Ettore Panizza – Rossini (HMV B 3858-9)
E dopo Serafin, Ettore o Hector Panizza. Altro direttore di grandissimo repertorio, accompagnato dalla stima e dalla considerazione dei colleghi e dei compositori ( tralasciamo compositore lui stesso) e capace di un repertorio che per la sola opera spaziava da Wagner a Verdi passando per Mussorsky. Presenza in tutti i più grandi teatri d’opera del mondo (nessuno escluso). In questa polemica carrellata di direttori d’orchestra del passato dove abbiamo pagine grandiose altre, come la Cenerentola di Serafin, che ci spiegano perché non ci sia molta differenza fra il Rossini comico e quello tragico Panizza è proposto in una registrazione d’ante guerra del brano che più di ogni altro per la sua complessità e monumentalità ha attratto i grandi direttori d’orchestra: la sinfonia del Tell. Come in altri casi la solennità e la monumentalità sono presenti sempre e comunque anche nei passi come l’incipit affidato ai violoncelli, che richiamano climi pastorali (e non da orticello in piazza del Duomo) e descrivono vasti paesaggi delle Alpi svizzere. Panizza come tutti i direttori della sua generazione, soprattutto nel repertorio dell’800, descrive ora il paesaggio alpino, poi la tempesta (dei luoghi, ma degli animi e della storia) poi le fanfare dell’oppressore, sempre con un controllo ferreo dell’orchestra, che nei passi elegiaci “lega” a meraviglia (sentire la chiusa del tema dei violoncelli), senza una sbavatura negli interventi dei legni o degli strumenti a fiato, senza inutili e plateali forti e fortissimi, ma senza che la tensione e quando serve lo slancio, in ogni momento della descrizione, venga mai meno.
Che dire: la classe non è acqua. Il tempo presente ci regala molti direttori giovami e belli, ma incapaci di farci rimpiangere il passato, ben pochi. Uno in particolare mi ritorna in mente: Placido Domingo. Un tuttofare che un qualunque direttore sostituto di un qualsivoglia teatro
30 anni or sono l’avrebbe surclassato senza tanta fatica.