Schubert: le sonate per pianoforte – parte IV

Sonata No. 21 in si bemolle maggiore, D 960 –  Sviatolslav Richter:

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Sonata No. 20 in la maggiore, D 959 – Wilhelm Kempff:

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Impromptus, D 935 – Maria Yudina:

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La grande sonata in la maggiore e la sonata in si bemolle maggiore costituiscono i due estremi capolavori dell’opera pianistica di Schubert: opere di poderosa concezione che portano il pianoforte a superare i limiti fisici dello strumento per divenire orchestra nella ricchezza di timbri, suggestioni, melodie, contrappunti. In esse Schubert racchiude la summa del suo pensiero musicale, delle delusioni e delle gioie della sua breve esistenza, in uno sguardo disilluso, amaro, tragico, ma anche distaccato e per certi versi sereno (di una serenità rassegnata) nel mito dell’eroe romantico. Sonate dense come poemi sinfonici e pregnanti di significato. Per questi capolavori la scelta non poteva che cadere sui massimi interpreti del pianoforte schubertiano: Sviatoslav Richter e Wilhelm Kempff. Senza aggiungere altre parole.

Infine chiudo questa modesta serie di omaggi a Schubert (e conforto agli avventurosi partecipanti all’ultimo “regalo” di Barenboim) non con un giovane interprete – e ce ne sono moltissimi, dal grande talento e dalla tecnica perfetta – ma con la poesia di Maria Yudina.

Buon ascolto!

schubert

6 pensieri su “Schubert: le sonate per pianoforte – parte IV

  1. Scusa Duprez,
    anche io ho ascoltato tutti i video che hai messo, tranne gli ultimi due. E mi fregava moltissimo, però non mi sento molto di commentare pagine pianistiche, perché ahimè non ho ancora trovato un corriere della grisi per il piano :)

    una domanda però, visto che hai stimolato la discussione: ho sentito che nella D960 Richter stacca un tempo relativamente lento, nel primo movimento, rispetto ad altre esecuzioni che ho ascoltato (anche se credo meno lento di quello staccato da Kissin, un pianista che seguo molto).
    Qualcuno sa se Schubert ha indicato qualcosa a riguardo nello spartito? E se lo avesse indicato, l’interprete è obbligato a rispettare l’indicazione dell’autore?
    Grazie.

    • Beh Aurelio, l’ultima che poni è proprio una domandina da niente, eh? :) Si saranno scritti tomi sull’argomento della ‘libertà’ dell’interprete, è davvero una questione sterminata…. Diciamo comunque che, preliminarmente alle ‘scelte interpretative’, in generale si ritiene opportuno cercare di capire più profondamente possibile le indicazioni del compositore. In questo caso Schubert non ha dato un’indicazione di metronomo, se è quello che chiedi (e comunque i metronomi dell’epoca pare non fossero affidabilissimi). Schubert prescrivè “Molto moderato” che è in realtà un’indacazione di movimento molto poco frequente e dunque non chiarissimamente inquadrabile (si pensi però anche al primo tempo della D894, che ha ‘Molto moderato e cantabile’). Richter comunque accelera sensibilmente la pulsazione nel corso del brano, vedi il secondo tema a 4’13”.

      • Infatti: argomento vasto. Troppo vasto. Nello specifico non esistono indicazioni da prendere come vangelo: spetta all’interprete comunicare ciò che legge nella musica di Schubert partendo certamente dal testo scritto. Se pure ci fosse indicato un metronomo non sarebbe di certo vincolante (piuttosto avrebbe una rilevanza storica utilissima per farci rivedere le tante certezze che abbiamo circa luoghi divenuti comuni). Credo che i limiti dell’interpretazione (intesi come confini) vadano individuati nel rispetto dell’integrità testuale e rapportati al determinato periodo storico (tutto va storicizzato, perché è l’unico approccio corretto).

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