Il fatto che il “relata refero”, il “ si dice” che la prossima stagione scaligera preveda la riproposizione di Cena delle beffe, titolo di Umberto Giordano del 1924 è di molto successiva al progetto di musica proibita e nasce, senza dubbio, dal fatto che in anni recenti il titolo del maestro foggiano abbia avuto un’ esecuzione zurighese. E ciò basta a capire il motivo della futura probabile proposta in Scala. Faccio presente che la vocalità dell’opera difficilmente può trovare oggi, più ancora che per altri titoli di Giordano, interpreti adeguati. Basta prestare orecchio ad alcune esecuzioni del passato, che, appunto, proponiamo.
I motivi del corriere della Grisi sono, invece, molto diversi. Nessuno aveva nel momento in cui abbiamo stilato l’elenco, aggiungendo, togliendo, nella certezza della parzialità della nostra proposizione, l’idea di proporre un capolavoro di quelle la cui assenza è gravissima e limitante per la cultura. La vena di Giordano si esaurì ben presto dopo Chenier e Fedora e sotto il profilo musicale e vocale il maestro nei lavori successivi ed aggiungo particolarmente in questo drammone dalle tinte forti, dal facile e poco storico richiamo all’età medicea si lasciò andare a facili tinte lugubri e lutulente ad una linea di canto, che con pochi ariosi, di cui a parte rispetto all’intero titolo si offre ascolto, indulge e si compiace del declamato più verista nel senso negativo del termine. Non per nulla e non a torto il Giordano di Cena delle beffe (1924) e prima ancora il Mascagni di Piccolo Marat vengono indicati come i titoli fatti apposta per spezzare le voci ai cantanti in grazia delle scritture marcatamente centrali, declamate dove gli esecutori devono fronteggiare orchestrali tutt’altro che esigui. Se, poi, aggiungiamo che la critica trincerandosi dietro la perdita di ispirazione ed invenzione melodica di Giordano dopo Fedora o al più dopo Siberia (1903) ha sempre “snobbato” il titolo dobbiamo evidenziare quello che è il motivo, ben diverso da uno meramente musicale, di una scelta.
Potremmo indicare tre date 1909, 1924 e 1924 oppure tre prime donne Paola Pezzaglia (1889-1925), Carmen Melis (1885-1967) e Clara Calamai (1909-1998), perché questo legame teatro di prosa, teatro musicale, cinema ovvero la grande attrice di prosa specializzata in drammoni (Nemica di Nicodemi, Fedora e nella Cena solita a vestire anche i panni di Giannetto) la diva verista, che sacrifica la voce all’espressione e la grande attrice di cinema, che osa prima nella cinematografia italiana, esibire il seno sono i motivi di interesse e costituiscono una delle chiavi di lettura di Cena delle Beffe. Il prodotto teatrale è tipicamente novecentesco alle beffe crudeli e perverse di Neri Chiaramantesi, ai danni di Giannetto Malespini, che si vendica con superior perversione ed animo malvagio, si aggiunge il richiamo erotico di Ginevra, che lega i destini di Neri e Giannetto, e che da serva divenuta esperta e rodata cortigiana è l’ immagine della femmina sensuale e perversa, che soddisfa le perversioni di altrettanto perversi maschi. Questa raffigurazione del passato costituisce un topos della drammaturgia di Benelli e rappresenta il motivo di attrazione dapprima di Giordano e poi Blasetti, specialista i cinedrammoni di carattere storico a trasfondere il testo prima in musica e poi per il cinema. E chi avrà tempo e voglia di seguire tutte e tre le proposte avrà delle interessanti sorprese per la fedeltà del testo e la assoluta aderenza alle idee di fondo dell’autore che sia il musicista, che il regista cinematografico. Questo a partire dalla durata testo teatrale, dramma in musica e film pressochè identica. In musica la possibilità deriva dal fatto che l’autore musichi il testo con declamato di marca tardo verista dove i momenti solistici sono brevi ariosi spesso inseriti in più lunghi episodi di dialogo come accade per il “calato in Arno” di Giannetto alla scena prima con il Tornaquinci, “mi svestii” del secondo atto durante il duetto con Ginevra, cui (ad imitazione dell’incontro Sieglinde – Siegmund) replica il “sempre così” di Ginevra. Giordano in Cena delle beffe non indugerà neppure a interludi od intermezzi sinfonici, riproporrà, invece, una struttura obsoleta ed ottocentesca e quasi sconosciuta al melodramma verista come il concertato. Il brano sarà fra i più criticati in quanto la situazione scenica, la follia di Neri poco si presta a questa scelta musicale. Eppure la follia di Neri costituisce uno dei moment clou del testo teatrale ed anche della realizzazione cinematografica.
Ciò nonostante la fedeltà fra il testo teatrale e quello comunemente definito libretto è assoluta anche perché entrambe uscite dalla penna di Benelli, che si garantì che anche il lavoro melodrammatico rispecchiasse e restituissse pur in altra forma d’arte e pur con la riduzione di certi personaggi di contorno, lo spirito del lavoro teatrale. Come in questo strettissimo indissolubile legame fra le tre forme d’arte non possiamo non ammirare l’allestimento cinematografico che potrebbe essere nato dalla realizzazione pratica delle scenografie di Caramba, o le “regie” di Simoni e Forzano ovvero di quei maestri che sulla scorta delle scrupolose didascalie allestivano- E’ facile dire che le scene del film ben avrebbero potuto essere quelle di uno spettacolo coevo in un grande teatro d’opera.
Altra caratteristica che accomuna melodramma e film consiste nell’essere i prodotti ultimi di un genere da un lato il melodramma e dall’altro il film ispirato al drammone storico una sorta di grand-opera cinematografico, che fu uno dei principali prodotti della cinematografia italiana particolarmente diffusosi durante il ventennio fascista. Non dimentichiamo che due anni dopo la Calamai si trasformerà, dimostrando di essere una grandissima attrice nella protagonista di Ossessione, ovvero, nella diva del nascente neo realismo versione cinematografica di quel realismo di cui l’opera fu, invece, uno degli ultimi e non perfettamente riusciti prodotti.
Caro Donzelli, vedo con rammarico che anche tu credi alle favole.
Un sovrintendente come l’attuale, non lo credo capace di un pensiero
musicale, che rientri nella norma, figuriamoci in grado di scegliere
direttore e cantanti all’uopo. Prosit
Apprezzo l’articolo e l’attenzione mirata sulla Cena delle Beffe ma non condivido l’opinione che la vena di Giordano si esaurisca dopo Chénier e Fedora. Siberia, M.me sans Gene, Mese Mariano, La Cena delle Beffe e il Re ( opera recentemente portata sugli scudi da Paolo Isotta ) sono titoli a mio parere degni di grande considerazione. Soprattutto gli ultimi due. La Cena delle Beffe è opera scabra, nervosa, asciutta, dai timbri secchi e taglienti, dal taglio cinematografico. Giordano e il cinema, un capitolo che comincia a essere indagato criticamente e che andrebbe approfondito: modernità è anche proporre anticipazioni e contiguità con l’arte più nuova e importante del ‘900.Trovo il declamato/arioso di quest’opera irresistibile, ancorché impervio. Talvolta impossibile. Come nel Piccolo Marat, altra opera affascinante e “spaccavoci”, altra opera che è stata accostata all’esperienza cinematografica ( Eisenstein, intuizione critica fervida e fuori dagli schemi ) . La Cena delle Beffe rappresenta a mio modo di vedere un’idea di moderno teatro in musica che , per motivi vasti e complessi, non ha trovato sbocco e avrebbe potuto – con profitto – trovarne. In questo senso è musica proibita all’ennesima potenza. La storia ha poi seguito altre strade ( tutte illustri, colte e magari storicisticamente inevitabili ) e si è visto com’è andata a finire. Comunque la Cena delle Beffe a Zurigo ha sfondato alla grande, con ripresa per tre anni consecutivi accompagnata da consensi di pubblico su cui meditare. Alla Scala, se verrà ( come spero vivamente ), sarà ovviamente difficile trovare interpreti in grado di affrontare decorosamente l’impresa. Non perderò una recita comunque andrà.
Non sono un amante di Giordano ma concordo con Gianmario che è difficile tacciare Giordano di perdita di ispirazione ed invenzione melodica dopo Fedora o Siberia quando la sua ultima opera Il Re, è così avulsa dalla sua produzione precedente (ed è anche quella per cui stravedo).
Comunque sia mi piace questa serie di articoli e in suo onore questo pomeriggio mi ascolterò di nuovo una recente riproposizione de La cena delle beffe.
Ottima la scelta delle tre dive che hanno rappresentato la Cena nei diversi campi del teatro, della lirica e del cinema, anche perché la prima è mia nonna. O forse ormai mia nipote, perché io ho esattamente il doppio dei suoi 36 anni di vita.
Grazie!
stai parlando di Paola Pezzaglia, quindi!
Sì, Paola Pezzaglia, la mia nonna paterna, di cui curo l’Archivio, dichiarato dal Ministero del Beni Culturali “di interesse storico particolarmente importante”.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Archivio_Pezzaglia-Greco).
Anche se non trattasi di teatro musicale, sono a disposizione per qualsiasi informazione.
Gianni.