La prima scaligera di Cavalleria Rusticana è andata in scena in una domenica uggiosa, il teatro popolato di stranieri e desaparecido il pubblico degli habituè del loggione, moltissimi palchi deserti, forse perché il capolavoro di Mascagni era abbinato, insolitamente, a due brevissimi balletti da 10 minuti l’uno: “Le spectre de la rose”, su musica di Carl Maria von Weber rielaborata da Berlioz, e “La rose malade”, sulle note dell’adagietto della 5° sinfonia di Mahler. Un primo tempo insolito, che ha suscitato qualche commento ilare, perché di fatto durava venti minuti a fronte dei trentacinque complessivi di intervallo prima dell’opera. Perplessità evaporate non appena il maestro Harding è salito sul podio, l’orchestra scaligera trasformata dopo il chiasso indecente di Traviata, ennesima riprova che se chi guida ha il manico, la compagine scaligera sa fare..e bene. Il primo impatto è stato con un ‘orchestra che suona bene ( a recensire la qualità della prova dei danzatori nemmeno comincio perché non ne ho le competenze sufficienti ), poi è arrivato un adagietto stupendamente diretto, intenso, lento e decadente, con i violini, che hanno suonato come da un po’ di tempo non suonavano: un bel presagio per la Cavalleria del secondo tempo. E così il piccolo maestro Harding si è esibito in una direzione a mio avviso bellissima, tanto affascinante e coinvolgente da sembrare quasi un poema sinfonico. Tutto quello che non aveva convinto nella precedente edizione è stato risolto, in una lettura che ha dimostrato come in Cavalleria Mascagni sintetizzi tutto il suo tempo ed anticipi il futuro. Il maestro inglese fa tutto, trova l’intensità mediterranea del dramma verista, il suo lato sanguigno, descrive e commenta i personaggi uno ad uno, caratterizzandoli nettamente al loro entrare in scena; canta la passione amorosa e la disperazione di Santuzza, descrive il clima popolare ed agreste dei cori come in “ Gli aranci olezzano”, la leggerezza quasi canticchiante del sereno ” A casa, a casa amici”, l’intensità mistica dell'”Inneggiamo, il Signore è risorto”, la sagra paesana e un po’ volgarotta di “Viva il vino spumeggiante”. Un continuo alternarsi di situazioni ed atmosfere, che hanno reso la sua narrazione varia, analitica ed in alcuni passi anche originale per lo stacco di alcuni tempi. Questa produzione mi è parsa un “galà Harding”, dove il canto avrebbe potuto benissimo non esserci, anzi, talora ha disturbato il fraseggio ed il racconto poetico dell’orchestra. Una performance stupenda quella del maestro inglese, una delle pochissime cose destinate a rimanere nel tempo di questa desolante gestione Lissner.
Quanto ai cantanti, c’è poco da dire. Lyudmila Monastyrska è un soprano che mostra tutta sera i propri limiti, e poco vale una certa qualità vocale sui primi acuti quando emessi sul forte. Canta con voce ovattata, dizione ingarbugliata, non fraseggia, perché appena tenta un piano la voce le scappa da ogni parte, gli acuti solo sul forte ma sempre assottigliati e sfilacciati, urlati quelli estremi. Un soprano che soffre dove la tessitura è da soprano in “ Turiddu mi tolse l’onore ”, che Harding le stacca ad un tempo bellissimo ma per lei troppo lento ( lentezza per nulla esagerata, va detto ); nonostante una certa dote vocale, il soprano si ritrova ad essere comunque meno sonora di Elena Zilio, segno dell’errore della scelta e della carriera. Il direttore le ha chiesto di attaccare alcune frasi piano, come nell’Inneggiamo o sempre nell’attacco dolente di “Turiddu mi tolse l’onore”, e l’esito è sempre stato da dimenticare. Jorge de Leon pareva Nemorino nella canzone di Lola fuori scena: ha legato pochissimo al duetto con Santuzza, stentato con evidenza nel brindisi, anche lui in difficoltà per una lentezza niente affatto esagerata; ha messo tutto quel (poco) che aveva nel finale, la voce sempre tra naso e gola, naturalmente non adeguata a questo repertorio, gli acuti spinti. V. Bilyy come Compar Alfio ha cantato con una voce di pochi armonici, gli acuti come parte migliore. Funzionava nell’entrata poi come è arrivato al duetto con Santuzza la voce è risultata piccola, e tendeva a sparire a fianco agli altri, pure non sonori e stentorei, come da tradizione. Il canto, insomma, contribuisce poco al bilancio di questa Cavalleria, dove lo slancio passionale del canto dei momenti topici, dalla preghiera ai duetti, è costantemente alimentato dall’orchestra. Lo spettacolo di Martone funziona sempre bene, semplice, non nuovo, ma efficace. Morale della favola, assistere a questa ripresa vale la pena perché la bacchetta fa per sé e per i cantanti, fa molto bene e da sola vale la serata. Bravo Harding!
Ho assistito anch’io allo spettacolo e mi sono spellato le mani per applaudire Harding, il direttore d’orchestra che oggi amo di più! Mi piacerebbe, e molto, potrelo ascoltare in Puccini. La regia , come dice Giulia, è bellissima, per me la migliore Cavalleria che abbia mai visto (posto che in scena detesto i carretti siciliani, le processini, i fichi d’india…) Se posso dire: nello Spectre ( balletto orrendo) Vassiliev ha molto deluso con le sue cosciotte ipermuscolose e fuori parte in un ruolo cosi languido e ambiguo, mentre Maria Eichwald è stata splendida nella Rose malade ( breve coreografia di Roland Petit , ma sensazionale!)
peccato che le punte della eichwald facessero troppo rumore e disturbassero l’adagetto….bellissimo. Si anche io ho trovato vasiliev pesante forse nemmeno preciso nei salti ma è opinione men che dilettantesca…..
https://www.youtube.com/watch?v=cDkGolNafQ4
visto che ci tacciano di essere passatisti…..
,……..non vale….troppo facile. Cmq era questo che intendevo dire…..troppa massa e potenza…
la vecchia edizione di strehler senza sicilia oleografica era splendida. Fu la mia prima e non la posso dimenticare
Quella che Karajan (da regista) rovinò nella versione in DVD…tanto che Strehler levò la firma dallo scempio del “direttorissimo”
Pare non sia tra i preferiti di pereira… (Volutamente ‘p’)!!!!!
pereira ama i battisolfa della bartoli immagino….del resto che pereira non se ne intenda e non sia molto portato per la musica e’ cosa certa hahhahah
pereira propone e il pubblico dispone?
Sabato avrei voluto anch’io tuffarmi nella pozzanghera di Peppa Pig perché leggendo la recensione di Giulia (che si era così divertita tanto da evocarmi la simpatica eroina dei pargoli e dei meno pargoli) pensavo a un Gala Harding veramente straordinario. Non so se per colpa del coro (un po’ svogliato e impreciso), della Monastyrska (troppo alterna in tre quarti della parte), di De Leon (voce abbastanza omogenea ma nasale e oscillante), del baritono (che se fosse un’automobile sarebbe un monovolume classe A), di Martone (regia intelligente ma certo non coinvolgente) ma la serata é andata via fredda e il pubblico é stato al massimo cordiale.-
Ieri sera ho rivisto lo spettacolo, che, al contrario di quanto afferma albertemme, ha ricevuto un grande e caloroso consenso di pubblico. Ovazionatissimo harding e anche la monastyrska. Quest ultima ha cantato molto molto meglio della prima. Gli acuti, almeno i primi, erano piu a fuoco, la voce piu controllata. Peccato che non abbia dato il suo meglio la prima sera. Male de leon…..
Mi fa piacere! Questo dimostra quanto ho sempre sostenuto che dal vivo ogni recita sta a se’ (vedi i Tell di Pesaro, le Africane di Venezia e le ultime Traviate della Scala). Sono contento per Harding che non é certamente un bluff e nobilita ogni stagione scaligera con la sua presenza. Tanti come me che non si credono padroni della verità lo ritengono invero non un mostro di fantasia ed originalità comunque penso che tutti lo vorrebbero sempre a dirigere nella propria stagione ideale. Circa la Monastyrska mi era piaciuta piu’ nel Nabucco. Può darsi che nell’ultima recita abbia fatto tesoro di alcuni suggerimenti volti al togliere più che all’aggiungere. Siccome non é la voce che le manca, un lavoro di limatura che la renda più equilibrata e un lavoro sulla dizione che la renda più elegante e precisa, possa in tutta umiltà intraprenderlo a tutto vantaggio suo e nostro.
se per te limare significa impostare una usurata dilettante potrei essere d’ accordo. Mancano i fondamenti