Si la rigueur et la vengeance
leur font haïr ta sante loi,
que le pardon, que la clémence,
mon Dieu, les ramène vers toi.
Nous rappelant son précepte sacré,
ouvrons nos bras à l’enfant!
Alcune delle reazioni alla recensione del concerto milanese di Ramon Vargas ci hanno indotto a ulteriori riflessioni circa i rischi che presenterebbe, per un cantante, una carriera dedicata a ruoli mediamente onerosi, quali i grandi personaggi verdiani e i re, guerrieri, principi della Chiesa del Grand-Opéra. Nella cavatina del cardinale Brogni proponiamo quindi un cantante giunto in prossimità della fase finale della carriera e un altro, colto attorno alla quarantina anagrafica. Il primo, per giunta, in una recita dal vivo, mentre il collega è alle prese con un’incisione in studio. Cesare Siepi (classe 1923 – alcune fonti individuano l’anno di nascita nel 1919) non sarà particolarmente vario e sfumato nell’esecuzione, non sfoggerà la potenza e l’autorità vocale di un De Angelis o di un Pasero o di un Paul Aumonier (e abbiamo citato non per caso tre autentici “pezzi da novanta” testimoniati dal disco), ma alle prese con una pagina che più di ogni altra cosa richiede una sicura omogeneità dei registri vocali (nel giro di poche battute si passa dalle ime regioni del pentagramma, con tanto di mi grave alla cadenza finale, a frasi che insistono sugli acuti, fino al do, e prevedono proprio in quella zona l’esecuzione di seppur blande fioriture, ad es. il gruppetto alle parole “mon Dieu”) dimostra salda tenuta d’intonazione, legato di buona qualità, sufficiente ampiezza, tono adeguatamente solenne (quale si conviene alla, benché ostentata, magnanimità del personaggio) e qualche trascurabile oscillazione nelle note tenute (soprattutto nelle prime frasi del brano). Qualora si esaminassero registrazioni precedenti della medesima pagina a opera dello stesso cantante (Youtube è, in questo e in molti altri sensi, un’autentica miniera), si sentirebbe una voce più fresca e dagli armonici più corposi, ma i pregi e i limiti dell’esecuzione sarebbero i medesimi, o di poco dissimili. Quanto a Ferruccio Furlanetto, consigliamo di ascoltare soprattutto come la scelta di bitumare i suoni al centro (alla ricerca della “voce”, o per meglio dire della malintesa caricatura di una voce alla slava) conduca a sistematiche spoggiature sui parchi acuti previsti (soprattutto nei tentativi di piano e pianissimo, come avviene ad esempio in coda alla cadenza conclusiva, limitata peraltro al mi – l’anziano Siepi scende al do sotto il rigo), a un’esecuzione approssimativa degli abbellimenti (il gruppetto su “en ce jour”) e in generale a un tono ora lamentoso, ora tonitruante (senza che poi la voce sfoggi chissà quale potenza), poco consono alla situazione drammatica, oltre che a questa musica in generale.
Siete dei crudeli… Siepi!! Mah… Vuoi mettere…?