Wagner Edition: Der Ring des Nibelungen. Parte I

RHEINGOLDDer Ring des Nibelungen è un vasto oceano solcato da correnti e venti che ne increspano la superficie: un mondo infinito e profondo dove si incontrano dei e uomini, leggende e miti, colpa e redenzione. Un mondo complesso, sostenuto da uno scheletro di suggestioni filosofiche e simboli indecifrati, in cui si incrociano Marx e Schopenauer, anarchismo e nazionalismo, religione e arte. Il Ring è la storia di un passaggio: la morte del mito (o la morte di Dio) e la nascita del mondo degli uomini attraverso le fiamme che purificano e distruggono. Occorreranno più di 26 anni a Wagner per stendere compiutamente parole e musica di quello che, nelle sue intenzioni, doveva essere l’opera d’arte dell’avvenire: l’inizio di un nuovo modo di concepire l’opera e la musica. Il mito nibelungico comincia ad attirare l’attenzione di Wagner sin dal 1844, quando la lettura del celebre poema epico medievale Nibelungenlied gli fa concepire un dramma sull’eroe Sigfrido (anche se nel poema la storia tra Sigfrido e Brunilde è trattata solo marginalmente). Il progetto, però, rimane – allora – allo stato di mera suggestione: il compositore era occupato dal nuovo incarico di kapellmeister al teatro di corte di Dresda e dalla steseura delle sue nuove opere (stava ultimando la partitura di Tannhäuser e il libretto di Lohengrin). Sigfrido dovrà attendere sino al 1848, quando il Lohengrin verrà ultimato. Nel frattempo l’interesse di Wagner per la saga nibelungica si approfondisce: legge la Deutsche Mythologie di Grimm (una raccolta completa di tutte le fonti della mitologia germanica), l’Edda (fondamentale testo della letteratura norrena che testimonia la cultura dell’Europa precristiana) e la Völsungasaga (altro testo islandese che tramanda la storia di Sigfrido). Proprio nel 1848 – l’anno delle rivoluzioni europee – Wagner inizia a dare forma al mito nibelungico, rielaborando le fonti in modo del tutto originale: il mito viene riordinato e ricomposto nell’intenzione di dare coerenza e unitarietà alle fonti eterogenee (procedimento opposto a quello dei librettisti tradizionali che, invece, operavano vere e proprie riduzioni ad uso delle convenzioni dell’epoca) e li arricchisce con materiale derivante dallo studio della tragedia classica, dalle cosmogonie presocratiche, dalle suggestioni della filosofia tedesca (Hegel, Feuerbach e Schopenauer) e dalle più recenti passioni rivoluzionarie (l’anticapitalismo marxiano). L’interesse per l’antica mitologia nordica non è certo prerogativa di Wagner, ma luogo piuttosto comune nel clima romantico dell’800 tedesco, alla ricerca di miti originari e radici su cui fondare la propria identità nazionale, ma sicuramente il modo in cui viene trattato dal compositore – la profondità e complessità dell’impianto – lo rendono un unicum nel panorama culturale dell’epoca, anche aldilà di una versificazione poco scorrevole e volutamente macchinosa. La stesura dei poemi occuperà l’autore per 5 anni, dal 1848 al 1853, durante i quali sospende ogni attività compositiva. Com’è noto Wagner comincia dalla fine, dal primo abbozzo del Siegfrieds Tod (la prima stesura di quel che diverrà il Götterdämmerung) risalente all’autunno-inverno 1848/49, a ritroso sino al Rheingold. Nel dicembre del 1852 la scrittura è virtualmente terminata e agli inizi del ’53 il poema viene pubblicato a Zurigo, con ampio risalto nel mondo culturale. Il tempo intercorso tra prima stesura e revisione finale, porta i segni del cambiamento delle convinzioni filosofiche del compositore: il fallimento delle rivoluzioni e dei moti del ’48, la condanna a morte e l’esilio, l’incontro con la filosofia di Schopenauer e il buddismo, trasformeranno il socialismo utopistico del giovane Wagner in una visione pessimista dell’umanità, purificata e salvata dalla redenzione da una colpa originaria (e c’è chi vi ha visto paralleli con il peccato originale cristiano, reinterpretato in chiave pagana e privato di significati trascendenti). E’ evidente soprattutto nel finale del ciclo, dove il passaggio tra Siegfrieds Tod e Götterdämmerung porterà ad un ribaltamento di significato (parallelamente allo spostamento dell’oggetto: non più Sigfrido, ma il mondo). E così mentre nella prima stesura l’olocausto di Brunilde è visto come dedizione totale all’umanità e all’amore, e dove è l’eroe Sigfrido che libera gli uomini dalla schiavitù dell’oro, uccidendo Mime e Fafner, sconfiggendo le superstizioni religiose e inaugurando un’era di felicità e progresso grazie all’amore universale, nella versione definitiva è il destino e la natura a spazzar via il mondo antico, lasciando l’uomo da solo, con le sue miserie, i suoi dubbi, le sue speranze. Un pessimismo cupo appena illuminato dalla luce dell’alba di un mondo nuovo, ancora incerto e in cui solo l’amore può portare redenzione – anche se deve passare per il sacrificio e per la distruzione del fuoco purificatore. Se la scrittura dei poemi occuperà 5 anni di travaglio, la stesura della musica si protrarrà per più di 20 anni! Dal 1853 al 1876 quando, finalmente, l’intera Tetralogia vedrà la luce nel teatro/tempio di Bayreuth (anche se le prime due opere già erano state rappresentate a Monaco di Baviera: Das Rheingold nel 1869 e Die Walküre l’anno successivo). La composizione segue, invece l’ordine cronologico: l’esatto contrario della stesura del testo, con il risultato di una certa contraddizione interna, così che l’opera musicalmente più avanzata e matura è quella in cui si possono ancora rilevare pochi residui delle forme tradizionali, poi eliminati negli altri tre lavori). Terminati i poemi, tuttavia, Wagner entra in una specie di crisi creativa sino a che – racconta lui stesso – nel torpore di un pomeriggio estivo a La Spezia gli risuona in mente il tema iniziale del Rheingold, il lungo pedale di tonica sulla tonalità di mi bemolle maggiore: un suono primordiale (tenuto da otto contrabbassi per oltre 130 battute) da cui emerge l’intera saga, come riaffiorante dalle oscure e limacciose acque del Reno. Nel novembre dello stesso anno comincia a scrivere la musica che porterà quell’accordo primordiale – attraverso le più avventurose modulazioni – alle gigantesche cadenze plagali del finale del Götterdämmerung, quando le stesse acque torbide del Reno – misteriose e oscure – tracimeranno insieme alla potenza dell’orchestra e inonderanno l’intero mondo antico, purificato dal fuoco e illuminato, forse, dall’alba dell’uomo. Prima di affrontare nei prossimi tre appuntamenti la struttura musicale del Ring, il suo contenuto ideale e la sua importanza storica, filosofica e politica nella percezione dei contemporanei e successori, è opportuno chiudere questa introduzione con una sintesi dei contenuti. Der Ring des Nibelungen è una tetralogia composta da un prologo e tre giornate: Das Rheingold, Die Walküre, Siegfried, Götterdämmerung. Venne rappresentato integralmente tra il 13 e il 17 agosto del 1876, a Bayreuth, nel teatro fatto costruire dal compositore secondo propri ideali estetici ed acustici: un teatro tempio dove l’arte si fonda con la religione, e l’opera rappresentata non è più mero evento di svago, ma momento complesso di partecipazione e compartecipazione. Il ciclo racconta la storia di Sigfrido e Brunilde, snodo fondamentale della mitologia germanica, inserito in una visione più ampia che parte dal furto dell’oro del Reno – simbolo di vita, materia sacra e incorrotta – e arriva alla caduta degli dei e all’era dell’uomo, lasciato solo ad errare per il mondo. L’oro è custodito nelle profondità delle acque del Reno (l’acqua che dà la vita) da tre ondine, simbolo di purezza. Un nano, Alberich – creatura dell’oscurità e contaminato, appartenente alla malvagia stirpe dei nibelunghi) – cerca di afferrarle, e mentre le tre si prendono gioco di lui e dei suoi goffi tentativi, questi riesce a sottrarre l’oro e portarlo nell’oscurità. Nel frattempo gli dei, sulle vette dei monti sono in attesa di entrare nel Walhall, la dimora fatta edificare per loro dai giganti. Il sovrano degli dei, Wotan, sta cercando il modo di non pagare la ricompensa ai costruttori – Fasolt e Fafner: egli, infatti, aveva promesso loro la bella Freia, dea dell’amore e della giovinezza, nonché coltivatrice delle magiche mele in grado di donare eternità agli dei. Wotan chiama il dio del fuoco, lo scaltro Loge, che gli suggerisce di proporre ai giganti di scambiare Freia con un enorme tesoro. I giganti accettano, tengono la dea a garanzia e Wotan scende negli abissi dei nibelunghi, dove – gli ha confidato Loge – è custodito un immenso tesoro. Nel fondo della terra Alberich ha fatto forgiare al fratello Mime un anello con l’oro rubato alle acque del Reno, che gli dà il potere assoluto sui suoi simili, resi schiavi e occupati notte e giorno nella ricerca dell’oro. Oltre all’anello Mime ha forgiato un elmo magico che permette a chi lo indossa di tramutarsi in ogni cosa e di ottenere l’invisibilità. Wotan e Loge, con l’inganno catturano Alberich, costretto – per essere liberato – a cedere agli dei tutto il suo oro. Ma Wotan pretende anche l’anello, che con riluttanza il nano gli consegna, dopo averlo maledetto. A questo punto il re degli dei crede di poter riscattare Freia, ma i giganti oltre al tesoro vogliono pure l’anello maledetto: Wotan cede, ma la maledizione dell’oro inizia ad agire. Fafner uccide Fasolt e scappa col bottino. Presagio di sventura. Scoppia una tempesta e gli dei entrano nel Walhall mentre dal fondo del Reno le ondine piangono il destino degli dei, che si incamminano inconsapevolmente verso la loro fine. Dopo questo prologo si comincia a delineare la storia di Siegfried. Siegmund – figlio di Wotan e di una donna mortale – fuggiasco nel cuore della notte irrompe nella casa di chi scoprirà essere il suo nemico, Hunding, e si innamora della moglie, Sieglinde, che scoprirà poi essere sua sorella. Questa gli mostra il frassino che occupa il centro dell’abitazione dove un viandante tempo prima aveva piantato una spada che solo un meritevole avrebbe potuto estrarre. Siegmund impugna l’arma forgiata dal dio e si appresta a sfidare Hunding. Wotan – il viandante che piantò la spada nel legno – ordina a Brünnhilde (una delle nove valchirie, le figlie di Wotan incaricate di portare gli eroi caduti in battaglia nelle sale del Walhall) di aiutare Siegmund, ma Fricka, moglie del re degli dei, si oppone perché neppure Wotan può violare la santità del vincolo matrimoniale e benedire un incesto. Brünnhilde a questo punto annuncia a Siegmund che morirà in duello e che in premio raggiungerà gli dei, ma l’eroe – compreso che Sieglinde non potrà seguirlo – rinuncia all’onore offerto. La valchiria commossa da tanto amore aiuterà il giovane e disubbidendo al padre cambia le sorti del duello, ma mentre Siegmund sta per vincere Wotan interviene, spezza la spada e consegna il figlio al suo destino. Brünnhilde mette in salvo Sieglinde – rimasta incinta del fratello – e Hunding cade fulminato. La valchiria nasconde Siegliende e le annuncia che suo figlio si chiamerà Siegfried e riforgerà la spada. Compare Wotan costretto a punire la sua figlia adorata: la priva dei poteri e la addormenta in un cerchio di fuoco. Sarà svegliata solo dall’eroe capace di attraversare le fiamme e farla sua. Siegfried cresce ignaro delle sue origini e del suo destino. E’ allevato dal fabbro Mime – fratello di Alberich – che lo accudisce solo nella speranza di riappropriarsi dell’anello e del tesoro, custoditi dal gigante Fafner ora tramutato in drago. Quando Mime rivela al giovane le sue origini questi vuole riforgiare Notung, la spada. Compare un viandante (Wotan travestito) che annuncia che la spada verrà forgiata solo da chi non conosce la paura. Siegfried impugnando la rinata Notung, è condotto davanti al drago, lo uccide, recupera anello ed elmo magico e si dirige verso il cerchio di fuoco dove dorme Brünnhilde. Dopo aver sconfitto Wotan e spezzato la sacra lancia, sveglia dal sonno magico la donna che si abbandona tra le braccia dell’eroe. Intanto sulla rupe delle valchirie le tre Norne, custodi dei fili del destino che improvvisamente si spezza, prevedono l’imminente fine degli dei. Intanto le vicende degli dei si intrecciano agli intrighi degli uomini: nella reggia dei Ghibicunghi, Hagen, figlio del nano Alberich, convince il fratellastro Gunther di prendere Brünnhilde come moglie e dare Siegfried in sposo alla sorella Gutrune, attraverso il sortilegio di una pozione che farà dimenticare ai due di appartenere l’uno all’altra e incanterà l’eroe di una insana passione per Gutrune. Brünnhilde è visitata dalla sorella Waltraute che le racconta come Wotan stia preparando la fine del loro mondo e le chiede di restituire l’anello al Reno per tentare, disperatamente di salvarsi, Ma la valchiria rifiuta. Intanto Siegfried beve la pozione e si innamora di Gutrune che lo seduce facendolo trasformare in Gunther e convincendolo a rapire Brünnhilde. Il piani di Hagen si stanno realizzando: ora deve appropriarsi dell’anello strappato da Siegfried – sotto l’effetto della pozione e nei panni di Gunther – all’ignara Brünnhilde. Questa crede di essere stata tradita dall’amato e rivela ad Hagen il punto debole dell’eroe (un punto preciso sulla schiena). Durante una caccia Hagen trafigge Siegfried che muore. Sulla pira dell’eroe si immola Brünnhilde che ha compreso l’inganno di Hagen. Le fiamme si elevano sino al Walhall che brucia divorando gli dei e il mondo antico. Il Reno tracima e si riappropria dell’anello preso da Brünnhilde dal dito dell’eroe morto, trascinando negli abissi il malvagio Hagen. Comincia l’era dell’uomo.

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6 pensieri su “Wagner Edition: Der Ring des Nibelungen. Parte I

      • Concordo: illuminante, anche più di quella di Karajan (e ti assicuro che mi costa molta fatica dirlo). Fra l’altro (spero di non bestemmiare) ho sempre avuto la sensazione che Boulez avesse bene in mente le direzioni wagneriane di Klemperer (forse più dei pezzi sinfonici che del “Fliegende Hollaender”).

      • Dici molto bene: tra Klemperer e Boulez c’è una distanza minore di quanto possa sembrare. Entrambi hanno una visione “oggettiva” della partitura, estremamente analitica e razionale. Certo gli esiti sono diversissimi (in tema di dimensioni sonore), ma il punto di partenza è il medesimo, e si pone al di fuori dell’estetica romantica/soggettiva.

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