Sorella radio: Tosca al Regio di Torino. Pillola di malcanto.

01_toscaIl Regio di Torino ha riproposto in casa per la seconda volta la coproduzione di G.L: Grinda, seguendo la filosofia dell’offrire titoli nazional popolari che garantiscano il sold out ( $$$ )…..un po’ meno la qualità delle esecuzioni. In questi tempi di carestia di voci importanti e fiaschi annunciati sul “repertorio”, non facciamo che assistere a programmazioni ossessivo compulsive degli stessi titoli per i quali manca, in generale, una diffusa base professionale per rappresentarli ad un certo livello ( la sola Madama Butterfly ha visto nel mese scorso ben 3 allestimenti tra Torino, Genova e Firenze, uno peggio dell’altro…. ). Alla Tosca bolognese, che ha dato gli esiti che bene conoscete, è seguita a ruota quella torinese, caratterizzata dall’inciampo sulla protagonista annunciata ( scelta diosaperchè ) come già era accaduto per il secondo soprano della trasferta giapponese, desaparecida dopo l’annuncio del nome in cartellone. In tourneé il teatro era corso ai ripari con Patricia Racette, in casa è sopraggiunta all’ultimo la debuttante Anna Pirozzi, in omaggio al principio della “novità”, funzionale a creare qualche piccola curiosità in eventi che in realtà di interessante non hanno nulla, e sono, anzi, fritti e rifritti. Le ragioni della cassetta la fanno ovunque da padrone, quelle della qualità e dell’aver qualcosa di speciale da dire ( e sarebbe speciale, di questi tempi, il solo garantire una esecuzione solida e professionale in ogni reparto) un po’ meno. Anche l’oculata gestione piemontese non sa e non può sottrarsi a questa logica della banalità ma anche ai relativi scivoloni, dato che il “repertorio” è ormai una grande palude in cui naufragano tutte le velleità, le parole, la comunicazione massmediatica, l’impreparazione vocal direttoriale correnti, insomma ogni moderna teoria sul cantare moderno, la lirica di oggi, lo svecchiamento, il teatro di regia e panzane varie assortite. Il repertorio è il terreno dove si può al massimo “sfangarla”, diversamente si tira a campare compilando stagioni tutte uguali e tutte di scarso contenuto, sperando che il pubblico occasionale riempia la sala e tolleri, per amor di una bella serata con gli amici, quello che sul piano del canto è ormai indigesto per orecchie minimamente melomani. Finchè si resta sul piano della produzione provinciale e casereccia, si passa; ma se ci si pone su quello dell’arte o del grande evento musicale, si fa la fine di Lissner, che proprio con Tosca ha scritto una delle pagine di storia del teatro lirico più straordinarie ed originali degli ultimi anni.
Torino, seguendo la sua indole piemontese, ha cercato di andare sul sicuro nel comporre il cast, senza voli pindarici, e giocando la carta della debuttante della nouvelle vague della provincia italiana.

Dirigeva il maestro Palumbo, già a Torino con successo negli anni scorsi. Direttore di mestiere, che a volte fa buone cose, a volte ne fa di pessime. Il suo amore per i decibels non è venuto meno anche in questa occasione, e di clangori ve ne sono stati parecchi, la scena della tortura al secondo atto, ad esempio. La sua direzione ha avuto in generale momenti molto buoni, altri, però, di generica velocità, poveri del pathos e della forza descrittiva che Puccini richiede. Il suo modo di dirigere, infatti, produce una certa vis drammatica necessaria ed adeguata a momenti come la scena della tortura, mentre dall’altro non consente di rendere certe atmosfera, o di realizzare compiutamente l’infinita ricchezza contenuta nelle partiture pucciniane. L’impressione generale è stato un senso di incompletezza, se vogliamo, di resa parziale, come nell’alba su Roma e l’introduzione all’aria di Cavaradossi. Una buona prova, certamente la migliore della produzione, complice la bella orchestra del Regio, ma non certo i poemi sinfonici che Harding o Bignamini ci hanno regalato nelle settimane scorse a compensare la miseria che attraversava i loro palcoscenici.

Debuttante, si è detto, Anna Maria Pirozzi, ultimo prodotto nel settore delle voci “importanti”. Di lei abbiamo già parlato in altre occasioni, né il suo modo di cantare mi è parso progredito sul piano tecnico rispetto alle precedenti prove, continuando a latitare vistosamente. Il materiale è importante, ma non governato da un corretto uso del fiato, tanto che la voce risulta vetrosa e chioccia al centro, prevalentemente fissa negli acuti ( a volte la “gira”, a volte no ), come si è ben sentito nella scena della tortura, e troppo parlata in zona centro grave, dove il suono è regolarmente scoperto. L’attacco di “Vissi d’arte” la dice lunga sui problemi di manovra della signora Pirozzi in zona centrale ( il che fa pensare circa la sua vera natura vocale …), mentre sul passaggio superiore il “quante miserie..” metallico e grigio ha denudato i problemi a salire. Potrei continuare ad esemplificare con “nell’ora del dolore” dove la voce era completamente acida, un urlo il si bem di “signor”. Insomma, laddove Tosca non si agita al limite del grido, ma ha bisogno di dolcezza, di malinconia, di porgere amoroso, di intenso lirismo la cantante è stata soccombente, fino a trovarsi in grande difficoltà addirittura ad intonare frasi intere come è accaduto nella cantata fuori scena del secondo atto, stonata oltre decenza. Che il personaggio sia risultato vocalmente una creatura negativa e viperina, deriva dal livello tecnico troppo deficitario più che dalle intenzioni della cantante, che sarebbero anche giuste e di gusto. Peccato.

Il signor Vratogna ha delineato uno Scarpia truce e bestiale, a causa sia del modo di cantare che delle sue intenzioni espressive. Anche di lui abbiamo parlato altre volte e non occorre ribadire come questo baritono canti con una emissione dura e forzata, il suono fibroso e spesso. La voce, purtroppo, manca di cavata, col risultato che laddove desideri abbandonarsi alla pienezza del canto in passi come ”Già mi dicon venal ..a donna bella non mi vendo a prezzo di moneta..quest’ora io l’attendeva..etc”, il canto risulta eccessivamente primitivo ed fuori luogo per un personaggio che rimane sempre e comunque un barone. Idem dicasi per il grandioso te Deum. Ha avuto momenti sopportabili, altri spaventosi, perché la voce, alla radio in particolare, è suonata malferma, il legato intaccato da un procedere a scatti continui, un forzare costante che ha reso l’ascolto assai difficile per una voce che sarebbe anche importante. Passi per le salite all’acuto, ma almeno al centro si desidera un’altra emissione ed un ‘altro stile per Scarpia.

Il signor Berti ha fatto il suo solito Cavaradossi, tutto di volume, suoni sforzati, intonazione a volte periclitante e poc’altro. Ha tentato di essere espressivo o lirico quando ha potuto, in frasette come “Floria…sei tu” dove ha eseguito anche una bella smorzatura, ma troppo poco se poi il canto nel centro non possiede legato ed è privo di dinamica. Le arie non erano per nulla ben cantate, proprio per i suoi originari problemi tecnici, ossia il cantare con una voce gonfia, artificiale, non sorretta dal fiato. Un tempo Cavaradossi era ruolo per tenori di prima, seconda e terza fascia, più o meno ben impostati, ma in grado di reggere il canto sul centro, che si giocavano la loro classifica nei teatri in forza del timbro, della varietà espressiva, dello squillo negli acuti. Oggi pare non si riesca a trovare un Cavaradossi che canti la sua parte almeno legando i suoni in zona centrale, e la lista inizia con il caso preclaro dell’olimpica stella Kaufmann, passando per gli Alagna etc, sino ai vari De Leon, Armiliato, Yogoong Lee, Ventre, etc.. Fatto che dovrebbe far riflettere sui mille lati dell’opera decadence, perché meno di Cavaradossi per una voce tenorile lirica non so cosa ci sia da cantare.

Conclusione Generale successo per tutti, per una produzione provinciale del tutto inutile salvo per la cassetta e buona per un pubblico distratto, superficiale e poco interessato al canto.

PILLOLE DI BELLEZZA CON BIS

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7 pensieri su “Sorella radio: Tosca al Regio di Torino. Pillola di malcanto.

  1. vero ,si fanno questi titoli,perche garantiscono gli incassi,tutti i biglietti venduti,penso che vedere non le solite opere,ci vogliono dei teatri piu piccoli,con
    minori costi,affiancandoli ai grandi teatri,e facendo molto uso alla recita in forma di concerto,e farne una palestra per i giovani che devono farsi le ossa,certo la qualità non è il massimo,ma almeno-per chi vuole-puo ascoltare,non i soliti titoli

  2. Giudizio parziale perche’ ho perso il II Atto. Ho l’impressione che dei tre protagonisti quella che si puo’ salvare e’ Anna Pirozzi. Vratogna: parli di “momenti sopportabili” ma per caso erano prevalentemente nel II Atto ? Io, per il primo Atto, mi riconosco di piu’ negli “altri spaventosi”. Puo’ darsi pero’ che io sia rimasto troppo mal disposto dall’ingresso, perche’ “Un tal baccano in chiesa ?” era proprio spaventoso.
    Detto cio’, mi e’ parso abbastanza buono il sagrestano di Marco Camastra e buono l’Angelotti di Gabriele Sagona. Successo caloroso in sala ma, nei giudizi pervenuti alla Redazione di Radio 3, pare frequenti perplessita’ o riprovazioni per Berti e Vratogna.

    • Ahimè…no. a volte dipende dal tasso di novita, o meglio, di abitudine a questo o a quel mal cantare. Il nuovo impressiona più del vecchio, ma…..lei e il aritono hanno parti troppo articolate per reggersi a cantare così. Non ti dico come ho dovuto riparare dopo….

  3. La valoración global de esta “Tosca” de Torino y las reflexiones al respecto se pueden aplicar también sin ninguna clase de problema a la “Tosca” que se está representando estos mismos días en Barcelona. Ni fusionando los tres repartos (Radvanovsky/Serafin/Cedolins, De León/Ferrero/Kim, Maestri/Hendricks/Vitelli) se habría conseguido una función globalmente satisfactoria (no hablo ya de llegar a niveles de excelencia). Con todas las puntualizaciones que se quieran sobre ese u otro cantante, no puedo sino compartir el diagnóstico de la Grisi, pero con el agravante de que el Liceu ha tenido que ofrecer descuentos para acabar de completar el aforo de algunas de las representaciones programadas.

  4. Nel 2010 ebbi occasione di scrivere: Anna Pirozzi – una bella voce gentile, che potrebbe ricordarci la Tebaldi, ha presentato “Il Trovatore”, “La Traviata”, “Aida” abbastanza ed orgogliosamente bene, con sicurezza ha saputo calarsi nei personaggi. Però nei recitativi e nel fraseggio (con note al di sotto del re o del mi nel rigo) mancava in parte dell’appoggio sul fiato, ovvero la voce correva poco e dava senso di vuoto, una carenza armonica, quasi un principio di leggera afonia come mancasse il colore. Nella prima parte della romanza “E’ strano…” della Traviata é mancata la “delicatezza” interpretativa probabilmente per risparmiarsi per la seconda parte più impegnativa, dove però l’acuto finale é stato sonoro ma non bello. Comunque, nonostante questi piccoli inconvenienti opinabili, ha dato una buona prova riscuotendo un caloroso e meritato consenso del pubblico.
    Da quanto sopra letto non credo abbiamo simili opinioni in merito.
    Purtroppo ho ascoltato parte del primo atto di questa Tosca in auto e con i vari rumori stradali non posso certamente esprimere un giudizio veritiero, soprano e tenore non mi sembravano così disastrosi, però ho notato che il duetto (del primo atto) era abbassato!
    Son contento di vedere la foto che mi aveva gentilmente indirizzata Flalviano pubblicata in questo blog , grazie

  5. Caro Tamagni, benvenuto.
    le foto di labo’ non le abbiamo pubblicate, ma si trovano inserire a corredo della audio Live delle arie di una delle sue serate areniane con la Olivero su You tube. Se le clicchi, l audio parte. A presto

  6. Cara Giulia, grazie per il “benvenuto”.
    Per quanto riguarda la foto, hai ragione é inserita nel montaggio del video pubblicato (non so da chi) su You tube. Mi riferivo a quella con la dedica al Club “Le Maschere” del quale sono stato il fondatore pensando all’opera di Mascagni. In quegli anni ho avuto modo di incontrare ed ascoltare più volte Flaviano Labò, artista molto corretto.

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