Il mese di agosto è quello del festival di Pesaro ed è noto che per la manifestazione pesarese quelli del Corriere abbiamo particolare predilezione. Crediamo che questo festival in uno con quello Donizetti ( se non fosse gestito come una sagra di paese) sia l’unico ad avere significato per la vasta produzione del genio pesarese, che per cento anni è rimasta fuori dal repertorio. Poi non tutto è rientrato in repertorio anzi oggi quello che era timidamente rientrato sta ritornando nel deposito per le difficoltà di allestire i titoli ed anche per il servizio, che da molto tempo (forse il peccato è originale) il festival rende al festeggiato.
Una cosa è però certa e su questa ritorneremo appena il tempo ed il planning ce lo renderà possibile: anche quando erano quelli che per tradizione festivaliera venivano definito gli anni bui di Rossini e del belcanto, la sopravvivenza magari occasionale e sporadica era assicurata. Talvolta per opera dei cantanti e riproponiamo la locandina di un concerto newyorkese del 1918, altre volte per il gusto di taluni direttori, persino quelli che nella communis opinio sono i nemici di Rossini. Sarebbe il caso di Toscanini che per tutta la sua permanenza scaligera non riuscì ad eseguire Mosè ( si prese una piccola rivincita con il concerto inaugurale del 1946) e più ancora quello di Gino Marinuzzi che eseguì alcuni titoli del maestro ma per anni sognò la riproposizione di altri come Pietra del paragone. Poi se guardiamo i titoli rossiniani del repertorio di Serafin potremmo azzardare che il maestro di Cavarzere sia il direttore rossiniano per eccellenza in lotta con Vittorio Gui. E già sento chi, anche con ragione, mi eccepisce che quelle edizioni erano tagliate, che si semplificavano le parti quando gli esecutori non erano adeguati (come se lo fossero gli attuali). Tutte cose sentite, anche vere, ma che poi vanno ad impattare con il presente e allora la prospettiva storica crea luci e crea ombre, luci là dove credevamo le ombre e viceversa.
Da questa idea, magari di retroguardia (ma oggi pretendere il canto all’opera è di retroguardia) nasce il programma di quotidiani ascolti dedicati a Rossini ed alle sinfonie delle sue opere. Brani che vissero di vita autonoma, spesso affidati a grandissime bacchette che mai o principianti in oscuri teatri degli imperi affrontarono per intero le opere di Rossini. Di retroguardia perchè spesso l’abilità del filologo nel ricostruire lo spartito nel decifrare segni sui pentagramma si arena quando il titolo deve vivere e realizzarsi sulla scena e riverberare la sua grandezza od anche i suoi limiti.
Buon ascolto per agosto in nome di Rossini.
Gli ascolti spero arrivino…
Nell’attesa beccati questo, l’ultimo tenore che cantò la Semiramide eseguendo entrambe le arie (la seconda veniva solitamente tagliata):
http://m.youtube.com/watch?v=YwEt4qyaunI
Direi che questo regge bene il confronto
https://www.youtube.com/watch?v=61Bz_oX7r_Y
Mancini: riconosciamolo, il canto di De Lucia è attentissimo allo spartito, ma il pubblico odierno non lo accetta. In primo luogo perchè oggi si ha fretta, molta fretta, e non si è disponibili ad ascoltare tutto con pazienza. In secondo luogo perchè molte arie del pesarese sono viste come esibizioni da intenditori. Raffanti,Blake, Matteuzzi sono considerati cultori di una musica d’altri tempi e si sta tornando ad esecuzioni più concentrate e più facilmente orecchiabili…E’ lo stesso destino che è toccato alla Sonnambula, al Pirata ed altre opere che son viste come capolavori, ma d’un tempo che fu.
Il pubblico odierno non lo ascolta (non c’è più): che è una bella differenza.
Pesaro 1983 https://www.youtube.com/watch?v=XH0Wuh9nf_w
scusate volevo postare questo:
https://www.youtube.com/watch?v=Q_tXJz_3m9M
Iniziativa meritoria Attendo con ansia chi sceglierete per le sinfonie più celebri e in particolare per Semiramide!
Caro Mancini, potremmo beccarci anche questo, anche se siamo nel 1953
http://youtu.be/cHxpCwsFAFA