Cavalleria Rusticana e I Pagliacci alla Scala. Tra Zurigo e l’Arena…

PAGLIACCI Stagione 2010-2011 Direttore: Daniel Harding Regia: MaRipresa del celebre dittico del verismo italiano firmato da Martone, preceduto dalle polemiche dapprima sull’abbandono di Kaufmann, quindi di quello, last minute, di Elina Garanca. Una cinquantina di persone in fila per il loggione all’appello dell’una e almeno quattro pullmann in sosta in via Verdi per portar pubblico da fuori ad una prima popolare che un tempo non avrebbe faticato ad esaurirsi prestissimo con abbonati ( il vecchio turno A) e pubblico locale. Della sovrintendenza e della sua politica ha già detto il collega Duprez qualche giorno fa; qui solo qualche chiosa sui cantanti, non esenti dalle responsabilità di “paccare” il pubblico quando gli torna comodo. Nella mutua complicità sussistente tra direzioni dei teatri ed artisti, dove ognuna delle due parti sa bene a che gioco gioca ed è alleato – nemico dell’altro, hanno ruolo attivo anche i signori cantori, i quali, per sostenere la propria carriera ad alto livello e vantar repertori che tali non sono ( perché il “repertorio” di un artista sarebbe quello composto da ruoli effettivamente cantati in teatro non una volta sola , bensì’ mantenuti “in repertorio” appunto, ossia eseguiti abitualmente ) sono troppo frequentemente soliti annunciar titoli che poi all’ultimo cancellano ( vedi Les Trojens del signor Kaufmann us ) o che, provati una volta, magari in occasione di una presa video o audio, prontamente archiviano perché non sono in grado di mantenerli in repertorio ( i casi sono tantissimi, preclaro quello recente del Guilleme Tell del più serio tra tutte le star, J.D. Florez ). Un sistema, quello della prova teatrale unica, il minimo sindacale funzionale a giustificare l’uscita di un disco che poi non documenta la realtà teatrale della carriera, che ha evidentemente origine negli interessi commerciali dei discografici intorno a nomi famosi che le leggi del commercio, ossia la caratteristica della “notorietà” del soggetto presso il grande pubblico, spingevano verso ruoli importanti e di opere note allo scopo unico e spesso extra artistico di vendere il disco stesso. La prassi è antica, e potremmo ricordare casi preclari di augusti cantanti dall’eclettismo forzato e forzoso, primi tra tutti Nicolai Gedda e Montserrat Caballè. Pratiche che si sono tradotte, a lungo andare, nelle moderne storture di carriere più discografiche che teatrali, prima tra tutti Cecilia Bartoli ( il vero nome occulto di riferimento delle lagne pereiresche sui grandi che a Milano non potrebbero venire causa i fischiatori.. ).
L’”operapacc” cui abbiamo dedicato qualche puntata a mero scopo esemplificativo ( star dietro a tale rubrica implicherebbe aprire un sito appositamente dedicato al fenomeno, tanto questo è ormai frequentemente praticato ) è alla lunga diventato uno strumento di carriera al pari del disco-dvd, e pare praticato non solo tra le fasce alte oltre che normalmente incassato dalle direzioni artistiche che un tempo punivano con estrema durezza comportamenti ritenuti, di fatto, poco professionali e/o scorretti( si pensi a certa aneddotica relativa al Metropolitan).
Il caso della coppia Kaufmann Garanca non esula da questi metodi, e questo va detto ad onor del vero, perché la frittata qui non l’ha mica fatta solo il rocambolesco Pereira, che di certo passerà alla storia come il sovrintendente-recordman, il più paccato della storia della Scala. Era in re ipsa che il divo Jonas, dopo la pallida prova nell’Aida romana ( concerto funzionale ad altro disco e che nessuna realtà teatrale al momento documenta ) tirasse i remi in barca su Canio. Due recite spolmonate a Salzburg per dire al mondo che lui è il re dei tenori drammatici nella sede più prestigiosa e facile di tutta Europa ( là ingoiano tutto, anche la Norma della Bartoli….!). Ma era altrettanto probabile che la Garanca facesse altrettanto. Il modo di cantare del mezzo lituano è chiaro, e a ben sentire rivela come la Garanca tema ogni salita all’acuto come ogni frase drammatica e, affetta da impersonalità cronica, al cospetto della verace ed intensa Santuzza, potesse tagliare la corda. Lo slancio drammatico della parte, il confronto con il robusto orchestrale, la dimestichezza dei pubblici latini con questo tipo di fraseggio e di personaggio sconsigliavano l’impresa per una cantante che, se non vada errata, ha cantato solo il “Regina Coeli” in concerto, lontano dal mondo, e poi lo ha messo via, come si evince da operabase. Il suo debutto in un teatro importante e per giunta difficile come la Scala pareva strano ad ogni frequentatore di teatri minimamente esperto, il pacco ( se effettivamente di pacco si è trattato ) pareva nell’aria ed è inutile incolpare la dipartita di Kaufmann o il povero La Colla, perché il caso andava preventivato. Infatti, ed è qui che casca l’asino, con un cast di Pagliacci che ben si adeguava allo standard di Zurigo quando non dell’Arena, ed uno virtuale di Cavalleria, la direzione artistica (che poi afferma di volere il meglio per noi) ha incautamente pensato di elidere la sola presenza artistica di qualità indiscussa della prima come della seconda parziale edizione di questa produzione, ossia il maestro Harding, per ripiegare sull’anonimo maestro Carlo Rizzi. E così tra scelte poco ponderate e buchi da tappare, ecco fatta l’edizione di ieri sera, con Cavalleria “salvata” da una penosa Violeta Urmana dalla voce al lumicino e il signor Stefano La Colla, destinato ad essere ricordato come la colla dei cocci del teatro, come qualcuno gli ha già scritto. Avessimo almeno avuto il maestro Harding, col suo personalissimo ma eccellente poema sinfonico mascagnano ed il suo straordinario Novecento di Pagliacci, avremmo avuto qualcosa di cui consolarci, anzi, a cui abbandonarci, mentre il palco ha poco da dare, comprese le catastrofiche Lole, le mamme Lucie svergognate e gli Arlecchini ( già sposini di Lucia ) colpiti dalle schegge dei bombardamenti della Scala.
Invece no, ci abbiamo pure messo una solida direzione da provincia, con tanto di prot prot prot dei fiati e campane da post conclave, poca tensione drammatica, pesantezze e fragori e lo spaesamento è stato perfettamente realizzato. I cultori del teatro di Zurigo finalmente erano a casa senza aver dovuto prendere il treno, mentre quelli dei pullmann potevano ben credere di essere a Verona pur avendo percorso non più di 50 km.
Sul palco dapprima il signor La Colla, che del salvatore della patria ha assai poco, almeno a giudicare dalla terribile siciliana amplificata che abbiamo udito, le poche frasi di canto legato, “Voi dovrete fare da madre a Santa…”etc., tutte sconnesse, la voce gonfia e gli acuti stretti in gola; la signora Urmana oltre il capolinea, la voce grigia, stridenti e metallici gli acuti (anche i primi) tutti urlati, il volume ridotto all’osso nonostante abbia forzato tutta sera, mezzucci e qualche intenzione mal realizzata. Rozzo il compar Alfio Marco Vratogna, emissione indescrivibile, gli acuti pure; indecente la mamma Lucia di Mara Zampieri ( che si esibisce misteriosamente solo qui !) e ingolata e sgangherata la Lola di L. Volkova. Cast titolare quello de I Pagliacci, con Vratogna come in Cavalleria ovviamente, Fiorenza Cedolins anche lei con la voce senza più armonici o timbro, personaggio caricato oltre il dovuto, birignao e tanta sovra recitazione a distrarre da una prova vocale sfangata a mala pena; il signor Berti , con la sua voce grossa e ingrossata, qualche imbarcata delle sue ma nel complesso la sua prova migliore a Milano, non essendo costretto al legare più di tanto ( le frasi “Sperai tanto il delirio accecato m’avea” ci hanno riportato al tenore di Aida e Carmen ed alle sue note sgangheratezze); Simone Piazzola un Silvio insapore e troppo nasaleggiante.
Una ripresa inutile e senza motivi di attrazione, dunque, in grado di suscitare solo qualche riflessione di carattere generale oltre a quelle già esposte, prima tra tutte quella che se Lissner si era trovato a Milano nel momento del crepuscolo dell’opera, Pereira ha colto il momento di buio pesto, in cui le carriere dei cantanti di grido sono al crepuscolo. Peraltro un cantante si riconosce anche da come declina: la nostrana D’Intino, che non fu mai una Cossotto o una Verrett, in condizioni vocali periclitanti, la voce divisa in tronconi di voci tutte diverse, ci diede qui nel 2011 una prova di livello sommo per intenzioni espressive a fronte della deriva di una cantante dalla carriera altrettanto importante come l’Urmana di ieri sera, davvero imbarazzante. E con lei Fiorenza Cedolins, certo meno messa alle strette dalla parte… Si registra anche, in questo tempo moderno, una sorta metamorfosi dei ruoli. Tra questi Nedda, un tempo appannaggio di soprani lirici che praticavano Boheme, Manon, etc,,ma che cantavano..e bene! Oggi Nedda, come Micaela, Liù, Mimì etc sembrano un refugium peccatorum per soprani a fine corsa ( attendiamo al Met anche Barbara Frittoli..) che non potendosi cimentare in parti più complesse ( quelle che hanno praticato quando invece erano adeguate solo a questi ruoli ), si rifugiano qui soffrendone comunque orchestrale, slancio negli acuti etc. allo scopo di trascinare ancora per un po’ carriere esaurite da tempo. E buon per loro che Mariellissima si è cantata solo la Liù, con cui, peraltro, dalla sua provincialissima Genova le ha messe tutte in riga come si deve sennò…..!!
Di fronte a tutti questi casi di cantanti che finiscono come finiscono non si può che stare zitti e tornare mestamente a casa mentre i turisti per caso applaudono felici la Scala……ridotta ad un teatro di provincia.

29 pensieri su “Cavalleria Rusticana e I Pagliacci alla Scala. Tra Zurigo e l’Arena…

  1. Domani sera alla Scala si esibisce il bel Kaufmann, sul quale tutti sanno come io e altri la pensiamo ma che indubbiamente è uno che fa il sold out ovunque va, spesso con settimane di anticipo.
    Al momento in cui scrivo, il sito del teatro mostra 495 posti invenduti.
    Serve dire altro?

  2. Personalmente sul divo (da turismo) Kau-Kau non spenderò una parola. Mi risulta fastidioso il continuo confronto con la Arena di Verona. Chi ha assistito come il sottoscritto a decine di spettacoli come il Don Carlo del 1969, non sa ovviamente di che si parla
    e se oggi essa si adegua ai vari festival di Sanremo è perchè il degrado della Lirica è ormai vicino al collasso. Attendo sereno il giorno
    in cui qualche magistrato si decida a fare pulizia.

  3. Gentile Sig.ri della Grisi, volevo rettificare un’informazione da voi data e totalmente infondata e falsa: la siciliana NON E’ STATA AMPLIFICATA!
    E’ veramente sgradevole leggere tante critiche velenose sui OGNI SINGOLO CANTANTE. Le dico quindi, per una volta, quello che penso io di questo blog, che seguo da un po’ più per divertirmi che per informarmi:
    questo blog è scritto da persone estremamente frustrate che, per colmare la distanza tra loro e gli artisti che si presentano sul palco, non avendo neanche un millesimo del loro talento e della loro umiltà, si abbassano allo sport più facile e più vigliacco che ci sia: la “critica ad oltranza”. Del resto, chi sa fare fa, e chi non sa fare nulla, critica. Magari voi ci avete anche provato a cantare, ma tutti noi immaginiamo con quali risultati….. Ha ha ha….
    Solo così si spiegano tanto disprezzo e presunzione. Voi non detenete un bel niente e non siete proprio niente. Non ci mettete neanche la faccia…. neanche il nome. Che coraggio da leoni…. i leoni che ruggiscono sotto il letto!!! Invece, tutti questi artisti che criticate con tanta foga, ci mettono la faccia. Ce la mettono col mal di gola, con i problemi personali, con la stanchezza, la paura, la tensione ecc. ecc…. non si nascondono dietro un computer sparando frasi velenose che spesso non hanno neanche una vera fondatezza tecnica!
    Cari signori del Corriere della Grisi. Vi do un consiglio: invece di fare i falliti, cominciate VOI a FARE qualcosa e vediamo COME lo fate. Penso che molti dei vostri lettori la pensino come me in fondo in fondo. Voglio aggiungere che gli artisti lirici sono persone che hanno l’umiltà di salire su un palco e cantare. Voi chi siete? Cosa fate? Siete salumieri? Commesse? Oppure coristi falliti che sognavano i primi ruoli ma che non hanno mai avuto la stoffa per accedere a quei livelli? CHI SIETE? Cosa ne sapete veramente del bel canto???? Le registrazioni???? Ha ha ha… che ridere!

    • Esistono due casse stereo collocate sopra i palchi di 4 ordine, sulla cornice. Da sotto non si vedono ma dall alto in loggione si. Per caso eravamo seduti in posti estremamente laterali, soprastanti le casse. Quella a dx guardando il palco era attiva e da li usciva la voce durante la siciliana. Amplificata o no, la voce era riprodotta dalla cassa, non arrivava dal sipario, dietro il quale si suole collocare il tenore. Poco male, cmque non si preoccupi, a ben leggere non è questione di decibel (la voce grande del cast è il signor berti…) tema della critica ma i suoni strozzati appena sopra il centro e la generale mancanza di legato, che si sentono sia se la voce è amplificata sia che non lo sia. La ringrazio del suo intervento cortese e le auguro buon soggiorno e buone recite

      • Mi pare che la signora Grisi sia persino troppo benevola. L’amplificazione nell’opera lirica è un abominio, è la contraddizione stessa del concetto di canto: è più o meno come se un ciclista si presentasse a una tappa del Giro d’Italia con una bici a pedalata assistita.
        Questa vergogna, unita alle moderne “regìe”, agli osceni sovratitoli e altre schifezze (per non dire della spaventosa decadenza dell’arte vocale) non mi fanno rimpiangere di avere disertato – ormai per sempre – i teatri dopo oltre un quarantennio di indefessa frequentazione.

      • Buonasera a tutti, intervengo solo per dovere di verità. Ad essere microfonata è soltanto l’Arpa dell’interno (il cui suono altrimenti sarebbe a malapena percepibile a sipario chiuso). Può sicuramente darsi che ne tragga indiretto beneficio anche il tenore, che tuttavia esegue la Siciliana al bordo della quinta dando le spalle allo strumento (e al microfono).

        • Caro grane, grazie della precisazione ma se stai in alto la voce arriva con l arpa dalla cassa. Ci siamo girati tutti verso la scatola tanto era forte, mica io sola.Aggiungo, solo quella di dx. Detto cio, ripeto, è polemica sterile, percbe non ho scritto che il tenore abbia cantato tutta sera col microfono. Ma forse anche le polemiche sterili servono a far parlare di se e dare 5 minuti in piu di notorieta. Adesso, il signor la colla ha fatto cio che ad altri è capitato in carriera, ossia una sostituzione importante ma….punto. le critiche mosse qui sopra non sono campate per aria, dunque non facciamo tanto chiasso che non abbiamo mica trovato pavarotti. Ci sono degli audio tremendi su yuotube. Cogliamo l attimo ma senza esagerare o andare offendendo alla cacchio tanto per far parlare di se chi scrive le cose come sono. Il fumo lasciamolo agli agenti e ai loro traffici commerciali

    • Chi son? Sono un poeta? Che cosa faccio….? ….No cara Fedora non sono un poeta, sono uno dei tanti che scrivono, tempo permettendo, su questo blog; che cosa faccio? che importa? ma giusto per saziare la sua curiosità, sono un manager di una multinazionale con sedi in 4 continenti e le assicuro tutt’altro che frustrato; uno che lavora facendo dei budget e, senti senti, cosa straordinaria nel dorato mondo del melodramma, uno che risponde del proprio lavoro e rende conto delle proprie decisione a chi lo paga!!! Che vile concetto vero? eppure si, credo abbia pur questo una sua importanza perché a parer mio, personalissimo non me ne voglia, il cancro che porterà alla morte il teatro musicale è questo: a volte cialtroni spesso pagati con denaro pubblico non rispondono a nessuno delle proprie azioni. Per completezza di informazione ho una laurea e un diploma di conservatorio, ma che serve? I loggionisti dei tempi d’oro avevano per caso avuto una formazione accademica strutturata? assolutamente No, ma l’orecchio era allenato da un virtuoso esercizio quotidiano e bastava, eccome se bastava! Bastava per saper dire pane al pane e cane al cane! Credo questo blog frequentato dalla più varia umanità, strumentisti, appassionati, blogger, pensionati, studenti delle discipline più disparate, tutte persone che nei più diversi ambiti probabilmente fanno il proprio lavoro in scienza, coscienza e conoscenza in modo serio e onesto. Quanti dei tanti odierni “divi” possono dire lo stesso?
      p.s.
      questa storia dei nick… com’è poco elegante cara Fedora criticare chi usa un Nick, firmandosi con un Nick…

    • Che ridere sì, caro/a Fedora… Questa FESSERIA del “chi sa fa, chi non sa critica” è il comodo refugium di tutti quelli che non sanno fare, ma fanno lo stesso! Un cantante, un musicista, un attore sono pagati per salire su un palco e sottoporsi al libero giudizio del pubblico. Nessuno li costringe e, mi pare, i cantanti vengano pure strapagati per fare il loro mestiere! Ergo non facciano i bambini nascondendosi dietro insulti gratuiti per lamentarsi. Soprattutto i miracolati passati dalla provincia a teatri di gran nome (per una serie di circostanze fortuite) e soprattutto quando il “miracolo” non è giustificato da alcuna dote d’eccellenza. Chi ascolta e critica non è né frustrato né fallito, semplicemente vuole ascoltare buona musica ben eseguita. Così come chi va al ristorante non deve essere uno chef stellato per capire che gli stan servendo della merda… Dato che al ristorante pago il conto e a teatro pago il biglietto ho tutto il diritto di dire che mi ha fatto schifo ciò che ho mangiato o sentito, senza dovermi sorbire le reprimende di un cuoco maleducato che si crede il re dei fornelli (o di un cantante che non sa accettare critiche). Chi non sopporta i giudizi cambi mestiere. Peraltro ti informo che non sono né un corista fallito, né un salumiere, né un commesso (sono un avvocato e ho un diploma di conservatorio)…ma non vedo cosa vi sarebbe di male a essere commessi o salumieri. Questo spocchioso classismo qualifica la scarsa intelligenza di chi ne fa uso, oltre che l’inaccettabile maleducazione. Solo gli imbecilli usano tali argomenti. Ridi pure…il riso abbonda sulle labbra degli sciocchi. Ma poi chi sei tu per chiedere patenti di competenza? Forse uno dei miracolati di cui sopra?

      • La Colla, ascoltato nell’ultima recita di “Turandot” alla Scala, aveva una voce talmente piccola che solo spingendo, urlando, producendo schiamazzi, bloccando la voce in un fortissimo continuo e sgradevole alla maniera di Villazon, riusciva a passare il muro sonoro dell’orchestra di Chailly (che dopo un primo atto grigio e diretto mediocremente, si è risollevato con successo negli altri due).
        Carlo Bosi, per dire, lontano dal proscenio per esigenze registiche aveva quattro volte la proiezione di La Colla.
        Non parliamo del timbro, da tenore caratterista o più adatto al massimo alla neomelodica napoletana o alla sceneggiata, microfonata ovvio, e afflitto da stonature croniche e reiterate.
        Il finale Berio, così tenue, riusciva facilmente a coprire sia La Colla, sia la mediocrissima Stemme.

        Per tutte queste ragioni Fedora è frustrata e si batte il petto. Inutilmente, certo, e dimostrando poca lungimiranza.

        Trovo estremamente fuori luogo e indice di estrema maleducazione pensare che i cantanti facciano il loro lavoro in condizioni emotive e di salute non ottimali, quando il mondo intero va a lavorare, studia e sputa sangue. Quindi, cari signori “cantanti”, il bagno di umiltà fatelo anche voi assieme ai lavoratori e pensate a LAVORARE come fanno tutti al massimo delle possibilità, invece di fingere di essere unti dalla musa e le piazzate isteriche conservatele per cose serie!

    • Una breve postilla all’ eccellente commento di Duprez. Dato che i teatri sono enti finanziati con soldi pubblici, il compenso percepito dai miracolati di cui sopra proviene dalle NOSTRE tasse. Quindi abbiamo pieno diritto di criticare se riteniamo che l’ impiego del suddetto denaro non sia opportuno.
      Fedora, il Maalox è sempre a Sua disposizione! 😀

    • Fedora,
      io sono musicista: studio in conservatorio. Ti garantisco che molti tra gli autori ed i frequentatori di questo blog hanno un orecchio per il canto molto migliore di molti miei colleghi studenti nonché di molti maestri.

    • gentile principessa romazov
      di una sola cosa la pregherei ovvero di non offendere categorie professionali quali i salumieri, le commesse ed anche i coristi.
      e questo non perché la prima sia la mia professione, che da anni svolgo, pur con una laurea (ma la famiglia e la tradizione vanno rispettate), ma perché qualsiasi mestiere in sé e per sé e degno e meritevole di rispetto perché da dignità a chi lo pratica. Il diritto a criticare nasce da come di svolge la professione e sinceramente se pendo a quella cavalleria ed ai suoi esecutori mi è venuto in mente il “salam de basletta” che il nostro grande Carlo Porta cita ne “la nomina del caplen”. per chi non lo sapesse “el salam de basletta” erano gli scarti di tutti i salumi (allora a milano non si usava prosciutto, ma insaccati di vario genere crudi o cotti), che raccolti in un contenitore (la basletta, appunto) venivano venduti a prezzo vile o, addirittura, regalati ai poveri ed agli indigenti. I quali per tali mercanzie non pagavano alcun chè al contrario del pubblico scaligero che per una cavalleria e pagliacci formato “salam de basletta” paga prezzo da Jamon serrano patanegra! buona prosecuzione, principessa
      suo domenico donzelli

      • Beh, che dire, Fedora? A volte mi è successo di avere accese discussioni con sostenitori accaniti degli odierni cantanti di punta e smontarne gli argomenti con pazienza e un numero notevole di ascolti. Poiché è sicuramente vero che l’ultima parola su un cantante (e su qualsiasi musicista) la si può dare solo dal vivo; è d’altra parte vero che il disco, nelle sue più varie incarnazioni, ha salvaguardato interpretazioni che sarebbe davverro un peccato se fossero andate perse, permettendo anche a chi non è nato all’inizio del secolo scorso di godere di tanto splendore. Senza dimenticare che dell’incisione, audio e/o video, si fa largo uso anche e soprattutto oggi, spesso nel modo non proprio limpido e onesto descritto da donna Giulia nel suo articolo.
        Ora, non mi va di stare a elencare le mie certificazioni; sono tante. In verità, penso che Baumgarten non dicesse male quando invitava alla pratica nelle faccende estetiche (ossia che riguardano la percezione). E quindi concordo con chi, qui sopra, segnala che non c’è bisogno di un pubblico “colto” – nel senso oligarchico, spocchioso e repulsivo che piace, purtroppo a tanti intellettuali italiani e non – per distunguere una buona esecuzione da una cattiva. C’è bisogno, invece, di un pubblico pratico nel senso che all’aggettivo dava Baumgarten: un pubblico che pratica il canto, la musica, creandosi un gusto – e, di conseguenza, un metro di giudizio (categoria estetica anche questa) – che si evolva e non si corrompa. Ora, potrei scrivere un fiume di parole sul perché Carlo Rizzi è un direttore mediocre; sul perché Violeta Urmana e Fiorenza Cedolins abbiano fatto a pezzi patrimoni vocali non trascurabili; sul perché Berti sia un tenore mediocre. Ma a cosa servirebbe? A sentirmi dire che sono frustrata. Per mia fortuna non lo sono. Pratico, da tanto e con diversi attestati; ma, ripeto, soprattutto pratico il canto e la musica e quando sento un Berti, una Urmana, una Cedolins, semplicemente non ci casco. E tant’è.
        Buona giornata a tutti.

  4. Fedora mettiamola cosi , voi siete i produttori ,e noi i consumatori,paganti,quindi abbiamo il diritto di pretendere e anche di criticare nel caso,avete scelto un mestiere che può dare molte soddisfazioni,ma al tempo stesso salendo sul palco vi mettete al giudizio del pubblico e della critica,non tocca al consumatore dimostrare di saper fare il vostro mestiere ,ma di giudicarlo ,e apprezzarlo .

  5. Vedo che ho sollevato le ire dei “veri Melomani”…. mentre noi altri melomani meno “coltivati”, che magari non abbiamo neanche il diploma di conservatorio, ma che ci emozioniamo ad ascoltare una Urmana, un Tezier, ecc. sicuramente lo facciamo a causa della nostra “mancanza di cultura musicale, o orecchio allenato”. Io non ce l’ho con i salumieri, commesse ecc, tanto più che sono una casalinga, non una manager, né una cantante. E proprio per questo, non mi innalzo a GURU del canto!
    Magari oggi il canto non è più quello di “una volta”, ma allora volete che i teatri chiudano? Il vostro intento è preservare il canto oppure affondarlo?
    Se il canto di oggi non vi piace più e preferite i vecchi dischi, ascoltate quelli. Io preferisco il live. Se avete nel cappello dei cantanti che vi piacciono, fate voi il cartellone, insieme agli addetti!

    La critica è necessaria se “positiva” e fondata. Con “positiva” intendo misurata e obiettiva. In ogni voce ci sono aspetti positivi e cose da sistemare. Si può parlare di entrambi gli aspetti. La stessa Callas era oggetto di controversie… Sparare a zero non serve a nessuno.
    Poi, scusate tanto, ho letto una critica sulla moglie del Sig. Pereira o chi per lui, in cui scrivete che è una “gnocca”. Ma scusate…. che c’entra? Dovete criticare anche le scelte sentimentali delle persone? Non state andando un po’ troppo oltre? Penso ci voglia un po’ di misura! Poi fate voi! Se vi divertite così siete liberissimi. Mi chiedo solo perché vi sottoponiate a tale strazio e tortura!
    Un saluto a tutti voi e che un po’ di pace ed empatia sia nei vostri cuori!

    • cara fedora
      se tanto mi tanto ovvero se la casalinga equivale all’ascoltatrice ( ma mi convinco sempre più della genialità del commento di Lily Bart “la Trolla”) sono certo di una cucina casalinga degna del cuoco del Collegio Pierpaoli.
      Secondo nessuno di noi , a differenza di Lei, ha mai sparato a zero in quanto il nostro difetto è quello di spiegare e motivare, ma la sua reazione degna dei più esperti addetti ai lavori risponde a tradizionali standard che qui altri prima di lei hanno speso ed utilizzato senza alcun positivo risultato salvo la convinzione che l’abitudine del pubblico a certe cose indecenti è uno dei più rilevanti aspetti della rovina del pubblico.
      Ora la debbo salutare perché devo preparare da esporre nel bancone della gastronomia i nervetti con le cipolle!!!

    • Grazie Fedora! Devo dire che quando arrivano commenti del genere, identici, prevedibili, emozzzionati, da sette anni a questa parte, ammetto con poca umiltà una cosa evidente: il nostro lavoro piace e moltissimo proprio a persone come te Fedora, e ringrazio proprio coloro che ci leggono, numerosissimi sia chiaro, finti detrattori, che ci incoronano con la loro isteria GURU (indegnamente e nostro malgrado), perché tali ci considerano.
      Grazie davvero, siete molto gentili.
      Una cosa sola però: la morale non fatela a noi, fatela a voi stessi.

  6. Ma, signora Fedora, io sono solo occasionale, poco esperto e poco competente.
    Francamente, non credo che c’entri nulla la frustrazione: io non mi sento ne’ frustrato ne’ fallito: non ho mai pensato di fare il cantante e nemmeno il corista (da bambino, forse, ma sognavo anche di fare lo scienziato): per la cronaca mi chiamo Danilo Dalla Via e faccio l’impiegato.. Parto da alcune sue considerazioni: tenetevi i dischi, io preferisco il live e, quindi, nella fattispecie, il presente. Se lei si sposta su un altro articolo, vedra’ che proprio ieri sera io ho fatto un preciso riferimento a quanto accadutomi ieri pomeriggio, dunque argomento attualissimo: dicevo ieri sera “ma dopo aver ascoltato la Sutherland, in Marguerite, che cavolo ci vado a fare a teatro ?” Tanto sapevo gia’ che ieri pomeriggio la Sutherland non l’avrei trovata. Tanto vale rimanere a casa, risparmiare soldi e non scomodarsi nemmeno a prendere l’autobus. Apro una parentesi: il disco ci riserva anche nequizie perche’ se sul palco si presenta una Monica Sinclair io presento denuncia al piu’ vicino commissariato.
    Lo stesso dicasi per Richard Van Allan, tanto per fare i primi 2 nomi che mi vengono in mente chiusa parentesi..
    Il punto forse e’ questo: senza pretendere, parlo sempre a titolo di esempio del Faust, senza pretendere Corelli, magari un tenore che possa garantire un sereno pomeriggio, magari Sabbatini, senza andare lontanissimi nel tempo.
    Ora, poniamo pure che il convento al giorno d’oggi passi soltanto Cstronovo, la sua osservazione un senso ce l’ha: o Castronovo oppure non si fa il Faust e l’opera muore, o Antonenko oppure la Turandot non si fa e l’opera muore, ecc.. Ripeto: c’e’ un senso in quello che dice, ma guardiamo anche l’altro lato della medaglia, se a teatro troviamo Castronovo e sappiamo che questo passa il convento, possiamo anche non subissarlo di riprovazioni ma e’ il caso di coprirlo di elogi al grido di “bravo” ? Alla fine, cosi’ facendo, sono bravi tutti allo stesso modo, e’ un po come se a scuola dessimo sempre un bel voto a tuuti: sarebbe ingiusto nei confronti di quelli veramente bravi e studiosi. Cioe’ se dico “bravo” a Castronovo, a Corelli che cosa avrei dovuto dire ? Se Berti e’ un “bravo” Radames, Bergonzi e Pertile cos’erano ? Se Irina Lungu che, poverina, non e’ nemmeno la peggiore, ma se Irina Lungu e’ una “brava” Marguerite allora la Sutherland cos’era ? Se Antonino Siragusa e’ un bravo Ernesto, allora Schipa cos’era ?
    Il disco e’ un surrogato, d’accordo, ma e’ anche una testimonianza, nel bene e nel male.
    Come dicevo ieri, al vedere le facce raggianti degli spettatori del Faust ho provato una sincera invidia, perche’ loro riescono a divertirsi, io no ma non posso farci nulla: come dicevo, in un certo senso provocatoriamente, mi rovino la vita con i dischi ma non posso farci nulla: non posso fingere di non avere mai sentito la Sutherland-Marguerite, quindi a Irina Lungu potrei anche riservare un pacato applauso di cortesia, ma non ovazionarla perche’ se ovazioniamo tutti allora vuol dire che va benissimo cosi’, che non e’ il caso di provare a migliorare, che la Sutherland non e’ mai esistita oppure e’ esistita ma chissenefrega, dimentichiamola.
    Mi e’ capitato di assaggiare pasticceria di alta qualita’, ora la pasticceria ha chiuso, c’e’ solo del pane, magari talvolta anche secco: quindi, o il pane oppure muoio di fame, va bene mangio il pane ma mentirei se dicessi che e’ buono come i pasticcini, magari se mi lamento contribuisco un pochino ad aumentare le probabilita’ che riapra la pasticceria.
    Ma, signora Fedora, mi tolga pero’ una curiosita’, visto che l’ho citato come esempio, ma le piace anche Antonenko ?.
    Spero di essere riuscito a spiegarmi.

  7. Si può? Scusatemi… “molto rumore per nulla”.
    Cioè un gran polverone per Fedora & C.
    Io frequento il sito, ne condivido a volte i giudizi, altre no.
    Evviva la democrazia e la pluralità.
    La storia dei nick è vecchia come il cucco ed è una scusa quando tutti i siti ne abbondano e quasi tutti ci si conosce.
    Dice bene chi scrive: non ti va? Passa oltre.
    Di fatto va, eccome se va, se non a tutti a moltissimi!
    E ne conosco più di uno, ed una, che intimamente gode nel veder criticare i colleghi, salvo poi prendersela quando le critiche lo riguardano personalmente.
    Tutto nel mondo è burla.
    Meglio riderci sopra e non prendersela troppo, Fedora mia.
    Saluti e salute.

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