nel giorno in cui il teatro milanese ha posto fine alla nostra attesa (per nulla trepida) proponendo il primo tenore apparentemente spinto che si trovava su piazza (avendo finito da poco le recite di Turandot) e nel contempo ha servito l’ennesimo pacco o svendita o sola al pubblico, sostituendo la Garanca (voce da Cherubino o al più Annio) con Violeta Urmana (voce per casa Verdi e gli affetti familiari) quelli della Grisi, che sono costretti e condannati a celebrare il passato non già per passatismo e mania dell’ieri e dell’avanti ieri, ma per lo stato del presente, offrono uno dei maggiori tenori che abbia mai consegnato al disco la propria voce. Non è il caso di farla lunga parlando della grande estensione, della duttilità, elasticità e morbidezza giustapposte allo slancio ed alla penetrazione dell’ottava alta del tenore danese di nascita e tedesco di formazione. Basta-si fa per dire- ascoltare. Oggi temo molti hanno smesso di ascoltare o se lo fanno, lo fanno per interposta persona e per sentito dire