Il giudizio, che oggi, commemorandone la scomparsa e celebrandone la carriera artistica, diamo di Cristine Deutekom è di gran lunga differente e migliore di quello, che potevamo offrire durante la carriera del soprano olandese o nell’immediato ritiro della stessa dalle scene. Allora la Deutekom era considerata, prima di tutto e quasi solo, un’inarrivabile macchina da acuti saldissimi e svettanti sino al fa ( donde la sua regina della notte era considerata unica ed irripetibile e tale che nessun’altra cantante prima, salvo fantasiose ipotesi sulla giovanissima Callas nel personaggio, e dopo di lei potesse competere con tale splendore), ma fraseggiatrice limitata soprattutto nelle incursioni sempre più numerose con il procedere della carriera nel repertorio verdiamo e vocalizzatrice censurabile, per quella specie di jodel, che caratterizzava l’esecuzione dei passi di coloratura. Oggi 2014 a trent’anni dal ritiro dalle scene dei difetti delle defunta resta solo quello della vocalizzazione aspirata. Difetto assai strano e che ha inficiato l’esecuzione per certi versi seconda solo a quella di Maria Callas della rossiniana maga Armida perché assente in tutte le grandi colorature di scuola middle europea di cui la Deutekonm resta con la Gruberova ( timbro assai meno ricco e prezioso e altri difetti nel canto italiano) l’ultima grande rappresentante. Sembra quasi un segno del destino che questa Armida tanto sicura vocalmente quanto censurata sia morta alla vigilia di una ripresa del titolo nel luogo, che dovrebbe essere quello della paradigmatica esecuzione rossiniana.
Tutti sappiamo che la Deutekom venne “scoperta” per caso da Elisabeth Schwarzkopf, che sentì la cantante olandese, allora comprimaria e principiante, eseguire l’aria della Regina della notte come “scaldavoce”. Di lì la cantante olandese approdò in tutti i teatri più importanti del mondo (esclusa la Scala che quando si tratta di non capire o di non utilizzare un cantante resta il primo teatro al mondo) con l’infernale personaggio mozartiano. La regina della Deutekom resta un modello assoluto ed irripetibile ad onta di qualche jodel nella vocalizzazione veloce per lo splendore ed il turgore vocale e per la facilità degli acuti estremi, che sembrano quelli che una normale cantante d’opera esegue una terza sotto. Se a questo aggiungiamo l’esecuzione strumentale per cui il furore , soprattutto nella seconda aria è espresso solo con la voce, la regina cattiva della favola mozartiana non aveva avuto sino ad allora una realizzazione così completa. Possiamo, forse, andare a qualche registrazione dei primi quindici anni del secolo (ovvero le solite Kurz ed Hempel ) per trovare qualcosa di simile o all’unico e non felicissimo approccio (con tanto di aggiusto della tonalità) di Joan Sutherland o al nebuloso Mapleson di Marcella Sembrich a fine carriera. Ma è sempre un confronto fra pochissime al culmine delle classifiche delle vocaliste. Come un confronto fra pochissime è l’esecuzione di Kostanze del Ratto dal Serraglio dove la ormai prossima alla pensione frau Deutekom sembra emulare la facilità, fluidità e “tranquilità” in tessitura stratosferica di Lilli Lehmann allorquando canta l’aria “Ach ich liebte” con tanto di ribattiture sul re nat. Anche qui il prodigio della tecnica che si fa interpretazione atteso che il personaggio è, prima di tutto, un personaggio vocale. Il che non è affatto un limite quando si tratti di certo Mozart od anche del Rossini ante periodo napoletano.
E secondo alcuni la grandezza e l’esempio di una cantante come la Deutekom qui finirebbe perché si diceva la voce è fredda, la vocalizzazione veloce censurabile e l’accento estraneo all’ opera italiana. Tutto questo oggi e non perché si debba celebrare chi è morto, ma perché il tempo è galantuomo come deve essere l’ascoltatore non me la sento proprio di condividerlo. E paradossalmente per le opere di Verdi più ancora che per Bellini e Donizetti dove fra le coetanee il languore ed il dolore sublimato di una Sutherland o le infinite risorse d’accento di una Sills, ed in parte, della stessa Scotto possono essere preferite alla sana e cannoneggiante Elvira dei Puritani realizzata a Buenos Ayres dove persino il re degli acuti (ovvero Alfredo Kraus) deve temere tanta gloria vocale o la Lucia nord americana, che non teme lo squillo e la saldezza vocale di Tucker. A parte il personaggio di Norma, che se da un lato è l’ultima eroina tragica del primo ottocento apre già la strada alla eroine verdiane e qui la cantante olandese coglieva perfettamente la posizione di equilibrio fra passato e presagio del futuro. Anzi talvolta del presagio di atletismo vocale ce ne aggiungeva del proprio come accadeva nel duetto con Pollione, dove in grazia di una nota recuperava nella realizzazione del personaggio quel che mancava sotto il profilo dell’accento, preso per paradigma di accento quello della Callas.
La Deutekom cantò prima di tutto le Amazzoni verdiane perché era amazzone nel temperamento e nella facilità unica dell’ottava alta che nel primo Verdi consente ad Odabella di sfidare Attila e “mettere in riga” il ben poco virile Foresto (perché le palle le ha Odabella, mica Foresto), a Giselda di essere l’antesignana delle nobildonne lombarda coeve di Verdi che decidevano in prima persona in salotto come sulle barricate (ma sempre con lo spirito da barricata) la Storia patria o l’illustre dama Foscari che redarguisce ed arringa da pari i patrizi e suocero, benchè doge. Per tacere poi della duchessa Elena, di Abigaille e di Lady Macbeth dove l’interpretazione era, prima di tutto, derivata da la facilità impressionante dell’esecuzione vocale, la possibilità di cantare in tutte la gamma dalla voce ad ogni intensità per cui era normale sparare si, do e, magari, re sovracuti come smorzarli senza che il suono venisse nella sua saldezza e nel suo equilibrio compromesso. E questo perché? Perché (ed è la grande lezione che dobbiamo avere dalla carriera delle Deutekom, che mi sia consentito dirlo richiama modelli del primo ventennio del ‘900 come la Siems, la Kurz, la Nezdhanova, la Francillo Kaufmann, la Bosetti) la Deutekom cantava sempre con la sua voce, magari non eccelsa nella prima ottava, ma sempre in posizione alta, sostenuta alla perfezione dalla respirazione e dal controllo del fiato, che consentiva al suono di “galleggiare” senza nessun tentativo pernicioso sotto il profilo vocale, inutile sotto quello interpretativo di scurire artificiosamente il suono per sembrare il soprano scuro e drammatico che, in natura, non era e che se avesse tentato di essere avrebbe distrutto l’intera impalcatura vocale. Sotto questo profilo la duchessa Elena e soprattutto l’Amelia del Ballo in maschera sia a Firenze con uno dei più grandi Riccardo (anche se oltre i sessant’anni) della tradizione come Tucker e quello che allora era un grande direttore d’orchestra sia anni dopo in concerto è un modello che tutti i soprani che oggi tentano maldestramente di cantare Verdi e pure Puccini dovrebbero assumere a modello se non di interpretazione (per altro ben evidente) di tecnica vocale.
Chiudo e preciso, riletta questa celebrazione, che sarebbe riduttivo pensare alla Deutekom solo come un modello di tecnica di canto e di richiamo alla grande precedente tradizione. Non c’è frase di quella Amelia fiorentina piuttosto che della amazzoni verdiani che non sia detta con il gesto equilibro fra mezzo vocale ed esigenza drammatica non sacrificando mai l’una all’altra. Un esempio, oggi perduto!
Gli ascolti
Cristina Deutekom
Bellini – I Puritani
Atto III
Finì! me lassa…Nel mirarti un solo istante…Vieni fra queste braccia (con Alfredo Kraus – 1972)
Bellini – Norma
Atto II
In mia man alfin tu sei (con Aldo Bottion – 1970)
Donizetti – Lucia di Lammermoor
Atto I
Lucia, perdona…Sulla tomba che rinserra…Qui di sposa eterna fede…Verranno a te sull’aure (con Richard Tucker – 1970)
Händel – Alcina
Atto II
Ah! mio cor! Schernito sei! (1974)
Mozart – La clemenza di Tito
Atto II
Ecco il punto, o Vitellia…Non più di fiori (1980)
Mozart – Die Zauberflöte
Atto I
O zittre nicht, mein lieber Sohn (1969)
Atto II
Der Hölle Rache (1969)
Rossini – Armida
Atto III
T’arresta, infido!…Se al mio crudel tormento…Dove son io?… Fuggì! (con Umberto Grilli, Vittorio Terranova e Redento Comacchio – 1973)
Rossini – Mosè
Atto II
Mentre d’Isi nel tempio…Ah! d’un’afflitta il duolo…Calma quell’ira e cedi (con Umberto Grilli – 1973)
Verdi – Un ballo in maschera
Atto II
Teco io sto…Non sai tu che se l’anima mia…Oh qual soave brivido (con Richard Tucker – 1972)
Atto III
Morrò, ma prima in grazia (1972)
Verdi – I due Foscari
Atto I
Tu pur lo sai, che giudice (con Jan Derksen – 1973)
Verdi – I Lombardi alla prima crociata
Atto III
Qui posa il fianco!…Qual voluttà trascorrere (con Carlo Bergonzi e Paul Plishka – 1979)
Atto IV
Non fu sogno! (1979)
Verdi – Rigoletto
Atto III
Ah più non ragiono…Se pria ch’abbia il mezzo la notte toccato (con Giovanni Foiani e Flora Rafanelli – 1977)
Verdi – Il trovatore
Atto IV
D’amor sull’ali rosee (1980)
Bravo! Condivido dall’A alla Zeta e soprattutto il giudizio sulla Scala da cui fu incredibilmente esclusa.
Naturalmente grazie per questi ricchi ascolti
Nel riascoltare i Puritani con Kraus, mi accorgo che una delle cose più sconcertanti è lo scoppio degli applausi a fine duetto, che i vari Kau-kau e Bimbumbam si sognano di giorno e di notte…essi sono solo dovuti alla grande professionalita e non ai riccioli belli!
Non posso che condividere tutto. Mi diede tante belle recite a Firenze… ed altrove. Addio a un’altra di ‘quelle di un tempo’!
Ascoltatela. Giovani, ascoltatela!
Un’altra grande che se ne va…
Condivido in pieno.La Deutekom è stata uno dei miei grandi amori di gioventù. Una di quelle artiste delle quali oggi non esiste neppure l’ombra.
Bravo Domenico! Eulogia bella e doverosa perché la Deutekom non può non essere celebrata. Tra l’altro a dispetto della vulgata che la vuole solo come una fenomeno della pirotecnica con importanti incursioni belliniane, condivido in pieno il tuo apprezzamento per il Verdi della Deutekom. Non ho invece mai fatto troppo caso alla coloratura jodelizzata anche se, a onor del vero, notai che ogni tanto nel centro l’intonazione andasse ogni tanto per la tangente.
In ogni caso non possiamo che rammaricarci del fatto che il sipario sia calato sulla vita di una autentica titana del bel canto. Mi è spiaciuto immensamente sapere delle sua morte. L’ho sempre ascoltata con grande affetto.
Nel Ballo in Maschera a Firenze del 1972, Tucker aveva 59 anni. E’ morto a 62 anni nel 75. Vidi tutte le repliche. Gande Cristina. Giovincore
Condivido sostanzialmente quanto scritto da Donzelli. Se ne è andata una grande interprete del belcanto con un bagaglio tecnico di armi affilatissime. Vorrei solo far notare che le Deutekom, come è evidente dall’ascolto proposto, in un ruolo come Turandot non c’azzecca proprio nulla. La mania di avventurarsi in imprese al di fuori della propria portata non è certo un fenomeno esclusivamente odierno, e ha contagiato anche cantanti ammirevoli per professionalità e resa artistica, perlomeno nei loro terreni d’elezione.
la Deutekom con Turandot non c’azzecca niente certo, è quanto di più lontano dal suo repertorio e dalla sua vocalità, come non c’azzecca niente neanche con Amelia o altri ruoli verdiani, eppure la facilità di emissione, il registro acuto sicuro e mai forzato, l’intelligenza di cantare tutto con la propria voce senza compromessi o camuffamenti secondo me la rendevano una Turandot credibile.
Gli sconfinamenti in altri repertori è un fenomeno che esiste da sempre, la differenza tra alcune grandi cantanti del passato come lei e certe tuttofare di oggi è che una Deutekom cantava tutto con la propria voce, senza inventare una voce che non aveva compromettendo l’organizzazione vocale.
Non sono d’accordo che non c’entrasse nulla con Verdi…. La sua elena dei Vespri, per esempio, è davvero molto ispirata a mio avviso.
Riposi in Pace.
A mio avviso una grandissima! Fin dalla prima registrazione capitatami tra le mani quando ancora non ero un melomane di ferro (Armida a Venezia) l’ho adorata e ammirata per la tecnica magnifica e la voce sempre alta, squillante e sonora. Forse non tutto Verdi le era congeniale fino in fondo, eppure trovo sempre di grande livello le sue esecuzioni e offrono spesso spunti di riflessione sul modo di affrontare Verdi e non solo lui. Grazie per gli ascolti!