Jarmila Novotna nasce a Praga nel 1907, almeno stando alle biografie ufficiali. Come spesso accade c’è da credere che Frau Novotna, debuttante nel 1925 si scontasse qualche anno di età. Doveva essere vocalmente dotata e spontaneamente buona musicista se arrivò men che ventenne ad essere allieva del più famoso soprano ceco che la storia della vocalità ricordi: Emmy Destinn. Nella lunga ed interessante intervista che la Novotna rilasciò a Rasponi nel libro “The last primadonnas” parla della Destinn come di una grande maestra nell’impostare le voci proprio sugli insegnamenti di base, ma si perfezionò a Milano con i maestri Tanaglia e Malatesta, ma soprattutto ebbe come coach Antonio Guarnieri. Non dimentichiamoci che la ragazza era a dir poco avvenente con un fisico, che richiamava assai più un’attrice del nascente cinema che non una cantante d’opera e questo se non era elemento unico per fare carriera anche negli anni ’30 costituiva un valido ed indiscutibile ausilio. In origine si trattava di un soprano leggero non particolarmente esteso come comprava un’esecuzione in lingua ceca dell’aria di Violetta, che omette la salita al mi bem. L’omissione configge con la circostanza che a Berlino la Novotna a Berlino avesse in repertorio la Regina della Notte. L’avvenente ragazza -ci sono video del 1931- approdò ben presto al più importante teatro di lingua tedesca l’opera di Stato di Berlino nel 1928. E nella capitale tedesca ebbe l’opportunità di lavorare con importantissimi direttori come Walter, Leo Blech il giovanissimo Szell. Le vicende della vita glieli faranno reicontrare tutti profughi al Met dopo il 1940. Ebrea nel 1933 lasciò Berlino ed approdò a Vienna, dove aveva debuttato nel 1928. Aveva già cantato in Italia nel 1928 a Verona come Gilda con il duca di Lauri Volpi e subito dopo l’ Adina al San Carlo con Schipa. A Vienna dopo la fuga dalla Germania rimase per cinque anni ovvero sino all’Anschluss. A Vienna nel 1934 cantò in compagnia del più famoso cantante austriaco da operetta (e non solo) Richard Tauber la prima della Giuditta di Lehar. Nella capitale austriaca cantò le parti che formeranno il suo repertorio ovvero parti di puro soprano lirico come Antonia, Tatiana dell’Onegin Margherita del Faust, Violetta. Cantava anche Butterfly, opera decisamente pesante per i suoi mezzi, ma che era, nel destino della carriera l’opera dei debutti in esilio. A Vienna affronta Mozart: Pamina, Contessa, Fiordiligi e Cherubino. Da Vienna a Salisburgo il passo è breve e nella città di Mozart incontra Toscanini e con lui canta la Pamina del Flauto magico.Nel frattempo era ritornata in Italia per eseguire a Firenze il Cherubino delle Nozze con la direzione di Bruno Walter e la Alice di Falstaff in Scala con la direzione di De Sabata.
Canta ancora nel 1939 in Austria, la dichiarazione della guerra la induce alla seconda fuga questa volta negli stati Uniti, dove l’aveva invitata a cantare Toscanini. Fuga piuttosto fortunosa, debutto a San Francisco con Butterfly il 18 ottobre del 1939 e il successivo febbraio arriva al Met. Al Met ci resterà per undici stagioni consecutive, sino al 1951 poi passerà al repertorio brillante. Sulle tavole del Met , precisamente nel 1956 darà l’addio all’opera cantando nel Fledermaus il principe Orlovsky, personaggio che era stato un suo personaggio nel periodo al Met. Gli altri “cavalli di battaglia” furono Cherubino e più ancora Oktavian con Marescialle del rango della Lehmann e della Steber. Paradosso la donna affascinante e seducente (fascino slavo come era stato quello di Maria Jeritza un ventennio prima) seduceva ed affascinava più in pantaloni che in gonna, anche se era stata applaudita quale Violetta, Manon, Mimì e Maria della Sposa Venduta. Ruoli che si avvantaggiano dalla presenza scenica della protagonista.
Antico e moderno convivono nella carriera della bella baronessa Daubek. Solo che tale convivenza fa della Novotna una cantante degna di essere ricordata e sulla cui vicenda artistica (quella umana è, come per Alexander Kipnis, una vita di esilio fuga, timore di persecuzioni per la sola appartenenza religiosa) si deve riflettere a differenza delle gnocche oggi in carriera, che vengono inventate, imposte in una stagione e nelle due successive spariscono.
La voce era quella non troppo estesa di un soprano leggero, con il passare del tempo acquistò un colore più scuro e una maggiore ampiezza. Non si può certo parlare né di un timbro privilegiato né di un velluto stupefacente. Il mutamento, naturale e non forzato della voce appare evidente se si raffrontano esecuzioni giovanili come “la Paloma” o gli estratti della Giuditta di Lehar con le esecuzioni americane di Antonia o Violetta. Mutamento naturale e non forzato perché la Novotna cantava con l’insegnamento della vecchia scuola di canto, che partiva dalla respirazione e dal sostegno del fiato, garanzie del costante flusso del fiato, di morbidezza e rotondità in ogni zona della voce. Anche qui basta sentire l’entrata di Butterfly non c’è il timbro sontuoso di Butterfly di genere spinto come la Rethberg o la Destinn e neppure le sfumature di una Steber, ma il suono è sempre perfettamente a fuoco sempre collocato nella maschera con conseguenza che la voce corre e non sembrano esistere difficoltà neppure su attacchi scoperti in zona di passaggio. Esemplare sotto questo profilo l’esecuzione delle arie di donna Elvira, debuttata nel 1942 per consiglio di Bruno Walter, dove, senza il timbro sfarzoso delle donne Elvira soprano lirico spinto in auge allora, la cantante sostiene senza sforzo e senza che dizione e posizione del suono vengano mai intaccate o compromesse il tempo sostenuto e serrato staccato dal direttore. Aggiungo il tempo più adatto ad una simile voce.
Questo ci dice che era la cantante, che piaceva ai grandi direttori d’orchestra perché la complessione tecnica, la musicalità le consentivano nel contempo esecuzioni che contemperassero esigenze vocali e musicali. E questo senza che la cantasse sfoggiasse esasperate dinamiche o trovate da interprete sopraffina (forse a certe genericità di fraseggio ovviava la bellezza della donna e l’attrice) come accade nella Traviata con la guida di Panizza e partner di doti vocali cospicue. Eppure anche nei momenti più tesi (prima sezione del duetto con papà Germont o il finale del secondo atto) la Novotna non sembra essere in difficoltà o sopraffatta dal personaggio perché ciascuna nota è collocata nella maschera al posto giusto e se anche le sfumature non sono soggioganti la cantante le propone dove il testo musicale e drammaturgico ed anche la tradizione le prevedono. Qualche cosa cui oggi non siamo più abituati e sulla cui perdita i copiosi ascolti della cantante ceca invitano a riflettere.
Traviata “madamigella Valery” con Tibbett 1941
Traviata ” addio del passato” met 1941
Traviata aria primo atto in ceco 1931
Debussy “le demoiselle elue” 1940 con Arturo Toscanini
Zauberflute “ach ich fuhl” Salisburgo 1937
Les contes de Hoffmann “Elle a fui la tourturelle”
Les contes de Hoffmann “C’est une chancon d’amour” con Jobin
Les contes de Hoffmann “ne plus chanter” con Jobin
Les contes di Hoffmann. Trio atto III con Pinza Harshaw
Faust Aria dei gioielli 1943
Le nozze di Figaro ( 1940 )
“Non so più cosa son , cosa faccio “
Don Giovanni 1942
Kosak und die Nachtigall – 1935
La vedova allegra Vilia o vilia 1943
Madama Butterfly Entrata san Francisco 1939
Rosenkavalier Trio finale Novotna Steber Berger Met 1951
Lehar Giuditta 1934 Tauber diretta dall’autore
Un soprano vero e semplice, senza menate! La conoscevo già ascoltando il Rosenkavalier della Steber, ma questi ascolti mi confermano la mia opinione positiva…