Il concerto che ha di fatto concluso la trentacinquesima edizione del Rof non è stato certo l’ennesima riproposizione della versione a piena orchestra della Petite messe solennelle, ministrata da un Alberto Zedda ormai assurto al rango di icona vivente del rossinismo pesarese e funestata da un quartetto vocale in cui l’elemento più potabile, o se si preferisce meno indecente, era la signora Senderskaya, già calamitosa Faraona in un Mosè in Egitto di alcuni anni fa. Un evento così clamoroso da avere raccolto, come non ha mancato di riferire la stampa locale, ben quattordici spettatori per la diretta streaming sul canale Youtube del festival. Un pubblico decisamente più esiguo dei venticinque lettori di manzoniana memoria. Il pomeriggio del giorno precedente, per contro, il teatro Rossini era, se non esaurito, certo bello pieno per il recital di Ewa Podles, che accompagnata dalla volonterosa Filarmonica “G. Rossini” sotto la bacchetta di Carlo Tenan ha proposto una cospicua passerella dei propri ruoli fetiche, dall’Orfeo gluckiano alla Cieca, passando per Maffio Orsini, la cantata Alexander Nevsky e, ovviamente, omaggiando il genius loci con la cavatina di Ciro in Babilonia e la sortita dell’Italiana in Algeri. Ewa Podles supera i sessant’anni di vita ed è prossima ai quaranta di carriera, che celebrerà l’anno prossimo cantando, a quanto risulta dal suo sito web, Madame de Croissy al festival di Caramoor. Parte che, per una tradizione risalente alla prima interprete, Gianna Pederzini, viene di preferenza assegnata a cantanti, a volte anche illustri, ormai a fine corsa. Opportuna quindi la scelta, almeno a livello storico e filologico, ambizione (chimera?) tanto coltivata anche in Pesaro. Un po’ meno opportuna laddove si consideri che la parte della vecchia Priora è squisitamente centrale e proprio nel centro Ewa Podles ha oggi (e non solo oggi) il suo vero punto debole, essendosi con gli anni accentuata la diseguaglianza tra il registro grave (ancora oggi il “pezzo forte” della cantante polacca, a onta di un volume meno corposo che in passato) e la zona medio-alta della voce, che è quella di un normale soprano lirico (ossia di una cantante che, con i tempi di vacche magre che corrono, sarebbe prontamente scritturata per Sieglinde e forse anche per Brünnhilde), gestita a prezzo di sistematici portamenti. Gli stessi di cui da anni fa uso ed abuso Edita Gruberova. Estrema l’evidenza di questi difetti e limiti strutturali, anche in un teatro minuscolo come quello di Pesaro. Del pari innegabile che la signora Podles sia l’unico mezzosoprano a essersi prodotto con accettabile e professionale decenza nelle ultime tre edizioni della manifestazione pesarese. La cosa sorprende, meraviglia e addolora laddove si pensi che la signora ha avuto come “rivali” cantanti che hanno l’età per esserle figlie, se non nipoti. La meraviglia cede il passo all’incredulità quando si consideri, come non esita a rammentarci il programma di sala, che le presenze della Podles al Rof si contano sulle dita di una mano (se consideriamo quelle nei titoli d’opera, basterebbe per la verità un moncherino) e che nessuna di queste risale agli anni Ottanta e Novanta, decenni in cui la signora era in piena carriera e soprattutto, nel pieno delle forze vocali. Il nostro Nourrit, memoria storica del Festival, ha osservato che negli stessi anni il Rof convocava abitualmente rossiniane inclite e sceltissime quali le signore Scalchi, Pentcheva, Kasarova. Ed è impossibile non cogliere nella presentazione del bis (il monologo di Madame de la Haltière) a opera della cantante un’allusione, neppure troppo velata, agli occasionali rapporti intrattenuti in questi anni con il Rof, il cui mentore Gianfranco Mariotti sedeva in un palco di proscenio. Così come sembra plausibile che la decisione di mutare la ripresa di Adelaide di Borgogna, inizialmente prevista e annunciata per il 2015, in una di Ciro in Babilonia sia collegata alla scelta, o almeno al desiderio, da parte della dirigenza festivaliera di scritturare nuovamente la signora Podles e magari di ricostituire, sic et simpliciter, il cast di quello che è stato, almeno negli ultimi cinque anni della manifestazione, il solo spettacolo che abbia davvero messo tutti d’accordo. Se così fosse, ci sarebbe ben poco da stare allegri, perché la ragion d’essere di un festival come il Rof non può e non deve essere la riproposizione, a meri fini di “cassetta” e ritorno d’immagine, di quanto già sperimentato, bensì l’individuazione di nuove strade, che in ogni senso conducano un po’ più vicini a quel mistero che, a quasi un secolo e mezzo dalla morte, continua ad essere Gioachino Rossini. E’ del resto confermato, da fonte autorevole (Ernesto Palacio), che l’annunciato Ricciardo e Zoraide, programmato per il 2016, si è già mutato nella Matilde di Shabran. Quarta proposizione pesarese, nell’arco di un ventennio, del titolo più amato dalla star Juan Diego Florez.
14 pensieri su ““Or chi sono si vedrà”: Ewa Podles in concerto a Pesaro (20.VIII.2014)”
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Nnnnoooooooo, ma questa mica è Eva Powdles: è la Nicolai.
credo sia la nonna di rosmunda pisaroni disco del 1770!!!!!
Credo che la Podles abbia ben poco a che vedere con quella antica e gloriosa civiltà canora. E’ anche lei una degna rappresentante del moderno malcantismo.
Si, d’accordissimo; ma che c’entra?.. Io stavo scherzando (ovvero ironizzando)…
pure io!
No, Donzelli, io rispondevo a Mancini.
Personalmente non vedo la necessità di continuare a recensire le
serate del “FU” festival di Pesaro. Esso è morto e sepolto con la scomparsa dal suo palcoscenico di grandi interpreti: Horne,Merritt,Dupuy,Cuberli,Matteuzzi,Ramey; nonche’ l’assenza di grandi direttori.
Il suo posto è quello del rimpianto e del dolore, nulla altro.
Anche Domingo cerca di riciclarsi…ma solo nel patetismo e nella risata oceanica.
Sull’ascolto: alla casa di riposo Verdi di Milano, e al pio albergo triulzio
(la baggina) i cincerti come questo sono la normalità.
Mon Dieu! Ma ha già cantato così 10 anni fa, no? Ed in quale lingua canta? Io non capisco UNA parola……. solo uuuuuhh aaahhhh ouhhhhh
Ma noooo: http://www.youtube.com/watch?v=pl5O5Zxi4uU
hahaha http://www.youtube.com/watch?v=qAueXMs29IM
Non che l’Azucena della Horne sia meglio (anzi…la trovo ancor più grottesca), però la Podles più autentica non va certo cercata in Verdi o nella “musica” di Ponchielli: mi piace molto il suo Gluck (uno dei migliori Orfeo ed Euridice della discografia, grazie anche alla superba bacchetta di Maag) e poi Tancredi, Giulio Cesare e Ariodante di Haendel, la strepitosa incisione dell’Orphée aux Enfers di Minkowski e i recital dedicati a Haendel e al contralto rossiniano.
Concordo appieno. Arriva fino a Rossini. L’ho trovata anche abbastanza “fresca” vista l’età. E poi ha un minimo della stoffa della virtuosa, anche se a volte sfiora il fenomeno da baraccone. E comunque il pubblico del ROF, pur nel suo applaudire tutto e tutti ha rilasciato un uragano di applausi dopo il Ciro, i.e. quando hanno davanti un cantante decente se ne accorgono ancora.
https://www.youtube.com/watch?v=pSB8Q_mj–Y
A costo di andare off-topic. Ho scoperto ieri per puro caso Belem Amparan… mi interessa la vostra opinione, personalmente mi piace molto.
La cavatina di Ciro era su tutt’altro livello…
Donzelli: non è la nonna della Pisaroni, ma la figlia impura della Bolena
finita pure lei al rogo.