All’inizio di questo ciclo sui soprani antecedenti Maria Callas i nomi della prescelte erano davvero inferiori a quelli che nel corso del percorso si sono aggiunti. Due le cause una delle quali scontata ovvero che lo studio e la ricerca hanno portato ad individuare scuole e personalità che erano rimaste in secondo piano anche per la limitata diffusione delle registrazioni, fenomeno che investe soprattutto i cantanti di scuola e carriera middleuropea e russa, e poi il confronto o meglio l’impatto con il presente. A questa ragione rispondono le riflessioni dedicate a Vera Amerighi Rutili e Maria Carena. Anche qui prima di tutto la vulgata ovvero la prima fu un fenomeno provinciale con rapporti scarsi o nulli con i grandi teatri italiani e stranieri, la seconda “una strillona” verista senza gusto e accodata alla generica estroversione di marca verista erroenamente appplicata a Verdi. Allora nella vulgata e ciò vale non solo per il canto, ma per qualsiasi elemento che andiamo a studiare dalla storia dell’arte alla agiografia c’è sempre qualche aspetto fondato, condivisibile e, pertanto inattacabile, ma poi, la vulgata deve anche essere confrontata e pesata con criteri storici. Se prendiamo a metro di paragone Rosa Raisa o Giannina Arangi Lombardi e le loro carriere, per restare ai due maggiori soprani drammatici , che cantavano il repertorio verdiano e pre verdiano con gusto, tecnica e rispetto dello stile (concetto quanto mai labile) non si può che concordare la Amerighi Rutili resta un fenomeno da provincia italiana e la Carena una strillona. Riguardo quest’ultima il giudizio non cambia neppure se modifichiamo il “termine di paragone” assumendo la Scacciati. Però vanno riascoltate Vera Amerighi Rutili per due motivi ovvero la sopravvivenza di Norma in tutti i teatri e per rendersi conto del livello di cui erano capaci le esecuzioni dei teatri minori in grazia di una cantante, che non fece la grande carriera, che aveva difetti quand’anche non capitali alcuni dei quali più secondo il gusto del tempo che non in assoluto. Quanto a Maria Carena per capire il gusto dell’epoca e la sua diffusione.
Vera Amerighi Rutili era nata a Navacchio il 22 agosto 1896. I mezzi dovevano essere davvero eccezionali perché della ragazza ancora studentessa si accorse Leopoldo Mugnone, uno dei maggiori direttori d’orchestra del tempo, che la sentì in un concerto di studenti. Si racconta che il debutto sarebbe stato addirittura al Covent Garden nel 1919 con Aida, più probabilmente il primo impatto con il palcoscenico avvenne a Reggio Emilia sempre con Aida. Sta di fatto che nel 1920 la giovane ragazza (la cui rapidità di carriera i ruoli e la complessione fisica ricordano quella di Anita Cerquetti) si ritrovò a cantare Borgia e Gioconda, poco dopo in compagnia di Nazareno de Angelis arrivò Mosè e nel 1921 il debutto in Norma. Con la sacerdotessa belliniana cantò in moltissimi teatri italiani, ma i grandissimi teatri furono occasionali come la Scala dove cantò solo nel 1929 il ruolo della Gran Vestale e quale doppio di Giannina Arangi-Lombardi. Cantò anche Pirata di Bellini a Genova e i tradizionali titoli del tardo verdi come Aida Ballo e Forza, che competevano al soprano drammatico. All’estero si esibì a Rio de Janiero, Santiago e Montecarlo. Ma le piazze restavano secondarie (a Roma l’Adriano, a Milano il Lirico o il dal Verme) anche se spesso in compagnia di colleghi celeberrimi o destinati alla celebrità come Pinza, Pasero, la Stignani, Galliano Masini. Chiuse la carriera dopo il debutto a Trieste quale protagonista di Walkiria nel 1947. Morì per un attacco cardiaco il 13 maggio 1952.
I motivi di una carriera in seconda linea, ascoltando le registrazioni del soprano pisano sono, oggi, difficili da capire perché quello più spesso addotto ovvero le dimensioni della donna e la presenza scenica piuttosto compassata e statuaria non avevano molta rilevanza a maggior ragione in un personaggio come Norma ed in un’epoca in cui molte Lucia o Amina erano obese o quasi. I dischi non rivelano limiti di musicalità o vizi capitali di quelli che possono impedire o pregiudicare una carriera. Anzi nel tardo Verdi emerge un timbro davvero sontuoso, femminile e nobile, forse non prezioso e poi la voce è estesa e facile sia in alto che in basso e la cantante esente dai tipici suoni aperti nella zona grave e spinti negli acuti estremi. L’esecuzione dell’aria di Leonora di Calatrava “Pace mio Dio” ed anche quella del secondo atto del Ballo e quella di Aida al primo atto, esemplificano bene il concetto. A cercare il cosiddetto “pelo nell’uovo” il si bem di “invan la pace” suona un poco fisso, ma in compenso la cantante rispetta l’indicazione di spartito nei “maledizion” finali, e forse più genericamente certi acuti estremi hanno una certa fissità, come evidente anche nel Ballo(di onere vocale maggior rispetto ad Aida e Forza) ma la cantante, senza eccedere e neppure senza assurgere all’eleganza ed alla raffinatezza della Arangi Lombardi è varie e sfumata secondo una consolidata idea dei personaggi che era praticata allora dai maggiori soprani di buona tecnica e gusto in carriera.
Rimane poi a documentare la cantante e le domande sulla sua carriera il maggior personaggio della Amerighi Rutili ovvero Norma. Allora nel dopo Callas abbiamo sentito, ma da soprani lirico leggeri, come senza mezzi termini dichiarò in una intervista Ester Mazzoleni, agilità più fluide e scorrevoli. La Amerighi Rutili è, però, ben lungi da esecuzioni raffazzonate e generiche non fosse altro perché il suono nella prima ottava è quasi sempre ben raccolto e coperto e questo evita gli scivoloni documentati di una Cigna e facili ad immaginarsi della Scacciati o della Carena, la cantante è, quindi, capace di dinamica sfumata e di legato (vedi oltre la Casta diva) anche di un’esecuzione corretta delle agilità (soprattutto la replica ad Adalgisa al primo duetto con “ah si fa core abbracciami” o la cabaletta della sortita) e soprattutto sfoggia un fraseggio sufficientemente ampio e scandito nei momenti di maggior vigore drammatico, senza eccessi e cadute di gusto si percepisce. Il disco raccoglie tutta la parte e documenta, insomma, una cantante che non secondo il gusto del tempo, ma anche secondo quello successivo, che della vocalità e drammaturgia della sacerdotessa belliniana ha privilegio solo l’aspetto acrobatico, ben avrebbe potuto figurare come Norma nei principale teatri.
Forse la risposta alla limitata carriera di Vera Amerighi Rutili può darla la carriera di Maria Carena. La Carena era nata vicino a Torino a Piossasco nel 1891, voce di grandi naturali qualità aveva studiato con soprano molto famoso (la Ferni Germano, prima Loreley e una delle prime cantanti dedite al repertorio ed al gusto post Verdiano). Il debutto era avvenuto nel 1917 con la Leonora del Trovatore. A Verdi si dedicò subito e principalmente cantando Ernani, Simone, Aida, persono i Lombardi e concorrendo con altre a raccogliere l’eredità dei grandi soprano drammatici (tipo Russ, Mazzoleni e Boninsegna) nate fra il 1870 ed il 1880. Cantò, a differenza della Amerighi Rutili, nei maggiori teatri italiani (Scala, Costanzi di Roma, san Carlo, Comunale di Bologna, regio di Torino) e stranieri presentandosi con Verdi, ma anche con le parti liriche di Wagner –soprattutto la Elsa di Lohengrin – e del repertorio post Verdiano come Mimì, Tosca, Loreley, Mefistofele, Cavalleria Rusticana e persino Valentina nell’ultima ripresa napoletana degli Ugonotti. Il problema è che passava per una stilista ed una cantante adatta al repertorio verdiano, principalmente al personaggio di Leonora del Trovatore di cui registrò con il Manrico più famoso del tempo (Aureliano Pertile) l’integrale. Si può anche ammirare lo splendore del timbro e la facilità in zona medio alta, ma appena arrivano le agilità la cantante non sa come distribuire il fiato, non sono l’ascoltatore che si scandalizza per rallentando e accelerando magari per sfoggiare messe di voce o fiati, ma quelli della Carena nel “d’amor sull’ali rosee” sono e restano arbitrari al di là del bel suono esibito se poi aggiungiamo che al miserere, che batte l’ottava bassa con l’obbligo di cantare e fraseggiare in quella zona ( e forse fu uno dei motivi che mise in fuga Rosina Penco da Verdi, con grande rammarico dell’autore) si è l’impressione che la cantante ad onta di una voce spontaneamente sontuoso a e ricca non sappia cosa sia la copertura del suono e la moderazione possiamo capire il perché della condanna alla provincia inflitta a Vera Amerighi Rutili, che non era perfetta, ma che era una solidissima e dotata professionista
Ascoltare questa Amerighi Rutili è stato proprio interessante e piacevole!
A proposito di Norma, mi permetto di rendere pubblica la mia “perplessità” sul cast di quella che verrà allestita a Venezia in maggio (Remigio-Kunde-Simeone). Farete un confronto Remigio- Amerighi Rutili?
Grazie degli ascolti.
come sparare sulla croce rossa! anche se il cast torinese con la presuntuosa agresta (stenta nella nedda dei pagliacci e presume di cantare norma) mi sembra quasi peggio!