Una testimonianza storica, che documenta l’approccio al titolo rossiniano più diffuso a ogni latitudine da parte di Leo Blech, per quasi tre decenni massicciamente impegnato presso i teatri berlinesi e poi, in seguito alla promulgazione delle leggi razziali, attivo in Lettonia e, nel periodo della seconda guerra mondiale, in Svezia, ove giunse grazie all’interessamento di Hermann Göring, verosimilmente timoroso del “danno d’immagine” che il regime avrebbe riportato a seguito dell’eliminazione di una simile riconosciuta personalità artistica. A dispetto della qualità sonora non ottimale, sentiamo una direzione calibratissima, elegante, vivace il giusto: l’opposto di quello che la vulgata corrente attribuisce a un Kapellmeister di formazione rigorosamente germanica, anzi prussiana.