Una offesa al povero Mascagni ed alla musica in generale merita a nostro giudizio di essere divulgata e pubblicizzata in multilingual. Difficile scegliere il peggio di questo pretenzioso e presuntuoso allestimento dove all’ignoranza della messa in scena si sono aggiunte le gravissime carenze della direzione d’orchestra e del cast maschile capitanato dall’ex bello Jonas Kaufmann. Quindi l’unico aspetto decente e nulla più è stata la Santuzza della Monastyrska, che si è sforzata di cantare sempre piano con accenti dimessi quali convengono almeno a tre quarti della parte perché Santuzza declina la donna meridionale remissiva e dimessa, capace di insorgere e trasformarsi in strumento di vendetta, tramite la delazione. Solo che alcune frasi ora di intenso richiamo dell’amore “m’amò, l’amai” “Lola e Turiddu s’amano” nel racconto, tutto il cantabile di “Turiddu mi tolse l’onore” richiedono un controllo della gamma medio alta di cui nelle sonorità del piano e pianissimo la cantante non dispone, tristemente abituata all’urlo in Macbeth o Nabucco.
Archiviata la Santuzza rimane una direzione d’orchestra imprecisa, persino con attacchi fuori tempo e pesantezze, che evocano la caricatura di Knappertsbusch. Sentire il coro iniziale dove il quadretto bucolico descritto è solo un pesante quadro da salotto di casa borghese di teutonica o il brindisi metronomico e pesante. Nessuna raffinatezza al duetto Santuzza-Alfio o all’addio alla madre (per altro malamente ghermito dall’esausto Kaufmann).
Quanto a questi e al suo rivale in amore impersonato da Ambrogio Maestri, particolarmente bolso e parlante, abbiamo sentito un Turiddu piatto ed incolore, neppure connotato dai maldestri falsettini parlati e dei lupini acuti di cui Kaufmann si è sempre servito per attizzare il pubblico. Ovvio ormai la benzina sta finendo e quindi gli effettacci costano troppa fatica e devono essere dispensati con parsimonia. Quindi abbiamo avuto una Siciliana tutta falsetti e suoni di strozza nell’arioso della sfida e nell’addio alla madre. Abbiamo non capito, ma avuto la conferma della vera essenza dei doveri familiari che impedirebbero al tenore la presenza in Scala. Abbiamo poi ammirato l’insensato comportamento del sovrintendente della Scala che ad onta del ben confezionato “pacco” è accorso ad omaggiare l’epifania del divo. Immagino a spese della Scala!
E poi la peggior realizzazione scenica di Cavalleria. Non mi interessa neppure citare i nomi di persone, che ignorano la poetica del Verismo (la fotografia del vero, che allietava le nostre terze classico), che tradiscono ogni parola del testo con una mamma Lucia, che conta danari manco fosse la mamma di Farinetti dopo l’expo e non l’ostessa di una povera mescita di vino meridionale, e lascia che figlio e di lui famiglia di fatto (bella invenzione!!!) vivano in una stamberga da Boheme di provincia, un non previsto interno di Chiesa a metà fra la camera a gas dei lager e la sacrestia di una parrocchia luterana e poi crassa ignoranza sui rituali della Pasqua e sulle convenzioni sociali della Sicilia (ma in generale dell’Italia del 1920 epoca in cui ambientata questa Cavalleria) dove spicca il bacino di Turiddu ad una scollacciata Lola. Caro signor…. il nostro Turiddu se proprio vogliamo rappresentare il rapporto con Lola, però vestita elegante ed accollata, e non in prendisole da musicarello, avrebbe lanciato ricambiate occhiate o toccato -furtivamente- il culo a quella che era il suo divertimento. Ma questi signori che sanno di storia del costume. Un cazzo! – Domenico Donzelli
Una afrenta a Mascagni, pero sobre todo a la música en general, merece una respuesta contundente urbi et orbi por parte de este sitio. Resulta difícil determinar qué fue lo peor de esta presuntuosa y pretenciosa producción, pues al analfabetismo de la puesta en escena hay que sumarle las gravísimas carencias de la dirección de orquesta y de un reparto masculino capitaneado por la ex-belleza Jonas Kaufmann.
En honor de la verdad, el único aspecto decente de esta representación ha sido la Santuzza de la Monastirska, que se ha esforzado por cantar piano y con tono resignado, lo que conviene a buena parte del papel, porque Santuzza es paradigma de la mujer meridional sumisa y resignada, pero al mismo tiempo capaz de sublevarse y de transformarse en un ser vengativo. No obstante, algunas frases, como “m’amo l’amai” “lola e Turiddu s’amano”, o todo el cantabile “Turiddu mi tolse l’onore” exigen un control de la gama medio-alta de que la cantante no dispone en el piano y pianísimo, tristemente habituada al grito en óperas como Macbeth o Nabucco.
La dirección de orquesta se caracterizó por la imprecisión (llegando incluso a obsequiar al auditorio con ataques fuera de tiempo) y por una pesadez que no evoca sino a una caricatura de Kna. Lo ejemplifican bien el cuadro bucólico convertido en un retablo de una casa burguesa teutónica o el brindis pesante y metronómico, o la completa falta de refinamiento en el dúo Santuzza-Alfio o en el addio alla madre (por otra parte, mal murmullado por un Kaufmann exhausto).
En la sección masculina, más allá de Ambrogio Maestri, petulante, de fiato corto y más propenso a hablar que a cantar, escuchamos a un Turiddu plano e incoloro, ni siquiera matizado con los falsetes desaventurados o de los agudos lupinos de que Kaufmann siempre se ha servido para ganarse el público. Queda poca madera para quemar, y los efectos de cara a la galería cuestan ya demasiado esfuerzo y deben administrarse con parsimonia. En consecuencia, hemos escuchado una siciliana cantada toda en falsete y sonidos estrangulados en el arioso del desafío o en el addio alla madre. A la vista de todo ello, uno parece tener confirmación de cuáles son realmente los “asuntos familiares” que impedirán al tenor participar en la Cavalleria del Teatro alla Scala el próximo mes de junio.
Finalmente, nos queda la catastrófica realización escénica de esta Cavalleria. Baste decir que los nombres de los perpetradores no merecen ni siquiera ser mencionados, porque ignoran lo más elemental de la poética del verismo (la fotografía de lo verdadero) y traicionan constantemente el espíritu y la letra de la obra. ¡Una porquería! – DD (tradotto da Nicolai Ivanoff)
Eine Enttäuschung auf allen Linien war diese Cavalleria. Galten das Dirigat von Thielemann und das Debüt als Turiddu von Jonas Kaufmann doch zumindest „interessant“ zu werden, waren gerade diese beiden die größte Enttäuschung. Thielemann dirigierte mit schwerer Hand, vieles nur angedeutet und abgehackt. Der Chor ungeordnet und schwammig. Sowohl das Alfios Auftrittslied als auch das Brindisi von Kaufmann hat man selten so ungelenk und bleiern schwer gehört – als hätten Sänger bzw Dirigent Bleikugeln zu tragen… So schwarz/weiss wie Bühnenbilder und Kostüme waren auch die platten und einfallslosen Klischees der Regie und der musikalische Einfallsreichtum der Sänger. Schwarz/weiss – laut/leise-gut/böse, mehr gab es da nicht. Mehr an Nuancen und Schattierungen war den Sängern offenbar nicht abzuverlangen. Viele vertane Gelegenheiten, Vieles ist in Bedeutungslosigkeit oder Ungenauigkeiten untergegangen. So wie Kaufmann der Chénier liegt, liegt ihm der Turiddu entschieden NICHT. Hier wird bloßgelegt, woran es bei ihm vor allem hapert: falsettierte piani (die Siciliana!) oder voll ausgesungenes forte – mehr an Gestaltungsspielraum hat er gesanglich nicht. Zu wenig squillo, Tragfähigkeit und Biegsamkeit, die er mit stimmlicher Breite (wodurch sich die Stimme noch mehr nach hinten verlagert) und gestemmter Höhe wettmachen muss. Die stimmlich mittlerweile recht ramponierte Liudmyla Monastyrka zeigt eine verquollene Stimme mit scharfen Höhen, aber zumindest auch ein paar recht schönen piani, und stellt Santuzza als Monster da. Punkt. Auch hier keine gesangliche Inspiration und kein „Schauspielen mit der Stimme“. Man höre anhand von Carla Gavazzi, was hier möglich ist. Mit der Hälfte der Stimme einer Monastyrka zeichnet sie in der Arie ein eindringliches und bewegendes Porträt der Santuzza. – „Schauspielen mit der STIMME“! Ambrogio Maestri ist laut, monoton und eindimensional. Man sollte meinen, eine derart packende und komprimierte Oper wie Cavalleria Rusticana wäre schwer zu „verhunzen“. Offenbar sind aber alle Mitwirkenden gerade an dieser Dichte und „Komprimiertheit“ und der Anforderung, in wenigen Phrasen einen nuancierten Charakter zu zeichnen und „auf den Punkt“ zu bringen, gescheitert… – Selma Kurz
The alleged centre of operatic excellence, Salzburg Easter Festival, presented a new production of Cavalleria Rusticana and Pagliacci, the so called Cav/Pag match. Austrian tv channel ORF2 proposed on Easter Monday the first half of the soirée, whose tickets had prices going from 170 up to 490 Euros each. What one got for such a price was the usual Eurotrash display of utter ignorance, bleak stereotypes and total absence of ideas – from both a musical and a visual point of view. Christian Thielemann and “his” Staatskapelle Dresden delivered a heavy, pointless rendition of the score, lacking pathos in such moments as the Intermezzo and the final scene, whereas the “colour” scenes like the Introduction, the Easter Hymn and the drinking song had very little colour and too much noisy effects. Liudmyla Monastyrska (Santuzza) had some good intuition but lacked refinement and control of her upper range. “Divine” Jonas Kaufmann as Turiddu barked with an artificially darkened, yet small und unsteady voice, having no “slancio” in the duets with Santuzza and Alfio, not to mention his celebrated “pianissimi”, which are sheer falsettos. Alfio was Ambrogio Maestri, a not-so-refined ‘dicitore’. Director Philipp Stölzl set the piece in a „1920s black-and-white Sicily“ that seemed to derive from the notorious Dolce&Gabbana advertising images: the multilevel stage granted a wide variety of settings, yet the story presented annoying “inventions” (e.g. Turiddu and Santuzza are already married or at least living together with a son) and the singers were forced to do absurd things, such as killing a rival inside the church or kissing a married woman (even a well-known coquette as Lola) in public at the piazza. One really wonders what the point is in such shows and why on earth should they be presented with such pomp and to universal acclaim? – Antonio Tamburini
D’accordo su tutto Donzelli, voglio solo aggiungere che e ‘ desolante vedere l’immagine data dal regista( meglio, dal non-regista): mafia, ubriaconi ( qualcuno dovra’ dirgli che cantare “mamma, quel vino e’ generoso..” non significa ipso facto che Turiddun e ‘ ubriaco fradicio come il traballante Kaufmann nell’addio alla madre), siculi danzanti e sbaciucchiantisi ( Turiddu-Lola) davanti alla chiesa e col mafioso alle costole-inverosimile ! La Sicilia trasformata nella Ruhr etc..Si avverte un certo disprezzo… ( forse ce lo meritiamo !)
Quando ho ascoltato la Siciliana,ho pensato che tutta l’azione si svolgesse di notte e che Kaufmann volesse fare la caricatura del povero Turiddu. Inoltre, qualcuno puo’ spiegarmi perche’ Kaufmann ce l’ha con le vocali? le O diventavano A e viceversa, le I divenivano E e cosi’ via…
Ma forse la delusione maggiore e’ stata la direzione: inodore, insapore e incolore.
Concionare sulle vocali del “bel fioeu” Kaufmann è solo un pretesto per non voler guardare sulla carriera, quella sì preparata tutta a tavolino, nelle redazioni disperate delle case discografiche dei nostri giorni.
Nella discografia e negli archivi di qualsiasi italiano amante d’opera ci sono almeno venti tenori (anche se fisicamente non tutti erano fotogenici) ma che compitavano bene assai il compito di illustrarci il vero Mascagni.
Non credo che Mascagni indicasse quale fattezze dovesse avere compare Turiddu, ma indicasse invece come esprimere il canto: che in questa edizione latita ed anzi ne è la controfigura, in negativo.
Ma se a qualcuno interessa solo il lato fisico, si diverta pure, il tempo e la fatica poi ridimensioneranno anche i ricciolini sul capo, e resteranno solo i suoi (lamenti)
Un allestimento vergognoso. Probabilmente lo scopo ultimo di cotanto orrore era quello di mostrare Kau in versione oste sbronzo in canottiera.
Secondo me la regia ha preso qualche spunto da qui 😀
https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=Tw6J1mfnDt0
l’ho guardata e ascoltata tutta,
giusto per fugare a me stesso dubbi di giudizzi preconcetti… e ora in scienza e coscienza, posso serenamente dire “che schifezza!”, un allestimento demenziale, da Wozzeck de noaltri, brutto, ignorante, noioso e fuorviante. Per la parte musicale il peggiore mi è sembrato proprio Thielemann che ha perfettamente tradotto in musica la lutulenta parte visiva. Sulla parte vocale sottoscrivo quanto scritto da DD.
Vedere che robe si sorbiscono oltralpe decretandoli come trionfi, mi fa tanto ridere….