Nel passato mese di agosto al festival dei festival ovvero Salisburgo è stata proposta in forma di concerto Favorita di Donizetti. Meglio per giustificare in un luogo che gronda cultura la proposizione di un titolo, che da sempre e per contro gronda melomania, è stata proposta in versione francese. Prestigioso il cast, in fondo si sono offerti nei ruoli tutti ardui di Leonora di Guzman, Fernando, Alfonso XI di Castiglia e padre Baldassare quei cantanti che oggi si reputano, secondo le indicazioni delle maggiori agenzie sempre prontamente raccolte e divulgate dai fedeli uffici stampa dei teatri, i divi. Sarebbe come immaginare una Favorita con un cast del tipo Lauri-Volpi, Stignani, Galeffi/Tagliabue, de Angelis diretta da Marinuzzi nel 1930 o Mantelli/Bonci/Battistini/Navarrini nel 1900 sotto la guida di Mancinelli. I risultati della Favorita austriaca, che non riteniamo di recensire nel dettaglio distano anni luce da quello che reperti archeologici o registrazioni dell’inizio dell’LP. Quindi non è affatto il caso di offrire a riparazione del surrogato di Favorita austriaco uno di quei nomi o altri di pari valore e fama. Siamo andati a cercare in quella che potremmo definire la serie A media classifica o addirittura la serie B fatta di cantanti che solo occasionalmente, magari al riparo o a corona di un grande nome, praticavano il grandissimo teatro, producendosi con encomiabile professionismo in teatri meno importanti o come nel caso dei cantanti di lingua francese restando (non per limiti) confinati nei teatri di lingua francese.
Ebbene non sentiremo la carezza delle sfumature di Fleta, la raffinata morbidezza dell’emissione di Battistini, che dell’infido re fece uno dei suoi personaggi, l’opulenza vocale di una Delna o di una Stignani, o l’autentico timbro e colore del soprano Falcon di Felia Litvinne o la reminiscenza che Leonora de Guzman è prossima a Fidès, come rammenta l’esecuzione di Sigrid Onegin, ma sentiamo canto professionalissimo, suoni sempre centrati, morbidi, rotondi, squillanti alla bisogna senza che si intuiscano contrazioni di gola e sforzi innaturali, gusto, l’espressione elegante e nobile soprattutto nelle voci maschili dove spiccano (benchè accomodate di tonalità) le nuances di un Alcaide, piuttosto che il legato e lo squillo di Leon Campagnola o gli acuti facili, squillanti e tenorili di Charles Cambon, che, impietosi verso Tezier, ricordano che, sino alla seconda guerra mondiale, la Francia produceva cantanti niente affatto nasali ed ingolati anche alle prese con la lingua patria.
Roberto D’Alessio-Ezio Pinza 1923
Irene Minghini Cattaneo/Lionello Cecil “pietoso al par d’un nume” 1928
Charles Cambon “pour tante amour” 1933
Charles Cambon “jardins de l’Alcazar…. Leonor viens”
Leon Campagnola “un ange, une femme” 1911
Oralia Dominguez ” O mio Fernando ” 1962
beh notevolissimo anche Borgioli
Opera splendida: un miracolo visto la storia della sua composizione (un rocambolesco intreccio di riciclo, autoimprestito e riassemblaggio). Io credo che per coglierne completamente la bellezza sia meglio ricorrere alla lingua originale (visto che la traduzione non solo è poco gradevole, ma interviene pesantemente e in modo ridicolo sulla trama per pruderie bigotte…). Certo è che occorre un cast di tutt’altro livello e un direttore di ben altra qualità (l’opera è un riuscitissimo intreccio di grand opera e melodramma)… Ho letto certi commenti deliranti (ormai per certi interpreti siamo ai “piccoli fan”), in rapporto alla modestia dell’esecuzione…e ho ripensato un Favorite di qualche anno fa, in quel di Bergamo durante il festival dedicato al compositore: pur con tutte le riserve espresse ora e allora su quella rassegna devo dire che il risultato mi era parso assai più piacevole.
In realtà, così come vi sono ben quattro libretti de LA TRAVIATA, “pesantemente” riveduti dalle censure papalina (Bologna diversa da Roma!) e borbonica, messi a confronto dall’illustre e documentatissimo Edoardo Rescigno in un saggio pubblicato sul programma di sala del Teatro La Fenice in occasione delle recite del 1992, con Grubby, Zancanaro e Shicoff… ovviamente, mai più ripubblicato, così pure della FAVORITA vi sono almeno tre diverse traduzioni ritmiche all’italiano, sempre dovute alla censura geograficamente variabile dei tempi: quella di Francesco Jannetti, nota universalmente in quanto fatta propria dalla Ricordi, quella di Callisto Bassi ed una di ignoto che ho trovato nello spartito pubblicato da Sonzogno alla fine dell’ottocento e che, evidentemente, venne adottata nei teatri gestiti dall’editore.
Spezzo una spada in favore di Jannetti, la cui versione prese decisamente piede dopo l’unità d’Italia, quando l’opera finalmente si potè rappresentare come LA FAVORITA: prima conobbe titoli di ogni genere, da Leonora di Guzman a Elda, in questo caso ambientata nel vicino medio oriente e i monaci trasformati in … dervisci!
Infatti i versi di Jannetti danno una versione “laica” dei personaggi (di questa terra eletto a reggitor, etc.) e SOLO le didascalie, applicate con ogni probabilità dopo, fanno riferimento a conventi e monaci, mentre il testo darebbe ad intendere una consorteria di cavalieri dediti alla guerra di liberazione dai Mori.
Poi scegliere tra “Spirto gentil” o “Larva adorata”, o piuttosto l’originale francese, lascia il tempo che trova: dipende, sempre, da chi e come la canta!
…larva adorata…brrrrrrrrrrrr che tetro!
Però ammetterai che con La Favorite, i “traduttori” si sono sbizzarriti…non si tratta solo della riuscita poetica dei singoli brani (anche se “Spirto gentil”, “Larva adorata” e “Ange si pur” hanno valenze molto differenti): ci sono i consueti problemi di aderenza alla musica, i consueti pesantissimi aggiusti per ficcare una musica costruita su un certo metro in altro non assimilabile (e quindi sono modificate linee vocali, aggiunte o tolte note e passaggi, introdotte pause etc..), sino alla vera e propria riscrittura del finale ultimo. Ma gli interventi si hanno pure sulla trama che risulta un guazzabuglio senza senso, laddove l’originale francese ha una sua coerenza drammatica. La nuova edizione Ricordi, saggiamente, ha ripristinato il testo francese, affiancato da una nuova versione ritmica italiana che integra le versioni ottocentesche di Jannetti e Bassi in una nuova traduzione rispettosa della struttura musicale e della trama dell’opera (Fernando diventa persino figlio di Baldassarre!). Confronta i due testi (e la musicalità degli stessi):
“Favorita del re! qual negro abisso,
qual mia trama infernal, la gloria mia
avvolse in un istante,
e ogni speme troncò del core amante!
Spirto gentil ne’ sogni miei
brillasti un dì ma ti perdei:
fuggi dal cor, mentita speme,
larve d’amor, fuggite insieme.
Donna sleal, a te d’accanto
del genitor scordava il pianto;
la patria, il ciel; e in tanto amore,
d’onta mortal macchiasti il core.
Spirito gentil ne’ sogni miei
brillasti un dì ma ti perdei:
fuggi dal cor, mentita speme,
larve d’amor, fuggite insieme.”
“La maîtresse du roi!… Dans l’abîme creusé,
Sous un piège infernal ma gloire est engloutie,
et de mon triste cour l’espérance est sortie
ainsi que d’un vase brisé.
Ange si pur, que dans un songe
j’ai cru trouver, vous que j’aimais!
Avec l’espoir, triste mensonge,
envolez-vous, et pour jamais!
En moi, pour l’amour d’une femme
de Dieu l’amour avait faibli;
Pitié! je t’ai rendu mon âme,
Pitié! Seigneur, rends-moi l’oubli!
Ange si pur, que dans un songe
j’ai cru trouver, vous que j’aimais!
Avec l’espoir, triste mensonge,
envolez-vous et pour jamais!”
Non si discute l’originale francese, ovviamente preferibile alla più precisa e rispettosa musicalmente delle versioni ritmiche passate presenti e future (con beneficio solito di chi cambia magari una virgola per garantirsi, di nuovo e nuovi, diritti “d’autore”: Zedda docet) epperò se LA FAVORITA ha circolato nei teatri di tutto il mondo, in buona compagnia con il FAUST di Gounod, la CARMEN di Bizet, il LOHENGRIN di Wagner e chi più ne ha più ne metta, lo deve e dive dire grazie alle vituperatissime traduzioni ritmiche d’antan.
Sarà che sono troppo vecchio, oltre che troppo robusto, e mi son formato ascoltando tutto in italiano almeno fino alla fine degli anni 70 dello scorso secolo e soprattutto nella (allora) dorata provincia, ma ho un debole per come suonano sia il WERTHER che la MANON in italiano; non parliamo poi del repertorio russo e le fatidiche frasi dell’ONIEGHIN “Scorre limpido il ruscello, l’attraversa un ponticello”, “Dov’è, dov’è la primavera?” e “O prima o poi la vince amore”, che pur sentendole ora in russo, non si cancellano dalla mente.
Scusi, son debolezze! 😀
PS consiglio, in fatto di “sbizzarrimento”, di leggere gli altri tre libretti de LA TRAVIATA, laddove Violetta l’unica a cui, per inciso, non viene cambiato il nome eppure a Napoli in quello stesso periodo andava in scena una VIOLETTA di Mercadante, ovviamente altri non è che una fanciulla debole di costituzione che, per trascorrere allegramente i suoi ultimi dì organizza feste più o meno in famiglia e tra amici.
In quel contesto, e con la censura dei tempi, essendo lei “borghese” e tutti gli altri nobili (i Germont acquistano una “de” nobiliare e cambiano di nome e cognome, affinché non ci siano dubbi né equivoci di sorta) non era ammissibile che un padre di alto rango perorasse ad una plebea le sorti di una figlia nonché sorella. Quindi Alfredo, qualora Violetta non lo cacciasse, rinuncierebbe al matrimonio con una ricca … principessa!
L’assurdo, tra l’altro, si compie nel compitare la fatidica lettera, laddove “vedovo Alfredo, a voi ritornerà pel suo perdono”.
Non dico altro, ma se volete fare quattro sane risate leggete cosa accettava bellamente il buon Peppino pur di veder circolare nei teatri di Bologna, Roma e Napoli la sua creatura!
Saluti e saluta
Condivido quello che dici. Innanzi tutto per i titoli nati quali opera comique la trasferta estera (spessissimo LOndra) si trasformava in traduzione e revisione con ampliamento delle parti vocali. Analogo trattamento se i titoli trasmigravano verso i paesi di lingua tedesca, tanto che spesso alcuni numeri predisposti per palcoscenici stranieri venivano ritradotti in francese (vedi versione allungata e rimpolpata della Styrienne di Mignon) In genere vi provvedeva l’autore, salvo che non venisse chiamato, come Bizet, al premio eterno. Ma la Galli Marie prima Carmen dell’opera comique fu anche la prima zingara in Italiano e lasciamo perdere che avvenne per la ripresa del 1881 a Parigi con protagonista Adele Isaac (soprano d’agilità e, credo, prima Olympia). A parte questo belle o brutte che fossero le versioni ritmiche i grand-opera in italiano circolavano anche qui o per opera (manomissione, dirà altri) dell’autore o di terzi. Non solo i cantanti francesi vedi per tutti Leon Escalais se desideravano esibirsi in Italia, Spagna e spesso Londra dovevano imparare le opere in italiano. Cantanti di grande carriera internazionale (vedi ad esempio la Sembrich) conoscevano Ugonotti in francese ed italiano, spesso quelli di area middleuropea soprattutto asburgica conoscevano anche la versione in tedesco (vedi la Schumann Heick o la Arnoldson)
Ottima la scelta di Bellantoni. Un amico melomane mi faceva notare che la miglior interpretazione di ” vision fuggitiva” probabilmente e’ la sua. tra l’altro mi pare raggiungesse il La3.
Ma certo – caro Domenico e caro Sonvecchiomarobusto – nulla si toglie alla circolazione di quei testi e al valore storico di quelle traduzioni, ma la questione è differente, molto differente. Se un anonimo copista interviene pesantemente sul testo musicale (come nella Favorite o nel Tell) per far stare una metrica che non entra nell’originale, allora qualche problema esecutivo deve essere sciolto: il problema delle versioni ritmiche dovrebbe essere riaperto. La nuova edizione di Favorite predispone un testo in italiano corretto…che problema c’è? Francamente trovo assurda la pseudo figliolanza di Baldassarre…certo lo ascolto tranquillamente, ma il problema me lo pongo. Francamente nessuno oggi ascolterebbe i “gentili augelli” di Carmen senza sganasciarsi…o l’affettato “mercé cigno gentil”. Poi che abbiano il loro valore storico è pacifico. Vi sono poi sostanziali differenze quando le versioni erano fatte sotto il controllo dell’autore (vedi la querelle sul Tell)… Lo stesso Wagner auspicava che le sue opere venissero tradotte perchè, giustamente, voleva che si comprendesse il testo. Come al solito il problema non è la traduzione, ma il tipo di traduzione. A mio giudizio la miglior edizione della Kovanchina di Musorgskij è un’incisione RAI anni ’70 in italiano. Quel che mi infastidisce, in Favorite, è la sciatteria della trama rivista e corretta con risultati persino comici e le pesanti manomissioni musicali (il finale, ad esempio). Queste si chiamano manomissioni in tutte le lingue.
Carissimo Duprez, in definitiva siamo tutti d’accordo.
Se insisto con LA FAVORITA è perché nel 1992, su invito del buon Beppe De Tomasi, scrissi un bel saggio per il programma di sala del Teatro Maestranza di Siviglia in occasione di una memorabile ripresa, in italiano of course, con Kraus e la Verret. Oh tempora!
Premesso che è un’opera che adoro e che trovo sia ingiusto non compaia più spesso sulle nostre scene (sui cast (im)possibili cedo la parola a voi 😀 ) ai tempi sviscerai la questione sempre rimasta in sospeso, oltre che sulla martoriata genesi e sulle leggende metropolitane che la circondano, del perché l’opera tardò a circolare in Italia e su quali punti la censura di allora, diversa come per LA TRAVIATA di stato in stato, quando non di città in città, si impuntò.
Ovviamente, il più scabroso sembrò non già quello della “favorita”, come sarebbe lecito pensare, ma dal fatto che Fernando, monaco, si “smonacizzi” per poi, orrore, “rimonacarsi” alla fine.
Da lì le diverse versioni, le diverse traduzioni, Elda e suoi dervisci e quant’altro. Quella dello Jannetti, poi passata per buona, se ben ricordo (purtroppo il mio saggio non fu salvato su dischetto e memoria e quindi mi devo fidare sulla mia di memoria, ahinoi ormai labile) puntava su una trama assolutamente laica, con la differenza aggiunta di una “impossibile” parentela, che è assurda non tanto nel fatto che Fernando sia figlio di Baldassarre, quanto che sia questi padre della regina e che il fratello frequenti la corte senza sapere che vi transita pure sua sorella.
Di fatto, la versione del Jannetti vennesdoganata col solo cambio delle DIDASCALIE, che riportarono, complicando vieppiù la faccenda e la vicenda, tutti in convento perché, dopo il 1860 non faceva più scandalo, anzi dava un tocco di maggior esotismo noir e gotico il fatto che tutto fosse in mano al clero, nemico tra l’altro del neonato stato monarchico che aspirava a Roma capitale.
E quindi, se leggi bene e tra le righe, i versi vanno da una parte, i “suggerimenti della regia” da un’altra.
Poi, lo so di essere “perverso”, a me questo papocchio diverte tantissimo e rende l’opera ancor più “melodramma”, laddove tutto, almeno prima delle finte “verità” di Mascagni e Leoncavallo, era ed è inverosimile.
Saluti
Anche io adoro Favorita o Favorite e vorrei sentirla più spesso. Secondo me benissimo ha fatto Ricordi ad affiancare al testo originale una traduzione ritmica riveduta e corretta a correzione delle troppe manomissioni. Sulla questione della lingua originale/traduzione sfondi una porta aperta…non trovo sia un tabù, piuttosto credo che spesso sia diventato un feticcio, con l’assurdità di sentire un’operetta in rigoroso tedesco nonostante i 3/4 del testo sia recitato. Ovviamente la lingua originale è preferibile, ma non mi scandalizzano le traduzioni ben fatte, senza contare che spesso una maggior comprensione del testo ha permesso di conoscere repertori poco frequentati nei teatri italiani (dal primo Wozzeck eseguito da Serafin a Henze).
Ps: però la trama “laica” di Favorita è veramente una roba senza capo ne coda