Ascolti comparati: Alice Cucini e Waltraute Meier

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L’accesa discussione su Waltraude Meier nel ruolo di Klitemnestra mi ha indotto  a prendere in considerazione la stessa cantante in un passo dove voce e tecnica abbiano ineludibile ed insostituibile  importanza, ribadendo come a mia opinione l’avrebbero anche la terribile regina di Micene.  Ho scelto una pietra di paragone assolutamente desueta (ossia non la solita, scontata vocalmente irreprensibile Stignani, neppure la prima Klitemnestra ossia Frau Ernestine Schumann-Heink e neppure soprani Falcon quali la Litvinne o la coppia del deep South Bumbry Verrett) ma la sconosciuta, ai più, Alice Cucini (1879?-1949) il cui viso sereno e sorridente, l’acconciatura primi Novecento restituiscono la figura, nell’immaginario popolare della CANTANTE D’OPERA, dotata di considerevole giro seno e voce di conseguenza. Qualche cosa che  nel ruolo di Dalila allontana immagini di seduzioni raffinate e perverse, magari in salsa Nazista o Salò, per altre, ben diverse e fedeli all’immagine, coeva alla composizione, di femmina, di Oriente e di seduzione.

La scrittura di Dalila, che non supera in questa scena il sol acuto,  sfrutta il fascino “erotico” del registro grave femminile; perché -appunto- la seduzione sia quella che l’orchestrale denso e sontuoso di Saint-Sans oltre che l’icona biblica lascia facilmente intendere la voce deve risuonare omogenea in tutta la gamma senza buchi o scalini. Quei buchi e scalini, che con chiari fini propagandistici in tempi recenti ci sono stati smerciati ex cathedra felsinea  per la peculiarità della voce di mezzo soprano e di contralto. In realtà la trovata pubblicitaria è il sistema per sostenere e sostentare cantanti che, ignare di respirazione e sostegno del suono, esibiscono acuti ghermiti e faticosi (pur essendo in natura soprani), centri ingolati ed indietro, oltre che afoni e gravi artificiosamente pompati oltre che indietro ed ingolati al pari dei centri. A tutta questa raccolta di mal canto risponde l’esecuzione di Waltraud Maier (in natura soprano lirico o al più lirico spinto anche le prove in chiave sopranile sono state le sue peggiori) la quale attacca il passo “s’apre per te il mio cor, come schiudonsi i fiori etc” con voce ingolata battendo la scrittura nella zona del passaggio e di preparazione dello stesso. Questa non tecnica vocale attenta alla chiarezza di dizione, che per contro è scolpita e ben intelligibile nell’esecuzione della Cucini, che a scende nel registro grave “come schiudonsi i fiori” con facilità e suono nella stessa posizione ( e quindi con la stessa risonanza) delle precedenti note centrali. Nella stessa frase eseguente la Meier non scandisce e le vocali suonano piuttosto artefatte (questo anche la “o” iniziale che cade su un la3 e che assomiglia più ad una u). Siccome la Meier è un’interprete omette il rispetto della forcella “ma dolce amante mio” e questo perché il rispetto della prescrizione di spartito richiede in zona “scomoda” un controllo ed una distribuzione del fiato di cui la cantante non dispone. In sostanza l’esecuzione della sezione che precedente l’invocazione “ah rispondi”  che separa le due strofe da l’idea di un suono incapace di espandersi, che è la soluzione delle seduttrici con la voce importante, ma al tempo stesso dell’incapacità di  colorire le frasi – soluzione per le voci meno opulente-  perché la cantante è in difficoltà a flettere la voce ed a rispettare le copiose indicazioni di dinamica e ogni qual volta “redis a ma tendres”  ad esempio compaia un suono sulla i la voce diviene acida e mal ferma. Al “ritornello”  basta un re3 che cada su una “e” per sentire un suono fisso di chiara marca germanica. Non contenta alla seconda strofa la cantante inserisce notazioni espressive ( per nulla previste dallo sparito) come  accade a “fle che est moiss rapide” dove la celebrata diva trasforma il “poco animato” in isterico e rabbioso o poco prima suoni aperti su “qui m’est chére” . Insomma una Dalila rabbiosa e nervosa. L’antitesi della maliarda dalla voce d’oro che nella strofa incisa Alice Cucini emerge. Basta considerare il generale controllo della voce nella zona medio grave, quella dove in genere accadono le peggiori nefandezze di tecnica e di gusto, l’unica “sgrammaticatura” vocale cade sulla frasetta “alla fine parla ancora” dove la cantante emette un fa3 un po’ gonfiato e, forse aperto. In compenso appena sopra il do centrale la voce appare splendente, morbida, soffice e capace di piani e pianissimi sonori e penetranti come accade  (minuti 1.33) “su mio cor” e sull’intere frase “Ah rispondi” dove come giusto si alterna timbro scuro e voluttuoso e piani dolci e femminili. Una scoperta e nei limiti dei 3 minuti della registrazione del 78 giri un0idea chiara del personaggio. Aggiungo che la cantante fosse dotata anche in tessiture più acute emerge nell’aria di Favorita, tipica del soprano Falcon e, per quanto so, mai eseguita dalla Meier.

Saint-Saëns_ Samson et Dalila_ ‘Sieh, mein Herz erschließet sich’

24 pensieri su “Ascolti comparati: Alice Cucini e Waltraute Meier

    • Anche secondo me. Del resto ogni interprete va ascoltato nel suo repertorio d’elezione (ogni repertorio richiede approcci differenti e questo non è proprio quello della Meier, anche se l’ha pure inciso…ahimé). No condivido, francamente, la polemica per cui “siccome la Meier è un’interprete omette la forcella etc…”. Per prima cosa qualsiasi cantante è un interprete perché non esiste musica senza interpretazione (o meglio, resterebbe sulla pagina scritta) e il mero esecutore è quanto di più becero e antimusicale possa esistere; secondo se si ritenesse il rispetto di forcelle etc. come discrimine tra cantar bene e male allora il 90% dei cantanti del passato sarebbe da censurare: ancora questione di coerenza, non si può esaltare interpreti che prendono lo spartito come canovaccio sul quale riscrivere la parte e crocifiggerne altri per il mancato rispetto di una forcella o di una legatura… Ma ne parleremo a tempo debito di interpretazioni e limiti dell’interpretazione.
      Ps: buona voce questa Cucini, anche se mi pare un poco ingolata e la dizione decisamente impastata (il testo è difficilmente percepibile). Il tempo però non mi piace per nulla: la seconda parte è di una lentezza esasperante.
      Pps: comunque qualsiasi Dalila sparisce al confronto con Hélène Bouvier e Rita Gorr, a mio gusto superbe e irraggiungibili nel ruolo. Per quanto riguarda il brano pubblicato trovo straordinaria La Klose, diretta da un giovane Celibidache.

  1. A me questa Cucini piace molto per via del colore vocale che è
    omogeneo, in tutti i passaggi alti e bassi. Eppoi cos’è che non va nel tempo dell’esecuzione….mi si spieghi per favore come si possa
    sedurre con tempi più serrati ? La seduzione deve esser postata con cura e per sua indole è più lenta di quanto non si pensi.
    La Meier non la trovo consona, perchè fredda e impersonale. Di poi il Domingo con il suo versaccio (non acuto) toglie ogni pizzico di poesia.

  2. Propongo ad Antonino D’Emilio (e a tutti quanti gradiranno), l’aria di Dalila nella superba interpretazione di Margarete Klose diretta da un giovane Celibidache. Ovviamente è in tedesco. Buon ascolto.
    Ps: il brano si trova alla fine dell’articolo.

  3. Scusatemi ma non capisco come si possa:

    a) definire la Cucini ingolata e criticare un tempo al pf piegato a mille esigenze di registrazione, c’è qualche scalino nella voce, ma nell’insieme una buona esecuzione
    b) definire la Bouvier piena di difetti… Dove??
    c) definire la Gorr un bidone.

    Io le Gorr e le Bouvier le rimpiango amaramente

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