In questo periodo, partendo dalla doverosa e sempre grata commemorazione della Callas, ho avuto l’occasione di ripensare al canto femminile ante Callas, sul quale pesa il giudizio di Celletti, certamente negativo, salvo alcune eccezioni. Ho spiegato che su questa opinione ebbero peso gli ascolti del critico romano, la difficile reperibilità delle registrazioni di molte cantanti soprattutto di scuola ed area middleuropea e russa e aggiungo la venerazione per il tenore Lauri Volpi, che per motivi, che altrove ho cercato di spiegare non brillava certo, nei confronti di alcune della maggiori primedonne del suo tempo, per spirito di colleganza e stima. Questi elementi non significano affatto una critica a Celletti, anzi, semplicemente farsi una ragione sul perché di talune affermazioni da alcuni spostate acriticamente. Poi come ascoltava Celletti e come Celletti ci ha insegnato ad ascoltare nessuna censura!
Vi è poi l’occasione, ovvero l’inizio del festival Verdi a Parma la cui scadente programmazione -fanno eccezione per un paio di eventi o parte di essi- dimostra sempre più la decadenza per non dire rovina del canto verdiano, la faciloneria di chi organizza un evento di scarsa utilità, se per utilità e significato di un Festival consideriamo il rimettere in circolazione titoli dimenticati o prassi esecutive, legate ad un certo periodo e dimenticate. A conti fatti oggi in Italia, esaurito anche il compito istituzionale del ROF, di festival potrebbe essere necessario solo quello dedicato a Donizetti, che non si celebra con l’ennesima Bolena, o uno dedicato all’operismo serio napoletano da Zingarelli a Mercadante.
E allora credo che sia il caso di riascoltare e ripensare al canto femminile applicato a Verdi fra il 1900 ed il 1935, con una predilezione per i primordi della registrazione perché, senza forse e ma, in quella sede c’è la possibilità di ritrovare il gusto e la solidità tecnica ottocentesca. Quella per intenderci delle primedonne che cantavano anche Verdi alternandolo a Rossini, Mercadente, Bellini, Meyerbeer e Donizetti, magari cercando alternative al maestro bussetano, che si dice talvolta non sapeva capire le esigenze dei cantanti perché componeva senza far riferimento ed “inchino” ai loro desiderata. Poi anche questo assunto è da prendere con le pinze perché una parte scritta per la Frezzolini è ben differente da quella scritta a distanza di sei mesi per la Barbieri Nini.
La prima tappa di questa proposta di ricerca e riflessione sulla storia della vocalità è berlinese, dedicata a Frau Leider, che fu la diva del massimo teatro della capitale tedesca (la Staatoper) dal 1923 al 1938 e che oltre ad essere uno dei più grandi soprani wagneriani del suo tempo (e forse della storia dell’interpretazione wagneriana) frequentò quasi sempre in lingua tedesca Mozart (Contessa e Donna Anna), Gluck (Armide), Verdi (Trovatore, Aida, Ballo e Forza del destino), Strauss (Ariadne) e Puccini (Tosca). Più volte, credo abbiamo proposto la sua esecuzione dell’aria del quarto atto del Trovatore. L’altro passo giustamente famoso è il duetto con il conte di Luna (qui il maggior baritono tedesco fra le due guerre Hainrich Schlusnus) e abbiamo una Leonora di grande ed imponente mezzo vocale, nonostante la registrazione acustica penalizzi queste caratteristiche, e secondo il gusto della cantante controllata nell’accento e, prima ancora, nell’emissione perché la Leider è di quelle cantanti che plasmavano l’interpretazione sul proprio mezzo e sulla propria tecnica.
Un pensiero su “Il mese verdiano: ma i soprani a 78 giri interpretavano?”
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Donzelli, come sempre, una garanzia 😀
La grandezza della Leider si commenta da sola! (peccato il tedesco, che non amo particolarmente)