Sorella radio: Otello a Torino

sorella radioAvevamo chiuso la recensione sulla Forza del destino parmigiana lamentando come la presenza di una valida bacchetta non bastasse per tener in piedi titoli come Forza in assenza totale o quasi di cantanti decenti.

L’opinione è ancor più confermata dall’ascolto dell’Otello che è il titolo operistico inaugurale di Torino, dove anche la bacchetta Gianandrea Noseda, uno dei migliori italiani del momento  ben più famoso ed anche più esperto rispetto al giovane Bignamini  non ha fatto centro.

Chiariamoci l’orchestra suona bene e pure il coro canta, credo che anche da un riascolto attento e meticoloso non si potrebbero, salvo un’eccezione che andrò a rilevare,  sentire scollamenti fra palco e buca, ottoni spernacchiati e nequizie cui da tempo siamo avvezzi. Una partitura come Otello, però, non si accontenta  di questo e non vi basta il ritmo pulsante che Noseda aveva impresso all’Aida scaligera, in assenza o quasi di idonee voci.

Prendiamo la tempesta che dà inizio all’opera, era pesante e troppo veloce, il coro “Fuoco di gioja”, che i direttori amano perché mette alla frusta le qualità direttoriali e delle masse corali  lento e spento e siccome vi abbondano, grazie a Boito, onomatopea ed il richiamo al fuoco, niente affatto scoppiettante, ancora al secondo atto la scena di Jago Cassio Otello con il coro interno accompagnato dai mandolini, che cantano a Desdemona, era pesante non rendeva certo l’idea del brano di colore sul quale si aggiungevano le trame di Jago. Dall’ascolto radiofonico si è avuta l’impressione che qualche cosa non girasse (aggiungo pessimo il coro di voci bianche in epoca di inciviltà pre Illuminista nessuno li avrebbe proposti per farne dei musici, preferendoli come padri di famiglia), arrivati alla chiusa dell’atto “si pel ciel” c’era solo l’orchestra e questo non è un limite della bacchetta, che, invece, è apparsa pesante e piatta al grande concertato del terzo atto, passo prolisso e, quindi, difficilissimo per la concomitanza di trenodia di Desdemona, canto di Cassio, dialogo di Otello e Jago e coro. Il  tutto è risultato pesante e piatto. All’incipit del quarto atto quando Verdi descrive la camera di Desdemona ed il clima di imminente, cupa tragedia non è stato reso, di nuovo piattezza e monotonia. Insomma l’impressione è stato che il direttore abbia  mancato certi topici del titolo per il quale tenuta di orchestra e palcoscenico, qualità dell’orchestra e del coro non bastano. Precisiamo, poi, che questi ed altri limiti si sarebbero potuti occultare o  superare se la compagnia di canto non fosse stata inadeguata.

Che Gregory Kunde come Otello sia inadeguato non è la sola anagrafe a dirlo, ma la qualità della voce e  le caretteristiche del cantante. Tutti gli attacchi che siano nella zona medio alta risuonano afonoidi e faticosi, inesistenti i tentativi di smorzare come al duetto d’amore o al monologo “Dio mi potevi scagliar” portato a termine con evidente fatica. Il cantante, incapace di legare per i limiti dell’ età se la cava dove deve declamare, ma qui inficiano la prestazione i limiti naturali del mezzo che è quello di un tenore lirico.

Peggio ancora Jago affidato ad Ambrogio Maestri, che la parlato, parlottato emesso suoni dissimili dal canto professionale negli acuti del brindisi ed è incorso nei cacchinni di tradizione al sogno cantato senza ironia, senza  il dire e non dire che del traditore sono la sigla. Il fatto che passi, ma non sia un buon Falstaff, e che il  “pancione” ed Jago siano stati pensati per lo stesso cantante (Maurel) e cantati spesso dallo stesso baritono (Antonio Scotti e, soprattutto l’acetilsalicilico Mariano Stabile) non autorizza Maestri e chi lo accompagna ad applicare ad Jago i vezzi della cattiva esecuzione di Falstaff.

Per il sistema del confronto offro un tris di Jago dove a quello di gran voce Amato, come sarebbe Maestri se sapesse cantare a Mariano Stabile, irripetibile Jago e Falstaff.

Da ultimo Erika Grimaldi, voce da Adina che crede, lei e chi le offre certe parti, di poter provare a cantare le parti che famose Adine (Freni e Scotto)  hanno affrontato ad altra età e con ben altre qualità vocali e tecniche. Che Desdemona sia per lei troppo grande lo si capisce dal duetto dove manca di espansione e cavata e quindi non può né alleggerire né assottigliare  la voce, pena l’inudibilità. Identico inconveniente si appalesa nella scena “Dio ti giocondi o sposo” e nel concertato dove la cantante suona monotona e monocorde perché deve farsi sentire. Modestissima e, soprattutto inespressiva la canzone del salice, dove né cantante né direttore hanno colto gli echi orientaleggianti del canto ed anche l’ “Ave Maria” compitata. Una Desdemona quanto meno agnostica per non dire atea stando al canto.

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20 pensieri su “Sorella radio: Otello a Torino

  1. Caro Donzelli, ho ascoltato anche io la “sorella radio” per l’Otello torinese, e concordo con i tuoi giudizi, anzi, sei stato generoso a non citare i numerosi difetti d’intonazione dei tre principali protagonisti ( forse anche per questo la Grimaldi non e’ stata applaudita dopo l’Ave Maria). Ma cio’ che mi causa “perplexitate(m)” e’ questa mania, da parte di vari teatri, di allestire otelli, con interpreti, appunto, quali Kunde o Alagna.Il risultato finale e’ una completa destrutturazione dell’opera e dei suoi personaggi : Jago e’ “fuori prete e dentro demone” o un essere con sidrome bipolare o che altro ? con Maestri e’ un oste che finge di essere cattivo, Desdemona , adolescente sprovveduta o coraggiosa donna che va controcorrente o che ? con la Grimaldi una insignificante e poco udibile Musetta. Otello, infine , da Martinelli a Vinay, a Del Monaco a Vickers, e mettiamoci pure Domingo che lo ha cantato piu’ di 150 volte,tutti hanno cercato di dare una interpretazione del personaggio, (sarebbe troppo lungo entrare in merito, anche se interessante), ma Kunde semplicemente non e’ Otello.
    Insomma, mi pare che con Otello stia accadendo quello che e’ accaduto con certi gruppi extraparlamentari : dopo Marx-Engels-Lenin-Mao Tse Tung, si sono ritrovati Bertinotti, e noi Kunde

    • Non concordo in niente ! Al li là dell’allestimento e dei costumi senza senso, si è trattato di un cast più che decoroso . Interpreti all’altezza sia vocalmente che scenicamente! Una certa vocalità non esiste più, bisogna farsene una ragione ed ascoltare con orecchio diverso. L’alternativa è quella di starsene a casa ad ascoltare un cd con Del Monaco e la Tebaldi!

      • caro alex ci sono esigenze e regole minimali di canto cui non si può venire meno. Ti esemplifico. Renata Tebaldi disponeva di voce ricca e sontuosa e la sua Desdemona può essere ritenuta un modello, ma se prendo la Desdemona di Maria Chiara, Mirella Freni ed anche una Kabaiwanska, voce in natura modesta, ascolto un canto professionale, che consente idee interpretative, rispetto dello spartito ad onta di un mezzo che non è quello della Tebaldi. Negli ascolti un po’ per scelta un po’ per caso ci sono tre Jago. Mariano Stabile, che fu Jago per antonomasia rispetto agli altri due non ha voce o ne ha di modesta per qualità naturali eppure siccome canta da grande professionista riesce ad essere Jago. Nel cast torinese un cantante di dote non indifferente come Maestri non è nulla perché non sa cantare e quanto a dote se Stabile avesse avuto quella di Maestri Rigoletto e conte di Luna sarebbero state le sue parti mica Jago, Falstaff e Scarpia.

      • caro Alex, due domande. ma tu quanti e quali otelli conosci e hai visto dal vivo, ossia di che generazione sei? la seconda, una cosa è ben fatta sollo perchè nessuno la sa fare bene o perchè è in sè per sè ben fatta?….perchè a me il fatto che non ci sia più nessuno che, in caso di otello, sa cantare questa opera come dio comanda, non mi cambia le orecchie e la sensibilità di ascolto. Se, ad esempio, Maestri sbragia orrendamente, il fatto che nessuno sappia più cantare Jago, non me lo fa sentire meno sbragione. sarà perchè nella mia mente cosa sia Otello,come si canti e come vada diretto, è ancora chiaro. e quel cast nella più parte della serata mi è parto fortemente estraneo ed inadeguato a quello che sotto quel tipo di “canto” ancora ti arriva di VERDI. VERDI, che ha scritto una cosa ben precisa, che si può eseguire in tanti modi, ma che CONTINUA ANCHE IN QUESTO TEMPO MAGRO a richiedere, a pretendere e a meritare che si eseguano le cose in un certo modo sennò….non é nè Otello, né Verdi. Si possono accettare certe cose solo a patto di dimenticare l’autore, cosa sia il fraseggio che richiede, l’emissione che occorre per dar voce alla musica scritta, il clima che incornicia questo dramma sheakespeariano in chiave ottocentesca….dire che meglio non si può non è parametro qualitativo,o giudizio di qualità, o positività di giudizio. e’ constatazione di un dato oggettivo su cui, personalmente , non sono in toto d’accordo ( solo Kunde calza al tuo discorso, gli altri no). la frasetta finale fa sorridere…non è una riflessione fondata sulle cose, solo un piccolo slogan da strada in cui risiede però la vera ragione per cui oggi nessuno sa più cantare. E’ grazie a questa incapacità di ragionare e valutare le cose nel merito, nel loro valore intrinseco e specifico, che siamo arrivati a questo stato del canto…come di molta parte di ciò che abbiamo intorno del resto. Ciò che è buono non è buono perchè vale davvero, ma perchè qualcuno te lo impone, qualcuno te lo sponsorizza, qualcuno te lo incensa, ma non perchè vale davvero. insomma, mai per vero giudizio NEL MERITO DELLE COSE. E’ il nostro tempo del resto…e i risultati si vedono! ciao

        • Gent.mo Donzelli, la tua profonda conoscenza del “bel canto” è nota ma un conto è “capire” ( e tu ne capisci sicuramente più di me) ed un conto è ” sentire” , nel senso di provare emozioni. Evidentemente tu non riesci più ad emozionarti a Teatro. Ergo, pur essendo anch’io un pò indottrinato riguardo alla tecnica vocale ( non al tuo livello s’intende), pur tuttavia non ho perso la capacità di provare emozioni nei confronti di un decoroso spettacolo dal vivo. Del resto, permettimi, ma se fossero così inadeguati, Noseda li farebbe cantare? D’accordo le motivazioni economiche, ma non penso che avvallerebbe operazioni troppo scadenti…con stima.
          alex

          • Grazie dello spunto di riflessione, ovvero sull’emozione. E su questo mi hai dato lo spunto per alcune riflessioni per i venerdì di novembre. Quanto ai direttori d’orchestra da stagionato frequentatore di teatro posso assicurarti che di canto capiscono niente, ma proprio GNENTE!!!

        • Cara Giulia Grisi, ho ascoltato abbastanza recite di Otello per poter esprimere un giudizio con cognizione di causa, avendo superato la cinquantina. Ne ho ascoltati di migliori certo, ciò non toglie che riesco anche ad apprezzare la vocalità odierna . Noi del passato ricordiamo solo i migliori ma ti ricordo anche le cosiddette “spedizioni punitive” che , anche cantanti noti del passato, facevano in certi teatri di provincia. Inoltre nei favolosi, per certi aspetti, anni 50 e 60, i divi del bel canto spesso dettavano legge , i Maestri tagliavano a tutto spiano e le opere non venivano eseguite in lingua originale. Io cerco solo di cogliere ciò che di positivo esiste ancor oggi. Un orecchio al passato, ma uno anche al presente! Ma dai…almeno ti ho strappato un sorriso! Ciao.

          • Alex, ciao. Mi ricordi le spedizioni punitive mentre mi parli del meglio presente ?…..eh eh, no, non si fa cosi, non vale ! A presto

          • Alex, ciao. Mi ricordi le spedizioni punitive mentre mi parli del meglio presente ?…..eh eh, no, non si fa cosi, non vale ! A presto

  2. Fernando Corena dopo il mio commento sulla Forza rimarca che si farà una ragione se io non frequento più i teatri, io invece dopo l’ascolto dell’Otello (seppur radiofonico) mi confermo in tal scelta.
    Alla Scala udiì il Kleiber esporre un suo Otello con Domingo e Freni e Cappuccilli (inizialmente era Bruson) e seppure molti l’han definito un otello in 12° io trovai buona l’esecuzione (quella con Bruson) In quel tempo Domingo non si palesava come il cantatutto di oggidì la Freni era ottima, e superba la prestazione di Bruson (insinuante e cinico quanto occorre) L’allestimento non voleva far intendere al pubblico che l’opera fosse uno scontro di civiltà tra cristianesimo e altre civiltà o porcherie varie (intellettualmente molto assecondate etc.)
    Ahimè il tempo passa e dell’otello di Verdi si ode una sorta di Verdicchio irrancidito, nulla viene aggiunto alla storia, anzi gli interpreti peggiorano e le finezze orchestrali e vocali si appiattiscono
    in una sorta di deserto in terra, che mi sia consentito di dire non mi piace più e mi toglie quella residua simpatia verso il canto che aveva allietato gran parte della mia vita.

  3. si la Grimaldi come avevo commentato in chat all’inizio dell’opera non la vedevo adatta come Desdemona,un po mi sono ricreduto,a metà opera,ma alla fine con la canzone del salice,e Ave Maria ho avuto conferma che è inadeguata,e non acerba per questo,ruolo,però è una cantante che qui al Regio piace,a canta molto spesso,riguardo a Noseda sarà bravo quando si vuole,ma certe direzione lasciano perplessi,ammesso che abbia avuto un cast adeguato ( ma almeno è capace a sceglierlo,visto che ha preferito nel requiem la Grimaldi alla titolare cinese ?) la sua direzione non sarebbe cambiata molto,forse era meglio per lui,e per le sue ambizioni invece di rimanere di andarsene a cercare altri lidi..penso che il suo ciclo propulsivo al Regio sia terminato,adesso inizia a vivere di rendità,e il Regio tornare alla mediocrità.

  4. Avendo frequentato con una certa costanza il Regio negli ultimi 6-7 anni, devo deplorare anch’io in generale la qualità delle voci bianche. Ricordo esiti satanici soprattutto nel Tannhauser diretto da Bychkov: la scelta, di per sé non peregrina, di aggiungere il coro di bambini per i giovani pellegrini (mi pare l’ abbia fatto anche Solti in disco-ma erano i Wiener Saengerknaben, o qualche altra compagine inappuntabile) fece somigliare le prime frasi del coro finale a uno spot Lelly Kelly: forse dipende, più che dalla qualità effettiva degli elementi, dalla nefasta preponderanza delle bambine rispetto ai bambini.

  5. Ho sentito l’Otello in teatro domenica scorsa ed ora posso dire la mia. Concordo con Donzelli su molti aspetti. Orchestra e coro di buona qualità, coro di voci bianche perfettibile. La direzione di Noseda non mi è dispiaciuta. La messa in scena non mi ha entusiasmato, ma almeno il regista ci ha dato sostanzialmente l’Otello, con una certa fedeltà al libretto che in Germania sarebbe parsa strana, e non l’insieme delle sue paturnie. Mi sono parsi inutili i movimenti mimici al primo atto e poco comprensibile la mise delle ballerine in giarrettiera…
    Musicalmente parlando, nel complesso, l’edizione era decisamente migliore di quella che ho visto lo scorso anno a Piacenza.
    Kunde, nonostante i limiti evidenziati da Donzelli, mi è parso il migliore del cast: in primo luogo è un cantante che sa cantare, conosce la tecnica del canto meglio di tanti altri tizi che calcano oggi il palcoscenico ed ha un certo gusto. Neanche da paragonare con il pessimo Otello di Piacenza. Kunde – e questo la dice lunga sulla difficoltà odierna di trovare un cast decente per l’opera verdiana – mi è parso il migliore Otello che abbia sentito negli ultimi 10 anni. Kunde non appartiene certo, dal punto di vista vocale, al filone Merli – Del Monaco – Cossutta (ultimo grande Otello a Torino, nel 1981 con la direzione di Gavazzeni, dato che il Cura del 1997, pur di bel timbro scuro, era piuttosto discutibile…. della sua tecnica taciamo…), piuttosto, se mi si perdona il paragone, lo si potrebbe mettere nel filone di Otelli di timbro più chiaro, quali (per rifarci ai nostri numi tutelari) Viñas (cfr. l’ascolto proposto ieri sul sito) o Lauri Volpi.
    Non ho sentito la prima per radio, ma devo dire che domenica scorsa il tenore mi è sembrato molto migliore rispetto alla sua prestazione nel Requiem del 5 ottobre, pur non essendo un tenore “verdiano” o “da Otello” in senso stretto. In ogni caso l’«Esultate» era cantato meglio di come lo si sente di solito cantare adesso, meglio anche – se la memoria della trasmissione radiofonica non mi falla – di come era riuscito a Domingo nel 1987 alla prima dell’Otello scaligero del centenario. Kunde, poi, nonostante il volume non torrenziale, ha dimostrato uno squillo ed una facilità nell’acuto che oggi mi paiono merce rara.
    Concordo con Donzelli su Maestri: la voce c’è e sarebbe anche una voce importante, peccato che le insinuazioni continue in piano e pianissimo di cui è costruita la parte di Jago non ci sono. 10 anni fa a Torino Maestri era stato un ottimo Renato ne Un ballo in maschera, pieno di buone intenzioni interpretative, che dopo “Eri tu”, alla recita cui avevo assistito, era stato accolto da una vera caterva di meritati applausi. Proprio in forza di questo precedente, adesso la sua prestazione causa una certa delusione.
    La Grimaldi ha una bella voce, ma da soprano lirico leggero, adatta, quindi, a parti molto meno onerose; dovrebbe cantare Adina o Nannetta, non Desdemona.
    Decente, per la media attuale, il Cassio di Cordella.Dei tre bassi il migliore era quello che cantava l’araldo (!), il peggiore Montano, senza infamia e senza lode Lodovico.
    Da deplorare l’idiozia di una (fortunatamente) piccola parte del pubblico torinese che – forse credendo che l’inizio dell’abbassarsi del sipario sia una specie di segnale di starter – ha iniziato ad applaudire stupidamente (nonostante gli zittii) prima che fossero conclusi gli accordi orchestrali in pianissimo che concludono l’opera.

  6. Ho assistito alla recita del 23/10 col primo cast. Allestimento e costumi insignificanti, buona la direzione orchestrale ed il coro. Direi ad un livello più che decoroso tutto il cast, compreso la tanto criticata Grimaldi che non avrebbe la voce di Desdemona…A proposito, mi hanno informato che la Tebaldi e Del Monaco non ci sono più, forse non tutti se ne sono accorti visto che con l’età, inevitabilmente la vista e l’udito calano….

  7. Anch’io ho ascoltato dal vivo l’Otello e la Messa da Requiem.
    Kunde in effetti sta un gradino sopra i cantanti odierni quanto a tecnica (d’altronde cantava ruoli rossiniani in un periodo in cui era ancora attivo Blake!), il problema è la senescenza del mezzo. Forse sarebbe ancora un grande Argirio (dove la senescenza di certe inflessioni può pure essere dato espressivo), e i vari personaggi tenorili consimili, infatti nel 2004 mi aveva fatto un’ottima impressione in quel ruolo. Come Otello fa la figura del cantante della vecchia guardia che, sapendo cantare e sforzandosi, ce la fa, ma niente di eccezionale. Dal vivo della mia recita certe fastidiose s…bavature (!) del finale che avevo sentito in radio, non ho più avvertite.
    Maestri al di là degli altri problemi e meriti già evidenziati, mi è parso avere varie intonazioni dubbie alle alte quote (beva, bevA), il sogno, ecc. (e i miei modelli sonori sono il Nucci nasaleggiante e Milnes, non certo i grandissimi). Anch’io ricordo il Riccardo di anni fa richiamato qui nei commenti….che emozione.
    E veniamo alla Grimaldi…. :-) Rispetto al Requiem in cui mi era parsa sovrastata dalla scrittura (ho però cambiato posto in teatro), qui mi sono ricreduto: il volume è modesto ma sempre udible, anche i passi arroventati sono in qualche modo risolti (pur senza attacchi di forza come nell'”AH non son CIO’ che esprime”, e non intendo il tuono della Tebaldi, ma anche solo lo sprezzo borghese della Scotto), l’essere italiana le consente una pronuncia corretta (va be, un Oteello un po’ aperto), quindi note positive. Al tempo stesso ogni tanto fa capolino qua e là il vibratino, e soprattutto è, come dire, monocorde, poche inflessioni, poca dinamica, pochi colori, tutto un po’ piatto (non so, nè sarei in grado di dire se ciò sia dovuto alla causa indicata da Donzelli, tuttavia l’effetto lo noto anch’io). Certe frasi (“è presagio di pianto”, “Emilia addio”) nella versione di Abbado del 1997 erano cariche di pathos (merito del direttore in primis e forse anche della cantante in secundis). Anche per lei tuttavia, rispetto alla radio nessun difetto di intonazione nell’Ave Maria finale.
    L’allestimento non disturba più di tanto, è descrittivo senza grandi invenzioni, le scene sono allusive (le dita delle mani che strangolano?), i costumi strampalati (le divise blu confusionarie e che non valorizzano certo le figure dei “soldati”, Desdemona in vestaglietta a pois (?) nell’A terra, sì, nel livido fango) e pure le luci poco azzeccate, se tutta la scena finale è illuminata da una luce bianca freddissima quasi il talamo fosse il tavolo di un orologiaio (o operatorio). Ad ogni modo, inutile discuisire e fischiare l’allestimento, pensiamo al canto prima.
    Infine vorrei dire a chi a teatro (o qui virtualmente) mi guarda stupito del fatto che non mi esalto, faccio la smorfia, ecc.: io vorrei ben essere entusiasta (quando ho sentito dal vivo, da ragazzino, una doppia messa di voce di Blake, pur senza sapere cosa fosse ho capito che era qualcosa di bellissimo) ma diciamoci la verità senza infingimenti, senza negare l’evidenza. Poi uno potrà dire: “Mi sta bene Maestri”, ma non neghiamo l’evidenza!

  8. Buongiorno a tutti.Oggi mi sono registrato come Raul (il nome vi dice niente?) per poter esprimere alcune considerazioni ai commenti che ho letto sugli Otelli di Kunde da Valencia in poi.Salvo pochi casi letti in cui l’obiettività ha prevalso mi sono sentito tanto coinvolto da pensare di essere uno dell’altro mondo che del teatro,della musica e del canto finora non ha capito nulla..Eppure di voci tenorili,in teatro (e non per sentito dire), ne ho ascoltate tante a partire da Gigli nel 1954 a Carrara in Cavalleria e Pagliacci.A seguire ho poi ascoltato,sempre in teatro, quelli che per tanti di voi sarebbero i tenoroni del passato e cioè Del Monaco,Di Stefano,Raimondi,Corelli,Bergonzi,Tucker,Pavarotti,Domingo,Kraus,Carreras per citare i più rinomati.A quell’epoca vi erano anche le seconde linee che oggi sarebbero le prime e darebbero filo da torcere ai tanti tenorini che oggi si cimentano nei maggiori teatri.(Tanto per citarne alcuni Labò,Cestari,Fernandi,Borsò,Miranda Ferraro,Cossutta,ecc.).Ma perché si continua a menzionare i Martinelli,i Pertile,i Merli che nessuno di voi ha ascoltato?Nominandovi Donzelli,Grisi,Battistini,ecc. pensate di avere il verbo assoluto?Ma come si fa a non stigmatizzare commenti come quello di Grisi in cui si afferma l’inconsistenza tecnica di Domingo oppure quello di Bambuco che sull’Otello di Kunde scrive” è un assurdo e uno scempio su cui non andrebbe persa neanche mezza parola”.Tutti ricordano l’Otello di Del Monaco,ma lo avete visto e ascoltato?A parte l’eccezionalità della voce in alcuni passi pensate che Verdi ,che ha malapena accettato Tamagno,avrebbe scelto un Del Monaco (che tra l’altro ha sempre cantato tutto come fosse sempre Otello)? Ma se oggi si ascoltasse un Vinay in Otello cosa direste? Eppure lo ha diretto un Toscanini,non proprio l’ultimo arrivato.Suvvia siamo seri,prendetevi lo spartito e seguitelo passo passo ed allora vi accorgereste che Kunde a 60 anni,età in cui Del Monaco era già finito,ha fornito a Torino (c’ero anch’io il 19 ottobre) una solida interpretazione anche vocalmente perché non so cosa la maggior parte di voi intenda per squillo ma in quella recita (come in quella di Genova dello scorso anno) c’erano potenza e squillo e nessuno è rimasto col fiato sospeso in attesa di qualche crack della voce.Infine tanto di ” cappello ” a direttori come Pappano e Noseda che si sono avvalsi delle prestazioni di Kunde per Vespri,Ballo,Otello,Peeter Grimes ed Enea.A presto amici.

    • ciao e ben approdato!
      ti preciso che la scelta dei nick name nasce da molto lontano e non dal corriere della Grisi. Battistini manca ancora, magari arriverà fra poco. Quanto ai tenori che dici non citiamo nella mia esperienza di ascoltatore ne ho sentiti la più parte. Il motivo per cui non vengono citati e addotti ad esempio pensavo di averlo manifestato io od altri che qui scrivono più volte ossia che risultano essere inferiori a quelli che ci piacciono tanto e che noi come te non abbiamo ascoltato dal vivo per scontati motivi anagrafici. Ad esempio la varietà di fraseggio di Schipa, Alfredo Kraus (sentito in Lucia, don Pasquale, Linda, Werther, Favorita, Racconti)se la scorda, ancora splendido il Verdi di Bergonzi, ma quando sento il fraseggio di Pertile ed anche quello di Merli ( per esemplificare quando canta a mezza voce nei Lombardi supera persino Gigli, che della mezza voce o del misto era IL maestro). Tutto qui. Se poi aggiungo che per un trentenne Tucker è il passato come Martinelli, credo sia ancor più facile comprendere le predilezioni. Poi talvolta ci sono anche piacevoli sorprese perché dinnanzi agli ultimi scalcagnati e macilenti Calaf l’attacco di “non piangere Liù” di Di Stefano, ormai alla frutta nel 1958, mi è sembrato splendido. Poi appena la tessitura sale si sente il più deleterio di Stefano, ma l’attacco gli va riconosciuto per la qualità del timbro.
      Tutto qui nessuna presunzione di possedere il verbo assoluto, che è la sclerotizzata accusa che riceviamo. Spiace non sei il primo! Mi sono sforzato di spiegare il perché di certe scelte, non nella speranza di una condivisione, ma in quella di un chiarimento.
      Quanto all’Otello di Kunde credo che uno dei motivi per cui si esibisca è perché non c’è l’alternativa. Mi ricorda un po’ il caso di Fiorenza Cossotto verso il 1982. Era una Cossotto dove i difetti superavano i pregi. Siccome a differenza di una Horne non aveva concorrenza, si faceva buon viso a cattivo gioco e si applaudivano le sue Amneris, ma non era che l’ombra della Fiorenza del 1972 in Scala.
      Sarei curioso di vedere se i direttori che tu citi fra Kunde ed Ismaele Voltolini, chi sceglierebbero. Io credo il buon Ismaele Voltolini, che scatenava i loggioni della pianura Padana.

    • Il bambino che gridava “il re è nudo!” si prende al giorno d’oggi un bello scapaccione. “Maleducato! Pensi di avere il verbo assoluto?”.
      Ah ah ah. Ma io vorrei tanto sapere da Raul e da chi parla come lui che diavoleria sarebbe questo “verbo assoluto”. Ma che significa? Nulla significa.

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