. La Rachvelishvili è ingolfata come tutti i mezzo soprani, che vogliono e devono avere la voce scura e quando tenta di cantare piano suona “spoggiata” e fuori fuoco.
Concertato “Su del Nilo” pesante e greve
“Ritorna vincitor” la dilettante emette urla scomposte a partire dal sol acuto in su, non lega un suono e non la soccorre neppure il tempo veloce del “i sacri nomi” molto conveniente ad una cantante con i difetti ed i limitati mezzi della Lewis.
Tempio di Vulcano: Squadrata e senza fascino anche per il tempo battuto a metronomo la sacerdotessa, molto meglio il coro che ha quel sapore di evocazione e mistero che la scena richiede. Belle le danze ( saranno una costante di tutta la produzione l’esecuzione della danze effettuate con eleganza, cura, precisione). L’orchestra, però, è dalla ripresa radiofonica invasiva ed invadente.
Boudoir di Amneris. Il colore locale o pseudo locale, ingrediente irrinunciabile di questo tipo di opera, latita, manda quel clima da universo esotico, intimo e femminile. La Rachvelishvili sui sol di “amor mio” svela di essere una improvvisata tanto incerti sono i suoni. Per contro grande slancio e precisione nella cosiddetta danza dei moretti.
Duetto Aida-Amneris: La Rachvelishvili continua a mostrare i limiti del terzetto iniziale, non è in grado di cantare piano e se lo fa avviene a scapito dell’intonazione e della proiezione della voce, ma è un mostro di bravura davanti ad una Aida che urla o pigola essendo una mal messa Mimì con grossi problemi di intonazione, spesso crescente. Il direttore non soccorre molto perché l’orchestra è pesante e rumorosa ad ogni intervento di Amneris (per la cronaca oggi la Rachvelishvili può sembrare una voce importante, ma non è –per stare alle sue pari- né una Nave né una Mattiucci) e certi stacchi lenti di tempo non sono certo di aiuto a voci sottodimensionate e sottoproiettate come quelle di cui dispone il palcoscenico taurinense.
Trionfo: Preciso e sfavillante, l’orchestra suona benissimo, ma in questa secchezza ed asciuttezza manca quel colore un po’ oleografico, trombone, pompier che il trionfo esige. Spumeggianti le danze. Poi arrivano i solisti ed abbiamo un baritono duro in alto, stentoreo e senza quel fraseggio “oratorio” del baritono verdiano qui re e padre (un po’ dedito allo sfruttamento della figlia, diciamolo pure!). L’accompagnamento della sezione conclusiva è un po’ alla russa in senso negativo cioè pesante e rumoroso anche perché i solisti sono pessimi bastando a ciò sentire che combina Berti alle “stille del pianto adorato” e la dovizia di suonacci spinti della protagonista.
20151011_172511Preludio ed ingresso di Amneris alla chiusa dell’introduzione qualche scollamento fra palcoscenico e orchestra, ma sono peccati veniali
Ingresso di Aida, “Cieli azzurri”. Qui comincia la salita al monte Calvario per il soprano titolare di Aida, ma il vero condannato è il pubblico costretto all’ascolto di una cantante non degna di questo nome e che mai dal suo primo apparire abbia dato prove di qualità professionali. Tralascio che l’orchestra non crea atmosfera notturna, perché con quello che arriva può andare bene anche la banda del cartoon inserito in Mary Poppins. Recitativo ed aria sono un’accozzaglia di suoni schiacciati, pessima dizione e che il do5 sia una scempio e della decente emissione e delle indicazioni di spartito e della minima musicalità con un fiato prima ed uno subito dopo non desta stupore. Desta stupore o meglio conferma che i primi acuti spesso sono più difficili degli estremi (il la seguente). In queste condizioni e con questo controllo del fiato è impossibile cercare di dare senso alle frase e di interpretare.
Duetto Aida Amonasro: lei ricorre a suoni di petto ed il legato latita, lui è afono e articola in maniera esagitata e per certi versi comica il “or tutti sorgete”. Non li aiuta la direzione d’orchestra perché troppo fragorosa e forzatamente, marziale nell’accompagnamento di frasi come “in armi ora si desta”
Duetto Aida-Radames. Sotto il profilo vocale l’ingresso di Radames potrebbe far pensare che il condottiero sia sotto l’effetto di sostanze psicotrope, o dedito agli schiamazzi notturni più che al canto. Fuori tempo al fiero anelito e capace di un indescrivibile salita al si bem del “beati d’eterno amor”, cui replica un altrettanto scombiccherato “gli stessi numi avrem”.
Finale d’atto: a parte i decibel troppo abbondanti Berti imbrocca un paio di acuti al terzetto e soprattutto il la di “sacerdote io resto”. Solo che l’eccesso di decibel non significa rendere giustizia alla tragicità del momento. Questo è il punto su cui riflettere.
Introduzione e duetto Amneris- Radames: Vibrante introduzione. La Rachvelishvili dimostra di avere già lo scalino tipico difetto della voce che oggi si vorrebbe spacciare per una peculiarità della vece di mezzo, suona ingolate e ne risentono gli acuti, che all’epoca dei primi concerti nel foyer dei palchi scaligeri erano la parte di qualità della voce. La scrittura piuttosto centrale per il tenore lo costringe a suoni aperti e più prossimi al parlato che non al canto, anche se ogni tanto azzecca la salita agli acuti.
Scena del giudizio: quando la Rachvelishili canta piano suona stimbrata perché non sostiene adeguatamente il suono. La concitazione drammatica è generica, senza che la bacchetta le abbia suggerito alcunchè, oltretutto la buca nel momento di maggior vigore drammatico “si fa prendere la mano” ed eccede in clangori quando il coro (in uno dei suoi momenti meno felici della serata) pronuncia la condanna a morte del condottiero traditore.
Duetto finale. La stanchezza si fa sentire per entrambi e quindi abbiamo un Radames che, stonato, declama e dimentica che sta morendo un condottiero anche perché la compagna di questa celebrazione padana di amore e thanatos gride, emette, se prova ad addolcire, suoni fissi e fischianti, dando luogo ad una delle esecuzioni peggiori di “volano al raggio”.
Tirando le somme un’edizione di Aida, che non rispecchia lo standard sopra la media di cui capace da tempo Torino. Mi domando e giro –se hanno tempo e voglia di pensarci- ai nostri lettori la domanda se sono le difficoltà connesse ed imprescindibili con il titolo prescelto oppure una carenza di interesse da parte del direttore a farla da padrone in questa produzione.

(ringraziamo per le foto l’amico Don Carlo di Vargas)

21 pensieri su “Inaugurazione a Torino: un’Aida da obliare

  1. vedremo nel proseguo della stagione ,se il Regio è ancora in grado di dare delle buone produzioni,la stagione è abbastanza variegata , a parte la solita Tosca ,Cenerentola ,Lucia ci sono titoli poco rappresentati , e penso che sia stata una scelta coraggiosa,da parte mia ho già comprato un biglietto per Didone ed Enea,senz’altro andrò a vedermi Carmina Burana,e sicuramente la Lucia della Pratt
    c’è anche una prima assoluta per Torino una favola in musica Pollicino ..
    recita a un prezzo di 15 euro per tutti i posti
    quest’anno i settori sono passati da 3 a 5 ( 6 con i posti a visibilità ridotta,lo stesso prezzo per gli sgabelli dei palchi 29 euro)delle famose recite pomeridiane a prezzo ridotto ,c’è solo Onegin ,Tosca ,Cenerentola,Lucia ,e Carmen ( occasione per andare a riascoltare Veronica Simeoni )
    comunque sono riduzioni meno sostanziose quasi irrisorie rispetto a qualche anno,e il fatto che abbiano portati i settori da tre a cinque ( sei con quelli a ridotta visibilità),e abbiano aumentato il 5 settore piu del 3 settore di prima è chiaro che si tratta di una manovra per fare più soldini,poi un altra piccola fregatura,sui posti a ridotta visibiltà ,fanno pagare già a prezzo pieno quelle poltrone che una volta erano a prezzo ridotto,adesso praticamente sono 3 – 4 poltrone laterali a prezzo ridotto…

  2. giudizio veramente ingeneroso sulla rachvelishvili che ha voce bella e pasta da mezzosoprano e canta una meravigliosa Amneris. ma è evidente il preconcetto nei suoi confronti. chissà perché poi…
    di berti e della Lewis c’è ben poco da dire. io li trovo pessimi e sgradevoli da ascoltare, la Lewis ha almeno il pregio di essere una bella figliola, scenicamente credibile come aida. ma nulla più.
    per la cronaca, chi è che cantava Amonasro?

    • si si, preconcetti….in alto urla e tanto. e sotto tuba. se prendi una bella amneris della cossotto o della bumbry ( lasciamo la stignani nell’olimpo) potrai fare ascolti paralleli che ti renderanno molto più udibili i problemi seri della fanciulla
      nessun preconcetto, piuttosto, sentita in scala, ci è parsa più affaticata a torino rispetto a milano. del resto amneris è pesante, soprattutto con bacchette molto rumorose, ed insistere sulla natura più che sulla tecnica si sconta.
      direi rammarico, perchè la voce viene intaccata e la carriera accorciata. speriamo che non la spacchino in due stagioni solo di opere pesanti. ma gli agenti si sa come fanno..

      • chi vivrà…udrà.
        A me sembra che la Anita canti con molto garbo. Poi in 6 mesi non è possibile passare da un’ottima esecuzione a una come quella di cui parlate nella recensione. Ripeto, impossibile. Può capitare semmai una serata no, un periodo di affaticamento, ma una voce non viene stravolta in 6 mesi. Quindi, ripeto, sono i soliti giudizi (pre-confezionati) di chi vuole a tutti i costi dimostrare una certa tesi o voler scegliere cosa e dove un determinato cantante deve cantare.
        Francamente non trovo assurde le vostre continue lamentele sulle carriere stroncate dal “sistema” (e mi permetto di aggiungere che sono abbastanza scemi molti cantanti a farsi risucchiare da tale sistema, in vece di affrontare la propria carriera con indipendenza e autorevolezza, facendo le proprie di “regole”).
        Molto sgradevole, invece, il fatto che vogliate sempre decidere chi debba cantare cosa e dove. Insomma, ognuno è libero. O no? Comunque non volevo divagare. A parte Amneris, mi sembra che siamo d’accordo sul resto.

        • forse tu vuoi dimostrare un certa tesi, o no?…no è la prima volta che vieni qui a scrivere certe cose. ci sono persone che sono andate ed anche dal vivo mi hanno detto che era la migliore ma con dei problemi. li ha sempra avuti…sentiti il suo Samson…
          il punto è che un cantante deve ep uo cantare ciò che va alla sua voce ed alla sua TECNICA. forse devi avanzare le tue conoscenze e cominciare a capire che il canto ha le sue specificità….togliti dalla testa il tutti per tutto e tutto per tutti. questa idea è il frutto del moderno commercio delle voci che le porta allo sfascio precoce. cantnati tecnicamente deboli, come Anita R, sono ben piu esposti di quelli sani al declino.
          però bisogna che tu ti informi un poco di piu prima di giudicare….capirai che non diciamo nulla che non sia sempre stato patrimonio comune nella lirica….e che oggi è sparito…

          • guarda il paternalismo no. tutto,ma quello no. sono troppo vecchio (purtroppo).
            non voglio dimostrare nulla, io vado a teatro, mi pago il biglietto e ascolto. a volte quello he sento mi piace e a volte no. punto. non sto sempre a fare confronti colla stignani, la bumbry e la cossotto, non perché io non le apprezzi, ma perché non voglio privarmi del piacere di apprezzare anche quello che di buono abbiamo oggi in circolazione. nessuno ha detto mai “tutti-tutto”, ma è veramente insostenibile la tesi per cui una rachveli non possa/debba cantare Amneris. cosa dovrebbe cantare dunque? io la vedo perfetta anche come eboli per esempio. infine, sempre con sta solfa della tecnica! tirare in ballo questa motivazione ha senso quando un cantante canta male. tirarla in ballo a vanvera, a fronte di buoni risultati equivale a suffragare la mia ipotesi e cioè che un po’ di pregiudizi e forzature le fate. poi ognuno la pensa come vuole, figuriamoci il blog è vostro. però se nel panorama odierno non va più bene neanche la rachvelishvili o chiudano i teatri, oppure ognuno stia pure a casa e si risparmi i soldi. altre soluzioni non ne vedo.
            saluti.

          • va bene. il canto lo fruisci così e va bene. basta che non vieni qui a parlare di prevenzione quando non ne abbiamo, constatiamo dei fatti che hanno spiegazioni ben precise. dici che vuoi continuare a fruire così, liberissimo e giustissimo. ma allora se non vuoi avere gli strumenti per capire o per dialogare su quel piano, non venire qui a dire cose non vere. nessuno è prevenuto..anzi, è il contrario. ci interessa che canti perchè di cantanti non ce ne sono…resta che gli acuti erano orrendi…delle urla . e che sotto è tubata. amen.tra un anno avra il buco al centro,e tra due sara tutta rotta come 10000000 prima di lei con poca tecnica. punto

  3. So bene che i miei ricordi di ascoltatore interessano poco, però una cantante che io apprezzo moltissimo è la Cossotto. Chi la ha vista e udita come il sottoscritto, in Scala e altrove per almeno 20 anni di seguito, non ha notato mai una sbavatura ne note fuori luogo, tranne un leggero logorio dovuto al tempo. La scena che più mi colpì, è stata in arena in una delle innumerevoli aide costì postate: scena finale: una enorme montagna fatta di gradini neri e lei che sale senza un minimo sgomento e giunta alla cima e illuminata di un solo faretto su di lei, scaglia la maledizione ai due innamorati sottostanti, una di quelle scudisciate vocali tipo
    https://www.youtube.com/watch?v=EUAT1bMt0ho
    Orbene è facile dire vado a teatro per gustarmi, le opere
    ma se si assiste ad un prodigio vocale, chi lo può sostituire?
    https://www.youtube.com/watch?v=M0JUSwgRdz4
    Se debbo ascoltare delle mezze calzette, allora me ne stò a casa.

  4. Ho ascoltato e visto lo spettacolo così come trasmesso in streaming: francamente l’ho trovato carente da tutti i punti di vista.
    a) In primis il direttore, per il quale trovo il giudizio dell’amico Domenico sin troppo generoso: Noseda, infatti, concerta un’Aida svogliata, frettolosa, imprecisa…mancante di una linea interpretativa. Fin dal preludio, compitato in modo generico e scolastico, si è avuta la sensazione di un’Aida incolore e amorfa: in ossequio alla moda attuale (da Muti a Pappano, sino al recente Bignamini) Noseda parte dal discutibile assunto per cui Aida sarebbe un’opera intimista, quasi cameristica e via col blablabla di sempre sul fatto che è stata fraintesa. Io francamente non ne posso più: se poteva essere interessante 20 anni fa ritrovare certe delicatezze, oggi è solo maniera, perché il 99% delle Aide che ci propinano annualmente vengono presentate come “rivoluzionarie” proprio per questa vena cameristica: una rivoluzione in atto da 20 anni dunque… Oltretutto si fa sempre a discapito degli altri elementi, perché Aida è ANCHE opera di sentimenti, ma SOPRATTUTTO opera del conflitto tra potere e individuo, opera di spazi smisurati, opera di grandiosità storica (non generico esotismo da fine secolo). Noseda invece segue la solita strada senza metterci neppure molto impegno: ho la sensazione che il bravo direttore, dopo la discutibile querelle col Regio dell’anno scorso, stia lasciando spazio al “divo”…il tutto a discapito del musicista che era e che, ancora, potrebbe essere.
    b) stesso rilievo negativo va mosso alla messinscena mortificante e claustrofobica del premio Oscar Friedkin (l’indimenticabile regista de L’Esorcista e di tanti altri lavori): evidentemente di Aida ha una visione del tutto distorta e ridotta. Di vera regia un gran poca: al solito i cantanti muovono le braccia come vigili urbani e il coro si schiera come in un concerto in costume. Di studio sui personaggi manco a parlarne. E poi il peccato mortale: durante il preludio si assiste ad un fugace incontro tra Radames e Aida che di fatto rovina la drammaturgia verdiana oltre ad essere realizzato in modo dilettantesco. Pessimo davvero.
    c) la compagnia di canto era disastrosa, a cominciare dal Radames stonato e inaccettabile di Berti. Incredibile come Noseda abbia potuto tollerare un canto di questo genere. Idem per la Lewis. Sul resto meglio tacere: la Rashvelischvili – infelice nel costume che le viene propinato – sarà pure la migliore del gruppo, in virtù della generale gradevolezza del mezzo, ma di problemi se ne sono ascoltati parecchi.
    d) in ultimo il Teatro Regio, il cui livello sta scadendo sempre di più, stagione dopo stagione, a cominciare dalla totale mancanza di fantasia nella programmazione. Anche Torino affoga nel più vieto repertorio con titoli uguali a quelli di tutti gli altri teatri, riducendo ancor di più l’offerta nell’illusione di attirare pubblico con scelte popolari. Peccato che tutti i teatri che operano in questo modo di fatto stanno annaspando. Senza contare la perdita di identità che fino a qualche decennio fa differenziava le piazze teatrali più importanti d’Italia: Bologna, Torino, Milano, Firenze e Venezia. Oggi solo Venezia mantiene una sua peculiarità nelle scelte culturali e nei titoli: gli altri sono uno la fotocopia dell’altro.

  5. Non avendolo potuto fare prima, metto giù ora le mie impressioni sull’Aida inaugurale del Regio, che posto senza aver prima letto le altre note apparse sul sito, anche per non farmi influenzare, né in negativo, né in positivo, da esse. Ovviamente quando esprimo giudizi di valore, essi sono massimamente relativi (in particolare riferentisi alla triste situazione attuale del canto verdiano), se dal senso della frase non si può evincere un giudizio di valore assoluto.
    Io ho assistito sia alla prova generale (in cui Aida era Anna Pirozzi) che all’ultima recita dell’opera e posso dire che nelle due settimane intercorrenti fra tali esecuzioni alcune cose sono cambiate, mentre altre sono rimaste identiche.
    Parto da quanto ho scritto dopo la prova generale, per poi integrare riguardo alla recita del 25 ottobre.
    PROVA GENERALE
    Bene come al solito orchestra e coro (qualche problema – more solito – con le trombe della marcia trionfale in cui si sono sentite 2 stonature). Orchestra precisa e compatta, sia quando deve suonare piano che quando deve suonare forte. Non copre mai i cantanti nonostante il fatto che non ci troviamo di fronte a voci tipo Cigna o Merli redivivi.
    Questo va sicuramente a merito del direttore Noseda, che cerca di sostenere le voci non certo eccezionali di cui deve servirsi. La direzione è sicura, ma un poco discontinua; si parte con un preludio molto lirico, poi, in molti momenti, i tempi diventano estremamente mossi e veloci, ad esempio durante l’aria di Aida del primo atto, o in molti altri momenti solistici topici dell’opera, anche in parti in cui di solito si è abituati a tempi più distesi. Secondo me il direttore usa tempi veloci per non lasciare in debito di ossigeno i cantanti; se avesse avuto a disposizione la Caballé è da presumersi che “Numi pietà” sarebbe stato diretto molto più lentamente. In ogni caso Scena del trionfo molto applaudita. Buona distinzione fra le parti intimiste dell’opera e quelle più solenni.
    More solito le dolenti note vengono dai cantanti. Meglio le donne degli uomini.
    Berti come Radamès parte malaccio; voce da tenore lirico (ne ho un buon ricordo in Beatrice di Tenda alla Scala oltre 20 anni fa) passata a parti troppo spinte, cerca di fare un Radamès alla Corelli senza essere Corelli. Il “Celeste Aida” è tutto cantato sul forte, senza sfumature o colori particolari e l’acuto alla fine è un poco sforzato e, per così dire, ambiguo: non è l’acuto squillante, gagliardo e possente di tradizione come potevano farlo un Del Monaco o un Filippeschi, però non è neanche l’acuto preso in piano (Corelli con Mehta) o poi smorzato (Pavarotti con Maazel) o con la ripresa della frase passando dal forte al piano (Tucker con Toscanini). Ma tutta la parte è sforzata, sono evidenti i problemi quando il cantante deve cantare piano; la voce sarebbe anche bella, e c’è anche un certo squillo naturale, ma al di là di ciò, il cantante e l ‘interprete latitano. Particolarmente brutto l’acuto de “Il ciel dei nostri amori” al terzo atto; il momento migliore di Berti è, invece, il duetto con Amneris del quarto atto. Di nuovo qualche problema con i piani e pianissimi nel finale.
    In compenso e nel complesso, rispetto a Berti è peggiore l’Amonasro di Doss, esempio di interpretazione da scuola del muggito, del tutto privo di finezze, senza, però, avere la voce e la tecnica dei baritoni della scuola del muggito. Prescindendo dalla discutibile pronuncia italiana, l’idea interpretativa è quella di un Amonasro sempre ruggente e digrignate, senza, però, un adeguato corpo vocale. Quindi, frasi non legate, fiati discutibili, voce che evidentemente è già in fase calante. In breve, un re etiope che cerca di fare il vocione, ma che il vocione non ce l’ha e tenta di far finta di averlo, con risultati discutibilissimi.
    Decisamente il migliore degli uomini Prestia come Ramfis; anche se ormai pure lui ha passato la fase migliore della carriera e la voce è un poco stanca, per lo meno è una vera voce di basse e non un surrogato come troppo spesso accade. Il re di In-Sung Sim è complessivamente più che accettabile; qualche suono non perfetto nel primo atto, ma si è sentito molto di peggio. Più che accettabili il messaggero di Prola (corista del Regio) e la sacerdotessa di Kate Frucheterman (che, inoltre, si è poi visto essere anche una ragazza decisamente avvenente).
    Anna Pirozzi come Aida non mi ha entusiasmato, ma, d’altra parte, non si è comportata affatto male, rispetto agli standard attuali, e sicuramente meglio del suo Ramadès. Anche se questo soprano negli scorsi anni ha cantato “particine” tipo Abigaille, non è evidentemente una voce alla Nilsson e mi pare – non so se per merito proprio o del direttore (o perché quest’ultimo doveva tenere gli stessi tempi usati per la Lewis?) – che cerchi di delineare un’Aida molto più lirica che drammatica. Soprattutto mi pare che cerchi di non strafare e non sforzare il proprio strumento vocale, il che è già cosa ottima. Non fa la voce grossa, tentando di far credere di essere una cantante con voce tipo Cigna o Caniglia, preferisce giocare la parte sull’interpretazione e cercare di fare i piani ed i pianissimi, anche se qualcuno parrebbe un poco in odore di falsetto, a differenza di quelli della sua collega che interpreta Amneris. Nel complesso, però, una prova decisamente sufficiente, soprattutto se raffrontata a quel che si sente oggi.
    La migliore della distribuzione è l’Amneris della Rachvelishvili, sicuramente quella dotata di migliore e più possente voce in natura e tecnica più agguerrita rispetto agli altri. Non posso che rifarmi a quanto si è detto della sua Amneris alla Scala alcuni mesi fa. La voce è bella, di giusto colore, e utilizzata bene; due suoni proprio brutti al quarto atto (non si capisce se provocati da una smania interpretativa troppo veristeggiante o semplici incidenti di percorso) sono stati delle vere eccezioni. E poi interpreta; nel secondo atto, durante il duetto con Aida, fa sfoggio di veri piani, senza che, però, la voce perda colore e si perda nell’immensità della sala, dato che resta ben udibile dappertutto. Ed in tal momento è giustamente insinuante. Finalmente una Amneris che non è un blocco monolitico senza colori o una mera brutta copia della Cossotto, ma che cerca di dare una propria interpretazione personale. Alla fine della prova giustamente è stata la più applaudita. Applaudita, anche se meno di lei, la Pirozzi. Applaudito meno della Pirozzi Berti.
    Bellissima la messa in scena (assolutamente fedele all’ambientazione voluta da Verdi, il che oggi, in certi ambienti, pare persino strano) di William Friedkin, che l’ha rimontata personalmente, con alcune varianti rispetto a 10 anni fa, in particolare nella scena del trionfo, un poco meno sontuosa, e nel terzo atto (la barca di Amneris arriva sul fondo della scena e non dinanzi al tempio). Regia curatissima, raffinata e spettacolare, attenta ai particolari, posta al servizio dell’opera e non dell’ego del regista. Splendide scene e costumi di Carlo Diappi, chiaramente ispirate a quanto si vede al Museo Egizio della città. Ottime le luci.
    RECITA DEL 25 OTTOBRE
    La maggior parte delle cose sopra dette possono ripetersi. Si deve, però, notare un generale miglioramento, dovuto probabilmente alle recite già effettuate. Mi è parsa migliorata la direzione di Noseda, più omogenea, così come la resa generale delle masse orchestrali e corali. Nessun errore delle trombe durante la marcia trionfale.
    Berti continua a fare un Radames di forza senza le forze per farlo. Di nuovo “Celeste Aida” senza finezze. Complessivamente un po’ meno peggio rispetto alla generale, ma non ci siamo lo stesso. Al terzo atto canta meno peggio che alla generale. La Rachvelishvili si ripete, migliorando un poco l’interpretazione. Nella prima scena del secondo atto mi è piaciuto il suo modo di cantare insinuante nel duetto di Aida ed il fatto che, unica del cast, cercasse di cantare piano. Nella prima scena dell’ultimo atto ancora un suono brutto (che, adesso, immagino proprio abbia “ragioni espressive”; mah!). Prestia migliore che alla generale. La Lewis non ha la voce di Aida, ma, al massimo, è solo la sorellina minore di Aida, una piccina “fresca uscita di convento”. Per cantare bene Aida non è necessario avere voci tipo Caniglia o Cigna, dato che un puro soprano lirico come la Chiara ha cantato in modo eccellente il ruolo per anni ed anni, al chiuso ed all’aperto (ma la Chiara sapeva cantare, eccome!), ma qui con la Lewis proprio non ci siamo. 28 anni fa a Torino, con la Chiara si alternava la Vernet-Moore, soprano lirico tutt’altro che spinto, che, però, riusciva a rendere un’Aida credibile, per di più di fronte ad una Amneris avente nome all’anagrafe Fiorenza Cossotto… La Lewis non ha niente di ciò che si chiede ad una grande Aida. Una vocina al massimo da Mimì, né mi pare abbia doti interpretative tali da far passare sopra al volume modesto. Gli altri più o meno identici ala generale. Doss non mi era piaciuto e continua a non piacermi come Amonasro. Amneris e direttore i più applauditi. Molto, molto meno Aida (dopo Cieli azzurri un imbarazzante, per lei, momento di silenzio, seguito da pochi applausi di mera cortesia). Radames ha ricevuto anche dei buh (e Torino non è piazza particolarmente feroce, ma, rispetto ad altre, non mi pare ancora tanto appiattita da accettare qualsiasi cosa); Ramfis applaudito. Mi è stato detto che, nelle recite del cast alternativo, Anna Maria Chiuri dovrebbe essersi comportata proprio bene come Amneris. Così mi è stato riferito e lo riporto.

  6. Don Carlo a Torino perché esca fuori un buu bisogna cantare proprio male,una volta che ho buato solitario mi hanno guardato come un marziano,e uno mi ha detto di rispettare chi paga il biglietto,e io ho risposto che anch’io ho pagato,ma non sentire un cana abbaiare,un altra volta ho constestato il tenore che cantava nei Puritani con la Rancatore ,forse è servito qualcosa perché un po è migliorato nel proseguo… 😀

  7. Come ho gia’ detto nel post pubblicato nell’altro articolo, prima che uscisse questa recensione di Aida, alla recita del 25 c’ero anch’io, 48 ore dopo avere assistito alla recita del 23, con il secondo cast. A proposito del 2^ cast confermo l’impressione che ha riportato Don Carlo sulla Chiuri: a me non e’ spiaciuta anche se di volume non pari alla Rachvelisvili, pero’ il 23 ero in 24^ fila e il 25 in 4: la scena del giudizio mi e’ piaciuta. Detto per inciso, Massi non c’era perche’ sostituito all’ultimo momento da Pisapia, che era il 3^ Radames.
    Un paio di note sulla direzione: secondo me tempi troppo rapidi nella scena del Tempio (il finale, soprattutto) e nel finale III (soprattutto il 23, non il 25)
    Come ho gia’ detto l’allestimento e’ decisamente classico e rassicurante, almeno per i miei gusti: dopo Puritani e Faust un sospiro di sollievo ma la regia non mi e’ sembrata curatissima, soprattutto nella scena del Trionfo: dunque, questo povero Re, passa-carte di Ramphis senza alcun reale potere decisionale, una decisione almeno la prende: ti faccio sposare mia figlia, al che il futuro sposo dovrebbe ricevere una mazzata e invece sembra proprio compiaciuto (nella recita del 23, ma non il 25, i 2 promessi sposi si tengono per mano fino alla fine della scena). Allora, ci potrebbe anche stare che in quel momento si dimentichi per un attimo di Aida, nell’ambizione di diventare un giorno re, salvo poi avere radicalmente cambiato idea nel 3^ atto ma questo contraddice il testo: ma i Numi ce l’hanno proprio con me, questa proprio non ci voleva perche’ il trono d’Egitto non vale l’amore di Aida: e allora perche’ t’inchini davanti alla principessa e le baci la mano con fare compiaciuto ? Sei proprio una faccia doppia, ma Radamese non ha una doppia faccia. E dov’e’ il gioco di sguardi disperati fra i 2 innamorati, prontissimamente intercettati dallo scltrissimo Amonasro ?
    Cantanti:
    Lewis: come ho gia’ detto penso di essere l’unico del pianeta a trovare abbastanza gradevole la Lewis (parlo della voce perche’ sull’aspetto fisico sarei curioso di trovare sul pianeta chi non la trovi gradevolissima). Il volume e’ limitato, lirico d’accordo, qualche problema ai “Cieli azzurri”, certo, pero’ io ci metterei la firma, poi se arriva una nuova Arroyo sono piu’ contento, certo, pero’ io l’ho preferita alla Pirozzi.
    Riserve invece sulla Rachvelisvili, anche qui sono in gran parte controcorrente perche’ e’ stata ovazionata al giudizio e al termine mentre, come ho gia’ detto nell’altro post e come ha fedelmente riportato Don Carlo, silenzio imbarazzante per la Lewis ai “Cieli azzurri”.
    Il volume della Rachvelisvili e’ ragguardevole ma l’emissione non e’ secondo me particolarmente corretta e il suono e’ anche un po velato ed opaco.
    Su Doss concordo con Don Carlo: scomposto, ha trovato una sorta di compostezza solo all’ultima sua frase importante, dove non doveva piu’ ruggire, smaniare ed imprecare perche’ ormai aveva gia’ convinto la figlia. Come ho gia’ detto, meglio Platanias, il 2^ Amonasro, piu’ corretto.
    Sostanzialmente condivido anche il giudizio sui 2 bassi, ascoltati 2 volte perche’ facevano parte di entrambi i cast: tra i 2 meglio Sim, comunque. Prestia migliora nel 3^ e 4^ Atto.
    Mi sono perso Rai5, dove immagino sia stata trasmessa la prima, ma prima o poi credo che replicheranno.

  8. Volevo aggiungere un’esemplificazione: nel finale anche Berti sovrasta la Lewis, ed e’ un peccato: se con una bacchetta magica avessi potuto spegnere uno dei 2 avrei spento Berti. Esempio, proprio all’ultima frase “si schiude il ciel”, Berti naufraga, la Lewis no. Con questo non voglio che fino a quel momento Berti avesse invece ricordato da vicino, ma neanche da lontano, Pertile, Bergonzi e Corelli, ovvio che no, era solo per esemplificare. E con questo ho detto qualcosa anche su Bert che avevo dimenticato. Come detto, sono conscio che moltissimi avrebbero utilizzato la bacchetta magica per spegnere tutti e 2.

    • Vedo che molti hanno dimenticato (o rimosso) Pisapia, che purtroppo mi è capitato in sostituzione di Massi, che m’incuriosiva perché non l’ho mai sentito dal vivo. Se su Pisapia è stato steso un velo pietoso, capisco, ma non c’è velo pietoso a sufficienza per celare quello che mi è toccato di sentire… e non dico altro

      • In effetti, parlando della recita del 23, che e’ quella alla quale credo si riferisca Marina, ho dimenticato Pisapia, al quale avevo accennato nel post nell’altro articolo. Non c’e’ molto da dire: mi e’ sembrato molto stanco al 4 atto. Era il 3^ Radames, previsto in locandina per la recita del 16, a poche settimane dall’inaugurazione perche’ prima erano previsti 2 Radames, ed era comunque il “doppio” per le altre recite. Curosita’: a settembre, insieme a Pisapia, e’ comparsa, per la sola recita del 16, anche la Gubanova, che pero’ poi e’ sparita.

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