E’ curioso il filo sottile che collega due opere diversissime per stile epoca e linguaggio come “L’Africaine” di cui abbiamo parlato non più tardi di un mese fa e “La Wally”: un filo generazionale che investe due donne, due autrici, due scrittrici, madre e figlia, che riuscirono a ritagliarsi un piccolo, ma significativo, spazio nell’ambito della letteratura e del teatro ottocentesco.
Wilhelmine von Hillern, autrice nel 1875 del romanzo ed in seguito testo teatrale “Die Geier-Wally” (“Wally dell’avvoltoio” in Italia), era la figlia d’arte di Charlotte Birch-Pfeiffer, ovvero l’attrice e poetessa che, a più mani, contribuì alla stesura definitiva del libretto de “L’Africaine” per Giacomo Meyerbeer dopo la morte di Scribe, e che visse nella feconda realtà della Germania di metà ottocento, entrando in contatto con grandi intellettuali, ma anche con artisti di teatro (mondo che frequentò anche come attrice) e d’opera del calibro del soprano Jenny Lind, che considerava una donna esemplare nel panorama femminile dell’epoca.
Dopo il matrimonio abbandonò comunque il palcoscenico per dedicarsi alla famiglia e si cimentò nella scrittura di alcuni romanzi che, forse inaspettatamente, ebbero un successo ampio e lusinghiero tanto da essere in breve tradotti e pubblicati in almeno otto lingue diverse ed essere utilizzati come testi didattici per l’apprendimento della lingua tedesca.
Eppure la von Hillern fu spesso molto critica nei riguardi dei suoi testi, arrivando a definirli senza alcuna remora mediocri o lavori minori, e non fa eccezione la sua creatura più famosa e celebrata: Wally, appunto.
Nata per caso, prendendo spunto da un piccolo aneddoto adolescenziale della pittrice Anna Stainer-Knittel che ad Elbigenalp, con coraggio, si arrampicò su uno sperone roccioso per liberarlo da un nido di aquile onde preservare gli armenti, Wally, diminutivo di Walburga, rappresenta uno degli emblemi del genere “Heimatroman” ovvero storie dall’ambientazione profondamente radicata nello spirito nazionale, tradizionale e più popolare legato agli usi e costumi di paesi, province e regioni ben riconoscibili.
Nel romanzo Walburga “Wally” vive, dopo la morte della madre nei primi anni dell’ ‘800, con il padre il rude Stromminger, il quale decide di educarla come un uomo tanto da spingerla a superare in ardimento i ragazzi della vallata attraverso il famoso episodio del nido (qui di avvoltoi) tanto da premiarla con l’unico gesto d’affetto fino ad allora mai espresso: un bacio paterno.
Durante l’adolescenza conosce e si innamora tacitamente di Giuseppe Hagenbach, un cacciatore di orsi mal visto da Stromminger per alcuni contrasti familiari. Da questo amore Wally imparerà anche, e per la prima volta, a piangere.
Stromminger vorrebbe, per ragioni puramente economiche, dare in sposa sua figlia a Vincenzo Gellner, ma Wally rifiuta categoricamente ed il padre decide di cacciarla di casa mandandola sulle montagne, da sola a badare alle mandrie con l’unica compagnia di un avvoltoio.
Dopo un ritorno a casa, dettato dalla malattia del padre, Wally viene brutalizzata e ridotta a serva, situazione inconcepibile per lei, che decide di fuggire dopo un fortuito e accidentale incendio preferendo la vita di mendicante.
Sarà accolta prima da un sacerdote, che si metterà in contatto con Stromminger per convincerlo a riaccogliere la figlia in casa, e successivamente dai fratelli Klotz che la ospiteranno e le daranno un periodo di serenità fino a innamorarsi di lei, ma Wally li rifiuterà, perché nel suo cuore è ancora vivido l’amore che prova per Giuseppe.
Stromminger accoglierà le preghiere del sacerdote e manderà nuovamente Wally tra i suoi animali da pascolo; ma sarà in questa occasione che offrirà rifugio a Giuseppe ferito durante un temporale estivo, incontro disturbato dai feroci attacchi dell’avvoltoio a stento trattenuto da Wally stessa. Giuseppe sceglierà di allontanarsi lasciando sola e disperata la donna.
Con la morte del padre, Wally eredita il suo patrimonio e la sua proprietà: diventa scontrosa e inavvicinabile, scostante nei confronti della grettezza dei suoi compaesani che non esitano a corteggiarla invano, cercando di strapparle quel bacio che, per tradizione, la legherebbe al fortunato.
Quando però durante una festa scopre il suo Giuseppe tra le braccia della cameriera Afra, la gelosa furia di Wally si spingerà violentissima verso ingiurie infamanti mosse contro la povera rivale in amore.
Giuseppe decide di vendicarsi e umiliarla e l’occasione si presenterà alla festa da ballo allestita per festeggiare i Santi Pietro e Paolo durante la quale in una danza che sembra più un duello tra i due, l’uomo ruberà il bacio dalle labbra di Wally prima di raggiungere trionfante la sua Afra abbandonando la donna.
Resa furiosa dall’offesa, Wally spinge Gellner ad uccidere Giuseppe e gettare il suo corpo nella vallata: in premio lei sarà sua sposa; ma alla notizia di Giuseppe ferito, Wally, pentita, si precipiterà a salvarlo ed a consegnarlo nelle mani amorevoli di Afra, pur di saperlo vivo e felice, decidendo di allontanarsi sulle montagne innevate ad attendere una morte misericordiosa.
Due mesi dopo, sarà proprio Giuseppe, guarito, a raggiungerla sulle montagne ed a narrare la verità: Afra è la sua sorellastra e lui è sempre stato innamorato di Wally, anche durante lo scherzo del bacio.
I due si riappacificano e si perdonano a vicenda e nel finale, li vediamo invecchiare e morire insieme, felici, nella fattoria della donna.
Nel 1889, il compositore Alfredo Catalani aveva all’attivo già quattro opere, una delle quali “Elda” diventerà in seguito a ripensamenti e nuove ispirazioni “Loreley”, aveva ottenuto la cattedra di composizione presso il Conservatorio di Milano, si era avvicinato alla Scapigliatura, ai grandi drammi ed alla mitologia europea, ma anche al sinfonismo wagneriano ed alle novità della musica francese, ed aveva ceduto i diritti delle sue opere in esclusiva a Giulio Ricordi.
La rottura con la fidanzata Luisa Picconi e la tisi che lo stava indebolendo da anni, minarono profondamente il corpo e la psiche del compositore, ma ne influenzò la vena melodica e la compattezza logica della drammaturgia musicale, cosa che probabilmente suggestionò anche Puccini stesso che in quegli anni ebbe modo di apprezzare le opere di Catalani.
Fu in questo clima altalenante che Catalani si avvicinò al dramma tratto da Illica dal romanzo della von Hillern, che aveva già letto in precedenza entusiasmandolo, ed iniziò a comporre quella che, purtroppo, fu la sua ultima opera.
Coinvolse anche lo scenografo e pittore Adolf Hohenstein col quale visitò le montagne svizzere, sia per trovare un po’ di serenità dalla tisi, sia per studiare il fascino di quei luoghi in cui era ambientata la vicenda.
L’opera fu terminata nel marzo del 1891, ma trovò la via del palcoscenico solo nel gennaio del 1892 per le cure del compositore e ottimo direttore d’orchestra Edoardo Mascheroni, amico di Verdi e famoso per le sue interpretazioni personali eppure fedeli al testo.
Fu un successo condiviso dal pubblico, ma che la critica non comprese limitandosi ad omaggiare la struttura sinfonica e la storia, sottolineando però la scarsa ispirazione.
Eppure il successo non mancò alle tredici repliche complessive e negli allestimenti che la videro trionfare in Italia, al Metropolitan ed in Germania con la direzione di Gustav Mahler, che la preferiva a tutte le altre opere italiane, e da Toscanini stesso, che amava molto Catalani e quest’opera in particolare (i nomi Wally e Walther furono dati per questo motivo ai figli del direttore d’orchestra).
Nel 1894 a Torino Catalani avrebbe dovuto allestire l’opera con un finale modificato: Wally e Giuseppe non sarebbero stati travolti dalla crescente bufera sulla montagna, ma Giuseppe sarebbe morto durante la caduta di una valanga, mentre Wally lo avrebbe raggiunto gettandosi nel crepaccio; ma il compositore non vide mai la luce di questa sua ultima fatica a causa dell’aggravarsi della malattia.
“La Wally” è un’opera che trae la sua forza principalmente dalla fusione primaria tra musica e drammaturgia.
I cambiamenti approntati da Illica al romanzo, sfrondavano gli episodi più crudi, per lasciare intatti i travagli psicologici della protagonista, il nucleo fondamentale dell’articolata storia d’amore ed esaltando quel personaggio silenzioso che poteva a buon diritto essere affiancato ai protagonisti: il tempo atmosferico che accompagna e si fa scenografia stessa ai turbamenti ed al dramma stesso, assieme al popolo.
Non di rado, infatti Illica, cita espressamente brani interi del libro, battute, o ambientazioni, proprio per non tradirne il messaggio. La libertà più palese viene applicata solo al finale, lieto nel libro, tragico nel libretto donando alla vicenda una catarsi liberatoria che nel romanzo era invece ottenuta con il chiarimento, necessario, tra i protagonisti e la promessa di un futuro insieme.
Catalani sceglie di affidarsi a Wagner: flusso musicale continuo, con i numeri chiusi, ancora presenti, ma non così posti in primo piano, risucchiati dall’andamento senza sosta della vicenda narrata, non accogliendo certe soluzioni estreme dello stile wagneriano, ma cercando di adattarlo al gusto melodrammatico italiano.
Proprio il brano più famoso dell’opera, la celeberrima “Ebben, ne andrò lontana” riedizione della precedente Chanson Groënlandaise dello stesso compositore su parole di Jules Verne, posta a suggellare il primo atto, fu visto dai critici come la pietra di paragone con la presunta mancanza di originalità del resto dell’opera nei confronti di un’aria del tutto sublime, melanconica, eterea, che dipinge perfettamente l’isolamento della protagonista; eppure certa critica dimentica come la tradizione tirolese riesce a integrarsi in un dramma del tutto moderno come nel caso delle canzoni di Walter o del Pedone, la passione trattenuta eppure brutale dell’aria di Gellner, il grandioso terzo atto raccontato come un giallo ad alta tensione, col suo preludio, orchestrazione del tutto nuova del pezzo pianistico “A sera”, con quella scena divisa in due tra l’esterno notturno e pauroso come un abisso, e l’interno della casa di Wally in cui si consuma l’attesa spasmodica dell’omicidio, il quarto atto che immerge il finale della storia dei due amanti in un’atmosfera fumosa, dai bagliori fantastici, sospesi, con il tempo e l’azione che si addensano ovattandosi intimamente per permettere ai due protagonisti finalmente di amarsi, un ultima volta.
Catalani probabilmente cercava il riscatto in quest’opera, un riscatto fatto di poesia e delicatezza melodica, che si apre anche a squarci di asprezza e dolore, soprattutto nei riguardi della protagonista, che non fu capita allora, che pochi capirono dopo e che oggi pochi hanno il coraggio di affrontare con rigore intimistico.
Ci hanno pensato, però, alcune primedonne a rendere giustizia a questa partitura, se pensiamo che le prime interpreti del ruolo avevano il nome e le carriere di Hariclea Darclée, diva liberty e creatrice del ruolo, Emmy Destinn, Claudia Muzio, Magda Olivero, Renata Tebaldi, Raina Kabaivanska, ed in tempi più recenti e con risultati alterni Mara Zampieri, Eva Marton, Violeta Urmana e Eva-Maria Westbroek.
Anche il cinema ha più volte ripreso questo soggetto con ben sei trasposizioni su pellicola dal 1921 al 2005, testimonianza di come un soggetto simile possa adattarsi ai mezzi artistici a disposizione.
Mi e’ molto piaciuto questo articolo.
Bellissimo, completo e chiaro.
Ho appreso un sacco di cose che
non sapevo.
Ho invece trovato orribile il
“Nè mai dunque avro’ pace”
della Kabaiwanska.
Che brutta cosa.
Concordo con Miguel, ma aggiungo una epidermica sensazione : e’ noiosetta !!
Io personalmente non conosco molto bene (anzi quasi per nulla) questo repertorio oggi poco eseguito e spesso troppo criticato, quindi trovo questa vostra iniziativa davvero eccellente e meritoria.
Mi ascolterò con grande attenzione e curiosità il video con la Olivero del 72 che avete postato
caro ninia anche per me , assai più vecchio di te e figlio della rinascita rossiniana, il verismo e ciò che gli sta vicino è un’ acquisizione degli anta e grazie alla arte di magda olivero ed alla letteratura del periodo ( verga romanziere escluso) ciao
Mi consolo di non essere l’unico ad avere delle lacune da colmare:)
Posso chiederti, a titolo di pura curiosità, che letture hai affrontato di quel periodo? Io mi sono fermato a Verga, che inaspettatamente mi affascinò parecchio (il Mastro Don Gesualdo è straordinario!), e a qualcosa di De Roberto, ma ammetto che sono altri i periodi della lettura che conosco meglio.
grazie mille per questo approfondimento. io mi sono avvicinato a La Wally con l’edizione diretta da Steinberg con protagonista Eva Marton. Trovo l’opera piena di fascino e suggestioni. Ho trovato la protagonista credibile e valida.
Ogni volta che si parla di opere poco conosciute o eseguite è una gioia. La letteratura è cosi vasta e solo attraverso ogni tassello il mosaico può essere completo. Grazie per questo luogo dove poter crescere e conoscere attraverso suggerimenti di ascolto.
Ho cambiato Nic, non avevo compreso subito che i grandi del passato sono dedicati agli autori degli articoli. buona serata
in primo luogo i vicere di de roberto un capolavoro (poi ridimensioni il gattopardo) e poi tutto fogazzaro. Sì capisce la storia d’ italia. Ti aggiungo che ho sempre amato la letteratura deteriore dei romanzi storici. Il capolavoro: marco visconti, ma la margherita pusterla, che meraviglia!
Concordo in toto su De Roberto e Fogazzaro (a qualche chilometro da dove abito c’è pure quella che, si dice, sia la Villa Flores di Piccolo Mondo Moderno). Invece, ammetto del tutto la mia ignoranza sui romanzi storici “deteriori” (e dire che a casa ce li avrei, almeno Marco Visconti sono strasicuro di averlo). Dovrei leggermeli, appena riuscissi a ritagliare un po’ di tempo per me. Naturlamente, approfitto anche per ringraziare del dettagliatissimo post sulla “Wally”, di cui a casa dei nonni deve esserci da qualche parte il vinile di un’incisione con la Tebaldi che mi riprometto di ascoltare quanto prima (sono una vittima dei pregiudizi sulle opere di questi autori…strano, perché a casa mia mi hanno sempre fatto ascoltare di tutto; non so come mai queste opere, pur possedendole, non venissero quasi mai ascoltate).
ciascuno di noi ha i suoi pregiudizi il mio sì chiama mahler per merito di un senatore a vita che l’ ha dispensato come le indulgenze di bonifacio ottavo .
Grazie della risposta:)
De Roberto è uno degli autori che ho intenzione di approfondire in futuro, mentre ammetto la mia ignoranza pressoché totale di Fogazzaro che, francamente, non mi ha mai ispirato proprio per nulla. Sicuramente a torto. Lo conosco più che altro perché la famiglia, se non erro, era di origine scledense e a Schio (che oramai è una seconda città natale per questioni affettive) c’è appunto palazzo Fogazzaro. Credo che acquisterò qualcosa di suo quando mi capita! Mi consigli Malombra oppure uno dei Piccolo mondo?
Sui romanzi storici italiani io condivido la curiosità, ma non credo siano dei capolavori come i parenti inglesi e francesi. Personalmente ho letto solo il corregionale Nievo (che non ho apprezzato più di tanto) e ho iniziato proprio prima di Natale la Margherita Pusterla del Cantù spinto dal ricordo delle parole del prof del liceo che, probabilmente a ragione, definì quelle opere in modo assai poco lusinghieroXD Devo ancora decidere se proseguire la lettura non proprio entusiasmante…
Sul fatto che tutti abbiano gusti e pregiudizi è verissimo! Io trovo intollerabile praticamente tutta la produzione letteraria romantica italiana e ho pregiudizi enormi nei confronti di quasi tutta la letteratura posteriore agli anni 40-50 del 900.
piccolo mondo antico la seconda parte diciamo da quando i coniugi sì allontanano è di una modernità assoluta! È la fine del romanzo manzoniano.
Ho sempre amato la letteratura a cavallo tra otto e novecento, recentemente per esempio ho riscoperto Anatole France. Ma tornando a Wally, mi e’ sempre piaciuta, forse più che Loreley (anche se penso dipenda molto da chi sto ascoltando cantare Lorelay/Wally); di Wally posseggo su diversi supporti le tre versioni con la Tebaldi di cui la prima (Live Scala 1953) vede una ottima Scotto nel ruolo di Walter ed e’ questa che consiglirei insieme a quella postata con la grande Olivero, Grazie per il bel post su Wally (ma anche a quello su Loreley)