Secondo l’opinione comune Ernestina Poli Randacio, detta Tina era un “sopranone” di grandissima dote naturale con voce penetrante e tagliente in alto ed un registro grave poderoso, maschile e con ostentate note di petto, insomma una cantante dedica al miglior malcanto verista di vera scuola italica. Poi l’ascoltatore di oggi verifica che la Tina cantò per quasi trent’anni in titoli massacranti e la ascolta sia in passi del suo tipico repertorio e non solo (una “Mamma morta” e un “Senza mamma” di straordinario vigore vocale e nel contempo di gusto castigato) e riflette che la communis opinio deve essere riveduta e corretta. Alle prese con Verdi la Poli Randaccio non è certo una belcantista trasferita in Verdi, come accade per le esecuzioni di una Russ, ma in Aida o Trovatore la Poli Randaccio smentisce alla grande la nomea di cantante di gusto verista e tecnica precaria. A parte gli acuti balenanti (nel trovatore sino al re bem della chiusa) in Aida (il soprano ferrarese incise l’aria del primo atto, il duetto con Amneris, quello con il padre ed uno stralcio della scena del trionfo) oggi colpiscono, in una cantante che aveva sulle spalle circa venti anni di repertorio, la saldezza del mezzo la facilità della voce in ogni zona e la capacità per un soprano definito a torto verista di cantare non solo di suoni potenti e penetranti, ma anche di legare e colorire con lo strumento che il periodo e lo strumentale verdiano imponevamo e per la verità imporrebbero anche oggi.
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Vogliamo parlare anche di Giovanni Inghilleri? A me è sempre piaciuto moltissimo!