Il glossario di Mancini. 5) La voce di petto

Come il falsetto nelle voci maschili, il petto in quelle femminili è oggi considerato da molti alla stregua di un tabù. Nell’ultimo mezzo secolo la parola “petto” riferita ad un soprano o ad un mezzosoprano è diventata sinonimo di emissione “bassa”, ingolata,  aperta, sguaiata, sbracata, volgare, verista nel senso deteriore del termine. Il paradosso è che mentre per un tenore si ritiene irrinunciabile che persino gli acuti siano di petto, financo il famigerato do (che in realtà non è affatto di petto!), per le donne l’uso della voce di petto, oltretutto limitato alle note gravi, viene da molti additato come una imperdonabile bruttura estranea alla tecnica ortodossa. Si delinea in tal modo una misteriosa asimmetria tra voci maschili e voci femminili. E’ pacifico ad esempio che l’estensione di un basso sia quasi per intero compresa nel registro di petto. Da ciò si dovrebbe dedurre che quanti deplorano l’uso della voce di petto per le donne, in quanto tale registro a dir loro sarebbe scorretto e dannoso, considerino allora la voce di basso necessariamente difettosa, il che è logicamente assurdo. Ma più probabilmente costoro non si sono mai nemmeno posto il problema.

Tutti i trattati di canto antichi parlano sia per le voci maschili sia per quelle femminili di un registro di petto che deve unirsi con l’altro registro, chiamato talora falsetto, talora testa, talora falsetto-testa. L’espressione “petto”  fa parte del gergo tradizionale, non ha una valenza scientifica, è puramente convenzionale. Gli antichi avvertivano empiricamente una concentrazione delle vibrazioni sonore a livello toracico, e di conseguenza diedero a questo registro il nome di petto. Il che non significa, come qualcuno potrebbe banalmente pensare, che tale registro si debba “azionare” pensando il suono basso nello stomaco, attivando in chissà quale modo le cavità della gabbia toracica. I registri attengono a differenti meccanismi laringei, e solo indirettamente essi riguardano le cavità di risonanza, a dispetto del nome che la tradizione ha loro attribuito.

Talora la voce di petto è stata anche chiamata, a mio avviso giustamente, voce “naturale”. Essa infatti è la voce che la maggior parte di noi utilizza normalmente per parlare. Proprio per questo nelle voci femminili il disuso del petto, o per meglio dire la “pettofobia”, ha determinato anche un progressivo allontanamento dalla nitida e naturale articolazione della parola (oltre all’inudibilità della prima ottava di voce oltre la terza fila di poltrone). Ormai il canto operistico nell’immaginario collettivo, e in particolar modo per quanto riguarda i soprani, è divenuto una sorta di pomposo ed incomprensibile ululato… ed è davvero così, purtroppo!

A dimostrazione della desolante ignoranza che regna sovrana anche tra i grandi cantanti, inserisco il video di queste esilaranti interviste di Stefan Zucker.

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Gli esempi faranno storcere il naso a quanti, dopo decenni di decadenza del canto, non concepiscono che una donna possa emettere qualcosa di più dell’aria calda nella prima metà della propria estensione.

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9 pensieri su “Il glossario di Mancini. 5) La voce di petto

    • Nonostante adori in tutti i sensi questa registrazione e di migliori non ce ne siano, secondo me, l’uso che fa la Callas della sua SUPERvoce di petto in “suicidio” è uno dei motivi per cui la sua povera voce l’ha lasciata in pochi anni.
      Il suo registro grave è letteralmente “staccato” da quello centrale. Sembra proprio un altra voce in alcuni punti, tanto che spesso fa sentire anche il famoso “scalino” del passaggio

    • @Sardus
      “registro modale” è espressione coniata dalla moderna foniatria (Fussi), ma non è esattamente sinonimo di registro di petto, bensì di voce “piena”, appoggiata. Comunque per me costoro non capiscono nulla.

      La Callas nelle note di petto tendeva a scurire e gonfiare, infatti ne escono suoni un po’ artefatti e tubati, non è la sua vera voce. Preferisco la Burzio, trovo abbia una declamazione più schietta e libera, un petto bello pieno, ampio, per nulla costretto.

  1. Certo chiamare la voce di petto “voce naturale” sembra tanto più giusto quanto più si ascoltano queste cantanti, estreme testimoni di un’arte splendida e perduta. Un canto fatto ad arte non è un canto artefatto.

  2. Sto riascoltando ( propedeutica a Pesaro) la famosa Armida del 1952 con la Callas, e non mi sembra gonfi le note di petto.(ad ex quartetto e duetto del primo atto). Anzi , colpisce la omogeneita’ dei registri.

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