Agnes Baltsa diceva che non basta essere greche ed avere un grosso naso per essere un grande soprano. Trasferito all’esecuzione di Norma il principio affermato dalla Baltsa potrebbe essere non basta stendere le braccia in posa plastica, come la ritrattistica documenta le varie Pasta, Grisi, sino alla Milanov, alla Cigna ed alla Callas, per essere una grande Norma. Eppure domenica a Torino di Norma c’erano solo le pose plastiche. Bisogna, invece, cantare e dare senso ad ogni frase che secondo le intenzioni del compositore e le ragioni del personaggio. In difetto si è, come accaduto alla signora Agresta domenica scorsa, modeste e presuntuose nel contempo. E questo ad onta degli applausi che hanno chiuso la recita (scarsini dopo la sortita, però) e dei proclami di un pubblico di livello congruo alla cantante.
La storia documentata dell’esecuzione del capolavoro belliniano ci insegna che Norma può privilegiare l’aspetto astratto e sacerdotale, quello tragico e declamatorio, quello elegiaco e quello acrobatico virtuosistico. E questo significa dare una visione non completa, ma credibile del personaggio, perché 110 anni di registrazioni documentano che solo tre o quattro (Lilli Lehmann, Giannina Russ, Maria Callas ed Anita Cerquetti e, forse, la Ponselle) sono riuscite a trovare la quadratura del personaggio e a trovare un equilibrio fra gli elementi sopra citati, tutti compresenti in egual misura (ecco il problema) nel personaggio, forse drammaturgicamente poco credibile, della sacerdotessa di Irminsul.
Ma una cosa è certa, un soprano che pretende e presume di cantare Norma non può prescindere per cantare, quindi, per realizzare il cosiddetto minimo sindacale da:
1. controllo della gamma della voce tutta, dal do3 al do5. Norma non può avere la quinta bassa dura, priva di appoggio ed afonoide che la Agresta esibisce nel recitativo di entrata (vedi “e infranta cada”), al recitativo che apre il quadro secondo del primo atto nell’abitazione di Norma (“che nominar non oso, è troppo tormentoso troppo orrendo etc”) e tutto il recitativo accompagnato, struttura musicale molto consona ai mezzi ed all’arte di Giuditta Pasta dell’incipit del secondo atto, sino al “Norma non mente” o alla ricadute dall’alto al basso di “sangue romano”. Non si può non possedere saldi e sicuri gli acuti come i la bem ribattuti della “Casta diva”, il si bem di ”fine al rito” e quanto segue, i due si bem che Norma emette durante il duetto con Adalgisa “così trovava del mio cor” dove il tentativo di attaccare piano e rinforzare il suono dà luogo ad incertezze di intonazione e fiato corto, o emettere due suonini indeterminati per colore e privi di qualunque ampiezza su due do 5 del “no, non tremare o perfido”. Poi lo strillo (re nat) in chiusa al terzetto che o possiede l’ampiezza e la potenza di quelli di una Sutherland o di una Cigna oppure è velleitario, come pure il mi bem5 appena toccato, fors’anche calante, alla chiusa del duetto con Pollione.
2. canto legato, che ha come presupposto il controllo del fiato oltre che il mezzo naturale di soprano almeno lirico spinto (la Agresta è un lirico da Bohéme, Manon di Massenet, Faust e Micaela e per la quale Butterfly potrebbe essere un ostacolo insormontabile o quasi). Se non si controlla il fiato si esegue una “Casta diva” di limitata ampiezza, priva di aura sacerdotale, perché una sacerdotessa suona sui la bem della cavatina ed espande la voce per la sala e lo stesso valga per i duetti con Adalgisa (l’andante del secondo “mira o Norma”, uno dei momenti sufficienti della serata) dove Norma resta la sacerdotessa e la donna matura dal timbro elegante e nobile e non già una grisette o una ragazzina di un paese della Navarra
3. canto di agilità. La Agresta non sa eseguire i trilli. Li evita nella cadenza (facoltativi per altro) della sortita, li cempenna malamente nella scala prevista ad “Adalgisa fia punita” dove hanno valenza drammatica. Le agilità dell’allegro “Ah bello a me ritorna” (eseguito nella forma mininale senza da capo e senza ripetizione neppure delle battute conclusive, come si faceva sotto la più pesante e vituperata “forbice di Tullio”) sono scolastiche ad essere clementi, sgallinacciate a dire la verità. Si tolleravano esecuzioni di poco superiore alla Agresta almeno sessanta o settanta anni or sono da soprani che praticavano, da par loro, Aida Ballo Forza e Gioconda e davano una discutile stilisticamente, ma coerente drammaticamente, loro parziale versione di Norma
4. accento ampio e scandito. Allora è chiaro che la dote sia modesta, non supportata da adeguata tecnica, ma la cantante snocciola il recitativo d’entrata (chiuso con una maldestra scivolata sulla variante di tradizione del “Il sacro vischio io mieto”) come fosse la poesia di Natale quanto apostrofa Pollione e quando Norma tocca l’apice della tragedia, intesa come il contrasto supremo che l’anima di Norma soffre, pronta ad uccidere i figli, sonorità e accento sono da opera naturalistica, nonostante il brandir pugnali e stendere le braccia in pose plastiche. Anche quando Norma canta piano, implora e supplica l’accento e la scansione sono quelle della sacerdotessa ,che abita fra delubri ed are, non fra cipria e piccioli deschi. Se poi il pubblico si emoziona per l’espressione sofferente, intima e raccolta delle ultime frasi “Il deh non volerli vittime” è certo che non ha chiara la differenza fra un personaggio coturnato ed uno naturalistico. Consiglio a chi ha gridato al miracolo per questa Norma di ascoltare le dinamica di una Callas o di una Cerquetti, ma anche e soprattutto di una “vocina” come la Gencer nel finale per capire che la differenza non è nei decibel , ma in altro. E lo stesso accade ascoltando una Scotto talora portata ad eccedere, ma adamantina nella concezione “tragica” del personaggio, lei che il naturalismo ed il verismo li maneggiava satis et abundans. Basta poco a capire il personaggio ovvero come Bellini la “cava” dalle scene con una marcia ed un coro che si addice al grande (nel senso dell’animo e dei sentimenti che la agitano) personaggio. Per la cronaca sempre o quasi le parti scritte per la Pasta, quale Beatrice, o amate dalla stessa, come Imogene o, en travesti, Armando, prevedono grandi e pompose scene di ingresso, consone al personaggio, che quando esce dalla scena non deve evocare una popolana (tipo la Melato ne “el nos Milan”) ma sempre e solo una diva. Ha mai guardato la signora o chi la prepara come usciva di scana nel finale primo di Bolena una dichiarata mediocre attrice come la Sutherland?
E se Norma era una presunzione, i compagni di avventura non erano certo di levatura superiore, anche se il loro volume appariva un po’ maggiore di quello mignon della protagonista. Solo che la carenza di tecnica fa brutto scherzi perché una cantante come Veronica Simeoni, che ha cantato Selika (preciso che sino alla Ponselle o alla Arangi-Lombardi i soprani da Selika cantavano Norma e non Adalgisa), la quale oltre ad essere piuttosto vuota in basso arranca in quelle frasi in zona medio alta dove un soprano centrale trova il meglio vocale ed espressivo. A parte l’incertezza del la di “Ah l’obliai” cito a mo’ di esempio, nel duetto con Pollione, “Or per me spergiura e rea etc” e nei duetto primo con Norma “Ah ripeti o ciel ripeti” sino allo scomodo “Ah pietà di lor ti tocchi, se non hai” del Mira o Norma.
La Simeoni vanta almeno un minimale volume e, a differenza di altre Adalgisa molto in auge, non ha la prima ottava ingolata ed “imbottigliata” fra gola e stomaco, dunque riesce a fronteggiare il volume e la spavalderia di Roberto Aronica, che di Pollione ignora lo stile se non classico e post rossiniano, almeno composto ed elegante (la salita all’acuto della cavatina è maldestra e rappezzata), ma quando canta in zona acuta, non certo troppo sollecitata trattandosi di una parte scritta per Donzelli baritenore, più che mai dà prova di possedere quello spessore e quella sonorità che, invano, abbiamo cercato nella protagonista.
E poi Roberto Abbado, che è solito massacrare con instabilità di tenuta di tempi, clangori e “ognuno per conto suo” il repertorio romantico e rossiniano del quale è, a torto, ritenuto esperto e che stavolta, invece, senza avere brillato ha comunque accompagnato con un’orchestra dal suono di qualità (da tempo riteniamo che l’orchestra del Regio sia quella che suona meglio il repertorio operistico) anche se con attacchi sempre poco netti e precisi, assecondando e non aggravando i limiti dei cantanti. Un miracolo per i tempi che corrono e che il solito cretino di turno ha salutato con un fischio.
Per quelli della Grisi i fischi sono sacri ed inviolabili, ma proprio per questo non meritano di essere sprecati, soprattutto dopo aver applaudito le modestia e la presunzione. Quindi anche il pubblico dovrebbe, al pari della protagonista avere la misura delle cose.
Renata Scotto “Dormono entrambi”
Leyla Gencer “deh non volerli vittime”
Norma è opera che invano i soprani inadeguati al ruolo vogliono tentare
almeno una volta nelle vita: nel dicembre 1997 al conservatorio di Milano si esibì in questo ruolo una certa Silvana Debenedetti , affiancata da Anna Laura Longo come Adalgisa assieme a Rodrigo Youn oroveso e Giuseppe Morino pollione, sotto la bacchetta di Ronaldo Rosa.
Fu applaudita,che diamine, anche se si mostraron adatti solo due cantanti: la Longo e Morino.
Nel 1972 alla scala volli ascoltare la Caballè, mi toccò una sostituta
di origini slave
però voglio ricordare una recita radiofonica del 1986 da Trieste: una certa Katia Ricciarelli con Elena Zilio e Carlo Cossutta, con la bacchetta di Romano Gandolfi fecero un buco storico memorabile
Più recente una recita penosa da Roma 2008 con Nagano e la Micaela Carosi, la Ganassi e il Kunde
Nel mio piccolo conservo 45 registrazioni di Norma, sinceramente
poche mi entusiasmano.
il personaggio di Norma che sia complesso da cantare ,e noto ,e poche sono le cantante che lo abbiamo centrato,attualmente in carriera,non c’è nessuna in grado di cantarlo,visto la latitanza,specie tra le giovane leve di veri soprani drammatici,oltre a questo anche la voglia di tutte, di cantarla,persino l’anziana Devia con la sua “Normetta.”
Forse l’ultima cantante, ad avere cantato Norma come si deve, è stata Maria Dragoni ( un vero soprano drammatico di agilità ) abbastanza incostante,ma quando era in serata era un vero portento.
Quindi in teoria con quello che passa il convento Norma dovrebbe essere tolta dai cartelloni ,e dal repertorio.
La Agresti come noto,e venuta la ribalta sostituendo la titolare all’ultimo minuto cantando il ruolo di Elena nei Vespri siciliani ,ottenendo un grande successo di critica,anche qui nel CdG.
un ruolo quello di Elena non di certo da Boheme ,difatti la Agresti insieme alla Pratt sembrava finalmente delle giovani cantanti che potevano dare soddisfazioni,cosa è successo alla Agresti da una grande promessa,a questa discesa di opinioni nei suoi confronti ?
forse la sua presunzione di volere cantare tutto ? un degrado precoce della voce ? nel primo caso è vero,vuole cantare troppi ruoli anche onerosi,invece non vedo una precoce decadimento della voce,se ricanta il ruolo di Elena lo canta come nel 2011.
Nella prima parte della Norma i suoi limiti sul personaggio sono stati abbastanza evidenti per ascoltatori attenti,pensavo che sarebbe stato un disastro nella seconda impegnativa parte,invece con intelligenza ( e vocalmente non la vedo (o meglio) non la sento cosi deficitaria come nella recensione) è riuscita in parte a centrare il personaggio ,conquistando il pubblico,e per lei alla fine praticamente un trionfo.Cosa bisogna dire il pubblico si accontenta ?…forse ,però sinceramente Maria Agresta nel panorama lirico odierno è piu che una buona cantante.
La Simeoni l’ho trovata migliorata rispetto a tre anni fa quando è venuta qui al Regio a cantare Adalgisa ,e Norma era la Billeri .
Roberto Aronica mi è piaciuto, bella voce squillante,ha cominciato in sordina,ma poi si è ripreso bene
L’orchestra è quella del Regio,come il coro,si va sul sicuro bel suono.
L’allestimento….diciamo che siamo in tempi di crisi 😀
Buonasera.
Per amore di verità e non per polemizzare in casa d altri vorrei dire qualcosa sulla recita di domenica, ero presente anche io. Lo spettacolo e stato nel suo complesso di altissimo livello per quanto riguarda la parte musicale ( lo spettacolo invece è vecchiotto, ma in tempo di vacche magre meglio sfruttare i vecchi allestimenti che almeno non fanno torti ai libretti). Concordo su abbado, in parte sul tenore che ha voce grande e di bel colore ma evidentemente in difficoltà negli acuti. Ha cantato ma nulla più, tratteggiando un personaggio privo di spessore, direi un imbecille qualunque più che un proconsole romano. Oroveso interpretato neque amore et sine odio da zanellato, autorevole come interprete ma con alcune pur perdonabili imperfezioni vocali. Assolutamente magnifiche le due protagoniste, credibili non solo scenicamente ma pure vocalmente. Entrambe dotate di bel colore, voce sicura in tutti i registri, dizione scolpita e le note c erano tutte. La agresta ha regalato al pubblico un esecuzione maiuscola e non solo per i tempi che corrono. La callas ‘era meglio’? Vale la nota massima romana…sti c…..ha cantato benissimo e. La voce non è certo priva di volume come qui si scrive. Il pubblico purtroppo non numerossimo ha salutato con circa dieci minuti di ovazioni. Tutti imbecilli o incompetenti?
Quindi secondo lei quando si scrive una recensione bisogna misurare chi ce l’ha più lungo. L’applauso, s’intende.
Perché Carmela Remigio no e Maria Agresta si allora?
Perché è Maria Agresta, diventano Brand e non li si ascolta liberi da pre giudizi. Era la voce che correva meno, senza focus in ogni zona, sempre sotto la Simeoni e Aronica. Questo non si sentiva o non lo si poteva sentire perché si era lì a sentire con pregiudizi, appunto ?risentito ieri la casta diva. …I suoni sonontutti artefatti e tubati, appena sale gratta…
Come non sentire ?…se canta il suo tutti i difetti si attutiscono….Tra l altro è una cantante che non gira più sicura nemmeno i primi acuti….cosa ne resterà dopo prove pesanti come queste?
Senta signora ma che c entra la remigio? Cantante che francamente non ho ascoltato in norma e che trovo corretta e nulla più e neanche lontanamente paragonabile alla agresta. Io non ho nessun pregiudizio quindi la pregherei di non offendermi. Domenica ascoltavo la agresta per la prima volta e posso dirle che non condivido nulla di quello che si scrive su di lei. Gli acuti c erano tutti e squillavano, il volume pure. E stata un po coperta da orchestra e coro nel finale ma si è disimpegnata con onore anche li e senza sconti o aiutini dal direttore. Nel resto Dell opera e stata la migliore insieme alla simeoni. Voglio dire anche che non mi piacciono e non mi interessano i confronti, ma le voci non sono tutte uguali e ho sentir cantanti immense che pure non cantano un volume diciamo da arena di Verona. Una gruberova o una dessay sono forse per questo state meno grandi? Infine: Per ora la agresta canta bene e canta cio che le pare. Se con questo repertorio si spaccherà la voce sono solo fatti suoi. Quando accadrà ammesso che cio accada allora e soltanto allora avrà senso riparlarne. Ora sono solo parole nel vuoto.
mi permetto un paio di chiose.
1) Nè la Gruberova né la Dessay si sono esibite all’Arena di Verona, dove ho sentito voci deputate “piccole” come la Serra o la Dupuy eppure si sentivano anche e soprattutto nei piani e nei pianissimi (che queste sonorità si sentano benissimo in Arena lo diceva pure in un’intervista Ester Mazzoleni, intervista disponibile su you tube) per il banale motivo che cantavano sul fiato e non in gola. Al pubblico sta il capire la differenza, un tempo era evidente a tutti.
2) essere una insufficiente o sufficiente Norma non è come lei vuole credere una questione di decibel è questione di ampiezza, espansione nella sala (e questo vale per ogni ruolo) e poi di accento, pertinenza dello stesso al personaggio ed alla drammaturgia. Vale per ciascun personaggio, certo Norma è, come tutto il repertorio italiano del primo trentennio dell’800, particolarmente esigente. Me permetto di ricordare che non a torto esecuzione di Norma di cantanti come Sutherland, Caballè, Deutekom sono state censurate e con ragioni valide ed attendibile ed altre cantanti come Maria Chiara (che davanti a Maria Agresta è la Flagstad per volume, risonanza ed ampiezza), Martina Arroyo e la Stella mai hanno pensato alla sacerdotessa druidica o (Stella) l’hanno provata per caso una volta. Quanto ai rischi di declino ed ai pericoli di decadimento precoce basta un orecchio onesto ed allenato per sentire i prodromi di declino e decadimento perché l’arte del canto (cito Rodolfo Celletti) non è l’arte della cabala.
Non me ne voglia resto della mia opinione e temo che il tempo sarà della mia galantuomo.
Sono anche dispiaciuto che una cantante, che potrebbe avere pertinenza e credibilità in un certo repertorio venga maldestramente utilizzata da chi non ha esperienza di ascolti che superino il decennio o poco più e utilizzi il disco e la tradizione solo per demonizzarli (la polemica su un caposaldo della storia del canto, esempio per Callas e Sutherland, come Amelita Galli Curci parla da sé).
Talvolta è difficile anche fare l’appassionato d’opera se non si vuole vivere (ed alcuni lo fanno) astratti dal presente
buona giornata, saluti
domenico donzelli
Gentile donzelli io ho trovato la agresta sia pertinente che credibile. Però capisco che ognuno possa pensarla come crede e non si discute su questo. Trovo solo ingiusto che si dica male di una solida professionista, tanto più in un momento di vacche magre come questo. Facciamo i doverosi confronti con chi è. In carriera….scopriremo che sono proprio poche le cantanti che oggi nel mondo possono rivaleggiare con la agresta in questo come in altri repertorii. Poi per carità ci sono le grandi del passato. Ma il passato non torna per sua definizione. Godiamoci quello che di buono ha da offrire il presente.
Saluti cordiali.
ah comprendo la teoria di agenti e critici “mangiati questo bel piattino di…. non c’è altro, il passato non esiste e chi lo ricorda è un cretino, un cassamortaro, un grisino……” capisco adesso mi hai illuminato.
Plaudite popolo al vincitore l’eroe si celebri di nostra età!
Ed io mi metto su per sentire una professionista la marcella de osma o la maria pedrini…..
cordialità
dd
Ma….evidentemente non ha capito nulla di ciò che scrivo. Cordialità.
Il suo ragionamento su passato e presente è piuttosto curioso: come fa a dimostrare che, in un mondo in cui la “platea” si è notevolmente allargata, nostra Madre Natura arcigna e dispettosa non fa più nascere cantanti di spessore? E se la colpa non fosse di Madre Natura, com’è che ci ritroviamo in un periodo di “vacche magre”?
Forse la perizia nello scegliere il percorso di crescita degli artisti (il che comprende il repertorio da affrontare) può entrarci qualcosa? Boh, mi dica Lei.
forse perchè non ci sono piu i maestri di una volta ? forse perche non ci sono piu i tanti teatri di provincia di una volta,che erano vere scuole di formazioni per farsi le ossa ? forse perchè anche nella lirica è nato il cantante usa consuma e getta ? forse sono cambiati i tempi e anche i gusti …chi lo sà
Forse perche i ‘cantanti’ non SANNO PIÙ COME STUDIARE…
Vanno dai ripassatori di spartito e imparano le note senza sapere cosa c’è dietro quelle note, dietro quei disegni in bianco e nero sulla pagina, dietro quelle parole, dietro lo stile, dietro l’orchestrazione….
Dico solo… forse.
Sante parole amodomio ..sante
L altra sera madre natura ce ne ha messe sul palco almeno due di cantanti di spessore, le gia citate agresta e simeoni. Stesso dicasi per la recente aida veronese con rachvelishvili e zanettin. Penso di essere stato molto chiaro. Chi vuole e può capire ha tutti gli strumenti per farlo.
Franz ,come la penso io sull’Agresta,basta leggere sopra ,madre natura ha messo sul palco due brave cantante,ma nulla di piu .Norma attualmente dovrebbe essere messa fuori dai cartelloni ,perche nessuna è in grado di cantarla come si deve,ma non sono cosi drastico,se vogliono tentare di cantarla che tentino,se ritengono di avere la vocalità giusta ,Agresta è una cantante di qualità,forse una delle migliori nell’attuale,ma anche lei in questo ruolo ha in parte fallito,anche se il pubblico le ha decretato un trionfo,in Agresta comunque non vedo tutto quel deficit del recensore,molto meglio Simeoni nel ruolo di Adalgisa ,come Adalgisa è sufficiente
franz ..per caso sei quel giovanotto seduto quasi vicino di poltrone,e abbiamo un po discusso di Agresta,e ti ho indicato delle persone che venivano da Milano,ed erano gli autori del CdG ,e hai detto che conoscevi il sito,ed erano troppi razionari ,comunque ho capito che Agresti ti era piaciuta ..
Non ho la più pallida idea di che cosa stia parlando.
ok tanto per sapere ..
…”Quel che passa il convento”… Diamine ” E io pago” per far contento il convento o per ascoltare musica ?
Anch’io negli anni ’60 andavo a teatro per così dire digiuno di musica,
ma ben presto ho capito ciò che vale da ciò che è fuffa!
Basta aprire le orecchie e cercare di distinguere chi sa recitare e non solo parlare, chi canta davvero e chi no!
Eppoi c’è una cosa che è (per mè) la pietra del paragone: distinguere chi sa immedesimare il personaggio, dalla macchietta.
Stessa cosa ovviamente per il direttore.
Qualcuno forse si ricorderà di una recita di Don Pasquale alla scala
era l’8/7/85, c’era un cast da sballo: Bruscantini,Romero,Kraus,Serra ma la musica latitava, indovinate perchè? qulche tempo dopo a Bergamo con cast leggermente modificato (senza Kraus) fu trionfo perchè? o al Regio di Torino, con Dara,Serra,Corbelli,Bertolo ma con un grande Direttore tal Bruno Campanella fu un successo quasi trionfale, Perchè
Talvolta i teatri (anche la Scala) puntano sul “NOME” e se non esce il grande successo è colpa del pubblico.
a Milan se dis: andate a ranare…. traduz. andate a raccoglier rane!
Quelli ribattuti in “Casta diva” sono La naturali, non ben., e lo sono anche i due del primo duetto con Adalgisa , non Sibem. Prima di discettare e pontificare metterei a posto i fatti.
Andrebbe informata la signora Agresta, forse calerebbe di meno… forse.
ringrazio moltissimo dell’acrimoniosa precisazione, né mi importa per la qualità della precisazione spiegare il perché dell’errore. Resta però il fatto che quelle note, che sono acuti sono mal messe per il semplice fatto che la voce non sa effettuare il primo passaggio e che cosa succede in questi casi lo spiega senza metafore proprio la persona cui, per anni, la maestra della signora Agresta si rivolse per periodici controlli della voce e della tecnica.
Spero, sinceramente, in una replica tecnica.
saluti dd
Se saper leggere una partitura o uno spartito per canto e pianoforte non è tecnica… Ma già, dimenticavo che qui si ha sempre ragione, anche quando si sbaglia.
E intanto i.famosi la.nat ribattuti secondo te come erano? o per te il.canto è un fatto di carta? Non hai ancora scritto un rigo per dimostrare che fosse un norma ben cantata….comincia a farlo anziché blaterare
Ps….tu sai leggere la musica? E cosa lo prova? hai contato le righe e usato uno schema del pentagramma ? Per ora non puoi provare nemmeno di saperla leggere….
‘Tecnica’ è tutt’altra cosa!
Leggere lo spartito non è tecnica per chi suona o canta, è semplicemente come leggere un giornale o un libro per i non musicisti.
Tecnica è il bagaglio che permette di approfondire quello che c’è sulla carta e capire muscolarmente come si esegue, in quale maniera vanno interpretate vocalmente le parole, il ritmo e capire il rapporto tra parole, musica, interpretazione e i muscoli del proprio corpo.
E questo è solo l’inizio…
Dai, “Elementare, Watson!”
Leggo e suono il pianoforte da quando avevo otto anni. E non devo dimostrare niente a nessuno. Et de hoc satis. D’altronde a lavar la testa agli asini si perde ranno e sapone.
Ovviamente bem. non ben.
Anche un sordo sente che Norma quì è latitante…….e di brutto
eppure chi la interpreta è un nome…..e che nome!
https://www.youtube.com/watch?v=qHcDVgJ8XHg
ecco un eccellente esempio di voce d’oro, tecnica precaria applicate ad un repertorio completante sbagliato.
Non nutro un disprezzo particolare per la signora Agresta… Ma… Norma? Personalmente trovo più accettabili le Normine di una Devia o Gruberova che almeno sono in grado di interpretare e di ancorarsi ad un buona tecnica. Certo, non sono Norma, ma almeno cantano. La signora Agresta, a mio parere discreto soprano lirico da Boheme, dovrebbe limitarsi a navigare un repertorio consono al suo volume e, soprattutto, alla sua preparazione tecnica (?). Peraltro, la assoluta incapacità di snocciolare passaggi, nemmeno troppo ardui, di coloratura l’ha resa in passato una Elvira raccapricciante (a Parigi, se non ricordo male).
La presunzione non ha più limiti.
Purtroppo NORMA è stata sputtanata dalla Bartoli. Adesso tutte vorrebbero cantarla senza avere quelle doti indispensabili per questo immenso ruolo. Dopo Callas Cerquetti Sutherland Caballe’ e ci aggiungo la Dragoni la De Osma laGencer ora Norma non esiste . L’attendiamo come gli ebrei attendono il Messia.