Mentre la politica culturale nostrana si copre nuovamente di ridicolo con il maccheronico portale del Mibac, quel “VERYBELLO” che pare uscito da un film di Sordi e che – tra le molte “perle” – reclamizza alla Scala l’Otello di Verdi al posto di quello di Rossini (che viene però citato nelle note con l’imperdonabile strafalcione nel definirlo “la prima opera di Rossini scritta per Napoli”), sono stati resi pubblici i criteri a cui il ministero si atterrà nella distribuzione del FUS alle 14 fondazioni lirico-sinfoniche riconosciute. Se non si trattasse di soldi pubblici ci sarebbe solo da ridere: purtroppo, invece, c’è da piangere o da incazzarsi. Per riordinare, per l’ennesima volta, la materia, il Mibac ricorre al consueto feticcio della “meritocrazia” declinata all’italiana, ossia un comodo passpartout per dare una presentabilità apparente allo stesso malaffare di prima che così appare ancor più scandaloso. Quattro sono i criteri guida: la virtuosità dell’amministrazione, ergo il raggiungimento del pareggio di bilancio (che, incredibilmente ma non troppo, vale appena il 5% del totale elargito); la produttività (50%); la capacità di reperire fondi alternativi (20%); la qualità (che da sola vale il 25 % ossia circa 44 milioni di euro). Mentre i primi due criteri sono matematici e difficilmente eludibili, è negli ultimi due che si esprime al meglio la sopraffina arte italica del “magna magna”. Infatti con una mossa sconcertante, ai limiti della truffa per ogni paese civile, per “capacità nel reperire finanziamenti alternativi” si includono non solo gli sponsor privati (come sarebbe logico e giusto), ma anche i contributi che provengono da comune, provincia e regione, come se fossero enti diversi dallo stato centrale e quindi formalmente non confliggenti col criterio (peccato che si tratti comunque di soldi pubblici)!!! In questo modo si arriva all’assurdità di veder premiate realtà disastrose che non sono riuscite ad attirare neppure un centesimo privato, ma che – invece – hanno ciucciato come idrovore dalle casse comunali, provinciali o regionali: è il caso dell’Opera di Roma, che si ritrova così premiata con più di 3 milioni di euro per…avere intascato soldi pubblici, ossia prelevati dalle tasche dei cittadini. Il criterio più sorprendente tuttavia è quello qualitativo, dove si arriva alla farsa di mala fede: qui su una scala di 150 punti una “qualificatissima” commissione ministeriale stabilisce i punteggi raggiunti da ciascuna delle 14 fondazioni lirico- sinfoniche. A parte l’impossibilità di reperire criteri oggettivi che certifichino la qualità (solo in Italia – per una bizzarra interpretazione della meritocrazia – si legano i risultati concreti alla valutazione soggettiva…ma è un difetto nazionale quello di inserire criteri fumosi nella distribuzione di denari: si sa che più c’è fumo più l’arrosto che si spartisce sottobanco è invisibile), si dovrebbe comunque avere il buon senso di nominare una commissione di indiscutibile eccellenza: si dovrebbe…e invece? Invece vediamo che la composizione della stessa è quanto meno discutibile: due burocrati, una compositrice di nessuna fama, un insegnante di un Istituto Musicale Parificato di Caltanissetta e l’amministratore delegato di un auditorium della capitale nella cui programmazione si segnalano i concerti di Marco Masini, Valerio Scanu, Giovanni Allevi, tale Lodovica Comello e spettacoli di comici targati RAI. Questi illustri sconosciuti dunque hanno stilato, in base a chissà quali criteri e competenze, la classifica qualitativa delle fondazioni musicali italiane, che riporto senza ulteriori commenti, perché basta la mera lettura per ridere, piangere e, appunto, incazzarsi.
- Teatro alla Scala: 150 punti
- Opera di Roma: 136 punti
- Teatro del Maggio Musicale Fiorentino: 108 punti
- Teatro Massimo di Palermo: 62 punti
- Teatro Comunale di Bologna: 55 punti
- Accademia di Santa Cecilia: 40 punti
- Teatro Verdi di Trieste: 37 punti
- Teatro Petruzzelli di Bari: 34 punti
- Teatro San Carlo di Napoli: 27 punti
- Arena di Verona: 24 punti
- Teatro Regio di Torino: 18 punti
- Teatro Carlo Felice di Genova: 15 punti
- Teatro della Fenice di Venezia: 10 punti
- Teatro Lirico di Cagliari: 7 punti
Ci voleva il Mibac, dunque, per farci credere che l’Opera di Roma sia il secondo teatro d’Italia per qualità e la Fenice il penultimo. Un teatro ostaggio del sindacalismo più ottuso, di una amministrazione legata a doppio filo con la politica più politicante (e che negli ultimi anni ha accumulato debiti e sprechi) e di una dirigenza che solo qualche mese fa ha licenziato l’orchestra, ma si è intascata i ricchi bonus (taccio sulla programmazione stracafona) risulta migliore di altre realtà infinitamente più meritevoli. O che il nuovo teatro fiorentino (costosissima cattedrale nel deserto in cui si vede malissimo e versa in stato di crisi profonda) se ne stia al terzo posto e il Regio di Torino quartultimo! Non ci sono parole. Seguiranno le informazioni circa l’allegra spartizione dei fondi destinati alle altre realtà musicali del paese che, immagino, regaleranno altre impagabili occasioni di risate, pianti e incazzature.
L’ascolto:
teatro regio di Torino 18 punti ? ah ah ah …c’è solo da ridere d’altronte siamo un paese impazzito,in tutti i campi,gente condannata all’ergastolo per aver massacrato una ragazza,liberi perche la cassazione ha detto che c’è un “conflitto territoriale” l’altro che ha ammazzato una con un pugno dopo 4 anni gia libero,un altro pirata ha investito e ammazzato,è gia a casa,le nostre pensioni in poche ore bloccate,e gente che deve lavorare in meno di un ora per anni ancora,senza contare quelli si trovano nel limbo degli esodati,mentre i lor signori onorevoli l’altro giorno hanno detto no a farsi toccare le loro pensioni,privilegi,e vitalizi,quindi come si fa a meravigliarsi se in questo pazzo paese,della gente ” competente di nulla ” declassa il Regio di Torino agli ultimo posti …povera italietta…
Peccato che in commissione non ci sia Scalfari con i suoi quartetti chopiniani e la grosse fugue bachiana…
l’ennesima italica pagliacciata dove si sa bene in anticipo quale debba essere il risultato. Vergogna è la sola parola congrua!
Dopo questa, che sottoscrivo in pieno, se fossi Noseda andrei a lavorare all’estero.