Questo ideale pendant nostrano all’ottimo taccuino della Viardot dimostra – se mai ve ne fosse ancora bisogno – come non solo la stampa specializzata prenda sonore cantonate, ma anche i cosiddetti “critici specializzati”. In questo caso si tratta di una delle firme di punta del sedicente maggior quotidiano nazionale (passato dalle firme prestigiose di D’Annunzio e Montale in Terza Pagina, all’incredibile presenza di Fabio Volo nel medesimo contesto di scrittori veri). L’inamovibile critico musicale è balzato recentemente agli onori della cronaca non specialistica per una querelle tra l’uscente sovrintendente scaligero e il quotidiano sopra citato (una vicenda abbastanza squallida di difesa di inusitati privilegi, pretesa di aver il biglietto pagato e garantito e, dall’altra parte, insofferenza a critiche, anche se – in questo caso – dovute a livori personali). Molto rumore per nulla, ovviamente: il critico ha trovato nido in quel di Roma (dove procede indisturbato a tessere le lodi del suo idolo) e alla Scala vengono inviati (a spese nostre ça va sans dire, come da malcostume italico) altri soggetti di pari (in)competenza. Il critico espulso continua, tuttavia, a occupare pagine e pagine di resoconti incredibili espressi in una prosa che definire involuta è mero eufemismo (condita pure da strafalcioni ed erroracci da attribuire forse alla fretta, forse alla vena immaginifica e incontenibile dell’autore o, forse, a un certo gap grammaticale). Detto questo il Nostro si è espresso recentemente in due “elzeviri” che vale la pena commentare: il primo dedicato all’Ory scaligero, il secondo alla prossima stagione romana. Nel pezzo sull’Ory, dopo aver ridimensionato la riscoperta del Viaggio a Reims (ovviamente perché battezzata dall’odiato Abbado, Claudio, e non dal più volitivo direttore napoletano, oggetto delle sue più emozionate elucubrazioni), dopo essersi lasciato andare a gratuite – quanto assurde – considerazioni (come il fatto che le opere francesi di Verdi e Rossini “servirebbero meglio la musica” in italiano…evidentemente il Nostro non sa quante deformazioni ha dovuto subire la musica del Tell nell’orribile versione del Bassi) si lancia in giudizi che una qualsiasi persona di gusto troverebbe avventurosi: si passa dall’attribuzione di grandezza al buon Renzetti (ritenuto superiore ad Abbado: ma il nostro ritiene Santi e Santini due giganti della direzione d’orchestra), allo smisurato elogio dei cantanti tutti (ma che ha sentito?), sino alla definizione della volgare messinscena di Pelly come “raffinato spettacolo comico”. Non so cosa ci sia di raffinato nel veder pisciare o sentir ruttare: bisogna chiederlo al raffinato esegeta. Incomprensibile è poi il riferimento al “restauro dell’intonazione originale dell’orchestra” da parte di Renzetti: ma che vuol dire? Attendo spiegazioni. Il meglio, però, è quel che scrive nell’elogiare a tutti i costi la mediocre stagione romana che, a giudizio di chiunque riesce nel difficilissimo (o meglio “difficilerrimo” per usare un’espressione cara al Nostro) compito di superare in bruttezza quella scaligera. Si parte col botto nell’attribuire a Muti la carica del “più grande concertatore vivente”. Sopravvissuti alla risata si prosegue con la parossistica lettura per scoprire, di nuovo, la grandezza di Renzetti, l’unicità di Muti nell’ “insegnare” ai comuni mortali Mozart e Verdi e l’indicazione dell’uso della glassarmonica in Lucia come se solo Schippers l’avesse fatto prima di Abbado, Roberto stavolta (quello che al Nostro piace più di Claudio se non altro perché ammesso alla corte romana). A parte che Schippers fa un pasticcio assai discutibile, poiché usa sia il flauto che la glassarmonica (non curandosi che si dovrebbe scegliere tra l’uno e l’altro), ma poi non è certo il solo a optare per quello strumento (problematico e – a dirla tutta – sgradevolissimo, che lo stesso Donizetti lasciò come alternativo, suggerendo il più musicale flauto). La migliore tuttavia è racchiusa in questa frase che cito testualmente: “…il suo ritorno a Gottlieb (il nome di quello che i cretini dicono Amadeus ) è da salutare con vera soddisfazione”. Peccato che il primo cretino sarebbe il diretto interessato che, appunto, si firmava Amadeus o Amadé. Peccato anche che Mozart venne battezzato Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart. Peccato, infine, che il nome Gottlieb non venne MAI usato dal compositore, né mai inserito in alcun documento ufficiale (solo il padre Leopold usò questa versione tedesca in poche lettere nei primi anni, poiché familiarmente lo chiamava Wolferl). Ora, alla luce di ciò, mi piacerebbe sapere chi è il cretino…
7 pensieri su “Della competenza dei critici “specializzati”.”
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Visto che oggi ricorre il decimo anniversario della scomparsa del grande Carlos Kleiber, posso solo dire che il mio giudizio relativo a questo individuo è divenuto definitivo dopo le volgari e gratuite insolenze da lui espresse nei confronti del Maestro in quella occasione.
Concordo.
buongiorno mozart,
vado a memoria ma mi pare che di Kleiber abbia “solo” detto che gli piaceva andare a donne e che dirigeva solo quando finiva i soldi…
queste cose peraltro le diceva kleiber stesso di sé senza problemi… (ho cenato con lui una volta al goldener hirsch a salisburgo una trentina di anni fa, in compagnia di amici).
se isottafraschini ha detto altro, non ricordo. però ricordo con nostalgia le serate in scala, poche purtroppo
In un delirio metafisico tirò in ballo questioni personali e privatissime (il rapporto con la moglie e immaginari problemi di autostima), l’omaggio apparente si trasformò presto in un ritratto meschino, perché un conto è parlare di musica (e ognuno ha i suoi gusti), altro è elucubrare sul fatto che “seppellita la mogliettuccia” preparò la sua morte, non avendo però il coraggio di togliersi la vita.
che dire? non ricordavo… isotta è una certezza (le poche -pochissime- volte che non insulta e si capisce cosa scrive controllo la firma dell’articolo…)
Memorabile la sua recensione dell’ultimo terribile Ring a Bayreuth diretto(?) da Petrenko . Oltre a definire quest’ultimo secondo solo a Karajan , lodo’ la straordinaria ” intonazione ” dell’orchestra : ma che vo’ di’ ?
buongiorno. Da Vienna. I critici sono spesso uguali nella loro dabbenaggine, un po’ dappertutto. Dopo la recente e a dir poco esecrabile Traviata al Teatro an Der Wien, tutta la critica locale e’ stata osannante e colpita al cuore da questa definitive interpretazione del lavoro verdiano. Tutti meno uno che ha osato dissentire dicendo chiaro tondo che quell non era la Traviata di Giuseppe Verdi da Busseto, ma una parafrasi del sig. Konwitchny da Lipsia. Il meschino e’ stato subissato di controcritiche dai lettori del suo blog ed anche da colleghi che non amano la varieta’ di opinioni. Tanto per ridere: durante il primo duetto Alfredo/Violetta in scena con loro, Violetta seduta, c’e’ Grenville che le fa un puntura ; quando Violetta dice “….Si folleggiava” lo fa mostrando il dietro con volgare sollvar di gonne. Germont arriva in scena con una bimba piu’ o meno decenne che schiaffeggia e sbatacchi qua e la sul palcoscenico. “Morro’, la mia memoria” viene cantata con una pistola in mano nel tentativo di suicidarsi. Alla domanda “dunque l’ami”? la poverina risponde di amare Dufol con una raffinatissima apertura di gambe. Non viene pagata da Alfredo, ma coperta con una tenda (unico elemento scenico). Soppressi tutti e due I cori perche’ disturbano la storia, ed anche quello del carnevale. Lettura della lettera mutilate da eccessivi colpi di tosse. Germont arriva non in scena ma tra il pubblico, viino all’orchestra, con Annina e Grenville e Alfredo, per raggiungerli, fa alzare tutti gli spettatori della prima fila. Soprano che del ruolo non ha capito nulla, voce con gli acuti fissi alla Mattila. Tenore che pur dotato di bella voce, urla tutto. Molto bravo Frontali. Saluti a tutti. Giovincore