“Attendo, attendo….” Pereira IV puntata

Come commentare l’ultima puntata dell’affaire se non con la musica? La musica e le parole di Tosca o di Isotta che attendono. E lasciamo perdere quali guai seguiranno a queste attese. E forse per questo la scelta sarebbe ottimale. Qualche volta aiuta e soccorre pure la musica cosiddetta leggera e la grande Mina con “Parole Parole”. Lunedì doveva essere il giorno decisivo, d day: o rimuovendo l’ideatore e fautore dei commerci Milano-Salisburgo o decidendo, e supportati da quale bizantina motivazione, di tenerselo e se sì per quanto e come. E vai con altri bizantinismi e sofismi giuridico-contabili! ed invece in un paese patria tertium genus si rinvia ancora per sentire, si vocifera, anche il parere di un giuslavorista. Manco il presunto colpevole avesse posizione di lavoratore subordinato e si dovessero temere le ire di una magistratura, orientata verso la parte debole del rapporto contrattuale (che sia chiaro non è di lavoro dipendente e subordinato), ovvero il prestatore, ovvero sempre lui, Alexander Pereira. I giornali attizzano il fuoco, aggiungono nuove qualità di carne spiegando gli schieramenti dei membri del cda, precisando e farneticando sulla valenza politica e sulla rilevanza in prossimità del macilento e massacrato expo. Tutti a partire dal sindaco utilizzano e sprecano la parola expo con più frequenza dell’intercalare “cazzo” dei rivoluzionari o pseudo tali della milano anni ’70 (visto che portavano spesso doppi cognomi, rimasugli di titoli ed abitavano entro le mura romane o nell’addizione giuseppina). Ma intanto non si decide, non si ha il coraggio, la voglia, la capacità e fors’anche la libertà di farlo. Perché certo un sovrintendente in pectore, che per risanare i buchi da lui creati nella sede di provenienza, quale che ne sia l’importo, vende (e si tace del prezzo praticato rispetto ai concorrenti di mercato) a quella dove sta per arrivare allestimenti dismessi da un festival, che a differenza di un teatro non ricicla anche per mezzo secolo un allestimento (vedi la Boheme di Zeffirelli), deve essere rimosso senza se e senza ma. Tutori, tutele, libertà vigilata, controllori, task force anti corruzione ovvero gioco delle tre tavolette per fruire di un termine del presidente degli amici del loggione sono palliativi. Inutili, perché sono solo la dichiarazione di debolezza ed incapacità di assumere responsabilità di gestire la cosa pubblica affidata. Prima dell’immagine verso l’estero (immaginate quanto se la riderà la signora Rabl-Stadler se Pereira in qualsivoglia bizantina forma restasse) si perde l’immagine verso il pubblico stabile ed occasionale della Scala (anche se taluni vaneggiamenti pubblicati dovrebbero costituire base per una lombrosiana riflessione), verso i reali prestatori d’opera della Scala e la predica diventa sempre più inutile e risibile. Ma quelli della Grisi credono che si debba andare oltre a superare questa polemiche. Leggere, invece, nell’affaire Pereira un segno forte che ci dice: CAMBIARE, non solo la persona, ma lo stile, la mentalità l’impostazione. Pereira, e con lui molti altri che reggono e governano i cosiddetti grandi teatri hanno dimostrato coi fatti (e non si tiri fuori il pareggio di bilancio che basterebbe un “ragiunat” a smontare) che le loro idee sono datate, inutili, nocive e sono quelle che hanno condotto i teatri allo stato preagonico, tristemente manifestato da un Comunale di Firenze vuoto per Tristano. Il Tristano! Mentre di fronte allo smantellando edificio altro e di maggior capienza si costruisce e tutti si comandano come verrà riempito. Come datata, inutile e misera è l’idea che i beni culturali siano un mezzo per fare cassa, come si tentava di dimostrare in un convegno tenutosi qui a Milano nei giorni scorsi ed il cui messaggio non troppo occulto e non certo nuovo è “vendiamoci l’argenteria e i gioielli per tirare la fine del mese”. Gioielli ed argenteria si espongono, si prestano, ma non si vendono, mai. Non -come dice il Sindaco Pisapia- nel fatto che si parli di Scala, che si dica che si stia facendo qualche cosa, che si manifesti amore per il nostro teatro, si deve leggere l’aspetto positivo della vicenda, ma nel fatto che c’è stato un bombardamento, che ci sono solo macerie e ricordare che da un pesante bombardamento, da fumanti ed insanguinate macerie in poco e, in fondo, bene rinacque la Scala.

Accadeva solo settant’anni fa e siamo ai soliti “corsi e ricorsi” anche se il fuoco è stato “fuoco amico”!

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15 pensieri su ““Attendo, attendo….” Pereira IV puntata

  1. quando sei spiritoso Alberto,il cbox ogni anno va a rinnovarsi,perche c’è un abbonamento,spero che Donna Grisi lo rinnovi,perche anche se la chat è un in un periodo di fiacca,e pur sempre un punto di incontro,e di riferimento

    • Caro Pasquale dici bene; la chat è vero è un po’ in fiacca ma non importa, fosse frequentata anche solo una volta alla settimana nè varrebbe ben la pena! in fin dei conti la chat del CdG è il salotto buono di madame Grisi e in tutti i salotti di vaglia dell’ottocento non si riceveva ogni giorno 😉

  2. A quanto pare anche il nuovo sovraintendente della Scala sarà a scadenza, con dimissioni immediate a far data 31.12.2014 (sic!)……….

    La gestione dei teatri tra politici, amministratori pubblici, sindacati e codazzo vario mi pare oramai scaduta…… da un pezzo…….

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