A pochi giorni dall’inaugurazione della contestata (e contestabile) Esposizione Universale, in cui anche il Teatro alla Scala sarà chiamato a far la sua parte come attore, comparsa o guitto, le danze vengono aperte da una manifestazione estranea al circo dell’EXPO. Daniel Harding con la sua Swedish Radio Symphony Orchestra (compagine sul cui podio si sono avvicendati Celibidache, Blomsted, Salonen e Svetlano), accuratamente esclusi – con masochistico snobismo – dalle dorate sale del Piermarini, hanno regalato a Milano una serata di musica, idee ed emozioni. Sontuoso il programma: il Concerto per Violino e Orchestra di Brahms in re maggiore (un classico della letteratura violinistica di epoca romantica) e la Symphonie Fantastique di Berlioz, capolavoro che traduce in musica lo spirito del romanticismo. In entrambi i pezzi memorabile la direzione di Harding che con la compagine svedese trova finalmente un’orchestra in grado di dare coerenza e continuità ad un genio che talvolta è sembrato ancora in cerca di autore (le troppe apparizioni in contesti squalificanti, come il concerto di capodanno alla Fenice, la bulimia di presenze anche all’ultimo minuto e approcci talvolta superficiali). Qui il lavoro su ogni nota è evidente e lo splendido gesto pare in perfetta simbiosi con il suono degli strumenti, tanto che ancora non si comprendono (o, peggio, sono comprensibilissime) le ragioni per cui alla Scala non è mai stato preso in considerazione a succedere alla sede vacante di Muti – giacché Barenboim è stato un mero reggente part time – preferendo un musicista una volta interessante (e oggi in fine carriera) o, tra i papabili, un problematico e scostante. Ma com’è il Berlioz di Harding? Nervoso, potente ed inquieto come un quadro di Friedrich, che trova il suo snodo interpretativo nel Dies Irae dell’ultimo quadro. Aldilà di ogni lode la precisione dell’orchestra alle prese con una partitura di delirante virtuosismo. Ad un livello appena inferiore il concerto di Brahms – che ha aperto la serata – laddove Harding opta per una lettura decisamente anti romantica (e forse l’azzardo non paga, giacché il brano è intriso di romanticismo e necessità di quell’abbandono sistematicamente espunto dal direttore inglese). Certo la scelta è stata più o meno condizionata dalle caratteristiche del solista – la brava e bella Vilde Frang – che con in mano uno Stradivari del 1709 ha optato per una lettura fortemente analitica, intellettuale e novecentesca. Mancava il senso di abbandono e la giusta enfasi sul lirismo di primo e secondo movimento, ed il suono – pur controllatissimo e preciso – appariva come trattenuto. In compenso l’interprete e la virtuosa si sono fatti sentire. Forse però il repertorio più adatto all’arte della Frang è il ‘700 e il ‘900, in particolare mi piacerebbe ascoltarla nel concerto di Berg. Serata comunque memorabile: Harding ha inaugurato il “Festival dell orchestre” di scena alla Scala senza neppure essere stato invitato. – GLD
Pienezza di suono, precisione di attacchi, fluidità di esecuzione: queste le caratteristiche salienti dell’Orchestra Sinfonica della Radio Svedese, che si è esibita negli ultimi giorni, fra l’altro, a Bologna e Milano, sotto la bacchetta del suo direttore principale Daniel Harding. Quelli della Grisi, che per il direttore inglese nutrono un’ammirazione sincera e ben diversa dal fanatismo (basterà una ricerca in archivio per individuare resoconti fedeli e impietosi di performance interlocutorie, talvolta anche deludenti), non potevano mancare all’appuntamento. Appuntamento cui invece è mancata, clamorosamente (ma non troppo, attesi gli standard e i precedenti), mamma Scala, che ha lasciato al Teatro dal Verme l’onore di ospitare la compagine scandinava. In cartellone il concerto per violino di Brahms, che Harding e la solista Vilde Frang (giovane, brillante, non particolarmente sonora né straordinariamente espressiva) hanno reso con impeccabile professionismo, sebbene la melanconia di questa pagina sia risultata fondamentalmente estranea agli esecutori, che hanno proposto una lettura asciutta, o per meglio dire prosciugata di ogni suggestione romantica, il tutto a favore della nitidezza della struttura musicale. Quello che in Brahms può essere un limite non da poco, nella seconda parte del concerto (dedicata alla Sinfonia Fantastica) si rivela la carta vincente: il ritmo (letteralmente) indiavolato esalta le oasi di onirica cantabilità (secondo e terzo movimento), il racconto per immagini sonore incrementa progressivamente la tensione, destinata a esplodere in una Marcia al supplizio martellante quanto beffarda e in un Sabba al tempo stesso bruciante e ossessivo. Un’esecuzione trascinante, che proietta con violenza liberatoria, e senza forzature, la partitura di Berlioz in pieno Novecento. – Antonio Tamburini
posso dire la mia da “asino” di musica sinfonica. Il concerto di Brahms volere o volare è quello che Oistrahk o Heifetz offrono con un terzo movimento spumeggiante e grande legato strumentale ed orchestrale nel secondo. MA la sinfonia fantastica, cimento per le bacchette, è stata splendida per l’orchestra che fa quello che vuole. Fagotti e controfagotti piuttosto che le percussioni tutte (i piatti capaci di ppp) sono da brivido per la tenuta e la coerenza! Quindi come ovvio FUORI DALLA SCALA!
Sono consapevole di andare fuori tema ma… mi siano concesse solo tre parole: Turandot Nina Stemme.
Sono impazziti definitivamente…
dici? ma dello stato mentale da TSO di chi organizza e di chi applaude abbiamo da almeno venti anni prova inconfutabile, non credi?
attendiamo tutti senza nessuna curiosità perché sappiamo già com’è la sera della prima a reti unificate!
Pensavo optassero per Irene Theorin o altre urlatrici più di primo pelo e di moda… Riesumare cotanto orrore ormai afono in tutti i registri è davvero un non sense. Prepariamoci al peggio…
C’ero e sono felicissima di non essermi persa questa occasione. Me lo sono “bevuto” tutto, questo bel concerto, me ne sono inebriata. E ho avuto l’immenso piacere di riascoltare Vilde Frang dopo averla apprezzata a Salisburgo la scorsa estate. Notando con un certo disappunto che la sala era tutt’altro che esaurita, il pensiero è andato agli immeritati pienoni turistici delle scialbe esecuzioni scaligere: unico motivo di stizza in una grande serata.