Proporre sul Corriere della Grisi, luogo deputato al bel canto e, prima ancora, al buon canto, lo stralcio di un’intervista a Maria Caniglia, ritenuta modello di canto, anzi di mal canto verista fatto di suoni ghermiti di forza, suoni aperto in basso e di petto potrebbe essere considerato ora uno scherzo ora un azzardo e più di tutto una provocazione.
Certo perché la prima provocazione che in questo incontro la signora Caniglia lancia è dopo dieci secondi dicendo “oggi (1965 probabilmente) nessuno sa respirare”. Figurarsi se potesse sentire e vedere quanto osannato e definito modello oggi (2015). E’ vero che il canto non è solo meccanica della respirazione, ma il saldo possesso della respirazione ovvero del sostegno del fiato o appoggio che dir si voglia serve a garantire anche a cantanti non rifinite e dedite agli eccessi di temperamento (“Se canti Butterfly con il tuo temperamento etc…” le profetava anzi gufava Serafin) ed ad un gusto oggi non condiviso.
Ma la “gufata” di Serafin, che forse preferiva in Ernani vocaliste meno temperamentose, ma più attente alla tecnica come la Castellani e la Pedrini, ci dice come un direttore allora conoscesse le voci e non commettesse scivoloni nelle diagnosi. Oggi finissimi filologi consigliano a soprani estesissimi in alto i ruoli di Isabella Colbran, che –forse- non era un mezzosoprano, ma non certo una ipotetica Regina della Notte e si vedono rispedire al mittente le musiche, frutto di ricerche d’archivio tanto dotte quanto avulse dalla realtà.
Poi le provocazioni proseguono e la seconda proviene dal racconto dell’audizione scaligera dove Toscanini e Panizza rispedirono la promettente (altrimenti non l’avrebbero audizionata) ragazzona napoletana al mittente (lo stesso maestro di canto della Stignani) consigliandole di mettere temporaneamente da parte i sogni di Tosca, Santuzza e Leonora del Trovatore, per fare il lirico puro. Il lirico puro nel senso di Mimì e Manon di Massenet, Micaela, la Caniglia non lo fece mai, ma l’alternanza di Desdemona, Elsa, Margherita le consentirà di procrastinare l’approdo a Verdi (il tardo naturalmente) e di attendere quel crescere ed espandersi della voce con la pratica. Oggi vediamo soprani che ai primi di luglio cantano aperto al centro e strillano in alto e dopo una quarantina di giorni esibiscono suoni ingrossati e tubati al centro e sempre problemi negli acuti (dopo meno di un decennio dal debutto quali colorature). Anche qui la Caniglia non sarà un modello preclaro di vocalità, ma certi errori non li commetteva e soprattutto non si trovò nel giro di sei mesi da Margherita di Faust a Minnie di Fanciulla. Se non mi sbaglio fra una e l’altra parte (cantata al termine della carriera) passarono circa 25 anni.
Terza provocazione: Violetta. Anche qui non possiamo dire che Maria Caniglia sia una Violetta esemplare ed irripetibile perché le agilità approssimative pesavano (certo più allora che ora), ma i tempi dello studio e le modalità dovrebbero far riflettere non solo cantanti, ma e soprattutto agenti, direttori di orchestra e critica sempre munita di flabelli ed incensi, che ai tempi della Caniglia erano distribuiti con parsimonia e sudati.
4 pensieri su “Un’intervista a Maria Caniglia.”
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Io, da piccolo, mi ricordo i vecchi che parlavano di quanto era bella la voce della Caniglua in teatro.
Il mio primo ascolto della Caniglia (ovviamente in disco) fu nella Tosca con Gigli e Borgioli, direttore de Fabritiis (1938). E’ tanto tempo che non la ascolto e l’unico ricordo della Caniglia era quello di un trombone!
Ora che il tempo passa, gli ascolti e le idee maturano e diventano (si spera) più adulti, rivaluto per tanti punti la Caniglia. Di certo soffrì di una certa rozzezza stilistica del periodo, spesso ghermendo all’eccesso le parole (troppa parola!) e spesso schiacciando il registro di petto creando – all’opposto dell’effetto drammatico – un effetto grottesco.
Tuttavia, invito a sentire la bellissima messa di voce nel “Teneste la promessa” dalla Traviata, che Serafin le consigliò caldamente di studiare (minuto 1.40 – https://www.youtube.com/watch?v=xPx90T6iKZI), così come il mantenimento di una dinamica sul piano in “Addio del passato” e la bellissima apertura in “L’amore di Alfredo”. Oltre al fatto che da questa registrazione dal vivo si sente una voce che scorre fluviale nel teatro!
Che vi devo dire?! A me il bellissimo opulento vocione della Caniglia è sempre piaciuto e nelle incisioni (Tosca, Forza,…) mi ha sempre convinto. Non era perfetta, sopra era un pelo tiratina (come Cerquetti Tebaldi), il gusto era verista e plateale come andava di moda all’epoca (a me non sempre dispiace tra l’altro), però una grande voce che va giudicata in rapporto all’epoca in cui cantava.
Che donna simpatica nell’intervista! Quando i cantanti non erano studiosi, anzi, spesso erano proprio “ignoranti”, eppure sapevano cantare! Altri tempi, come altri tempi ciò che la signora con animato spirito partenopeo racconta!
Come diceva Celletti davanti alle sue cantanti laureate:”voglio un soprano brutta baffuta ignorante e figlia di portinaia”