Edita Gruberova in concerto alla Salle Pleyel (25.I.2014)

gruberova_paris_jan2014_part2-e1391099194367Prossima ai settanta anni di età e non distante dai cinquanta di carriera, la Gruberova dedica il suo annuale ciclo di concerti con orchestra (il “riposo per la voce” che spezza la trafila di Borge, Devereux, Bolene e Straniere, pane quotidiano della cantante slovacca) a un autore che ha praticato, a conti fatti, con moderazione, benché potesse risultarle più congeniale di altri, ben più copiosamente affrontati. Questo recital mozartiano presenta, accanto a ruoli più volte sostenuti in teatro (Donna Anna e Konstanze), pagine affrontate prevalentemente in sala d’incisione (la prima aria di Sifare, il “Come scoglio” e l’ultima aria di Elettra, qui proposta – per ben due volte – in sede di bis) o aggiunte solo negli ultimi anni al repertorio concertistico (l’aria delle rose dalle Nozze di Figaro). Un programma che costituisce insomma un compendio di carriera e, al tempo stesso, una sorta di riparazione (che con un poco di cinismo potremmo definire postuma) nei confronti di un compositore eseguito poco (dalla Gruberova) e male (da molte altre cantanti, ancorché benedette dalla gioventù e più ancora dalle major e dalla critica togata).
Nel vasto spazio della Salle Pleyel la voce del soprano, che non è mai risultata privilegiata sotto l’aspetto meramente timbrico, corre con una facilità che ha quasi dello spaventoso, in senso assoluto e non solo in considerazione dell’età e del repertorio (in molti casi pesantemente inadeguato) che ha caratterizzato gli ultimi due decenni abbondanti di carriera (almeno dal debutto catalano nel Devereux, 1990). Un suono cristallino e pieno, anche e soprattutto nei numerosi piani e pianissimi e nelle meticolose messe di voce che la cantante, un po’ per esibire prodezze vocali, un po’ per facilitare l’emissione degli acuti, generosamente profonde. Le cose vanno decisamente peggio nella prima ottava, che suona vuota e smunta, specie al confronto con quella superiore: ciò è particolarmente evidente nell’aria di Susanna e in quella di Fiordiligi, nonché nel “Martern aller Arten”. Il vero grande limite della cantante, più delle occasionali stonature e suoni fissi (ben più rari e contenuti che non, ad esempio, nei cimenti donizettiani e belliniani), è l’incapacità di eseguire l’autentica agilità di forza (limite evidentissimo nel “Come scoglio”, parodia della scena da opera seria solo per il contesto scenico e non già per le caratteristiche della scrittura vocale) e di sgranare a dovere i trilli nella grande aria di Konstanze. Ancora eccellente, per contro, e un hapax o quasi tra i soprani oggi in attività, la respirazione, e per conseguenza la capacità di gestire le riprese di fiato: in questa saldissima esecuzione di un meccanismo, che è alla base del canto professionale, risiede, con ogni verosimiglianza, il segreto di una carriera tanto lunga e fortunata. Non è poi una scoperta di oggi che l’interprete sia parca nel gioco dei colori vocali e limitata quanto a dizione e fraseggio: a farne le spese è soprattutto l’aria patetica del Ratto, mentre sul filo dell’isteria (forse con consapevole civetteria da stagionata primadonna) sono risolti tanto il “Come scoglio” quanto il “D’Oreste, d’Ajace”. Di misurata eleganza, per contro, sia l’aria di Sifare sia quella del “Don Giovanni”, con cui la Gruberova inaugura la serata.
Eccellente la Münchener Kammerorchester, molto meno il direttore Douglas Boyd, che, di fronte a un’entrata in lieve anticipo della Gruberova in un punto del “da capo” dell’aria di Sifare, non riesce (e neppure ci prova) ad “aggiustare il tiro”, proseguendo imperturbabile per la propria strada e lasciando alla solista (cui per fortuna non difetta il sangue freddo) il compito di individuare il punto più propizio per tornare in sintonia con l’orchestra. I tanto disprezzati “praticoni” alla Mario Rossi, alla Previtali, alla Molinari Pradelli sarebbero intervenuti con ben maggiore rapidità e pregnanza, consapevoli del fatto che, soprattutto nel contesto di un recital, compito del direttore è agevolare il più possibile il solista, sulle cui spalle poggia il peso preponderante della serata.
Scontata, ma non per questo meno impressionante, la standing ovation che il pubblico della Salle Pleyel ha dedicato, al termine del concerto, a un’autentica professionista del canto. Con tutti i difetti e i limiti del caso, la Gruberova appare davvero come l’ultima rimasta, o una delle ultime rimaste, di una categoria in via d’estinzione.

 

Mozart – Die Entführung aus dem Serail

Atto II

Martern aller Arten (frammento) – Edita Gruberova (2014)

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7 pensieri su “Edita Gruberova in concerto alla Salle Pleyel (25.I.2014)

  1. Ho ascoltato l’altro ieri la registrazione sul tubo del concerto mozartiano di gennaio e non posso che condividere le parole dell’autore. Mi aspettavo di rimanere deluso invece la Edita, nonostante alcuni difetti dovuti all’età specie nelle parti estreme della voce, è impressionante. L’aria dal Mitridate e dalle Nozze sono state ottime e anche nelle altre ha dimostrato ancora una volta che è una Grandissima mozartiana e un’artista eccezionale, capace di prodezze oggi impensabili e con una voce ampia e perfettamente gestita. Se è in buona serata il godimento è assicurato. Sarò di parte, perché ho sempre avuto un debole per lei, ma ci ricorda in un epoca di totale decadrnza cosa significhi cantare!

    • frau gruberova, che non si premura neppure di nascondere la sua età al pubblico una volta sarebbe stata di quelle sofie che cantavano marescialla, di quelle musette che finivano a fare butterfly perché la spettacolarità dell’edita sta proprio in quelle otto note al centro più grandi ed ampie di quelle di un soprano da Wagner. E ti assicuro che è una modifica intervenuta a poco a poco nel tempo perché all’epoca della zerbinetta scaligera 1984 o della lucia 1985 aveva una voce normale al centro. A parte che allora problemi a farsi sentire al centro non ne avevano i soprani leggeri tipo serra aliberti e gruberova. Se mai lo aveva la devia sino al 1990

      • Che fortuna ad averla ascoltata negli anni d’oro!!! Poi la sua Zerbinetta secondo me è la migliore, considerando anche quanto ha frequentato il ruolo! Chissà che applausi!!!
        Davvero la voce è cresciuta di ampiezza? O forse prima aveva acuti più grandi? In ogni caso è l’ultima vera diva per mio conto.
        Nel video postato della sua Konstanze giovanile è impressionante per il tempo che regge, dimostrando una padronanza assoluta del fiato!

  2. questa Donzelli sulla Zerbinetta e Lucia scaligera (ma ci metterei anche il concerto dove canto Ofelia e forse la prima Donna Anna con quel terzetto cantato in maniera irripetibile con Araiza e Murray) é una giusta precisazione a futura memoria

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