In memoria della shoah : Alexander Kipnis

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Anche quest’anno ricordiamo l’olocausto, non già con un cantante che, come Otilie Mentzger, pagò con la vita la propria fede religiosa, ma con Alexander Kipnis la cui vita e carriera portarono il segno dell’essere di religione ebraica. La vicenda di Kipnis fuggitivo per tutta la vita l’abbiamo già altre volte ricordata, oggi di questo straordinario cantante ed interprete (uno dei più completi liederisti che la storia del disco testimoni) ricordiamo con l’aria di Brogni (che è per paradosso è persecutore di una creduta ebrea poi sua figlia) l’arte. Buon ascolto e buone riflessioni anche con il paradosso del personaggio cui per finzione scenica Kipnis deve dare voce.

10 pensieri su “In memoria della shoah : Alexander Kipnis

        • Detesto le polemiche, ma questa mi sembra utile. “Manco fossimo in un kibbutz” è uno dei commenti meno intelligenti (diciamo così) che mi sia capitato di leggere in questo blog. L’argomento era, mi pare: celebriamo il 27 gennaio ricordando i cantanti ebrei che hanno subito, direttamente (come Schmidt) o indirettamente (come, credo, Kipnis) una persecuzione legata al loro ebraismo. Risposta di uno di voi: ci sono così tanti cantanti ebrei che rispondono a questi requisiti, che si potrebbe andare avanti fino al 2080 (immagino fosse un’esagerazione, no?). Ho solo commentato, anche se non vivo in un kibbutz, che sarebbe bene farlo- se non fino al 2080, almeno per quanto sarà necessario- per ricordare persone che, come moltissime altre ma con la caratteristica ulteriore si svolgere un’attività che si presume d’interesse per questo blog, sono state vittime più o meno dirette di discriminazione e odio antiebraico. Si può non amare il 27 gennaio come celebrazione (ma io continuo a preferirlo all’immacolata concezione dell’8 dicembre, per esempio), e si possono anche non amare i kibbutz (ma forse anche qualcos’altro, di cui il kibbutz sarebbe- se capisco bene- una sorta di pars pro toto). Rimane che la risposta del signor Duprez è sgradevole (questa è una litote, figura retorica dell’attenuazione). Siccome mi aspetto da questo blog (l’unico che frequento, data una lontana e ormai molto trascurata passione per l’opera) che sia possibile leggerlo senza incorrere in battute di gusto antisemita, vedrò di rinunciarci. Mi dispiace un po’, ma insomma: è meglio essere chiari.

          • stai pur tranquilla che personalmente ritengo altrettanto doveroso celebrare magari con qualche cantanti il cui cognome termina in -ian anche l’eccidio degli armeni. Quello degli Ebrei è uno degli eccidi. Chiaro per tutti! e credo che sia il caso di sapere anche apprezzare l’iperbole di una battuta!

          • Fai come ritieni: non ritiro una parola né mi “scuso”. Mi limito a suggerire una maggiore ironia…in ogni cosa.

          • siccome non replichi per discutere ma per far polemica ti preciso che le mie feste possono essere l’8/XII, il 13/V, l’11/II e il 15/VIII ciò non di meno non troverei niente da ridire e di irrispettoso se qualcuno commentasse questo mio enunciato con “sembra di stare in un Carmelo” ! penserei solo che è diverso da me che non ha Fede, che non si riconosce nei dogmi della chiesa cattolica e poi continuerei a leggerlo se parla di cucina, di melodramma, di letteratura. L’aderire acriticamente a certe idee non la battuta (Kibbuz o Carmelo che sia) denotano scarsa ironia scarso senso del cogliere l’ironia. Quanto poi al 2080 non era affatto una battuta ti basterebbe leggere un libro “le voco di David” ( mi pare sia il titolo e ti accorgeresti , partendo da Irene Abendroth che la data non è affatto ipotetica.
            Quanto ad Joseph Schmidt devo smentirti non fu affatto una vittima diretta della persecuzione agli Ebrei, perché morì in un campo di internamento svizzero per un attacco di cuore. Delle due o anche la confederazione Elvetica contribuì alla Shoah o il nostro a differenza di Otilie Mentzger non è vittima della Shoah. Se Ezio Pinza, che subì alla fine della guerra l’internamento in un campo americano in un momento in cui italiano = fascista lì fosse morto per un attacco di cuore avresti titolo per dirlo vittima dell’imperialismo americano e pretenderne un monumento sulla piazza Rossa!!!!!

          • Non ho capito perché se la prende Donzelli, con il quale non ho polemizzato (ma se vuole…). La faccenda di Ezio Pinza si commenta da sola, così come l’idea che sarei pronta a pretenderne un monumento sulla Piazza Rossa. Ragazzi, voi l’ironia non sapete nemmeno dove sta di casa. Speriamo sia la giovinezza. Ciao.

  1. Mi ero ripromesso di non intervenire più perché di fronte al cipiglio serioso con cui ti sei scagliata contro una battuta – con il copione solito dell’accusa di antisemitismo (ormai buona per ogni occasione: è antisemita chi “osa” criticare un direttore d’orchestra d’origine israeliana; è antisemita chi si permette di muovere qualche osservazione alla macelleria fatta da Israele a Gaza qualche mese fa etc…) – non val la pena replicare. Però l’intervento di Donzelli mi invoglia a proseguire: ricordo – durante gli anni di liceo – una sorta di incontro con un attore/regista che parlava della teatralizzazione dei dialoghi di Platone, nell’occasione non so come si finì a parlare di Wagner. A quel punto una ragazza si alza e dopo un pippotto sul fatto che fosse vergognoso che in una scuola pubblica si parlasse dell’antisemita Wagner, ha iniziato a sciorinare le consuete novene sulle persecuzioni e dopo aver terminato la predica si è alzata ed è uscita perché riteneva che non ci potesse essere dialogo con un fautore dell’antisemitismo (la cui colpa era solo aver detto che gli piaceva la musica di Wagner). Ecco, mi sembra la stessa cosa. Il riflesso pavloviano con cui sei scattata di fronte ad una battuta di spirito è sintomatico, come sintomatica è l’indignazione a senso unico. Chissà che penserai del fatto che il 27 gennaio mi sono ascoltato un bel disco di Furtwaengler…e pure con musiche di Wagner.

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