Ascolti comparati: essere o cantare Violetta. Pagliughi vs Peretyatko

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Passato lo stupore della prima dove la amata diva è stata pesantemente riprovata ed una seconda recita dove le riprovazioni sino proseguite, le falangi dei fedeli stanno ricompattandosi e partono le difese, che, spesso in assenza di argomenti solidi e pregnanti, si risolvono in attacchi. Tanto facili quanto insensati e molto “slurp” per utilizzare il titolo di una recente pubblicazione di un giornalista, che l’attività di  esaltazione (vulgo slurpare) ha ben  evidenziato e bollato per quella che è. Tanto inutile quanto dannosa.

Or bene  al di là di sciroppose perifrasi la critica togata a pagata ha sentenziato che la signora è un lirico leggero e che la scrittura vocale di Desdemona  insiste in una zona poco propizia  della sua voce. Solo che di  interpolazioni e più ancora i trasporti non se ne sono quasi sentiti e gli acuti interpolati si sono dimostrati infelici nella pratica realizzazione

Allora mi sono preso il gusto di rimettere la signora in un passo che tutti i soprani leggeri e lirico leggeri hanno cantato e con trionfi ossia Violetta, perché le acrobazioe delal prima scena il voirtice dell’allegro che chiude l’atto non possono non attrarre e se poi il nostro soprano legegro è anche dotato di voce sostanziosa e corposa al centro come accadeva per una Nezdhanova, la stessa Toti nella fase finale della carriera  sino alla debuttante Scotto ed alla Sills si può anche essere una grandissima Violetta, magari di rilevanza storica. Esemplare il caso di Madga  alla Olivero che,  quando nel 1939 incise la scena di Violetta, era un soprano leggero o poco più.

La condizione è quella di sempre per il soprano leggero nei panni di Violetta ossia disporre di un controllo del suono assoluto e del cosiddetto sostegno, che consenta a voci in natura leggere di galleggiare sull’orchestra, sensazione nettissima dalle registrazioni di Amelita Galli Curci o di Beverly Sills.

A metro di paragone ho scelto Lina Pagliughi, la quale era una grassona penalizzata in questo ed in altri ruoli dalla stazza. Le preferivano, infatti. Margherita Carosio, davvero bellissima, elegante nell’azione e sino al 1946 esimia vocalista. Oltre tutto la Pagliughi aveva la tipica voce ed il tipico gusto “angelicato” di chi imitasse la Toti e più ancora Luisa Tetrazzini, che della Pagliughi fu, fra un marito trentenne e l’altro, mentore e che in carriera godette, ad onta di un decoltè felliniano, la fama di grande  Violetta. La sua esecuzione è un modello di gusto liberty e di  senso della grandezza del cantante in rapporto al testo. Ma anche la Tetrazzini sfoggia un’ottava alta liquida ed aerea.

Insomma la voce della Pagliughi mancava sulla carta di quelle caratteristiche minimali e di natura per essere un Viletta credibile oltre tutto quando nel 1951 durante la famosa stagione del cinquantenario verdiano fu Violetta alla Rai era già in fase calante e infatti non possiamo definirla perfetta.

Bastano, però, le prime battute dove la voce galleggia sul fiato e la cantante  cambia intensità ad ogni parola del recitativo a partire dai primi due  “è strano” e sulla forcella di “amore” la voce cambia  quando dice “null’uomo ancora t’accendea” e ancora su “e sdegnar lo poss’io” è incisiva  per essere subito dopo morbida e raccolta a “del viver mio”. Questo è esprimere e dire. E’ la sublime finzione del melodramma, che  rende una donna per nulla avvenente e non più giovane, una giovanissima cortigiana di alto bordo.

Al cantabile è chiaro che le frasi clou sono “il destandomi all’amore” con il canonico pianissimo, che rende lo slancio della ripetizione della frase di Alfredo “di quell’amore”. Poi la cantante riesce persino lei modello di bambina vittima dei cattivi ad esibire mordente e slancio alle ripetizioni di croce e delizia e alal cadenza compare, come giusta tradizione per tutte le colorature la salita al do5. Non è la spettacolare cadenza dell’Olivero, ma è una cadenza e la cantante che sa benissimo di non essere un’0orfanella quando arrivano le frasi di conducimento fra andante ed allegro sfoggia un accento anche aggressivo e slancio senza che questa scelta intacchi la qualità del suono o induca a suoni aperti (che talvolta quei soprani emettevano in eccessi di pudicizia e candore virginale). Merita una chiosa la salita al do diesis, che pur timbratissimo e sicuro, è lanciato  da sfida di Violetta al mondo ed alla sua vita

Arrivata all’allegro la Pagliughi è la vera allieva della Tetrazzini perché lascia a parte ogni remora da belcantista e da gelida virtuosa e si lancia spavalda nelle volate che la parte prevede a costo di emettere qualche suono un poco spinto e forse non controllatissimo, ma pochi soprani leggeri hanno sfoggiato l’idea di autodistruzione che questa opulenta massaia romagnola trasfonde. Poi nelle vocalizzazione di “deh volare” la cantante riesce ad essere leggerissima e fluidissima senza, però,  venire meno alle esigenze interpretative. Facilissimo il mi bem. Poi si discuta pure della opportunità di questa puntatura.

La Violetta dell’avvenente soprano russo  maltrattato da mezzo loggione scaligero (colonia della Grisi -adesso diranno – dopo un anno di silenziosa sopportazione di esecuzione parrocchiali) si presenta subito con la tecnica di gola di tutte le cantanti di oggi. La gola garantisce una voce scura e apparentemente corposa solo che intacca la dizione e nel recitativo, come accade nelle battute fra le due sezioni dell’aria mancano la dizione e la scansione e quindi nessun accento e nessuna sottolineature degli stati d’animo della cortigiana di lusso, che scopre l’amore (Lei!). Alle prese con l’allegro una cantante che esegue correntemente Rossini ovvero passi acrobatici bem più complessi di quelli di Verdi ha un’andatura rallentate ma è il suono a dare l’impressione di peso (come accadeva  con le Violettone pachidermiche e dal timbro aureo della Tebaldi e Caniglia) e gli acuto suonano ora duri ora striduli e l’approdo al mi bem (non certo la folgore della Pagliughi) è avventuroso e preceduto da un mezzo portamento. L’andante è la summa dei limiti tecnici e delle conseguenti pecche interpretative perché questa Violetta più che esprimere, soffrire, canta e solfeggia una pagina vocalmente tutt’altro che impossibile, ma che impone ad ogni sillaba accento, colori e dinamica.

Traviata si nasce diceva l’Olivero eppure la Pagliughi dimostra che si può anche diventarlo quando la voce risponde alle idee dell’autore ed alle indicazioni di spartito.

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20 pensieri su “Ascolti comparati: essere o cantare Violetta. Pagliughi vs Peretyatko

    • Capisco che tu sia abituato ad applaudire soprani come Stemme e Denoke, e non ne faccio nemmeno una questione di gusti. Non tenterò neppure di giustificare la registrazione della Galli-Curci, perché non ce n’è alcun bisogno, lo sa fare benissimo da sola e l’ascolto conferma ancora una volta il suo posto nella storia della voce ed il fatto che sia stata la maestra di tante che sono arrivate dopo.
      Maestra di tante, ma non della Peretyatko, ovvio, la cui impietosa registrazione fa ben comprendere il divario di fantasia, timbro, tecnica, accento, proprietà stilistica e musicalità.
      Stavolta, Davide, sei davvero fuori strada senza se e senza ma

      • non capisco tanto livore contro la Galli Curci, cantante seria e deliziosa, dalla voce educata, sebbene piccolina. Sulla Pagliughi quanto ha scritto Donzelli è pienamente condivisibile, anche ciò che è straordinario in lei è il quarto atto, dove dimostra di essere cantante drammatica. Ma la più stupefacente è la Nezhdanova, per timbro potenza e felicissima facilità nel virtuosimo.
        Sulla Peretyatko che dire: è una delle tante (purtroppo)

        • siccome in teatro si esibiva con tenori del tonnellaggio di un Lazaro di un Caruso e anche di Gigli e Lauri Volpi (non credo Martinelli) e cantò spessissimo la Traviata proprio piccolina la voce non credo fosse. Poi c’è l’esecutrice di canzoni e musica da salotto e quella è impareggiabile. è sempre stata una delle mie passioni- Certo che la voce importante di Antonina Nedhazova ed il virtuosismo rendono la Sutherland una delle molte!!!. In origine avevo pensato di proporre l’addio del passato, ma trovo di dubbio gusto la lettera il resto da grande interprete…. se poi penso che era l’antitesi fisica di Violetta l’ammirazione cresce perché l’interpretazione è centratissima

  1. Certo che dover ascoltare la Antonina Nezhdanova in Traviata per rendere il vero personaggio di Violetta fa capire che in altri tempi si guardava più all’esecuzione che all’avvenenza fisica. Oggi però i termini di paragone si riferiscono solo a quanti riccioli vengono esibiti
    e allora tenetevi pure tutto il nuovo modo di giudizio, però risparmiateci le grottesche e pietose elucubrazioni sulla nuova Lirica….mi permetto di chiosare che state trasformando questa ultima come quel rosario con falce e martello che il Papa francesco ha dovuto sopportare come dono.

  2. Il confronto tra Pagliughi e Peretyatko è impietoso! La Pagliughi, la cui voce non è, in sé, quella di Violetta, domina la parte alla grande: dizione perfetta, si capisce che cosa sia un recitativo! per non dire di tutto il resto fino al mib. La Peretyatko fa il vocione, ma durante l’esecuzione il registro più grave si vuota rapidamente e il mib è da dimenticare! Per non parlare della noia che pervade il tutto. E consideriamo che la Pagliughi non è qui sicuramente nei suoi anni d’oro. Certo se dovessi invitare una a “vedere la mia collezione di francobolli” inviterei la signora russa (absit iniuria verbis, naturalmente sto scherzando, non intendo mancare di rispetto ad alcuna), ma a teatro vado a sentire la signora Lina: sarà poco tisica, ma quanto canta meglio! Grazie a Dio a teatro tisici, o giovani, o vecchi, o regine, o popolane si diventa col canto che trasfigura e non con la banalità dell’aspetto esteriore.

      • la Pagliughi è splendida, ma se dovessi immaginare un timbro ideale per Violetta per me sarebbe quello di Antonina Nezhdanova, lirico, pieno, denso, flessibile…. della Galli-Curci non dico nulla perchè una delle mie icone, …credo poche cantanti, pochissime si possano avvicinare ad Amelita. Nella Peretyatko purtroppo basta il recitataivo per sentire di come la voce sia fuori fonazione e il suono mai a fuoco, peccato.

        • Sì. Il problema della peretyatko, al di là di Otello , degli acuti che ora non girano, dei gravi, è proprio l emissione . Soprani leggeri come la devia, che al centro ha corretto il suono rispetto ai primi anni di carriera, cantano con altra emissione, assai più coperta soprattutto, cosa che rende a loro voce dolce e fluida. Il tipo di fonazione della peretyatko è tale per cui ogni cosa che canta non si svincola dal timbro della seconda donna, delle serpine e despine e nanette. Il primo punto è quello a mio avviso è per quanto viviamo in un momento in cui i leggeri cantano ogni cosa senza nemmeno provare a fraseggiare, il soprano russo suona come fuori luogo nei ruoli di primadonna…..anche quelli dove in teoria dovrebbe o potrebbe stare, come fiorilla. Restano poi altri problemi, in particolare reggere le tessiture alte dove di fatto ha la voce naturale ….

          • esatto diva Giulia, la Pagliughi dovrebbe essere un punto di riferimento per una voce come qualla della nostra Olga…e invece… la voce è tutta giù, a spolverare vecchi termini della didattica morta e sepolta si dovrebbe dire che non è “in maschera” ma sono termini che all’ascoltatore moderno possono creare confusione, non si è più abituati a sentire una voce libera, a fuoco; si sente invece come nei centri la voce della peretyatko è trattenuta tra gola, bocca e non supera mai l’arcata dentale, non è mai fuori, libera di vibrare. anche in un repertorio dove potrebbe in teoria eccellere come questo:
            https://www.youtube.com/watch?v=N1XzPruGqkw#t=225 il suono sembra un elefante che balla in tutù. con una posizione così bassa del suono, poi intonazione e tessiture alte non le reggi… non a lungo almeno.

          • Oggi..oggi. ..avresti dovuto sentire oggi a torino la norma. In 4 …tutti.di fibra..il.belcanto…..con la gola e i falsetti e a raspare di fibra ..perché la parola esatta è raspare. Ti veniva mal di gola a.sentirli

  3. La Pagliughi E’ violetta! Il recitativo è fantastico! Il dominio del suono davvero non ha paragoni oggi. Mi piace la Nezhdanova, a parte la calata sul Mib finale ma pazienza !! La Galli-Curci a parte il gusto un po’ lamentoso è divina! Dove trovi oggi tanto abbandono??? La Sills non era proprio in formissima ma è sempre grande. PUNTO!

  4. Come paragonare l’ottone l’oro… Il mordente e la varietà della Pagliughi e della Nezhdanova sono ignote alla giovane soubrette dedita a fare la diva tragica con risultati pessimi specie nel belcanto propriamente detto, il mibemolle è tremendo anche se dovrebbe averlo in tasca.

    Mi pare assurdo mettermi a difendere la Galli-Curci perché chiunque ha le orecchie sente una voce tutta avanti perfettamente gestita, un fraseggio etereo e malinconico, insomma un miracolo! Sarà che è la mia preferita delle antiche anche se meno funambolica di altre, ma definirla inascoltabile rasenta il ridicolo. Se poi il paragone è con la Studer, che non demonizzo, ma che certo non apprezzo del tutto perché al dono di natura si affiancava una tecnica incompleta, siamo al delirio.

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