L’ultimo “pasticciaccio brutto” di Cavalleria Rusticana dà il senso di una misura ormai colma. Persino la stampa nazionale, quella che di musica non si occupa se non quando diviene fenomeno di costume, si è risvegliata per un attimo dal torpore consueto degli entusiasmi da EXPO, per chiedersi cosa sta accadendo alla più importante istituzione lirica italiana nel bailamme della vetrina provincial-internazionale che si è montata nella periferia di Milano. I fatti sono noti e non necessitano di troppe spiegazioni, talmente evidente è la portata del problema. Un problema che ha nomi, cognomi e precise responsabilità, anche se il balletto consueto dei “distinguo” e dello “scarica barile” è già stato azionato dagli stessi interessati e dai potentati di cui sono espressione. I traumatici avvicendamenti succeduti all’era Muti/Fontana hanno generato una spirale di decadimento e malaffare i cui frutti più marci e disgustosi sono maturati solo oggi. Ora tutti si stanno rendendo conto di ciò che ripetiamo – isolate Cassandre – non da mesi, ma da anni! Il peggio, tuttavia, è stato lasciato agli ultimi avvenimenti: al passaggio di consegne tra Lissner e il “salvatore della patria” Pereira, al nuovo CdA e alla nuova direzione musicale. Il buongiorno si è visto fin dal mattino con lo scandalo preventivamente autocensurato dalla stampa nostrana (che si dimostra come sempre indegna di quelle libertà che lo stato di diritto le garantisce, abdicando al ruolo principe di “controllore” del potere costituito per vestire i panni più comodi e redditizi del servo) e rapidamente insabbiato: al nostro sistema ormai spudoratamente amorale e marcio è parso “normale” che un sovrintendente uscente trattasse con sé stesso l’acquisto e il costo di spettacoli da far comprare al teatro dove andrà a ricoprire la medesima carica (disponendo di denari pubblici). Ma si sa, l’Italia è allergica al concetto di “conflitto di interesse”, così come è impermeabile ad ogni intervento normativo che lo disciplini. E così ci si è accontentati di un “ghe pensi mì” che tanto gli spettacoli sono belli e convenienti. Bene, bravo, bis: il CdA approva a futura memoria e amen. Ma poi è venuta la stagione EXPO e la sua accozzaglia di spettacoli tra il trash e il turistico ed il sospetto che il nuovo sovrintendente – passato da Zurigo a Salisburgo prima di arrivare a Milano – non fosse quel genio così celebrato, né quel formidabile catalizzatore di nomi e soldi. Ma – si è detto – date tempo al tempo, lasciatelo lavorare. Il tempo è passato e il lavoro è continuato… ma nonostante tutto, pur godendo di privilegi non concessi al suo predecessore (dalla pax estorta al “loggione” sino all’ubriacatura EXPO nel cui nome è stato fatto di tutto e si è permesso tutto: e non solo in campo musicale), il nostro Pereira ha conseguito una serie di clamorose cadute: sostituzioni dell’ultim’ora, smentite, forfait, calo vertiginoso di vendite e una prospettiva artistica il cui orizzonte pare sempre più quello dell’intrattenimento pop con i divi del marketing, i titoli best seller, l’ammiccamento popolare e le immancabili cafonate da contenitore TV domenicale (un tritacarne in cui mescolare Bonolis e Lang Lang, Bocelli e la Clerici). Il tutto in nome dell’EXPO, dei milioni di turisti, e della ribalta internazionale… Peccato, poi, che neppure i turisti sono accorsi (prova ne sono le centinaia di posti vuoti ad ogni replica di Lucia di Lammermoor: un flop senza precedenti di cui nessuno ha sentito il dovere d’assumersi la responsabilità). Ma evidentemente a nessuno piace la merce avariata. L’elenco dei forfait, poi, è clamoroso. E indecente. Ne abbiamo già parlato, ma è bene ricordarlo: la soppressione del Werther, il forfait virtuale di Alagna messo in cartellone a sua insaputa, le rinunce di Santi e Pretre (presenze tanto strombazzate come segno di rottura rispetto al passato), il concerto di Gatti a ottobre programmato lo stesso giorno di quello della Cleveland Orchestra in una folle concorrenza intestina, i continui cambi di cast (come il forfait della Damrau in Lucia) sino al parossismo di Cavalleria Rusticana con il combinato disposto del forfait di Kaufmann, il seggio vacante di Turiddu sino ad una settimana dalla prima (con vendita dei biglietti sulla fiducia), l’annuncio del tenore La Colla (il Carneade che si appresta a diventare il nuovo astro scaligero) e il forfait della Garanca (che evidentemente – e giustamente – non vuole cantare proprio con tutti), ed infine l’affaire Otello, su cui è divertente soffermarsi. Si parte con l’idea di Otello (di Verdi) con regia di Flimm, scene di Kiefer e bacchetta di Barenboim. Poi Barenboim lascia e Chailly non subentra (figuriamoci!). Pereira ha il colpo di genio (sic!): cambiare compositore e allora Rossini al posto di Verdi (tanto sempre Otello è – fa niente se uno con Shakespeare non c’entra un tubo – e il regista non si scompone, i denari sono uguali per Verdi e per Rossini). Il nome di Gardiner viene stampato sul programma, ma lui lascia (per tempo, ma la Scala lo comunica solo a vendite iniziate) e viene sostituito da un altro imbarazzante Carneade. Kiefer, infine, molla pure lui la baracca. E manca ancora un mese alla prima: può succedere di tutto! Da questo parzialissimo spaccato degli appuntamenti mancati in questi due anni, emergono alcuni interrogativi: che contratti vengono sottoscritti? Esistono davvero questi contratti o si tratta solo di fantasia al potere? Perché la disinvoltura con cui cantanti e musicisti rinunciano fa ritenere tali contratti non proprio così vincolanti (di solito ci sono penali e clausole a dissuasione). Ma non è solo una questione contrattuale: è il rapporto col pubblico a risentirne. Un pubblico tradito, truffato e assuefatto che paga a carissimo prezzo il suo posto in teatro confidando in una programmazione e in un impegno e che regolarmente si trova a dover ascoltare ciò che non aveva previsto, voluto, comprato. E allo stesso prezzo (perché la Cavalleria con La Colla costa esattamente come quella con Kaufmann)! E ai primi segnali di protesta e di disaffezione (perché tali sono i cali nelle vendite), Pereira che fa? Si fa perdonare? Apre la borsa? Garantisce maggior correttezza? Ma va! L’uomo di teatro che ha “incantato” Zurigo, il manager “brillante” con la moglie gnocca pensa bene di vendere in blocco tutti (TUTTI!) i rimanenti spettacoli della stagione in corso in un colpo solo: opere, balletti, concerti…come ad un asta fallimentare, ma senza sconti sul prezzo (la Scala è la Scala…suvvia)! E chi ha programmato gli acquisti degli spettacoli scaglionati nel tempo e compatibilmente con l’entrata di compensi e stipendi, fidandosi di quanto dichiarato per iscritto all’inizio della stagione? Si arrangia!!! Evidentemente Pereira doveva far cassa (e forse pararsi dal rischio di un ulteriore calo di vendite in caso di nuovi e futuri forfait) e ha venduto tutto: compresi i nomi che son finiti in cartellone senza contratto (e che magari annulleranno). Non tutti si lamentano, ovvio: i bagarini – ad esempio – ringraziano, perché con questa trovata geniale possono fare più comodamente incetta di biglietti in un colpo solo (senza scomodare tossici e clochard da mettere in fila alla biglietteria ogni volta che si apre la vendita per uno spettacolo) e allargare il portfolio da offrire agli incauti acquirenti! E di fronte a questo fallimento che accade? Assolutamente nulla. Nessuna assunzione di responsabilità, nessun mea culpa, nessun “scusatemi”, (di dimissioni neanche a parlarne)… Nessuno che ci metta davvero la faccia (forse perché sopra di essa si son seduti…). E così alla Scala di Ermolli, Pisapia, Pereira e Chailly le cose capitano da sole: sfortuna, fato o destino? Il sospetto dell’inettitudine e dell’incapacità neppure li sfiora. Ma ciò che è peggio è che nessuno ha il coraggio di fare domande e di pretendere risposte (che non siano tra loro concordate, ovviamente). Troppi rischi. Troppa fatica. Meglio le scuse inesistenti di chi non ha scusanti, né pudore, né moralità. Cos’è allora questo “nuovo corso” scaligero? Questa promessa di una nuova era in cui i “grandi” (veri o presunti), al riparo dai fischiatori fischianti, tornano finalmente a calcare le assi del “Piermarini” (e non si capisce perché se i grandi non vengono per paura delle contestazioni, gli stessi finiscano regolarmente in cartellone)? Queste “magnifiche sorti e progressive”, fiumi di denari da sponsor immaginari, turisti e titoli? Pereira garantisce, ma chi garantisce su Pereira? Ad oggi ciò che resta è un’interminabile serie di forfait (divenuto sistemico: funzionale, anche, a sostituzioni mirate provenienti dalla medesima agenzia del divo scomparso), il disprezzo del pubblico pagante, una tendenza a seguire il mercato (sempre più al ribasso) e non a farlo, la gerontofilia declinata ad estetica, l’assenza totale di una visione culturale coerente e di un programma ragionato. E poi scuse: accuse e scuse! La misura è davvero colma…così colma che non bastano tutti i flaconi di Dulcamara per contenere questo “elisir” di malaffare.
15 pensieri su “Il nuovo corso?”
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Bravo Duprez! una volta tanto che mi trovo s’accordo con te.
il guaio è che Pereira riuscirà in una impresa praticamente impossibile:
Azzoppare la Scala. Finchè qualche magistrato (oggi poco attento)
non finirà per chiuderla ignominiosamente.
La gestione Pereira ed il Teatro alla Scala verranno premiati proprio per la perfetta gestione “all’italiana”, ovvero, far soldi facili con gli sponsor, l’EXPO’ e le finanze pubbliche, far proseliti di gonzi plaudenti proponendo loro la minima qualità col minimo sforzo, e farsi coprire le spalle dall’amministrazione che appoggia e benedice
“far soldi facili con gli sponsor” è una delle favole metropolitane con cui il “buon Alexander” ha imbonito i poveri allocchi.
In realtà sponsor quasi nisba, finanziamenti privati briciole e un buco già spaventoso (si parla di svariati milioni) scommettiamo nella prossima fuga lasciando la “solita” voragine?
Sono una “vecchia” abbonata della stagione balletto. Sta succedendo lo stesso anche alla danza. Lo spettacolo acquistato da Zurigo “Celio Suite” si può fare il copia incolla della recensione su Tosca. Uno spettacolo breve e noioso, che è riuscito ad essere brutto, anche con interpreti di eccezionale bravura. E il calo di vendite? Sino a ieri le undici repliche di Excelsior erano invendute per la metà o più. Non sono dove andremo a finire
grazie del tuo contributo extra lirica. siamo certi che si tratti sempre di trends generali che investono settori analoghi.
riuscire a non fare il tutto esaurito con un classicissimo come il Ballo Excelsior è un vero colpo da grande manager!!!
se il rincretinimento ed il caldo non fanno il loro corso naturale potrei dire che all’ epoca prima di questa produzione dell’Excelsior (1975 con la Fracci e Bortoluzzi) era tutto esaurito sempre e comunque e per anni. Ricordo infatti le repliche del 1978 e del 1979 estive teatro strapieno lotta per un posto!!!!
La Caporetto di Ballo Excelsior.Posti liberi 10 minuti fa per le repliche da domani: 563 314 512 679 852 514 791 884 764. La sera con soli 314 posti è quella dell’abbonamento Turno P.
Vi riferirò se il teatro sarà invece pieno.
il mio stupore, oltre ai tanti motivi di stupore diciamo artistici, è quello contabile. Chi leggesse i nomi dei membri del cda e le loro attività potrebbe domandarsi come fanno le loro aziende a non essere decotte e fallite, perché se si occupano del proprio come della scala…..apriti cielo!
Un’azienda non è un’istituzione culturale. E comunque il padronato italiano, nella fattispecie quello milanese, è pavido e ignorante.
U
ma i criteri qui non sono nè aziendalistici nè culturali…cioè si invoca la cultura quando si devono giustificare i buchi e si invoca l’azienda quando si deve organizzare lo stafucking…Delle due l’una !!
A leggere pezzi come questi si prova sconforto… io non sono milanese e non sono mai stato alla Scala, ma è triste vedere che quello che era un tempio dell’opera ha raggiunto il fondo e oramai si inizia a scavare di sotto! Oltre al dramma del calo di qualità e professionalità nelle rappresentazioni, a suscitare rabbia è il trattamento vergognoso del pubblico che paga molto e non merita nulla di tutto ciò. Per quello che posso vedere a Venezia le cose sono molto meglio gestite e anche le scelte di repertorio sono molto più audaci (la stagione scaligera dell’anno venturo è imbarazzante), anche se i pochi fondi non permettono certo cast di presunte stelle (ma forse è un bene).
Spero solo la Edita non cancelli perché vorrei vederla prima della pensione e vedere anche la Scala in un “momento nostalgia”
se scavi sotto la scala trovi una cosa interessantissima – forse- ovvero le rovine della chiesa di santa maria della scala per studi differenti dal melodramma quanto di più interessante possa esserci
quanto alla gruberova stai tranquillo che non cancella salvo tsunami o consimili primo perché LEI il contratto l’ha belle che firmato, secondo perchè è una professioniste, terzo per dirla spiana “para i schei” e poi quella crede che la pensione sia il corrispettivo del tedesco gasthof non altro. Con quelle come lei il pareggio di bilancio è assicurato
ciao dd
L’inaffondabile Gruberova era a cantare in Giappone dopo la catastrofe di Fukushima, affrontando terremoti e tsunami, mentre altre colleghe e colleghi più giovani se la davano a gambe.
E’ impermeabile anche alle radiazioni quella donna
Donzelli non conoscevo la storia delle rovine! Sarebbe interessante indagare… ma aspettiamo qualche anno quando il Volo e Bocelli canteranno con la Clerici alla Scala per buttare tutto giù XD
W la Edita 😀 Spero tu abbia ragione, so che lei è vecchio stampo, una professionista vera, un fenomeno nel suo repertorio <3 Più che altro ho speso una cifra abominevole quindi se non ci fosse verrei davvero a picconare la Scala per cercare la chiesa 😉