Ich ziehe immer noch meinen Hut vor Edita Gruberova. Ich war nie ein uneingeschränkter Fan von ihr – ihre geschmacklichen und stilistischen Mätzchen und Manierismen vergällten einem oft die Freude an ihren großartigen Qualitäten als Sängerin. Bei ihr gab es immer Licht und Schatten. In den letzten Jahren hing Vieles von der jeweiligen Tagesverfassung ab. An diesem Abend war sie hörbar in ausgezeichneter Form: die Lucia anfangs noch ein wenig zaghaft, aber bei den Puritani war sie bereits voll da. Sie sang alle Spitzentöne (einige davon sauer und forciert), stellte sich herausfordernd allen Schwierigkeiten und machte es sich nicht leicht. Aber die bombensichere hohe Mittellage, die fein gesponnenen piani, die festen, leuchtenden und kerngesungen Töne – das macht ihr heute immer noch keiner nach. Die Konkurrenz im belcanto-Fach, die sich entweder durch die Rollen bibbert und haucht oder wobbelt, distoniert und schwerfällig schleppt steckt sie über weite Strecken in die Tasche. Die Puritani und die Anna Bolena waren mit Sicherheit de Höhepunkte des Abends. Licht und Schatten – wie es bei ihr immer war, seit ich sie Anfang der 1980er Jahre gehört habe. Absoluter Tiefpunkt leider die Devereux Szene. Nicht weil sie überfordert oder müde war, sondern weil sich hier all ihre steifen Töne, ihr Stöhnen in der tiefen Mittellage, ihre übertriebene Künstlichkeit und – mir fällt kein anderer Begriff ein – ihre Geschmacksverirrungen versammelten. Gesanglich steht sie immer noch turmhoch über fast allen aktuellen Sängern. Eine Meisterin des „effizienten“ Klanges, uneingeschränkte Herrin über ihre Stimme. Erst wenn man wieder vollkommen runde, leuchtende, reine, gesunde, hervorragend tragende Töne hört, wie sie sie über weite Strecken hören lässt, wird einem wieder bewusst, wie sehr heute die gesanglichen Aspekte beim Singen, das KNOW HOW, ins Hintertreffen geraten sind.
Nach Ende des Konzertes überreichte Direktor Meyer Edita Gruberova noch einen Blumenstrauß und sprach – oder besser stammelte – einige persönliche Worte: Er sei kein Mann großer Worte, bemerkte Meyer einleitend, um ihr dann gleich einmal zum 54 statt zum 45. Jubiläum zu gratulieren…. Auch mit den Zahlen habe er es nicht so… Es sei aber „schön, dass es sie gäbe“, er wolle sich bedanken für „so viel Schönheit“. Dann eine handvoll Zahlen: 711 Vorstellungen, 1,5 Millionen Besucher, 250 Stunden Applaus. Das Ganze wirkte nicht nur schlecht, sondern gar nicht vorbereitet. Als hätte ihm jemand in letzter Minute einen Zettel mit ein paar statistischen Auflistungen in die Hand gedrückt und ihn auf die Bühne geschubst. Keine überlegten Worte, keine würdige Hommage für eine Sängerin dieses Formates und keine würdiger Auftritt des Staatsoperndirektors. Eine schöne Geste wiederum das Zerbinetta Kostüm der alten „Ariadne“-Inszenierung, das der Kammersängerin als Geschenk überreicht wurde („Darf ich das auch behalten!?“). Schließlich bedankte sich Gruberova noch selbst bei ihrem Publikum für dessen Liebe und Treue: Sie sei erfüllt von einer tiefen Dankbarkeit. In drei Jahren (zwei Jahre kleine Auftritte in der Slowakei vor ihrem Debüt in Wien rechnet sie mit) stünde 50-jähriges Bühnenjubiläum an. – So lange wolle sie noch durchhalten. – SK
Che cosa aggiungere all’ineccepibile resoconto della nostra Selma? Il galà di sabato 7 è una di quelle serate che rendono palpabile l’amore, la dedizione, la fedeltà di un pubblico a un cantante. Teatro straesaurito da mesi (richieste di biglietti formulate a marzo dello scorso anno non sono state onorate – questione di secondi nell’ordine di arrivo, roba da Bayreuth dei tempi d’oro!), pochissimi posti effettivamente non occupati (e solo dopo l’unico intervallo), una fila di tutto rispetto per gli ingressi , venduti un’ora e venti prima dell’inizio dello spettacolo, un fragoroso applauso di entrata alla prima apparizione della diva, numerose testimonianze di affetto e soddisfazione nel corso della serata, conclusa da saluti finali (compreso l’imbarazzante panegirico di D. Meyer) che hanno sfiorato i tre quarti d’ora. Per non essere pari al sovrintendente, buono solo a sciorinare (con varie papere) numeri e azzardate statistiche, proviamo a dire qualcosa sulla qualità della proposta musicale. Funzionale, ed è tutto quello che si può dire in positivo, la direzione di Marco Armiliato, che si è verosimilmente conformato nella scelta dei tempi (lenti ma non slentati nei cantabili, serrati senza precipitazione nei passi più concitati) alle richieste, o meglio alle decisioni, della solista. Dell’orchestra viennese si apprezza, al solito, la qualità mediamente elevata del suono (anche se gli ottoni, specie nella seconda parte del concerto, non hanno brillato), mentre il coro si è imposto soprattutto nella Bolena, risultando invece deludente nella Lucia (e non parliamo certo di un titolo estraneo al repertorio di questo teatro, o di qualunque teatro nazionale, se è per questo). I comprimari (tutti habitué della scena viennese) evidenziavano soprattutto la differenza tra una voce perfettamente proiettata (quella della festeggiata) e una dotata in natura, ma ancora (?) allo stato brado (esempio preclaro Monika Bohinec), per tacere di un divo, José Bros, meno sonoro e squillante del tenore comprimario Carlos Osuna. E poi c’era, ovviamente, la Gruberova. Sempre impressionanti i trilli (molto meno le quartine vocalizzate), davvero esemplare e unica la risonanza di quell’ottava centrale che non ha oggi, e non solo nelle fila dei soprani di coloratura, possibili termini di paragone e che costituisce, in uno con il saldissimo controllo del fiato, l’autentico fondamento e a ben vedere la principale ragione per cui la signora continua, imperterrita, a proporsi nelle parti del soprano drammatico di agilità, parti a lei assolutamente estranee non per tecnica, ma per gusto, o per dirla altrimenti, per assoluta mancanza di gusto e capacità di fraseggiare e accentare all’italiana. Il Devereux, giustamente citato da madama Kurz, risulta in questo senso micidiale: la volontà di scimmiottare Bette Davis, che induce la solista a fare di Elisabetta una vecchia zitella (grottescamente ritratta anche nell’incedere esasperatamente goffo e quasi claudicante) prima ancora che una sovrana, sembra essere alla base della quantità di suoni fissi, miagolanti e ai confini della stonatura, che negli altri brani non si rinvengono o, come minimo, si rinvengono in misura molto più contenuta, tenuto conto dell’età della cantante e del repertorio affrontato negli ultimi venticinque anni di attività. In pagine come la pazzia di Elvira e il delirio della moritura Bolena, la malinconia e il tono trasognato pongono un naturale freno alla smania, davvero implacabile, di “interpretare” (virgolette non opzionali). Censurabili i manierismi, ma la freschezza con cui la Gruberova arriva alla fine della serata, senza accusare segni di stanchezza a onta del mastodontico programma (tanto che l’attesa di un bis, ad esempio i couplet di Adele dal Pipistrello, era più che plausibile), è emblematica di una solidità professionale capace di superare senza danni permanenti azzardi (vocali e interpretativi) anche importanti. Una solidità che è l’unica dote davvero indispensabile (prima e più ancora della voce) per costruire una carriera lunga e fruttifera, di quelle che oggi sembrano un miraggio o una fandonia da passatisti. Può non piacere (ed è comprensibile che non piaccia) il “prodotto finale”, ma l’onestà con cui viene assemblato e servito dovrebbe costituire un esempio per i colleghi e un monito per il pubblico, specie per quella fetta di pubblico che, nel timore di non essere à la page, rinnega la propria pregressa esperienza d’ascolto per abbracciare, con acritico zelo, tutto quello che offre l’emaciato presente. – Antonio Tamburini
Il programma
Donizetti: Lucia di Lammermoor
Chor aus dem 2. Akt, Szene und Arie des Raimondo, Szene und Arie der Lucia
Lucia – Edita Gruberova
Raimondi – Dan Paul Dumitrescu
Enrico – Marco Caria
Bellini: I puritani
Introduzione 1. Teil, 1. Szene
Szene und Arie der Elvira aus dem 2. Teil
Elivira – Edita Gruberova
Riccardo – Marco Caria
Giorgio – Dan Paul Dumitrescu
— Pause —
Donizetti: Anna Bolena
Sinfonia
Finale 2. Akt
Anna Bolena – Edita Gruberova
Percy – José Bros
Rochefort – Dan Paul Dumitrescu
Smeton – Margarita Gritskova
Hervey – Carlos Osuna
Donizetti: Roberto Devereux
Introduzione 2. Akt
3. Akt, Finale
Elisabetta – Edita Gruberova
Sara – Monika Bohinec
Nottingham – Paolo Rumetz
Cecil – Carlos Osuna
Auguri alla mia amata Edita sempre grandissima Che programma monstre! Ho sentito la Lucia ed è certamente impressionante. Nel Devereux dà sempre il meglio/peggio di sé ma la risolve secondo la sua idea. Ora mi sento la sua Elvira perché lei ha dato tantissimo a questo personaggio e la sua pazzia in quest’opera è la mia preferita in assoluto spero di non rimanerci troppo male XD
La odierna Gruberova sarebbe da pensinamento, per aver oltrepassato i limiti temporali di carriera, ma,ma,ma considerato lo scarso appeal del canto di coloratura di altre pseudo soprano, tra cui la insopportabile voce della Cecilia Bartoli coi suoi lagnosi piagnistei di vetero sopranino
che si atteggia a soprano con mille amplificatori connessi, si è costretti ad ammettere che “era dessa” la buone interprete di Donizetti accanto alla sempre brillante Luciana Serra, e a qualche altra vocalista tipo la Lucia Aliberti. In attesa di qualche miracolo della natura, dico: viva la Editha.prosit
Non so che dire, non mi sono mai espresso sulla Gruberova ma stavolta voglio testimoniare che non mi è mai capitato, in tanti anni di frequentazione teatrale, ascoltare qualcuno di celebre che STONASSE come lei. Se a molti piace… contenti loro.
“non mi è mai capitato, in tanti anni di frequentazione teatrale, ascoltare qualcuno di celebre che STONASSE come lei”
A me sì: https://www.youtube.com/watch?v=ef0P2649Q6E
hai ragione ma quella li manco la consideravo!
inviterei Billy Budd a sua volta a fare esempi di cantanti settantenni ancora in carriera e dall’intonazione immacolata. Anche non particolarmente celebri
Mariella Devia.
La Gruberova stonava da matti già un decennio fa quando cantò Linda alla Scala…
Ops sono stato troppo buono era il 1998! quasi venti anni fa… dunque aveva circa cinquant’anni!
Mariella Devia =intonazione immacolata???
Anche no.
Mariella Devia ha la voce di una zanzara. Governare l’intonazione con quei volumi lì è sicuramente molto più facile. Detto questo penso siano entrambe cantanti straordinarie.
Mica lo prescrive il medico di cantare a 70 anni…
Billy: che la Gruberova stoni da qualche anno non è una novità, almeno lei lo fa dopo 30 anni di carriera, ma le attuali sopranicchie, lo fanno da subito, ci sarà almeno una differenza o no?
God bless Edita! Gli scettici facciano un rapido confronto con la recente pazzia di Lucia della signora Damrau… Verrebbe da chiedersi quale delle due voci dia più segni di anzianità… la Gruberova resta, con tutti i difetti del caso, un esempio di tecnica ed integrità vocale che le giovani leve si sognano (anche le più promettenti, aggiungerei… si vedano i sovracuti fissi e/o calanti delle 30enni attualmente in piena carriera e pompate a 360 gradi dalle varie agenzie).
Parole Sante!!!!
mi sembra una rsposta ragionevole.
Il medico non prescrive di cantare a nessuna età.