Canio per quasi settanta sere al Metropolitan nell’arco di un trentennio (dal 1914 al 1943), Giovanni Martinelli (1885-1969), per certo uno dei tenori più amati dal pubblico newyorkese, non ebbe mai modo di indossare su quel palco i panni di compare Turiddu, che negli stessi anni erano dominio di “star” ospiti (Gigli, Lauri Volpi) e soprattutto di solidi professionisti quali Mario Chamlee e Armand Tokatyan. L’addio alla madre di Martinelli costituisce comunque un’esecuzione impressionante non solo per la bellezza del timbro vocale e per la facilità in alto (il la bemolle conclusivo), ma per il legato di altissima qualità, esaltato dal tempo largo e solenne. Frasi come “vado fuori all’aperto”, “voi dovrete fare da madre a Santa, ch’io le avea giurato” (senza che si avverta la cesura determinata dalla ripresa di fiato, come del resto a “m’ha suggerito il vino… per me pregate Iddio”), o ancora “un altro bacio”, alitato con suprema disperazione, sono la sigla di una lettura che non ha nulla di esibito o ridondante.