Nel weekend che prevede la grande abbuffata mediatica in salsa ambrosiana, quest’anno dedicata a Fidelio, anche la rubrica degli ascolti comparati non poteva che essere consacrata al compositore di Bonn. Qualche tempo fa un utente di Youtube, un benemerito (per alcuni, ad esempio chi scrive; per altri, un emissario del demonio o poco meno) che ha proposto in video molte significative incisioni liriche, tra cui alcuni autentici capisaldi della discografia, ha pubblicato la scena e aria per soprano “Ah perfido” nella monumentale realizzazione di Frida Leider. La didascalia a corredo del video recitava “Frida Leider esegue un’aria del Fidelio di Beethoven”. Il refuso è stato da altri prontamente segnalato e corretto dall’interessato. La circostanza ci ha indotto a riflettere che la Leider, celeberrima Leonore (da ricordare almeno la produzione berlinese del 1923, affidata a una bacchetta in rapida ascesa: Erich Kleiber), avrebbe in effetti potuto proporre l’aria in questione nel primo atto di Fidelio, quale numero alternativo in luogo della canonica “Abscheulicher… Komm, Hoffnung”, previa traduzione/adattamento in tedesco del testo metastasiano. Tanto nell’aria di Leonore quanto in questo brano da concerto il compositore ha ben presente lo stile italiano, come dimostrano l’impiego sistematico della coloratura e l’alternanza dei registri vocali in funzione drammatica, nonché la struttura della grande scena da opera seria, aperta da un recitativo a piena orchestra e composta da un cantabile in adagio e da una sezione conclusiva più mossa. È, per inciso, lo stesso schema che si ritrova nei capolavori della maturità mozartiana, su tutti l’aria della Contessa d’Almaviva, il rondò di Donna Anna e gli assoli di Fiordiligi. Niente di più ovvio e scontato, quindi, che proporre le esecuzioni di due soprani, entrambi di solida fama e cospicua carriera, che propongono approcci radicalmente diversi e anzi diametralmente opposti al canto mozartiano, o per meglio dire al canto tout court. Cristina Deutekom, all’epoca della registrazione già oltre la cinquantina e dedita ai più onerosi titoli verdiani, sfoggia grande facilità in tutta la gamma; alle prese con una scrittura centraleggiante (la pagina è da sempre uno dei must concertistici tanto dei mezzosoprani acuti, alla Stignani per intenderci, quanto dei soprani lirici) riesce a essere di volta in volta imperiosa (si ascolti ad esempio il recitativo, cantato con voce robusta ma non artificiosamente ispessita od oscurata, bensì sempre galleggiante sul fiato) ed accorata (magistrale la sezione cantabile, staccata a un tempo anche più lento di quanto previsto in partitura e affrontata con voce sempre duttile, attenta alle richieste del testo musicale non meno che di quello poetico). Solo nella parte conclusiva dell’aria, alle scale discendenti sulle parole “se in tanto affanno non son degna di pietà” si ascolta quella coloratura un poco aspirata, per la quale la Deutekom è stata ampiamente sbertucciata da certa critica. La stessa che oggi non apre bocca, o magari la apre per proferire sciropposi encomi, su quanto proposto da cantanti come Simone Kermes, stella del “modus operandi” baroccaro applicato a Vivaldi, Haendel, Mozart, Beethoven, Verdi e prossimamente, chissà, magari Richard Strauss e Puccini. Con voce da soubrette senza acuti, prodiga di sospiri e lazzi assortiti (sebbene non così abbondanti come in altre “magistrali” esecuzioni), piani in difetto di appoggio e quindi di volta in volta ballanti e fischianti, suoni al confine del parlato nei momenti di maggiore concitazione, sistematici stonacchiamenti nell’ottava centrale (quella su cui la pagina massimamente insiste), la Kermes trasforma la grandiosa scena beethoveniana nella sua parodia involontaria, assecondata in questo da un’orchestra che sembra composta da strumenti giocattolo e da un direttore che crede verosimilmente di essere alle prese con una parte di mezzo carattere o addirittura farsesca. Una simile esecuzione andrebbe chiosata battuta dopo battuta, perché quasi in ogni punto si possono trovare travisamenti del dettato dell’autore e/o insufficiente e non professionale realizzazione dello stesso. Meglio, in questi casi (davvero estremi), lasciare spazio all’ascolto diretto. Ai lettori giudicare se il canto mozartiano, cui questa scena si può ricondurre, debba necessariamente essere oggetto di simili operazioni di “ripensamento” e “alleggerimento”, con conseguente damnatio memoriae di un passato non certo remoto, fulgidamente evocato dal canto della Deutekom, o se non sia piuttosto preferibile cercare di percorrere altre strade, meno velleitarie e truffaldine, per onorare al meglio questa musica.
8 pensieri su “Ascolti comparati beethoveniani: “Ah perfido!” op. 65. Simone Kermes vs. Cristina Deutekom.”
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Ah, perfidi!
(il sito mi redarguisce causa commento troppo breve, ma a parte la chiosa non c’è nulla da aggiungere alla lettura e all’ascolto!)
Ascoltare la Kermes provoca l’effetto che si ha quando si mangia un caco ancora acerbo: un acidulo disgustoso che lega la bocca…
A volte le tue visioni mi sembrano eccessivamente progressiste per i miei gusti, ma qui ti devo rendere omaggio per la metafora, direi azzeccatissima.
Tamburini, ti piace vincere facile eh? 😀
Ehh ma insomma, quella Kermes li’ che roba che e’,
vien voglia di caricarla da dietro come la bambola
Olympia, ma che orrore, non c’e’ un suono a posto.
Vergognosa.
Mi parrebbe ingiusto verso i cani dire che la Kernes canta come un cane, perchè i cani cantano meglio. Forse il paragone più adatto è con una sega da legna male affilata che cerca di tagliare una lastra di vetro mentre si striscia un gessetto su una lavagna…. Non so decidere se il suo “canto” (!!!) abbia maggiori proprietà emetiche o lassative. Forse (ma forse no) sarebbe piaciuta a Luigi Russolo come “Intonarumori naturale”. Magari sarebbe piaciuta a Stockhausen… Recentemente su RAI 3 si è potuto ascoltare la sua “particolarissima” Fiordiligi ne “Le perle nere” de “La barcaccia”. I commenti dei conduttori erano in linea con quelli di Tamburini e di tutti noi che abbiamo provato ad ascoltarla (io dopo pochi minuti ho smesso, non ce la facevo più). Uno strazio. Un vero Beethovenicidio. E pensare che nella stessa pagine di youtube ci sono i link alle interpretazioni delle signore Leider, Callas, Schwarzkopf, Steber, Farrel, Roman etc. etc. etc. Impressionante, soprattutto al confronto con la latrante mugghiante stridente gracchiante Kernes, l’interpretazione (giusta) della sinora a me sconosciuta Clara Ebers diretta da Keilberth, sotto la cui bacchetta si sente la vera orchesta beethoveniana, invece che i suonacci striduli che fanno il paio con quella della raspa vetrosa. infine, un’idea perversa per qualche perverso regista tedesco à la page (magari l’hanno già fatto…): affidare “Ah perfido” ad un controtenore (che ora vanno tanto di moda), vestendolo come Albin ne “La cage aux folles”.
Credo che pure il peggior controtenore canterebbe meglio della Kermes…
Non stento a crederlo.