Nelle riflessioni sulla tradizione interpretativa di Fedora, scelta perché ne offre di opportune peculiari nel panorama di musica proibita, potremmo facilmente parafrasare Orazio dicendo Fedora tota nostra est, perché salvo una eccezione di rilievo Maria Jeritza, il ruolo della protagonista ed anche di Loris appartengono quasi esclusivamente a cantanti italiani. La tradizione interpretativa discende dal fatto che il titolo di Giordano, tratto dal noir di Sardou, ebbe accoglienza e fama soprattutto sui palcoscenici italiani, oltre che al Met, che era monopolio degli italiani dopo la cacciata/fuga di Mahler.Fedora è pensata e scritta per la voce piuttosto centralizzante di Gemma Bellincioni. Prova ne sia che il do della scena del secondo atto il “né patria né madre” è un optional perché all’epoca della prima il soprano, che pure aveva iniziato come soprano d’agilità aveva perso gli acuti estremi dopo molta Cavalleria ed affini. Falso è che la parte così come scritta per la Bellincioni fosse adatta ad un mezzo soprano perché per Gianna Pederzini l’autore medesimo provvide ad alcuni aggiusti nei punti di scrittura più marcatamente sopranile.
Alla Bellincioni si aggiunse subito Emma Carelli. Le proponiamo entrambe; qualcuno potrà e con ragione storcere il naso per certi suoni aperti e dilatati, la propensione, nella scena della morte, a sostituire al canto il parlato. Ripeto condivisibile e forse condiviso il dubbio sull’ortodossia del canto, ma nessuna esecuzione più di quella di Fedora può esemplificare la differenza fra la tradizione precedente e l’interprete verista (sia la Bellincioni, ma anche la Carelli), che in una parte il cui testo letterario era stato scritto per la Bernhardt e che viene paragonata in scena alla Duse o alla di Lorenzo trova la propria esaltazione. Non sappiamo come dicessero frasi tipo “l’assassino dov’è” oppure l’apostrofe “Loris Ipanoff oggi lo Zar” o l’invocazione “Loris ho freddo riscaldami”, ma abbiamo un’altra interessante prova del distacco dalla tradizione precedente quella di ispirazione romantica perché l’ultimo autentico soprano drammatico d’agilità Giannina Russ incise con la sublimata perfezione, che si dovrebbe riservare all’esecuzione di un Lied o di una romanza da salotto di Nonna Speranza le scene principali di Fedora. Giannina Russ canta splendidamente senza nessun cedimento di gusto. Credo non ne fosse capace. Come si storce il naso per il Verismo della Bellincioni o della Carelli si può farlo per la linea di canto compita e algida, per l’emissione di altissima scuola della Russ. E si può legittimamente dubitare, che se il personaggio non è solo dedito alla declamazione ed al parlato non può neppure esserlo solo alla perfetta esecuzione. Poi diciamolo pure la scena della morte della Russ è cantata con tale eleganza, morbidezza e rotondità di suono che non si può che restare ammirati.
Certo è che il personaggio ha sempre avuto prevalenza sulla cantante. La ebbe nella prima esecuzione al Met quando accanto a Caruso venne proposta Lina Cavalieri che era realmente sensuale e bellissima anche se priva del fascino slavo della principessa a favore di quello più genuino e centro italico. Oltre tutto la Cavalieri, che aveva cominciato come cantante da caffè concerto (una sciantosa avrebbero detto ai tempi) aveva una dolce ed aggraziata voce di soprano lirico. Il resto lo faceva l’aspetto fisico, lo charme. Ripeto italico. Il fascino slavo doc di Fedora approdò sempre sulle tavole del Met grazie a Maria Jeritza che vocalmente era ben più vicina al soprano spinto che Giordano aveva pensato. La documentazione fonografica lascia perplessi sotto il profilo interpretativo perché la Jeritza non esibisce alcuna delle trovate e peculiarità vocali che fanno di una cantante una grande Fedora. Anche qui sopperiva e non poco l’attrice famosa per il bacio sulla bocca di Loris alla scena della seduzione dopo aver lanciato la tuba del nobile, giunto al convegno d’amore nella buca del suggeritore. E’ risaputo che le eccedenze temperamentali della Jeritza si scontrarono con il Loris molto tenore e poco amante che all’epoca imperversava al Met: Beniamini Gigli. Tanto è che davanti al rifiuto del tenore marchigiano di cantare con la Jeritza sopraggiunse Giovanni Martinelli che allo squillo adamantino ed ottocentesco degli acuti aggiungeva una cospicua prestanza fisica, idonea a tenere a freno le esuberanza del soprano moravo. Alla Fedora attrice più che cantante rispondevano quelle che fra il 1920 ed il 1940 ne furono le interpreti italiane ovvero Giuseppina Cobelli, Gilda dalla Rizza e Gianna Pederzini. In tutte e tre i casi il fascino della donna, dell’attrice, la presenza scenica superava l’esecuzione vocale stando o a quello che si diceva (per la Cobelli debuttante nel ruolo alla Scala con Pertile e la direzione di de Sabata e la Pederzini) o che si ascolta dai dischi (Gilda dalla Rizza). Che Fedora potesse anche avvalersi di una voce accadeva raramente prima della seconda guerra e su palcoscenici secondari che, pur diva internazionale, frequentava Rosetta Pampanini, il cui rapporto con la focosa e gelosa nobildonna russa fu occasionale. Meno occasionale fu il rapporto di due autentiche grandi voci con Fedora ovvero Elena Nicolai e Maria Caniglia. La prima è interessante perché propone (abbiamo la registrazione di una recita sudamericana del 1951 con Gigli) la Fedora cantata da un mezzo acutissimo e dotato di voce di eccezionale qualità. La seconda affrontò la comoda tessitura di Fedora nella seconda parte della carriera quando la freschezza vocale si diceva compromessa. Ascoltando l’esecuzione del 1953, quindi, una Caniglia con più di vent’anni di carriera sulle spalle e molto onerosissimo repertorio si può avere l’impressione di un organizzazione vocale compromessa parzialmente vedi la discesa al “avvenire” nell’aria di sortita o nella foga generica di certi acuti (il do in oppure della scena della seduzione per una cantante che passava per corta è abbastanza facile) magari non accompagnata da risorse di fraseggio peculiari, ma la cantante è prima di tutto solida, ritrae una Fedora credibile, magari più aderente al ritratto che ne fanno in Sardou i servitori di Loris (ricca e non esemplare per eleganza, un po’ contadina) che non a quello che la Fedora per antonomasia ossia Madga Olivero ha offerto. Celletti parlando, anzi scrivendo dell’Olivero ha utilizzato queste parole “una Carelli riveduta e corretta”, perché nella irripetibile esecuzione dell’Olivero convivono gli slanci inconsulti della dive veriste, con un paio di doverosi omaggi al più crudo Verismo come “Loris ho freddo riscaldami” ad una miniera di frasi sussurrate, alitate, insinuate, a pianissimi laceranti ed acuti tanto proiettati quanto taglienti che fanno della Fedora dell’Olivero il paradigma. Tanto paradigma che -si racconta- Maria Callas, declinante alla ricerca di un’opera davanti alla proposta di ripetere la Fedora o sperimentare Francesca o Adriana, tagliò corto dicendo che “sono cose dell’Olivero”. Aveva ragione perché la cantante superficialmente definita verista, come la Muzio, cui la Callas è assai simile come fraseggiatrice, si era sempre tenuta lontana. Ufficialmente perché piccola di statura,ma questo sono le scuse che le primedonne raccontano al pubblico e magari a se stesse!
Gli ascolti
Giordano – Fedora
O grandi occhi lucenti di fede – Giannina Russ
Son gente risoluta – Maria Jeritza
La donna russa è femmina due volte – Giacomo Rimini, Emilio Ghirardini
Amor ti vieta – Ottavio Frosini, Alfred Piccaver, Alessandro Ziliani
Mia madre, la mia vecchia madre – Fernando de Lucia
Vedi, io piango – Fernando De Lucia, Alessandro Ziliani e Augusta Oltrabella
Atto III
Dio di giustizia – Maria Jeritza
Tutto tramonta – Giannina Russ
M’innamorai della ‘Fedora’ col disco Caniglia-Prandelli. Poi la vidi primi anni ’70 con la Olivero e un nascente Giacomini. Lei stravolgente. Poi Gigli sudamericano e Tebaldi-diStefano napolitani (sempre in disco…) Ah!
C’è qualcuno che assistette alle recite Callas-Corelli? Girava vice che il grande tenore avesse una registrazione della recita, ma non saltò fuori da nessuna parte…
Mi è stato raccontato che la vedova di Corelli ha cancellato il nastro dopo la morte del tenore
Sa di leggenda però questo Mozart, anche se incontrata una sola volta, della persona ebbi un’impressione nn bella talché potrebbe anche essere vero…
Ai! Anche lei passata a miglior vita…
per quale motivo ?
Ascoltando Dalla Rizza e Melandri non si puo’ che confermare il giudizio di Celletti….