In epoca di realtà e comunità virtuali la vicenda di Così fan tutte può far, al massimo, sorridere per l’ingenuità che dimostrano tutti i personaggi: i fidanzati che si travestono alla bell’e meglio da nobili “esotici”, le promesse spose che cedono “in poch’ore” ai misteriosi corteggiatori, la cameriera che resta suo malgrado invischiata nel raggiro, il filosofo che s’illude, con “l’esperienza” allestita a beneficio dei due ufficiali, di avere fondato un’autentica “scuola degli amanti”. Questa la visione dell’opera (diciamo a metà strada tra la farsa e la commedia sentimentale) che emerge dalla realizzazione proposta dal Comunale di Bologna, auspici il direttore musicale del teatro, Michele Mariotti, e il regista Daniele Abbado, in un allestimento proveniente dal Lirico di Cagliari e che ha sostituito nel cartellone felsineo l’annunciata produzione napoletana firmata Mario Martone, già vista nei teatri emiliani sotto la bacchetta di Claudio Abbado. Lo spettacolo è grazioso nella sua oleografia in salsa metateatrale, con una serie di boccascena concentrici, sipari di tulle con proiezioni di vedute napoletane, cieli stellati e composizioni tra l’astratto e il pastorale, una distesa di sabbia che dovrebbe evocare ora un giardino, ora una marina, due passerelle che si protendono verso la sala e i palchi di proscenio destinati agli interventi del coro. Insomma un prodotto di ben confezionata routine, privo di idee originali ma se non altro coerente e decisamente risolto. Più involuta, e l’aggettivo è ancora benigno, la direzione d’orchestra, che alterna con foga degna di miglior causa e di più saldo controllo tempi serrati (i finali d’atto) ad altri esageratamente lenti e languidi (specie nei duetti d’amore e nelle arie di Fiordiligi e Ferrando), senza che da questa alternanza nasca una lettura caratterizzata da minimale coerenza e attenzione al testo, qui peraltro abbondantemente sforbiciato, specie nei recitativi, che della commedia dapontiana costituiscono l’ossatura (cade, per inciso, anche la seconda aria del tenore, “Ah lo veggio”, non eccezionale d’invenzione musicale ma piacevolissima all’ascolto). Purtroppo l’esasperata lentezza richiede, per non trasformarsi in noia assicurata, (almeno) tre ingredienti, qui in massima parte latitanti: la garanzia, dal podio, di una perfetta coesione tra fossa e palcoscenico; lo sfoggio, da parte dell’orchestra, di un suono non genericamente pulito (magari a onta di qualche secchezza), ma sempre appropriato alle diverse circostanze del dramma per musica; la capacità, in capo ai cantanti, di sostenere adeguatamente tempi e richieste della bacchetta, oltre a quelle, già di per sé onerose, della partitura. Follia sperare di realizzare il tutto quando si disponga di una Fiordiligi (Yolanda Auyanet, il cui repertorio fatto di Mozart, Donizetti, Rossini tragico e primo Verdi farebbe pensare a una Gencer o a una Caballé prima maniera) affetta da vibrato largo in tutta la gamma, maldestra “affondista” in basso, sgallinata in zona medio-acuta, incapace di un canto di agilità degno di questo nome; follia e presunzione quando il Ferrando risponda al nome e soprattutto alla voce eunucoide e stonata di Dmitry Korchak, che gracida del pari nei panni dell’eroe mozartiano e in quelli di Giacomo V di Scozia. Dolenti note anche dal resto del cast, che schiera peraltro cantanti già più volte uditi in terra emiliana e in quelle circumvicine, da Anna Goryachova, già improponibile nei ruoli di autentico contralto rossiniano (serio o buffo poco importa), qui tubata e poco udibile in una parte che insiste sull’ottava centrale della voce del soprano, a Nicola Ulivieri, che ha ben poco del fine dicitore (viene da pensare che il passaggio dal ruolo di Guglielmo a quello di Alfonso sia stato dettato dalla necessità di contenere il più possibile le escursioni in acuto, come l’ottava che precede il finale secondo impietosamente dimostra), a Simone Alberghini, legnoso e monocorde. Resta la Despina formato soubrette, dalla voce agra e scenicamente petulante, di Giuseppina Bridelli, nominale mezzosoprano, (ex?) allieva della Scuola dell’Opera del teatro bolognese. Che un simile elemento sia il migliore del cast, dovrebbe indurre gli addetti ai lavori a una seria riflessione. Sempre se il caldo ancora lo permette.
Gli ascolti
Mozart – Così fan tutte
Atto I
Temerari! Sortite…Come scoglio – Yolanda Auyanet (2014)
Un’aura amorosa – Dmitry Korchak (2014)
Atto II
Il core vi dono – Simone Alberghini e Anna Goryachova (2014)