Terza ripresa scaligera della Carmen firmata Emma “Donte” e le cose sono andare ancor peggio delle passate recite, persino là dove ci si aspettava di trovare qualità.
Collocare un cast dove nessuno è in grado di far qualcosa di valido nella cornice di un allestimento invedibile, di cui non è più il caso di parlare, è stata ricetta perfetta per una serata faticosa, dura da sentire e senza alcun conforto visivo. E non è stata solo questione di José Cura che, stando al chiacchiericcio degli habitué, sarebbe stata la pietra dello scandalo.
José Cura oggi canta malissimo, e quando era un tenore nel pieno delle sue capacità cantava comunque male, con i modi e lo stile che oggi tanto piace in certi tenori di gran moda che si collocano nella corrente del delmonachismo/corellismo più deteriore. Oggi Cura non va più di moda, è un cantante esausto, e la nostra accorta direzione artistica ce lo propone per ben due opere dopo la catastrofe dei Pagliacci ultimi scorsi. Le cose sono andate come previsto nel canto e nell’esito, né vale soffermarci a narrare una serata imbarazzante, mentre meriterebbe soffermarsi più a lungo su chi scrittura…o dice di aver scritturato chi poi scompare da un cartellone che vanta più desaparecidos di una dittatura sudamericana.
Il punto è che in questa Carmen mancano anche tutti gli altri.
In primo luogo la bacchetta del maestro Zanetti che francamente mai ho sentito così maldestra, pesante e superficiale, persino scollata dal palco in più di un’occasione ( col coro soprattutto ), incapace di disegnare il grande affresco di paesaggio e folklore voluto da Bizet come pure di connotare i vari personaggi. Una prova scadente sotto tanti punti di vista a cominciare dal suono dell’orchestra ( vuoti e stimbrati gli archi in particolare, ma anche troppo pesanti le percussioni..), incardinata su velocità sostenutissime che anziché vigore e vitalità hanno prodotto da subito un effetto di superficialità e fretta di chiudere. Nessun clima è stato reso, dai passi celebri come la marcia dei toreri agli entr’actes, dai momenti seduttivi di Carmen sino alla fosca scena delle carte. Insomma, il maestro Zanetti pareva il primo a volere una serata da “spedizione punitiva” come si dice in gergo. E di questo suo lavoro non hanno certo beneficiato i cantanti. In primo luogo la celebrata protagonista, Elina Garanca, chiamata ad una prova importante nella carriera di un mezzosoprano, per giunta avvenente. Sulla carta non le mancherebbero voce e presenza, ma la sua Carmen in realtà non è…pervenuta ! Entra in scena una bella donna, con un aspetto decisamente nordico, distante anni luce dal personaggio e tutto finisce subito in quell’immagine. La Garanca per sua natura è distaccata, composta, mai volgare, purtroppo per nulla estroversa, seduttiva o vitale. Il suo canto poi è terribilmente piatto e monotono, mai una nuance, mai una smorzatura, un costante mezzoforte preso all’inizio e tenuto sino alla fine, le ripetizioni entro le scene soliste sempre identiche al primo enunciato (solo una paio di intenzioni nella serata ). Per questo la Garanca non è riuscita mai a farsi applaudire ai numeri solisti, complice una voce grigia, senza smalto, priva del legato e di quel cantare anche a fior di labbro, che consente alle brave Carmen di dispiegare le proprie arti seduttive. A ciò si aggiunge la difficoltà a cantare in zona centro grave ed un uso macchinoso del canto di petto. Né il momento delle “carte”, rifugio delle protagoniste poco sensuali, è uscito meglio di habanera o seguidilla, anzi. Lo spettacolo, peraltro, le resta sempre estraneo e viceversa. In una concezione di Carmen non bella ma semplicemente popolana e mediterranea quale è quella della Dante, la Garanca pare un pesce fuor d’acqua, perché popolana e mediterranea non è per nulla. All’ingresso al 4 atto, col vestito nero dai bordi colorati pareva una ragazza lappone in attesa di slitta e renna! Insomma, un originale fenomeno vocale del moderno stars system, la protagonista presente e assente al tempo stesso…
La grande sorpresa, però, è venuta da Elena Mosuc, ossia da colei che avrebbe dovuto uscire vincitrice a mani basse dalla serata, come da sempre accade alle Micaele minimamente attrezzate tecnicamente e vocalmente. La professionista di lungo corso, invece, è parsa dissolta dai recenti cimenti in Borgia, Devereux, Semiramide et consimilia, con il centro gonfio e vuoto fino alla stimbratura, difficoltà anche nei primi acuti (!!!), risolti falsettando o prendendo le note da sotto in modo plateale. La signora Mosuc ha cantato perciò in modo sorprendente il duetto del primo atto con Cura ( uno dei momenti in assoluto peggiori della serata ), con difficoltà palpabili a legare anche sul centro, sempre sul forte-mezzoforte, e provando a spingere allorchè la scrittura tende a salire. Né le difficoltà sono cessate alla grande aria del 3 atto dove non ha colto il successo atteso, ma solo applausini di cortesia. Il fiato cortissimo ha determinato un canto difficile ed affannoso e l’aria è scivolata via mentre l’esperto soprano rumeno si arrabattava col mestiere in un’esecuzione al di sotto dei suoi standard minimi. Fare la Gruberova o la Devia non significa poi esserlo tecnicamente, e la prova dissestata di ieri sera su una parte quasi banale per un soprano come lei dimostra ancora una volta che i percorsi di carriera di certe anziane signore, ferree nel loro professionismo, non sono replicabili da tutte. Non si vede come possa, in questo stato vocale, pensare di cantare ancora le previste Lucie di Lammermoor decorosamente.
Modestissima la prova di Vito Priante, voce piccola, fuori fuoco e senza sonorità, completamente priva delle note più gravi della scrittura. Un Escamillo spento e fiacco, che non ha mezzi per imporsi né alla grande entrata né alla sfida del terzo atto.
Una piccola nota finale su Sofia Mchedlishvili, nel parco dei cattivi comprimari della serata, è Mercedes. Accademica della Scala, come scritto in cartellone, ha cantato la sua piccola parte con voce stridula e dura. Quale Amenaide nel Tancredi del circuito Aslico dell’anno scorso aveva cantato assai meglio, pur nel fraintendimento stilistico del personaggio, di come ha fatto ieri sera quale comprimaria. Se gli effetti della didattica accademica scaligera sono questi forse è il caso che i didatti scaligeri cessino finalmente la loro attività a tutela dei giovani allievi.
Questa Carmen alla fine ci pare un altro prodotto poco pensato, anzi troppo poco ponderato di questa gestione Pereira. Si spera nella ripresa di giugno.
22 pensieri su “Carmen alla Scala….non pervenuta.”
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Nel sottoscrivere il giudizio negativo senza attenuanti sulla parte canora, dissento sul giudizio tranchant espresso nei confronti della regia di Emma Dante. Facile e tristemente divertente per un esperta/o riconoscere e contestare una tecnica vocale od una esecuzione impropria, non è invece scontato esprimere certificati di conformità, secondo leggi “aristoteliche” incontestabili, circa la la ri-creazione del mondo nel quale la trama si muove. In questo caso la sensibilità del singolo spettatore riprende il suo peso autonomo e non c’è critico che tenga.
La regia di Emma Dante della Carmen è stata discussa anche qualche anno fa con parecchi giudizi negativi ma con alcuni molto positivi. Personalmente ho amato il modo mediterraneo ricreato dalla Dante con grande e materna sensibilità, mettendo assieme in modo coerente Arena e Culto, Gioco e Mito, Dramma e Vitalità. Secondo me la regia di E. Dante è proprio uno dei punti di forza di questa rappresentazione. Ricordo che “opera” è il plurale di “opus” cioè assieme di “atti” : musica, canto, recitazione, ballo (qualche volta) all’interno di una scena dinamica. Penso che ciascuna opera vada colta nel suo complesso assieme e non solo sulla fondamentale esecuzione del canto, che deve essere messo certamente in primo piano. Altrimenti l’opera sarebbe uno spettacolo solo radiofonico. Nel rammaricarmi della qualità purtroppo scadente della esecuzione vocale, ho potuto trovare soddisfazione nell’articolarsi scenico di una Carmen Siciliana. La rigidità scenica della protagonista – un vero pezzo di legno, ieri – l’ho subita con dolore. Ma in fondo di dramma si tratta …..
come il corriere la pensi sull’ impostura della signora Dante, spacciata per arte, lo abbiamo già scritto e non valeva il caso di ripetersi. Ammesso e non concesso che valga ancore e trovi applicazione che opere il plurale di opus questo non significa che Carmen come Ballo, Aida, Semiramide e chi più ne ha più ne metta possano essere trasformate nel contenitore (vaso) nel quale chiunque possa infilare tutto quello che gli passa per la testa o quasi. Perché fra toreri con il toracino, turibuli pencolanti, opinioni della signora Dante sulla tauromachia, richiami a Toto e Peppino falsari, i campi di Musocco pronti per le esumazioni abbiamo un repertorio di superfetazioni e paccottaglie che non sono in grado di dirci il dramma di Carmen e l’opinione che un uomo del 1875 utilizzando e forse stravolgendo una tipicizzata forma d’arte come l’operà-comique avesse e trasmesse.
Perdona il tono un po’ d’assalto e crudo, ma se ti piace la Dante….. è un tentativo di essere in sintonia, almeno sotto il profilo formale
Io, reduce dalla “generale”, mi permetto di dire che, in questo contesto il “prevedibile” Cura mi ha sorpreso: me lo aspettavo assai peggio e, comunque, il minore dei mali in questa evitabilissima ripresa di una sciagurata produzione.
Il giudizio di Donzelli sulla Carmen-Dante, oltre che condivisibile dall’A alla Zeta, mi pare inappellabile
Taccio più nulla.
Saluti
Bello questo articolo. Mi piace. Esaustivo. Tocca tutti i punti che deve toccare ed è pungente ed affilato come dovrebbe essere la spada del torero Escamillo. Se ho capito bene, alla fine chi avrebbe cantato ancora meglio sarebbe la Garanca, per lo meno, seppur tutt’altro che fantasiosa, aliena dal canto volgare di altre colleghe. Cura non mi sorprende. Un tempo si salvava con la dovizia dei mezzi, adesso meglio lasciar perdere….. Non ho visto tal Carmen, né l’ho sentita, né è mia intenzione farlo, ma – facendo un semplice ragionamento – credo che un José come potrebbe farlo il buon José Cura forse sarebbe parso eccessivo ed esagitato anche al pubblico delle arene degli anni ’30…. Poi se è vero che la Garanca era freddina, lui compensava! Chissà il duetto finale!
Elina Garanca, che ha una voce grigia e anonima, da comprimaria, e il cui fascino sessuale è paragonabile a quello del “piatto degno di Demostene” portato in scena da Colline al quarto atto della Bohéme, non ha nulla per essere una Carmen credibile. In quanto alla regia, io ricordo bene la diretta tv della prima, in cui i soldati e i toreri non sapevano nemmeno marciare al passo in fila per tre. Al posto della Dante, sarebbe stato meglio affidare la regia a Louis Gosset jr., il mitico sergente istruttore di “Ufficiale e gentiluomo”…
Non polemizzo con la sentenza senza appello promulgata dall’egregio Donzelli, comprendo che il suo panorama culturale riguardo le visioni di assieme non gli conceda altro.
Che questo sia segno di conformismo culturale, di tradizionalismo od altro non saprei dire e non interessa.
Come dire: Chi non apprezza la Donte è un povero mentecatto. Ci vorrebbe la risposta del Padre guardiano a Melitone che riflette sul padre Raffaele!
Egregio Tamburini,
parafrasandola – se mi è permesso – sarebbe come dire ” o non apprezzi Emma Dante oppure sei un povero mentecatto”. Che ne dice della pluralità del gusto e della sensibilità culturale personale? Non chiedo di apprezzare o non apprezzare alcunchè o alcunchì (il neologismo è a lei dedicato) , esprimo una opinione motivata a mio giudizio. Con immutata cordialità
All’apparire dello sfortunato spettacolo notai due mondi compresenti e paralleli: il primo quello della signora Dante e della sua valida compagnia di teatro off, il secondo quello dell’ufficio regia della Scala, che – con la sua grande esperienza di Carmen pregresse – arrivava in soccorso ogniqualvolta c’erano da risolvere problemi di traffico (e in quell’opera ce ne sono veramente molti).
Se prendi una cipolla porretana e ci infili al centro una ciliegia candita non otterrai una terza cosa, ma soltanto una cipolla porretana con al centro una ciliegia candita. Spiacente, MGL, ma – come il canto – anche la scrittura scenica ha le sue regole.
Egr Mrs LilyBart,
i commenti negativi sulla regia che la hanno preceduta non hanno mai preso in considerazione la insipienza registica di cui lei accenna (problemi di traffico) ma la visione generale. Credo che si siano citati “i campi di Musocco” che se noti ai milanesi non penso siano noti alla regista palermitana. Tra l’altro il concetto di Morte nell’area mediterranea greco-latina-cristiana che anche si esprime nelle città dei morti del sud niente ha che vedere con il lugubre Musocco e niente di lugubre io ho visto in questa Carmen. Mi perdoni la digressione.
Se la pecca registica a cui lei si riferisce è “una serie di problemi di traffico” questo mi permetta di ritenerla una carenza veniale. L’allestimento al quale ho assistito senza il mondo ed i colori sapienti della sua messa in scena sarebbe stato per me solo un rimpianto, una occasione persa. Che invece – per me – non è stata. Con cordialità
Gentile MGL,
L’involontaria compresenza di due spettacoli – uno convenzionale e l’altro no – non è carenza veniale, soprattutto su un palcoscenico come quello scaligero, dove la professionalità e l’esperienza dovrebbero essere un must.
La digressione ci sta, ed è interessante, ma le intenzioni non bastano, serve anche la capacità di realizzarle, capacità che deve essere tanto maggiore quanto più innovativo, acuto e originale è il concetto. Altrimenti si finisce come l’ultima Traviata con la povera Damrau: esempio di estrema incapacità e dilettantismo registico.
Lily Bart, ahimé, non trovò mai marito, quindi Ms e non Mrs.
Con simpatia.
infatti questa Carmen zeppa di luoghi comuni non riusciva neppure ad essere lugubre. Non era solare, non era descrittiva, non era pittorica, non era niente perché la Dante a perde pseudo cultura molto trita, molto vista a partire dagli anni ’70 non ha nulla, ma proprio nulla da dire. Se può consolare sta in ottima compagnia con Livermore, Michieletto, tutti accomuniati da un solo, infame, desiderio essere citati fare cronaca ed illudersi di fare cultura. Pazienza la cultura è per pochi e la cultura di massa è , ahinoi, una chimera. D’altra parte siamo in un paese dove dalla 11.30 alle 14 tutti i giorni su ogni canale o quasi delle televisioni si cucina e nel contempo la grande e piccola distribuzione esonda di piatti pronti , salti saltini e saltarelli in teglia, in tegame etc
con cordialità
Bene, bravo Donzelli!
Sottoscrivo il giudizio sui vari Dante Livermore e Michieletto e compagnia bella (anzi brutta!). Possiamo aggiungerci anche quel tizio ceh a Boogna ha messo in scena il Parsifal di cui ho visto immagini che Wagner avrebbe commentato sicuramente con bestemmie e bastonate.
Abbiamo tutti le scatole piene e strapiene di questi novelli esaltati “geni della regia”.
Per capire cosa deve essere una regia intelligente consiglio la visione di una vecchissima edizione televisiva del Turco in Italia con la regia di Enriquez: una regia che ha tutto ciò che si chiede in una regia rossiniana intelligente, gusto, stile, humor, misura, eleganza, capacità di far recitare tutti al meglio, una precisione nei movimenti delle masse e dei solisti (e della telecamera) da fare invidia ancora oggi (e cantava Bruscantini!).
Praticamente tutto quello che mancava alla regia del Turco testè vista a Torino.
Io in quella Carmen ho visto solo una serie di banalitá e luoghi comuni, come Micaela raffigurata come la solita rompiscatole che in questo caso girava col prete sempre al seguito, allo stesso modo di Olga Villi in “Signore e signori” di Pietro Germi. Inoltre molte cose erano copiature, ad esempio Don José che canta l’ aria del fiore a cavalcioni sopra Carmen e al finale tenta di stuprarla, come giá visto nella regia di Lina Wertmüller andata in scena al San Carlo nel 1986. Il tutto circondato dai muraglioni che Richard Peduzzi ha utilizzato in almeno dieci produzioni di titoli differenti, prima e dopo questa.
caro mozart
per una volta dissento Micaela non ha la freddezza ed il cinismo di ippolita gasparini alias olga villi perché se cosi fosse due colpi da escamillo o dal remendado se li farebbe dare è peggio è gilda bisigato alias nora ricci. Aggiungo due prestazioni assolute, irripetibili quelle di olga villi e nora ricci in quello che credo sia la più grande commedia di costume italiana.
Concordo sulla grandezza del film e degli interpreti.
un capolavoro supera, ad avviso di molti autori di questo sito, divorzio all’italiana e due altri must come il segno di venere e il vedovo e adesso siamo diventati un blog di cinema, così diremo che la bertini, una sorta di burzio o carelli del cinematografo delle origini, è la più grande attrice mai esistita e che il parallelo di Eleanor Steber potrebbe essere Joan Crackford
Grazie per la pacata e faresaica replica.
Michieletto lo lascio volentieri ad altri così come la regista inglese di quest’anno del Fidelio (grazie al cielo ho dimenticato il nome) ed il regista russo della Traviata dello scorso anno (il nome me lo ricordo, ma lo ometto)
Il Giornale oggi ha un articolo: Scala fischiata la Carmen…
è una notizia solitaria o…..
http://www.ilgiornale.it/news/milano/scala-fischiata-carmen-bocelli-caso-delicato-1108580.html
Troppo comunista la Dante! Quel poliziotto che prende a calci l’operaia zingara è così poco fine…E quel prete funereo che si aggira sinistramente in silenzio per il palcoscenico!
MI rovinano il thé e e forse anche un po’ il sonno.
Che orrore.
U
ho visto la prima di questa Carmen ..
non trovo così orripilande l’idea registica..certo in certi momenti
si è voluto un pò strafare, gens que viens gents que va…
c’è una personalissima lettura del libretto che però a differenza di molte altre interpretazioni ha una sua logica
non si può certo imputare a questo spettacolo pressapochismo ;
la messa in scena mediterranea(come è la Spagna!) con movimenti scenici, sia coro
che mimi assai accurati; molto bella la scena del 3^atto con Micaela che si trasforma nella madre di Don Josè sul letto di morte
decisamente poetica…
Ed in fondo in questa occasione registica si è seguito il libretto
e si comprende quello che succede in questa Spagna che ricorda molto la Sicilia…
Lo scandalo di questo spettacolo è stata la direzione di Zanetti
perfettamente recensita da questo blog che condivido al 100%.
Non condivido affatto il giudizio negativo sulla protagonista, voce
di mezzosoprano lineare e potente, con un registro basso notevolissimo e con una linea di canto piena e costante… certo è che mancava una certa sensualità e che l’habanera sembrava più una polka è vero.
Il povero Cura che ha cantato meglio di quanto mi aspettassi e ricordavo , pur con difficoltà evidentissime è riuscito a tratteggiare il personaggio di don Josè ..e le sbavature ,che sempre ha avuto,
andavano sopportate; abbiamo sopportato ben altri tenori cito
solo la Grigolo che è passata indenne !! Almento Cura dava l’idea !
Elena Musuc mi ha semplicemente annoiato; o cantava forte o pianissimo, anche qui perfetta la vostra recensione.
Quanto agli altri interpreti direi di non stare troppo a fare i sofistici
tutto sommato si potevano anche ascoltare.
Ridabisco che il colpo di grazia lo ha dato questo direttore che ha
trattato questo titolo super conosciuto e popolare con pressapochismo bandistico e con evidenti fuori tempo come da voi
sottolineato, un’orchestra dilettantesca in lina con l’expo(flop) in arrivo…
Infatti i copiosi buh piovuti su di lui meritavano di essere anticipati almeno all’inizio del 3^ atto
Tanto valeva farlo diregere a Metha almeno avrebbe suonato anzichè rumoreggiato tutta sera.
Ieri sera Pereyra e’ apparso al proscenio per annunciare che “Jose’ Cura ha avuto l’influenza ma cantera’ lo stesso e fara’ benissimo grazie all’energia che gli dara’ il pubblico”: credo di avere riportato abbastanza fedelmente.
Nel complesso: nessun segno di dissenso ma pubblico piuttosto freddino durante lo spettacolo con qualche entusiasmo in piu’ al “fiore”. Alla fine, comunque, applausi per tutti, in particolare per Cura e la Garanca con un paio di uscite a sipario chiuso per tutti i protagonisti
Fermo restando il sacrosanto diritto per ciascuno di avere le proprie opinioni, io mi trovo, a conferma dell’idea che gia’ mi ero fatto dalla trasmissione televisiva, ad esprimere un giudizio sostanzialmente negativo sulla parte visiva. Tutto sommato puo’ funzionare abbastanza bene fino al duetto Micaela-Jose’ ma qui poi cominciano una serie di situazioni che mi farebbero dire alla signora Dante, se me la trovassi di fronte: “scusi, ma veramente c’era bisogno di chiamare in causa preti, chierichetti, crocifissi ed un gigantesco velo da sposa per farci capire che Micaela e’ una brava, dolce e cara ragazza, tutta casa e chiesa e che era destinata a sposare Jose’se non ci si fosse messa di mezzo un’altra ? (Buon per lei di non essere diventata consorte di uno stalker femminicida). Ora, signora Dante, abbia pazienza, io questo lo avevo gia’ capito quando avevo 10 anni. Da una regia di qualita’ mi aspetterei qualcos’altro”. Detto questo, una delle altre scene che proprio mi hanno lasciato piu’ perplesso, diciamo cosi’, e’ proprio il letto di morte con Micaela al posto della madre. Ma che cosa mi vuole insegnare in questo caso la regia ? Su che cosa mi invita a riflettere ? La madre sta morendo, e’ evidente, Micaela e’ stata chiara e cruda: “tua madre sta morendo, smettila di fare il cretino, per una volta metti a tacere gli ormoni e comportati seriamente: vieni a consolare tua madre, finche’ sei in tempo”. Micaele si comporta un po da madre, ecco, ma lo sappiamo tutti, fin dalla prima volta che abbiamo visto o ascoltato Carmen. Cosa vuole insegnarmi la regia ? Quale orizzonte mentale vuole aprire ? Non lo so: mi sento a disagio perche’ ho l’impressione di non avere capito qualcosa per mia inesperienza, superficialita’ o magari perche’ sono retrogrado.
Detto questo, un po lugubre comunque lo era: le croci cimiteriali in fondo al palco all’aria di Micaela, la processione finale alla morte di Carmen. Alcune stranezze anche logistiche che non si capisce che senso abbiano. l’ingresso dei personaggi nul 2^ atto in quella sorta di saliscendi. Ma, non potevano semplicementeentrare dalla porta ? Qual e’ il messaggio che la regista ci vuole in questo caso trasmettere ?. Ci sono molti altri particolari su cui non mi soffermo perche’ se no andiamo troppo per le lunghe pero’ ancora una cosa vorrei dirla: troppi rumori molesti che hanno disturbato la parte musicale: nel cambio della guardia quel fastidiso pestare i piedi, urla e schiamazzi fuori ordinanza come quello dei ragazzi fuori dalla Plaza de Toros e anche qualche “ole'” di troppo nel Finale II.
Veniamo alla parte musicale: complessivamente non mi e’ sembrata orrenda ancorche’ non .indimenticabile.
Diciamo, nel complesso, uno spettacolo un po anonimo, dimesso ma non scandaloso.
Tutto sommato, mi ritengo abbastanza soddisfatto dei comprimari.
Vito Priante, ancorche’ di non ampio volume, non mi e’ sembrato male e anche la Mosuc non potrei dire di averla sentita cantare male.
Giulia, ho letto la tua recensione lunedi’ sera e, anche sulla Mosuc, ti ho trovata non vicinissima all’entusiasmo ma sono persuaso che tu per prima sia convinta che, all’arrivo della prossima Micaela, rimpiangerai la Mosuc, poi ovviamente rimpiangerai ancora di piu’ qualche altra Micaela. Io, per esempio, rimango convinto, sulla base di un’istintiva associazione di idee, che il suo vero nome non fosse Micaela anche se iniziava comunque per “Mi”, magari, che so io, Mirella.
Con la premessa dell’annuncio di Pereyra, Cura si e’udito poco (dalla 7^ fila) perlomeno fino al finale III, dove sembrava che avesse voluto dire “ma guardate che comunque la voce ce l’ho”
Fatta salva la constatazione di emissione alquanto stentorea, tutto sommato pensavo peggio: e’ chiaroche non entrera’ nella galleria dei Don Jose’ imperdibili.
La Garanca, altra belta’ scesa dal cielo dopo la Machaidze di 2 giorni prima, complessivamente non mi e’ dispiaciuta. Anche per lei non mi sembra si possa parlare di un volume generosissimo ma, come qualcuno ha detto qui sopra, mi sembra sostanzialmente aliena da particolari volgarita’ di emissione, qualcosa di non particolarmente a posto, da questo punto di vista in “libre elle est nee’ et libre elle mourra”. Ho cercato di non farmi influenzare dall’avvenenza e di non ascoltare con gli occhi e non so se ci sono riuscito in pieno ma penso che possa deporre a mio favore il fatto che, se fossi troppo condizionato dalla gradevolezza dell’aspetto, avrei parlato bene anche della Machaidze.