In questi mesi di celebrazioni per i 250 anni della morte di Jean-Philippe Rameau, morto esattamente il 12 settembre 1764, si inserisce il sincero omaggio rivolto da Jordi Savall e dalla sua compagine barocca Le Concert des Nations tenutosi il 15 settembre presso la Sala Verdi del Conservatorio milanese. Il programma scelto per l’occasione replicava in tutto e per tutto il disco Alia Vox uscito nel 2010 “L’orchestre de Louis XV”. Ipotizzando un possibile parallelismo con la celeberrima e fortunata coppia Lully – Luigi XIV, Jordi Savall, con raro buon senso e sensibilità, ricostruisce, nel disco e dunque nel concerto, una interessante vicinanza tra il monarca francese e il compositore di Digione per l’originalità del proprio gusto, eccentrico ed affascinante, vivace ed audace allo stesso tempo. Gusto, stile che si manifesta in tutta la musica di Rameau e che Savall, che oltre ad interpretare si è anche dedicato a studiare questi spartiti. coglie in modo particolare nei pezzi orchestrali, nelle grandi ouverture e danze che caratterizzano le varie opere del compositore francese.
Rameau nasce come compositore strumentale, avvicinandosi all’opera, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, in età matura. E pure in ambito operistico, nelle notevoli e suggestive pagine vocali, ci si accorge sempre che l’orchestra è sempre lì, con un ruolo che va ben al di là del puro e semplice accompagnamento armonico o ritmico. In Rameau l’orchestra è sempre stata una co – protagonista capace di accompagnare la scena con intelligenza, fantasia e originalità ma sempre al servizio del teatro. Possiamo dunque dire che ebbe davvero fortuna Rameau ad avere a suo servizio, per la messinscena delle sue opere a Parigi, una compagine come l’orchestra dell’Accademia Reale di musica, una formazione agguerrita e numerosa sicuramente all’altezza della forza innovatrice del compositore di Digione.
Il programma proposto dunque prevedeva le suites da quattro opere: Les Indes Galantes, Nais, Zoroastre e Les Boreades. Quattro opere completamente diverse non solo perché appartenenti a generi operistici diversi (tragédie-lyrique, ppéra-ballet e pastorale héroique) ma soprattutto perché costituite da trame e tematiche spesso distanti tra loro: si passa dal brillante e colorito sapore esotico di Les Indes Galantes, alla cupa e misterica ambientazione di Zoroastre, fino alle scene bucoliche e mitologiche di Nais e Les Boreades. Trame e tematiche che in Rameau si traducono in un linguaggio musicale originale ed estremamente energico, eterogeneo, sempre pronto al colpo di scena e capace di descrivere pittoricamente – e forse anche “illuministicamente” le varie e talvolta esotiche ambientazioni teatrali. A questo linguaggi Savall si adegua perfettamente e sapientemente complice anche una compagine elastica e compatta (anche se con qualche difettuccio baroccaro). Il musicista catalano si è posto, anima e corpo, al servizio dello spartito riuscendo ad interpretare attentamente e con cura ogni sfumatura, ogni colore, ogni pennellata dello spartito ramista: fosse la brillantezza ritmica di Nais o le cupe atmosfere di Zoroastre, l’interpretazione di Savall è sempre riuscita a fare centro nell’interpretazione delle dinamiche ritmiche, dell’intensità e dell’agogica. Il tutto con un gesto chiaro, a volte un po’ goffo nei gesti, ma certamente efficace nelle intenzioni e nei risultati.
Ma più che la straordinaria intelligenza musicale, come sempre in Savall, impressiona lo spirito umile e sensato che antepone, come è giusto che sia, lo spartito e la sua natura ad ogni altra cosa. Al centro non c’è dunque la stravaganza senza fondamento e la ricerca dell’originalità e del nuovo fine a sé stesso, non ci sono le fisime filologiche frutto di discutibili studi storici, non c’è l’esaltazione della sua persona o del suo gruppo (inutile fare ovvi riferimenti). Sia in disco che in concerto (due facce della stessa medaglia, almeno per lui), al centro c’è lo spartito, c’è la musica e il lento, ragionato e pragmatico processo di raggiungimento di una esecuzione il più possibile fedele e sincera, quale è stata quella incisa nel disco e regalata ad una entusiasta pubblico milanese. Nient’altro da dire se non applausi e ancora applausi allo straordinario Savall, che ancora oggi, dopo più di trent’anni di attività riesce sempre a trasmettere la semplicità e la gioia di far Musica. Quella vera.