MANGIARE DI MAGRO III: J.S. Bach, Cantata BWV 54 “Widerstehe doch der Sünde”

johann-sebastian-bachPer questa terza puntata di “mangiare di magro” proponiamo un menù insolito per il sito, passando dal genere operistico, alla cantata sacra della liturgia luterana di epoca barocca. Una cantata, la BWV 54, invero atipica all’interno della produzione bachiana, per lo schema formale assai semplice che nella successione di aria con da capo, recitativo e seconda aria affidati al contralto solo senza parti corali, e nella scrittura virtuosistica, mostra l’influsso dell’opera seria e della cantata secolare italiana.  La destinazione liturgica della composizione, il cui testo affronta il tema teologico della resistenza al peccato, era probabilmente la terza domenica di Quaresima. Composta nel 1714, durante il periodo di permanenza del compositore a Weimar come organista e poi come Conzertmeister, la cantata richiedeva un cantore professionista dotato di buona tecnica, di cui la cappella di corte non era certo sprovvista. Originariamente potrebbe essere stata eseguita da un contraltista adulto di sesso maschile, stante il divieto per le donne di partecipare attivamente al servizio liturgico, o più probabilmente da un fanciullo del coro particolarmente capace. La tessitura assai grave, pur coll’acutissimo registro di intonazione Chorton in uso in quel periodo a Weimar (grossomodo un intero tono più alto del nostro attuale diapason a 440 Hz),  è veramente di puro contralto,  in alto arrivando a sfiorare appena il do4, e scendendo frequentemente fino al fa2, con interi passaggi a cavallo del o anche sotto al do centrale che risulterebbero comodi per un tenore. Il pezzo infatti talora viene eseguito alzando la tonalità anche di una terza maggiore, per renderlo cantabile dai moderni mezzosoprani. La zona della voce interessata è quella assai critica in cui dovrebbe avvenire la fusione dei tuoni di petto con la corda sottile e leggera del registro mediano, vera croce del canto femminile dell’ultimo mezzo secolo che nell’ottava grave non ci ha fatto sentire altro che disuguaglianze, buchi, “scalini”, orrende ingolature  oppure aria calda. Ascolteremo alcune esecuzioni della sola aria iniziale, di cui riporto qui il testo con una traduzione italiana tratta da un sito Web:

Widerstehe doch der Sünde,

Sonst ergreifet dich ihr Gift.

Laß dich nicht den Satan blenden;

Denn die Gottes Ehre schänden,

Trifft ein Fluch, der tödlich ist.

 

Resisti al peccato,

prima che il suo veleno si impadronisca di te.

Non lasciarti ingannare da Satana;

disonorare la gloria di Dio

è una sventura che conduce alla morte.

La lettura del testo è fondamentale per comprendere le intenzioni compositive di Bach, che utilizza le figurazioni musicali in funzione espressiva per enfatizzare il significato delle parole. Così il brano si apre subito con un accordo dissonante degli archi sul basso continuo, soluzione assai originale ed ardita per quell’epoca, sinistra allusione al veleno del peccato,  ed il movimento scivoloso delle semicrome eseguito dai violini rappresenta la tentazione, in contrasto con le lunghe note sostenute sulla parola “widerstehe” (“resisti”), richiamo alla vigilanza.

Le incisioni disponibili sono assai numerose e testimoniano l’evoluzione della prassi esecutiva bachiana dagli anni Cinquanta sino ad oggi. Comunque si fatica a trovare un interprete davvero soddisfacente dal punto di vista vocale. Le donne soprattutto, scomparsa l’antica corda di vero contralto, risultano impari alla tessitura che non permette loro di sfogare il suono. Su questo sito non facciamo mistero poi di non amare la vocalità falsa dei moderni sedicenti “controtenori”, nient’altro che falsettisti artificiali, anche se bisogna ammettere che il loro impiego qui più che altrove può avere qualche fondamento storico, e alcuni – in disco – funzionano abbastanza bene (rimango scettico riguardo a quanto siffatte organizzazioni vocali possano risultare udibili in una chiesa cantando su tessiture così gravi). Non conosco, se esistono, incisioni da parte di voci bianche di pueri cantores.

Immagine anteprima YouTube

Partiamo dalla più antica, Hilde Rössel-Majdan diretta da Hermann Scherchen, che stacca un tempo molto disteso ma esegue una bizzarra fermata alla fine della sezione A… il brano sembra finito quando manca ancora il B e il da capo. Il contralto austriaco canta con stile, morbidezza, buon legato, emissione fluida e omogenea, bel colore anche se scuro, è accorta nell’evitare volgari cadute e sbracature nelle note più gravi. Certo soffre la tessitura e risulta poco incisiva nella perorazione “Laß dich nicht den Satan blenden” (“non lasciarti ingannare da Satana”) che richiederebbe maggiore impeto. Forse la prova vocalmente migliore da parte di una voce femminile (e non solo), e per giunta senza alzare la tonalità originale.

Immagine anteprima YouTube

Più netta nella scansione del testo ma anche meno controllata vocalmente Marga Höffgen, specialista bachiana degli anni Cinquanta e Sessanta; qui mostra una certa durezza e pesantezza di voce, gravi troppo marcati e viriloidi e passaggi disomogenei da un registro all’altro (come la brutta caduta di stile ad 1’15’’). Anche lei esegue il brano nella tonalità originale di mi bemolle.

Immagine anteprima YouTube

Da alcuni considerato un interprete storico in quanto pioniere della moda controtenorile, propongo anche l’esecuzione anodina del falsettista Deller, diretto da Leonhardt: le prime manifestazioni del movimento filologico barocchista. Un falsetto chioccio, che scendendo si ingola e salendo si sbianca, ma abbastanza garbato e musicale.

Immagine anteprima YouTube

Altro discorso merita a mio avviso il caso di Russel Oberlin, qui colto credo in una non perfetta forma vocale (del resto avrebbe cantato solo un paio d’anni ancora prima di ritirarsi). E’ un caso raro di contraltista naturale, ed infatti il suo non è un falsetto costruito ma la sua voce vera e propria. Ritengo in questo caso appropriata l’antica definizione di “controtenore”. E’ l’unico interprete cui la tessitura del brano non risulti stretta ma naturale, ossia l’unico a non dare l’impressione di cantare troppo in basso. Dirige dal suo pianoforte modificato con cui realizza la parte del basso continuo, il celebre Glenn Gould.
Prendiamo infine in esame due esempi attuali di voci specialiste del barocco, secondo l’oggi incontrastata corrente esecutiva “autenticista”.

Immagine anteprima YouTube

Nathalie Stutzmann, accompagnata da Eliot Gardiner, canta con emissione così indietro e artefatta, finta, ingolata, da sembrare l’imitazione di un falsettista maschio. Le note tenute anziché essere ferme sono fisse e l’intonazione risulta calante già nel vocalizzo sulla parola “ergrEIfet” a 1’04’’. Stonature filologiche forse? Stesso problema sui lunghi fiati di “widerstehe” (“resisti”)… il sostegno resiste ben poco ed il suono cala, fisso… più che alla vigilanza morale sembra un richiamo alla lassezza. Si aggiunga una pronuncia poco nitida con vocali impastate in conseguenza dell’emissione tutta indietro e ovattata.

Immagine anteprima YouTube

Anne Sofie Von Otter esegue il brano ad un tempo considerevolmente più spedito, in cui va persa tutta la ricchezza e la poesia della costruzione armonica, ma che senz’altro le facilita la gestione dei lunghi fiati. La voce risulta secca, puntuta, priva di spessore (davvero è un mezzosoprano?), senza cavata e senza legato, con dizione caricata alla maniera espressionista… un canto da caratterista più che da cantatrice di chiesa. Non c’è alcun carattere di sacralità, stilisticamente prima ancora che vocalmente è una prova senza capo né coda, anche a causa del tempo frettoloso, superficiale, tirato via. Da notare come la vocale A risulti malamente schiacciata e ingolata, ad esempio su “ergrEIfet”.

Entrambe la Stutzmann e la Von Otter alzano il brano di mezzo tono, scelta peraltro legittima alla luce di quanto detto all’inizio.

10 pensieri su “MANGIARE DI MAGRO III: J.S. Bach, Cantata BWV 54 “Widerstehe doch der Sünde”

  1. interessantissimo l’accostamento di Oberlin con Deller e concordo in pieno con quanto scritto da Mancini, un autentico controtenore nell’accezione antica e cioè voce naturale più acuta di quella di un tenore e non falsettista artificiale come viene usato il termine ai giorni nostri. Anche se la voce in questa registrazione risulta un po’ stanca è evidente l’imposto completamente diverso da quello di un falsettista come Deller. Olberlin stesso lo spiega in questo breve video http://www.youtube.com/watch?v=2YgrPBTRjMk

  2. Non condivido il giudizio negativo su Deller.
    Per quel che riguarda il modo di cantare falsettista per me è un modo di cantare come un altro. Siccome non esistono, io credo, così tanti Oberlin, a mio sommesso avviso non ha senso tenere in soffitta il canto controtenorile finché non ne venga fuori un altro come lui.
    Allora ben venga il falsetto. E quello di Deller non mi sembra affatto chioccio nè ingolato in basso. E nemmeno sullo sbiancato sono d’accordo. Almeno non suona (sempre) così fisso come i suoi epigoni. L’unica pecca è che mi sembra un po’ un solfeggiatore, ma fa delle belle messe di voce che avercene oggi.
    La Rossel Majdan è quella che mi è piaciuta di più. Mentre l’esecuzione schizoide della von Otter è cosa che dovrebbe essere punita dalla legge.

    • Non è un modo di cantare come un altro (il canto è uno e non può che essere uno, e poi, lo diceva Caccini, dalle voci finte non può nascere nobiltà di buon canto). E’ matematico che in basso ingolino per dare un po’ di spessore, di “corpo”, altrimenti il falsetto sarebbe pressoché inudibile su note basse (che una voce naturale emetterebbe di petto).

      • Giambattista però che palle co’ sto mantra del canto uno, unico e che non può che essere uno… Abbiamo capito e in parte siamo d’accordo. Per lo meno io. Per quel che riguarda Caccini, pace all’anima sua, ma chissenefrega. Per quel che riguarda Deller, se tu lo vuoi sentire per forza ingolato, ok. Io non sento suoni di gola. E no non sono nemmeno d’accordo che il falsetto di Deller debba essere estromesso dal “dogma” del canto. Mi piace? Nì. Non per questo deve per forza farmi schifo. No?

        • In generale non è ingolato, solo in zona grave c’è qualche passaggio in cui coinvolge la gola o in cui comunque per dare corpo al falsetto “incaverna” l’emissione. E’ lo scotto da pagare quando si canta con una organizzazione vocale artificiosa. Certo son d’accordo che c’è di peggio.

Lascia un commento