Le grandi Violette assenti: Beverly Sills, finale I

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Vi offriamo qui un soprano leggero per autonomasia, forse l’unico leggero che in tempi moderni abbia saputo fraseggiare veramente in Traviata. La ascoltiamo nella grande scena del primo atto,in un momento tardo della carriera, gli acuti ed il sopracuto finale non più belli come un tempo. Colpisce il fraseggio esibito dalla Sills, il recitativo con i toni esatti di Violetta che si interroga se qualcosa di nuovo sia entrato nella sua vita, se vi sia una possibilità di futuro. L”Ah forse è lui “ è eseguito ad un tempo lento, di quelli adeguati a chi non teme il fraseggio in zona centrale. I piani arrivano intensi e sostenuti, molto espressivi ma anche strumentali a differenziare le frasi “ Ah quell’amor , quell’amor ch’è palpito” dove la Sills sa di non poter disporre di cavata. Caratterizza molto il primo “croce”, corposissimo, di “croce e delizia al cor”, per risolvere, secondo prassi tradizionale al la acuto, la chiusa dell’aria. Le battute che portano alla cabaletta sono velocissime, introducono subito alla nevrosi del canto di agilità del valzer, straordinario per mordente e leggerezza. Beverly Sills non cerca mai il suono largo e grande, bensì la “punta”, con la quale gioca tutte le sue possibilità di espressione della grande scena.

 

6 pensieri su “Le grandi Violette assenti: Beverly Sills, finale I

  1. A me la Sills piace sempre per la tecnica mostruosa, per saper dare un senso a tutto ciò che interpreta senza sembrare mai eccessiva e soprattutto per la gioia di vivere che trasmette il suo canto “sano” e apparentemente senza limiti :)

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